Skip to content


Filosofia prima

Che cos’è la Filosofia teoretica
in Dialoghi Mediterranei
n. 65, gennaio-febbraio 2024
pagine 31-36

Indice
-Filosofia
-Filosofia prima
-Filosofia teoretica
-Verità e divenire
-Una teoresi antropodecentrica

Un mio vecchio studente ha letto il testo (la rivista è uscita il primo gennaio di quest’anno) e mi ha rivolto delle parole di elogio che riporto qui (con la sua autorizzazione) non perché di elogio ma perché colgono quello che è stato il mio scopo nello scrivere questo breve saggio di presentazione della Filosofia teoretica, che vorrebbe avere una valenza anche didattica:
«Studiato al primo anno, Che cos’è la filosofia teoretica, permetterebbe allo studente di rendersi conto di cosa sia la meravigliosa disciplina che ha scelto di studiare.
Studiato al secondo anno, Che cos’è la filosofia teoretica, aiuterebbe lo studente a meglio orientarsi, a capire che quella che ha svolto non è filosofia, che filosofia è altro.
Studiato al terzo anno, Che cos’è la filosofia teoretica, permette allo studente di capire cos’è davvero la filosofia e di distinguerla dalla chiacchiera».
Ha poi citato un brano del testo a suo parere significativo:

Teoresi è un crocevia, è il luogo nel quale il pensiero raggiunge i suoi confini estremi, cogliendo la vita, spiegando la sofferenza e accettando l’assurdo. Filosofia pura, che pone se stessa lontano dall’ovvio, oltre l’atteggiamento naturale, al di là del semplice darsi degli enti all’esperienza empirica per cogliere invece ciò che riluce e traluce nello sforzo di comprendere di che cosa gli enti sono enti, che cos’è l’essere che di tutti loro si predica. Senso comune, tradizioni e chiacchiera vengono sostituiti da uno sguardo rivolto all’essere degli enti, a quella struttura che come tale non appare in evidenza ma che rende possibile ogni altro apparire 

e ha concluso affermando che «questo saggio dà conto di cosa siano i tornanti della filosofia. Una Khere esistenziale, una svolta». Lo ringrazio anche pubblicamente e spero che sia proprio così.

Aristotele

Aristotele
Metafisica
in «Opere», volume VI
Traduzione e note di Antonio Russo
Laterza 2019 [1982]
Pagine 440

Il trattato che gli editori di Aristotele, tra i quali Andronico di Rodi, raccolsero e pubblicarono dopo gli scritti di fisica, μετά τα Φυσικά, si compone di quattordici libri. In essi viene esposta la «filosofia prima», ovvero la scienza dei principî, delle cause e delle sostanze. Introducendo la sua nuova traduzione in italiano della Metafisica Enrico Berti scrive che «l’impressione complessiva che un lettore può provare è quella di trovarsi di fronte a un testo difficile, complicato, spesso incomprensibile. Ebbene, questo è esattamente la Metafisica di Aristotele, uno dei testi filosofici più difficili che l’antichità ci abbia trasmesso, che richiede al lettore sforzo, fatica, pazienza, intelligenza» (Metafisica, Laterza, Bari-Roma 2017, p. XIII).
È così. Ma la lettura e la riflessione su questo insieme di trattati è propedeutica a qualunque comprensione della filosofia europea e in cambio dell’impegno offre uno sguardo oggettivo e profondo sulla realtà. La nuova traduzione di Berti è molto letterale e più fedele al testo rispetto a quella di Antonio Russo. Preferisco tuttavia riassumere e citare da quest’ultima perché il mio obiettivo consiste qui solo nel presentare, per quanto possibile, i concetti fondamentali di Aristotele e invitare a conoscerli direttamente dall’opera, nella traduzione che si ritiene più adatta ai propri interessi di studio. 

Per Aristotele dunque l’impulso alla conoscenza – presente per natura in ogni umano (libro A [I], cap. 1, 980a, 20) – nasce dallo stupore, dalla meraviglia (A [I], 2, 982b, 10-15). È da essa che si origina la scienza più profonda e l’attività più alta, l’attività teoretica il cui scopo ultimo è «la verità» (α [II], 1, 993b, 20). Conoscere la verità significa conoscere le cause di ciascun ente e del divenire. Esse sono quattro.

