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Sulla scuola

L’Associazione Nazionale Docenti (AND), della quale molti anni fa diressi il Centro Studi, organizza venerdì 29.11.2019 a Catania un incontro seminariale dal titolo La scuola che vogliamo. Idee e proposte per una scuola democratica. Vi terrò un intervento dal titolo La scuola socratico-gramsciana e la scuola del liberismo, articolato nei seguenti punti:

-Uno sguardo al recente passato delle riforme scolastiche
-Effetti delle riforme scolastiche sulla formazione universitaria
-Università, società, cultura
-Conoscenze e competenze
-Il fatto educativo

Attraverso tale percorso cercherò di mostrare come il vero cuore dell’educazione sia la relazione tra persone, l’apprendere insieme. Ogni insegnante, infatti, non trasmette soltanto delle informazioni, delle nozioni, degli strumenti tecnici ma sempre anche un modo di porsi di fronte agli altri, di fronte alle regole, di fronte alle difficoltà, di fronte alle idee e ai comportamenti. Il docente insegna sempre se stesso. La scuola è prima di tutto un’educazione a crescere nella libertà, mediante il rigore dei contenuti disciplinari, delle conoscenze, del sapere.

L’incontro si svolgerà a partire dalle 15,00 nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Unict: Programma completo (pdf)

 

Valutazioni didattiche 2019

Pubblico i pdf con la valutazione didattica ricevuta per i corsi svolti nell’a.a. 2018-2019 nel Dipartimento di Scienze Umanistiche di Unict.
Per l’insegnamento di Filosofia teoretica hanno sinora  risposto al questionario on line 36 studenti.
Per l’insegnamento di Sociologia della cultura hanno sinora risposto al questionario on line 157 studenti. Il numero di studenti ‘frequentanti’ è 103, un dato che mi lascia perplesso, visto che a lezione gli studenti erano molti di meno, non più di una cinquantina. Tanto più che lo scorso anno per la stessa disciplina il numero di questionari compilati era stato di 25. Sospetto dunque che ci sia un errore ma questo è comunque il report ufficiale e come tale lo pubblico qui.
Per l’insegnamento di Filosofia della mente non ho ricevuto il report perché il numero di risposte al questionario è insufficiente.

Ringrazio i miei studenti per i giudizi che hanno espresso. Sono loro, da sempre, una delle ragioni che rendono meraviglioso questo lavoro. E a loro ricordo il modo in cui a marzo iniziammo o proseguimmo i nostri tre corsi.

Filosofia teoretica (Metafisica):
Husserl  non è un autore, la fenomenologia non è una tra le tante correnti della storia della filosofia. Husserl e la fenomenologia sono un metodo/mondo fondato su un progetto teoretico visionario: far divenire l’umano ciò che è, trasformare i corpimente in un itinerario di conoscenza che non distingua più io e mondo ma li faccia emergere come un campo di forze nel quale la materia dispiega la propria autocomprensione, uno spazio che viene sempre riempito dal senso che una sua parte, quella umana, dà al mondo.
Dentro le circa 45.000 pagine stenografate nelle quali Husserl ha tentato di comprendere e comunicare la complessa struttura del mondo, si dispiega un pensiero tanto dinamico quanto unitario.
Dinamico poiché -come suggerì Eugen Fink- è possibile scandire il percorso husserliano in quattro fasi corrispondenti in generale ai luoghi del suo insegnamento: Halle, Göttingen, Freiburg e il periodo successivo al pensionamento; e tuttavia le istanze, i temi, le modalità, la tenacia del pensiero husserliane rimasero costanti a partire dalla filosofia della matematica, transitando per l’esigenza di una logica pura radicata poi nella soggettività trascendentale che perviene infine alle grandi analisi della crisi delle scienze e dell’identità dell’Europa.

Sociologia della cultura (Dismisura):
Il peggiore dei mali è la dismisura, è la ὕβϱις che smarrisce senso, proporzione, mezzi e obiettivi, che tutto confonde nel coacervo di una grandezza pronta a spezzarsi, che si spezzerà.  Il primo dei beni è dunque -come concludono gli interlocutori del Filebo (66a)- ciò che è misurato nello spazio, τὸ μέτριον, e opportuno nel tempo, τὸ καίριον. L’epoca presente è invece dismisura. Lo si vede nei fenomeni più diversi, la si incontra a ogni passo, la si tocca ovunque.
La razionalità, al contrario, ben si esprime nell’immagine di Atena σκεπτόμενη. «Lo sguardo meditativo della dea (definita skeptòmene, ‘colei che medita’) è volto verso il cippo dell’agon cui presiede. Ella fissa il limite e al contempo vi si appoggia. Il limite non è soltanto il luogo dove qualcosa si arresta: è ciò che fa avvenire quella cosa, la rende presente» (Olivier Rey, Dismisura. La marcia infernale del progresso, Controcorrente 2016,  p. 102).
Della misura Atena, la filosofia, è l’espressione e la forma suprema. La filosofia non è una fede o un procedimento soltanto logico ma è un sapere intuitivo della condizione umana e cosmica; non è un atteggiamento psicologico ma un’esperienza completa, sofferta e gloriosa dello stare al mondo; non è un ripetere formule altrui ma diventa il ripercorrere da sé il cammino di ogni ente dalla Pienezza al Limite. Perché il peggiore dei mali è la tracotanza, è la dismisura.

