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Paladino, i libri, il Quijote

Disegnare le parole. Mimmo Paladino tra arte e letteratura
Milano – Museo del Novecento
A cura di Giorgio Bacci
Sino al 4 settembre 2016

Le opere che Mimmo Paladino dedica ai libri sono di grande ricchezza letteraria, grafica, estetica, sono un piacere degli occhi e dell’intelletto. Le parole, le lettere, le figure si intrecciano in legami sinestetici che rendono visibili alcune delle più alte narrazioni europee. Tra queste: l’Ulisse di Joyce, Pirandello, il Philobiblon di Riccardo de Bury, monaco e vescovo del XIV secolo, Raffaele La Capria, il De Universo che Rabano Mauro compose nel IX secolo, l’Agamennone di Eschilo, i Tristi Tropici di Lévi-Strauss, La luna e i falò di Cesare Pavese, la Divina Commedia pensata, interpretata, illustrata più volte e in forme diverse.

A tali libri e ai dipinti si accompagnano gli acquarelli e il film (girato da Paladino nel 2006) dedicati al Quijote. Un capolavoro liquido e onirico. L’amore, la luna, il sogno, la follia. Visionario. La corazza, le nuvole, il fuoco, le armi. Arcaismi simbolici e silenti. Strutture rabdomantiche e sciamaniche.
La finzione nella quale viviamo si fa verità proprio in quanto costanza della finzione. Un possibile segreto del platonismo, e dunque dell’arte, è che la finzione –la copia- sia la realtà perché è veramente una finzione, che la realtà non sia una copia di qualcos’altro ma che la copia sia l’unica realtà. L’immagine è dunque reale proprio perché è immagine e non altro.
Il Quijote di Paladino mi ha ricordato una frase di Carmelo Bene: «Ferita era la benda e non il braccio» (Sono apparso alla madonna. Vie d’(h)eros(es), Longanesi 1983, p. 208).
Cerchiamo sempre ciò che non si dà, perché ciò che cerchiamo è la Luce.

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