  1. «Ciò da cui proviene l’oggetto e che è ad esso immanente»
  2. «La forma e il modello, vale a dire la definizione del concetto e i generi di essa»
  3. «Ciò donde è il primo inizio del cangiamento e della quiete»
  4. «Inoltre la causa è come fine, ed è questa la causa finale, come del passeggiare è la salute»
    (Δ [V], 2, 1013a, 24-35, 1013b, 2).

Per riuscire a condurre l’indagine sulle cause è indispensabile un principio guida che sia sicuro e saldo. Di esso Aristotele aveva già parlato nell’Organon: si tratta dello strumento logico preliminare a ogni pensiero, il principio di non-contraddizione, secondo cui «è impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e nella medesima relazione» (Γ [IV], 3, 1005b, 19).
A questo principio fondamentale va unita la consapevolezza che non è possibile dare dimostrazione di ogni cosa poiché tale pretesa condurrebbe al regresso all’infinito, che per Aristotele coincide con l’irrazionale. Inoltre, si dà conoscenza scientifica soltanto di ciò che è universale poiché gli enti individuali sono dominio della semplice sensazione.
Posti questi fondamenti, il filosofo identifica la prima importante distinzione ontologica nella potenza e nell’atto. Potenza è la possibilità del divenire, l’atto è la potenzialità realizzata. Il passaggio dall’una all’altro è il movimento, è il tempo. L’atto possiede sempre una originaria prevalenza: «ciò che è in atto proviene sempre da ciò che è in potenza, ma proviene per opera di qualcosa che è attualmente esistente» (Θ [IX], 8, 1049b, 24). I principî sinora esposti e la distinzione tra atto e potenza dicono in modo chiaro che il lavoro teoretico si rivolge a un mondo in sé esistente, autonomo dalle sensazioni del vivente, «non è affatto possibile che i sostrati, i quali producono la sensazione, non esistano anche senza la sensazione» (Γ [IV], 5, 1005b, 34-35).

La teoresi si distingue in tre tipologie: matematica, fisica, teologia. La prima si occupa di enti immobili ma che (probabilmente) non esistono separati da una materia; la seconda studia enti che esistono separatamente ma non sono immobili; la filosofia/teologia (l’’onto-teo-logia’ della quale parla Heidegger ma che appartiene molto a Heidegger e poco ad Aristotele) indaga anche gli enti «che esistono separatamente e che sono immobili» (Ε [VI], 1, 1026a, 13-19). Anche perché la teoresi teologica si occupa certamente delle cause divine ma pure degli elementi materici (acqua, aria, terra, fuoco), delle forme che costituiscono le sostanze materiche e dei fini della sostanza, vale a dire la piena realizzazione della sua forma. In questo modo, la metafisica è la scienza prima che comprende in sé tutte le altre.

L’indagine aristotelica si nutre di una pacata ma costante distanza dalla teoresi platonica, che si involverebbe in una vasta serie di incongruenze, contraddizioni e arbitrarietà, tra le quali sono particolarmente gravi l’autonomia ontologica data ai numeri; la separazione delle forme ideali (le ‘idee’) dagli enti sensibili; la concezione dell’universale come forma separata dalla materia; la caratterizzazione dell’Uno come sostanza.
Quest’ultima tesi è per Aristotele contraddittoria perché l’Uno non è un genere ma è un universale, è il concetto più universale, quello che in sé accoglie tutti gli altri, comprese identità e differenza.
La scienza aristotelica, attraverso un lungo e minuzioso lavoro di indagine sulle cause e sui principî, perviene alla identificazione di un primo motore che è causa efficiente e finale di ogni ente ed evento, «un essere necessariamente esistente e, in quanto la sua esistenza è necessaria, si identifica con il bene e, sotto questo profilo, è principio», un principio dal quale dipendono il cielo e la natura (Λ [XII], 7, 1072b, 10-11). Questo Intelletto primo vive in una beatitudine senza fine, rivolto sempre al pensiero sommo che è egli stesso e dunque «pensa se stesso, se è vero che esso è il bene supremo, e il suo pensiero è pensiero-di-pensiero» (ivi, 1074b, 36). Naturalmente tutto questo è da intendere senza alcun riferimento a un dio persona, volontà, padre o analoghe determinazioni. L’essere necessariamente esistente è una causa oggettiva e impersonale. Come ricorda Enrico Berti, «nella Metafisica si trova ben poca teologia monoteistica» (trad. citata, p. XVI).