Filosofia della mente (Tempo della mente e Tempo del mondo):
La credenza di molti fisici contemporanei che il tempo sia irreale costituisce una forma di platonismo matematico, il quale ha però abbandonato il profondo legame che Platone sente con la realtà come intero e come problema, sostituendo a tale serietà ontologica il semplice fascino dell’eleganza e del formalismo matematici, i quali tuttavia non garantiscono in alcun modo la verità dei loro asserti ma soltanto il bisogno di eternizzarsi.
Il fatto, ad esempio, «che il movimento avviene nel tempo mentre la sua rappresentazione matematica è atemporale significa che non sono la stessa cosa» (Lee Smolin, La rinascita del tempo. Dalla crisi della fisica al futuro dell’universo, Einaudi 2014, p. 36).
Il tempo si conferma così il più importante tema e problema della fisica e di tutte le possibili scienze che non vogliano assumere una dimensione e un linguaggio mistico-matematici. «L’ipotesi della realtà del tempo conduce a una cosmologia più scientifica» (Smolin, p. 248) perché conduce a una cosmologia la quale non ha più bisogno dei tentativi epistemologici, religiosi ed etici di consolarci del nulla nel quale ogni ente è destinato a dissolversi come ente in questa forma qui, in questa determinata struttura minerale, vegetale, animale, atomica e cosmica.
La tesi della realtà effettiva, totale, pervasiva del tempo è più scientifica perché il mondo «continua a essere, sempre, un fascio di processi che si evolvono nel tempo e soltanto alcune sue piccole parti possono essere rappresentate da oggetti matematici atemporali» (Smolin, p. 252), è più scientifica perché il mondo è tempo.

 

Il travaglio del negativo

American Animals
di Bart Layton
Con: Barry Keoghan (Spencer), Evan Peters (Warren), Jared Abrahamson (Eric), Blake Jenner (Chas)
USA, 2018
Trailer del film

Agiati, amati, coccolati. Tutti, tranne forse uno. Studenti più o meno di successo. Quattro tipici giovani statunitensi che nel 2003 tentarono di rubare alcuni preziosi volumi della Transylvania University di Lexington (Kentucky), soprattutto un libro che contiene magnifiche immagini di animali, uccelli in particolare, autoctoni degli USA. Non erano, naturalmente, rapinatori di mestiere ma dei dilettanti che volevano dare una svolta speciale alle loro vite.
Il regista decide di alternare la ricostruzione degli eventi con la narrazione che i veri protagonisti compiono dell’accaduto: loro, i genitori, i professori e gli impiegati di quell’Università. Qualcosa di più, pertanto, rispetto a uno dei numerosi film che raccontano rapine più o meno complicate. Emerge infatti un bisogno profondo: quello di iniziarsi alla vita. Non a caso una delle prime scene descrive un episodio di nonnismo che ha come protagonista Spencer, lo studente al quale viene l’idea di rubare quel magnifico libro d’arte.
Quando una società rinuncia a trasmettere ai suoi figli la fatica, l’accettazione dei fallimenti, il limite, «wenn der Ernst, der Schmerz, die Geduld und Arbeit des Negativen darin fehlt»1 -tutto ciò che appunto significano e sono i riti di passaggio-, questi figli cercheranno altrove ciò che i loro genitori e il corpo sociale non offre più nel timore, poverini, di traumatizzarli; un’ossessione che spinge non pochi genitori a contestare ad esempio le bocciature (ormai rarissime) o i voti bassi a scuola. E che per questo si rivolgono in modo anche violento a quei professori che ancora pretendono che a scuola e all’università si studi. Furono poi ben traumatizzati questi quattro ragazzi del Kentucky, che però da quel dolore crebbero, come si vede dalle loro interviste di trentenni.
Per quanto diverse naturalmente siano le vicende, credo dunque che anche questo film costituisca una conferma di ciò che scrivevo in un mio libro:

