Skip to content


Silenzio

Mulholland Drive
di David Lynch
USA-Francia, 2001
Con: Naomi Watts (Betty Elms / Diane Selwyn), Laura Elena Harring (Rita / Camilla Rhodes), Justin Theroux (Adam Kesher), Angelo Badalamenti (Luigi Castigliane)
Trailer del film

Un classico ironico e visionario. Che nella prima parte si fa gioco di Hollywood e dei suoi stereotipi. E nella seconda guarda il mondo come lo percepisce e vive un corpomente folle, riuscendo a trasmettere in immagini la dissoluzione dell’identità, il vagare del tempo, l’oscillare dell’essere in realtà materica, ricordi ossessivi, visioni da incubo, desideri di piacere e di morte.
Un gangster movie, un western, una commedia, un giallo, una psiche, l’entrare negli oggetti e da essi far aprire e scaturire gli eventi e le cose. Nell’inconscio, se qualcosa del genere esiste veramente, tutto è in realtà visibile e Lynch lo fa vedere.

«La malattia mentale è in primo luogo una distorsione ermeneutica, una metastasi dei significati fondata sulla proliferazione delle analogie, dei segni, della confusione semantica che non sa più distinguere e collocare il senso di ciò che accade. […]
Quando il futuro si chiude, è la vita che finisce. La morte psichica, in particolare nelle sue manifestazioni schizofreniche e malinconico-depressive, è esattamente tale chiusura, è il rifiuto dell’avvenire, di ciò che ha da venire: “Quando i vissuti si immobilizzano e non c’è più in essi divenire, la storia dell’io e anche la storia del mondo si arrestano; e non sopravvivono se non forme di esperienza irreali, statiche e spettrali”1. La dissoluzione della costituzione psichica del tempo e di quella trascendentale della temporalità costituiscono la più profonda radice e scaturigine della Lebenswelt schizofrenica. In essa il tempo si fa immobile, diventando un tempo ancora una volta spazializzato.
Lo spaziotempo è una struttura unitaria nella sua costituzione e molteplice nelle sue espressioni. Nella malattia mentale il tempo si riduce invece al passato -diventando un tempo morto- e lo spazio si restringe diventando luogo interiore dell’angoscia. […]
I luoghi cambiano continuamente di significato in relazione alla nostra tonalità emotiva, i luoghi sono anche la proiezione della psiche nella materia. […] Schizofrenia e depressione costituiscono una significazione dello spaziotempo personale chiusa all’incontro con lo spaziotempo altro. Sono dunque forme patologiche dell’identità che pure siamo ma che privata della relazione fondante con la differenza non può che morire alla pluralità che il mondo è»2.
Non a caso, naturalmente, l’ultima parola del film è «silenzio».


Note

1. E. Borgna, I conflitti del conoscere. Strutture del sapere ed esperienza della follia, Feltrinelli 1988, p. 114.
2. Temporalità e Differenza, § 9, pp. 59-60.

Vai alla barra degli strumenti