La metafisica così delineata è in se stessa una ontologia. Metafisica è quella scienza 

che studia l’essere-in-quanto-essere e le proprietà che gli sono inerenti per la sua stessa natura. Questa scienza non si identifica con nessuna delle cosiddette scienze particolari, giacché nessuna delle altre ha come suo universale oggetto di indagine l’essere-in-quanto-essere, ma ciascuna di esse ritaglia per proprio conto una qualche parte dell’essere e ne studia gli attributi, come fanno, ad esempio, le scienze matematiche.
(Γ [IV], 1, 1003a, 20-25)

Tuttavia l’essere non ha una accezione univoca ma si dice in molti sensi. Tra questi il filosofo ne privilegia due: la categoria e la sostanza. Categoria «giacché il termine ‘essere’ ha tante accezioni quante sono quelle delle categorie» (Δ [V], 7, 1017a, 25); sostanza poiché «l’essere nella sua accezione fondamentale – ossia non una qualsiasi qualificazione dell’essere ma l’essere puro e semplice – dovrà identificarsi con la sostanza» (Ζ [VII], 1, 1028a, 31-32).
L’intera storia della filosofia ha ereditato questa duplice accezione dell’essere. L’essere come categoria si è trasformato, nella tarda scolastica e soprattutto nella modernità cartesiana, in un concetto puramente gnoseologico, pervenendo alla completa subordinazione degli enti alla visione-giudizio-manipolazione dell’ente umano. L’essere come sostanza è stato di volta in volta o sola materia o solo spirito.
In ogni caso, come si vede, nella Metafisica di Aristotele si origina, riposa e sta il pensare europeo. In questo trattato, o insieme di trattati, la cultura greca perviene a uno dei suoi esiti massimi e più fecondi. Il rigore dell’indagine, la complessità delle prospettive, la chiarezza dei fondamenti concorrono alla costante e pervasiva presenza nel pensare europeo di queste ricerche aristoteliche sull’essere, la verità, il tempo. È infatti vero che «il problema su cui verte ogni ricerca passata, presente e futura, la questione che è sempre aperta e dibattuta, ossia ‘che cosa è l’essere?’, non si riduce ad altro se non alla domanda ‘che cosa è la sostanza?’»  (Ζ [VII], 1, 1028b, 2-4).
La risposta più convincente e argomentata a tale domanda l’ha data Spinoza, la cui Ethica conduce a pienezza l’immanentismo come significato, struttura e benedizione dell’essere, conduce a un mondo nel  quale l’umano non ha nessun primato e persino nessuna presenza.

Biologia e astrofisica

Evoluzionismo e cosmologia 
in Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee
anno VIII, n. 14, dicembre 2023 – «Maestri per il XXI secolo»
pagine 195-216

Indice
-La vita
-Consilience
-Evoluzionismo
-Biologia
-Astronomia
-Astrofisica
-Un grande scoppio?
-Invarianza/Relatività

Abstract
The dangerous and self-destructive tendency of contemporary sciences to turn into their opposite, i.e. dogmatic structures, is tempered by the research and results of many scholars who instead remain consistent with the critical and ever-open spirit that of the sciences, as of philosophy, constitutes the true mark and fertile treasure. The extensive work that Marco De Paoli has devoted to two fundamental sciences such as astronomy and modern and contemporary biology is one such antidote to the poison of dogma. In this essay the author will attempt to discuss, also critically, the results of such research, relating them to ethology as far as evolutionism is concerned, and to quantum physics as far as cosmology is concerned.

La pericolosa e autodistruttiva tendenza delle scienze contemporanee a trasformarsi nel loro contrario, vale a dire in strutture dogmatiche, è temperata dalle ricerche e dai risultati di molti studiosi che rimangono invece coerenti con lo spirito critico e sempre aperto che delle scienze, come della filosofia, costituisce la vera cifra e il fecondo tesoro. L’ampio lavoro che Marco De Paoli ha dedicato a due scienze fondamentali come l’astronomia e la biologia moderna e contemporanea è uno di tali antidoti al veleno del dogma. In questo saggio cercherò di discutere, anche criticamente, i risultati di tali ricerche, ponendole in relazione con l’etologia – per quanto riguarda l’evoluzionismo – e con la fisica dei quanti, per ciò che concerne la cosmologia.

