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Fenici

La trama fenicia
(The Phoenician Scheme)
di Wes Anderson
USA, 2025
Con: Benicio del Toro (Anatole ‘Zsa-zsa’ Korda), Mia Threapleton (Liesi), Michael Cera (Bjorn Lund), Scarlett Johansson (la cugina Hilda), Benedict Cumberbatch (Nubar)
Costumi di Milena Canonero
Trailer del film

Anni Cinquanta del XX secolo. Anatole ‘Zsa-zsa’ Korda (un ironico e magnifico Benicio del Toro) è uno dei più ricchi uomini d’affari del mondo, un vero e proprio squalo della finanza internazionale, dalle origini ovviamente oscure e dalle trame di corruzione invece assai evidenti. Potenze più corrotte di lui, vale a dire i principali Stati del pianeta, si coalizzano per ucciderlo o almeno per fermarne i progetti. Zsa-zsa Korda sfugge a vari attentati, frutto specialmente di sabotaggi del suo aereo personale. Ne esce assai ammaccato ma sempre vivo. Alla fine decide di nominare erede universale del suo patrimonio «e anche di più» l’unica figlia femmina (ha anche nove maschi), che è novizia in un convento cattolico. La figlia è molto perplessa ma pur di scoprire chi abbia ucciso sua madre (sospetta infatti anche del padre) accetta, dopo un necessario ‘periodo di prova’.
I progetti visionari di Korda riguardano il territorio della Fenicia, inesistente ma chiaramente esemplato sul Vicino Oriente Mediterraneo. Padre e figlia visitano i maggiori soci in affari. Korda cerca di imbrogliarli tutti e tutti se ne accorgono ma per una ragione o per l’altra, accettano le sue condizioni. Zsa-zsa arriva persino a sposare – in un matrimonio d’affari, alla lettera – la cugina Hilda. Sino a che giunge allo scontro definitivo con il fratellastro Nubar, uno scontro proprio fisico, attuato con pugni, calci, pistole, scimitarre, bombe a mano.
Durante i viaggi in aereo Korda legge rigorosissimi ed eruditi studi di scienze naturali e di storia e sogna costantemente di essere morto, stare davanti alle sue mogli, ai nemici, allo stesso Padreterno. Tutti gli chiedono conto e ragione delle sue azioni.
Una trama bizarra? Forse. Sconclusionata? Per nulla. Metaforica? Certamente.
Simbolica di che cosa? Ma dell’umano, naturalmente. Della sua aggressività, della vastità e complessità dei suoi sogni e dei suoi progetti, della tenacia con la quale li persegue e insegue, una tenacia che si spinge sino all’irrazionalità.
Ma ciò che conta nel cinema di Wes Anderson non è neppure l’antropologia, è la forma. Disegni netti, spazi presentati con un’attenzione totale a ogni minimo particolare, una gamma cromatica intensa e coloratissima che privilegia il giallo e  il rosso. Una delle scene iniziali è girata dall’alto, dal soffitto, e vede lo scampato e  convalescente Zsa-zsa immerso in una vasca da bagno mentre sfoglia da un leggìo uno dei suoi volumi scientifici, fuma l’immancabile sigaro, gusta le sue pietanze e beve champagne. A servirlo sono numerose infermiere che entrano ed escono dalle tre porte del bagno. I loro movimenti sono scanditi al secondo, in una vera e propria danza.
La trama fenicia non trasmette alcun messaggio morale, non indigna, non vuole commuovere, non chiama alla mobilitazione per un valore. È cinema: pura forma, divertimento, epica e colore. E anche natura morta.

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