«Il grande gioco della rivoluzione fu praticato con entusiasmo da moltissimi figli di papà, pierini viziati, ragazzi irresponsabili e cinici come e più dei loro padri. Adolescenti che uccidono senza sapere bene chi e perché e poi partono per le vacanze, trascorse in allegria sulle barche di famiglia, in giro per le isole più alla moda del Mediterraneo o in lussuose ville alpine. Figli di imprenditori, di professionisti, di ministri, che tutto hanno avuto dalla vita. […] Persone protette fino all’ultimo dalla mamma, dalla famiglia, dal clan, i quali assecondano le decisioni più ingiustificate, sopportano ogni capriccio, tentano di ricomporre l’equilibrio dei figli anche quando ciò significa favorire i loro crimini. Individui affascinati dal mito dell’eroe dannunziano, dal culto soreliano e leninista della violenza rigeneratrice, dall’aspirazione totalitaria alla conquista del mondo e del futuro. […] . Qualcosa che è riemerso con grande forza negli anni del terrorismo contribuendo in maniera non secondaria alla sua crescita. Ma l’elemento scatenante è stato l’unione del dogmatismo dottrinario con la contrapposta rivendicazione del valore di una nuova soggettività. È venuta meno l’autorevolezza delle varie forme nelle quali l’autorità si esprime: istituzionali, politiche, familiari, scolastiche. La mediazione dei bisogni, il confronto fra le volontà e le strutture è saltato a favore del tutto e subito e cioè a vantaggio esclusivo di un approccio retorico ai problemi, nella ripetizione ossessiva di slogan vuoti, monotoni e perciò più assordanti.
Pur di sopravvivere, l’Università e la scuola si sono trasformate in una palestra di ribellismo narcisistico e acritico, partiti e sindacati hanno abbandonato ogni dimensione pedagogica per farsi mera cassa di risonanza di un rivendicazionismo rabbioso, le istituzioni sono state schiacciate sotto il peso di un’accusa assillante di autoritarismo reazionario. L’intera società civile ha avallato l’irresponsabilità rispetto al compito, la fuga dall’impegno che è fatica, la metamorfosi della parola dovere in un tabù linguistico. Ha accettato di essere continuamente accusata da chi nello stesso tempo pretende di venire da essa mantenuto»2.

Il genitore che nel film piange sul destino del proprio figlio ha avuto ciò che si merita.

Note
1. Hegel, Phänomenologie des GeistesPrefazione, 19 (Quando mancano la serietà, il dolore, la pazienza e il travaglio del negativo’, Fenomenologia dello spirito, trad. di Enrico De Negri, La Nuova Italia 1973, p. 14).
2. Contro il Sessantotto. Saggio di antropologia, Villaggio Maori Edizioni 2012, pp. 45-47.

Παιδεια

Per la παιδεία
in Koiné, anno XXV – 2018
«Per una scuola vera e buona»
pagine 91-101

In questo testo ho ripreso alcune delle analisi formulate in due contributi pubblicati sulla rivista «Punti Critici»: Educazione e antropologia (1999) e Sulla «Grande Riforma» della scuola italiana (2001).
I non pochi anni che ci separano da quelle riflessioni hanno confermato la plausibilità e attualità di quanto vi avevo argomentato. E questo è in gran parte un dramma poiché significa che è continuato il processo di dissoluzione delle conoscenze in astratte e sterili competenze; significa che è proseguita l’imposizione alle scuole e alle università di un lessico finanziario fatto di crediti e di debiti formativi; significa che la conoscenza è diventata un carico di merci da scambiare secondo le regole di un capitalismo non si sa se più arcaico o postmoderno.
L’Università disegnata da tali paradigmi è frutto di un riformismo artificioso e semplicistico. Un riformismo omologante nel suo ignorare completamente la diversa evoluzione storica degli istituti di formazione; perdente nell’adottare modelli che nei Paesi anglosassoni hanno fallito; indifferente ai contenuti e alle finalità dell’insegnamento e tutto giocato sul piano istituzionale-organizzativo; americanizzante nei suoi presupposti ideologici e nelle sue concrete articolazioni.
Tutto questo è coerente con la tendenza alla globalizzazione dell’economia: costruire una società di esecutori dotati di diplomi di bassa qualità, lasciando che a decidere il modello di sviluppo e a gestirlo sia un’élite di tecnocrati. Per tutti gli altri è sufficiente il luccichio del nulla televisivo, l’aggressiva superficialità dei social network, la patetica commedia dei Corsi Zero.
A questo degrado oppongo il significato e la viva attualità della παιδεία, della relazione viva, libera, rigorosa e feconda tra l’allievo e il maestro. La struttura del fatto educativo è socratica, sempre. Nessun docente può garantire alcun risultato se in chi lo ascolta non c’è predisposizione all’apprendere e volontà di riuscirci. L’educatore non è onnipotente; l’educando non è una macchina plasmabile in qualsivoglia forma; l’educazione è rapporto fra persone, è incontro di libertà sempre dinamiche, sempre in movimento. Movimento e divenire è infatti l’insegnamento, poiché se «i greci esistevano nel discorso» come è evidente sia nel Gorgia di Platone sia nella Retorica di Aristotele, allora «insegnare significa parlare a un altro, rivolgersi all’altro nel modo del comunicare. L’essere proprio di un insegnante è: stare davanti a un altro e parlargli, per la precisione in modo tale che l’altro, ascoltando, lo segua. Si tratta di un nesso ontologico unitario determinato dalla κίνησις» (Heidegger, I concetti fondamentali della filosofia aristotelica [1924], trad. di G. Gurisatti, Adelphi 2017, § 13, p. 140 e § 28, p. 353).