[La fotografia raffigura l’ammasso globulare Omega-Centauri (NGC5139)]

ANGELICA ROCCA SU CHRONOS

Angelica Rocca
Esercizi di decentramento
Recensione a Chronos. Scritti di storia della filosofia 

in Fata Morgana
11 dicembre 2023
Pagine 1-4

«Il leitmotiv è la critica all’umanismo che non si traduce, però, nel suo rovescio, cioè in un anti-umanismo, in un disprezzo dell’umano e in un suo superamento ascetico in vista di un orizzonte trascendente. Tutt’altro: si tratta semmai di ritracciare i confini, di ricollocare l’uomo, spostarlo dal centro, di soffiare via tutte quelle nuvole di onnipotenza divina cui si è aggrappato per riancorarlo alla terra, a quel piano immanente di cui è solo una piccola parte. Una critica all’umanismo parte innanzitutto da un tributo alla filosofia greca, cosciente del limite (πέρας) invalicabile dell’umano, che è figlio di Chronos, del tempo. […]
Il bersaglio dell’idealismo, a cui la lettura di Biuso contrappone l’alternativa lucreziana di un materialismo ontologico, è l’oggettivismo greco che l’avvento del Cristianesimo, al pari di quanto fa con le religioni naturalistiche, scalza dalla storia del pensiero.  Non è forse la figura di Cristo, ancor prima dell’uomo vitruviano, a spostare l’uomo al centro del cerchio, a renderlo padrone della natura, misura di tutte le cose, ad estendere la sua area fino al punto in cui in essa si dispiega l’intero? […]
In un percorso che parte dal mondo greco sino ad avventurarsi lungo vie più recenti  e spesso poco esplorate – del pensiero contemporaneo, Chronos attraversa più di mille anni di storia della filosofia occidentale, restituendo un’immagine di quest’ultima forse più affine alla saggezza orientale intesa come esercizio».

[Foto di Bryan Goff su Unsplash; l’immagine raffigura la Nebulosa di Orione]

Hyle

Recensione a:
Davide Ragnolini
Hyle. Breve storia della materia increata
Rubbettino, 2023
Pagine 133
in Discipline Filosofiche, 4 dicembre 2023

«Una storia teologica della materia» che va dai filosofi greci delle origini sino a Tommaso d’Aquino e ai suoi avversari. Una storia vivace, attentamente documentata e con una posizione teoretica definita e chiara. Per Ragnolini, infatti, lo snodo della comprensione che la filosofia europea ha tentato del mondo è la questione della ὕλη, della materia prima ben individuata da Aristotele, della quale l’intero è intessuto e il mondo è generato. L’essere è pienamente temporale come permanenza della ὕλη nel mutare delle forme poiché «fra ciò che è e ciò che non è c’è sempre di mezzo la cosa che diviene» (Aristotele, Metafisica, II, 2, 994a) ed è insieme eterno  «poiché è autosufficiente rispetto a qualsivoglia potere esterno a esso».
I pensatori delle origini, gli atomisti, Aristotele, ma anche Platone e i neoplatonici, videro sempre nel cosmo e nella sua potenza, e dunque nella materia, il vero archetipo al quale cerca di attingere il limite umano. Un archetipo che Platone afferma essere fatto di un tempo diverso rispetto alla temporalità umana ma in ogni caso a essa sempre contiguo. Perché è dalla terra, dal cielo e dal tempo – Γῆ, Οὐρανός, Χρόνος – che tutto si è generato, è da ὕλη che la potenza del cosmo e del tempo è formata.

Whitehead

Whitehead
in Vita pensata
n. 29, novembre 2023
pagine 163-174

Indice
-Una metafisica selvaggia
-Platone, l’intero e le sue parti
-Un’ontologia relazionale
-Una metafisica temporale
-Potenza e limiti della filosofia
-Linguaggio e teologia

Questo articolo intende essere soltanto un testo di servizio per introdursi a una filosofia tanto originale quanto complessa e linguisticamente strabordante. Ho cercato dunque di dare quanto più possibile la parola ad Alfred North Whitehead (1861-1947) ma anche di rendere questa parola comprensibile sullo sfondo della storia della metafisica nella quale si colloca, nella quale intende collocarsi.
L’essere è insieme e inseparabilmente flusso e permanenza, poiché ogni mutamento ha senso in quanto qualcosa rimane e, di converso, il permanere di un ente si staglia sull’orizzonte del suo mutare. La metafisica è dunque da intendere non come fondazione/fondamento ma come comprensione di questo ininterrotto eventuarsi in cui mondo, materia e umanità consistono. Metafisica non come soggettivismo/idealismo ma come schiusura, apertura e compenetrazione del mondo umano dentro il mondo spaziotemporale che lo rende ogni volta e di nuovo possibile. 

 

Vai alla barra degli strumenti