Il testo è articolato nei seguenti paragrafi:
-Scuola e politica
-Conoscenze e competenze
-Socratismo e comportamentismo
-Marketing e analfabetismo
-Europa e παιδεία

Valutazioni didattiche 2018

Pubblico i pdf con la valutazione didattica ricevuta per i corsi svolti nell’a.a. 2017-2018.
Per l’insegnamento di Filosofia teoretica hanno sinora risposto al questionario on line 26 studenti.
Per l’insegnamento di Sociologia della cultura hanno sinora risposto al questionario on line 25 studenti.
Per l’insegnamento di Filosofia della mente non ho ricevuto il report perché il numero di risposte al questionario è insufficiente.

Ringrazio ancora una volta i miei studenti per i giudizi positivi che esprimono su questi insegnamenti.
Non avendo ricevuto i pdf con i commenti liberi degli studenti, ho chiesto informazioni al Nucleo di Valutazione e al Presidio Qualità dell’Ateneo di Catania. Mi è stato risposto che non è più possibile inserire tali commenti in quanto spesso contenevano insulti anche gravi rivolti ai docenti. Mi dicono che la stessa decisione, per i medesimi motivi, è stata presa anche da altre Università.
È davvero triste -per quanto non sorprendente, anche alla luce dei Social Network- che l’anonimato scateni negli umani lo schifo. Triste che questo accada in persone giovani. Davvero dobbiamo imparare a vivere facendo a meno della speranza. Disprezzo molte cose e la viltà è tra queste. So che i comportamenti di alcuni colleghi sono molto gravi ma invece di segnalarli in modo aperto e con le procedure previste numerosi studenti preferiscono subirli, se il caso anche trarne vantaggio e tacere oppure sterilmente sfogarsi in forma anonima.

Una buona notizia è invece quella che ha dato il Direttore del mio Dipartimento, Marina Paino, durante un recente Consiglio: diversamente da altri Atenei italiani, le immatricolazioni in ambito umanistico al Disum di Catania sono in crescita. Il Corso di laurea triennale in Filosofia, ad esempio, ha superato il limite ministeriale di 150 iscritti al primo anno. Speriamo di poter dare a questi studenti una formazione scientifica e un’educazione adeguate e di poter essere da loro rispettati, nei nostri meriti e con i nostri limiti.

L’attrito del negativo

Easy. Un viaggio facile facile
di Andrea Magnani
Italia-Ucraina, 2016
Con: Nicola Nocella (Isidoro), Libero de Rienzo (Filo), Ostap Stupka (Bogdan)
Trailer del film

Essere caduto in depressione, aver perso l’obiettivo della propria vita -le corse professionistiche in automobile- e ritrovarlo guidando un’auto delle pompe funebri dall’Italia all’Ucraina, alla ricerca di un tranquillo e sperduto villaggio tra i Carpazi. L’automobile viene rubata ma Isidoro, detto Easy, non si perde d’animo. Ritrova anzi la propria energia, determinazione, intraprendenza. E arriva a destinazione con i mezzi più diversi: un carrello, un trattore, un cavallo, con la bara sempre al seguito. Il feretro è restituito. Nel mezzo l’avventura dello spazio e degli incontri, che libera una vita rimasta sino ad allora chiusa nel cibo e nell’infanzia.
L’attrito necessario all’esistenza umana è simile a quello indispensabile alle auto -anche le più potenti- per non girare a vuoto nel mulino del tempo. Gli umani hanno sempre bisogno di questo attrito per crescere, per apprendere il travaglio del negativo, il potere plasmatore delle difficoltà.
I tabù, i divieti, i riti di iniziazione che caratterizzano in modo diverso tutte le culture, sono motivati da quest’esigenza primaria: preparare l’individuo alla durezza del vivere. L’educazione consiste prima di tutto in tale compito. Aver rinunciato a esso, nelle indulgenti e asservite società contemporanee, sta creando generazioni di deboli, di piangenti, di falliti, che si arrendono ai primi ostacoli dell’esistere.
Una delle strategie più efficaci del potere consiste infatti nel mantenere le persone in una condizione infantile. I nostri figli sono per lo più viziati, coccolati, trattati da infanti anche quando hanno superato i vent’anni. È facile profezia che mentre da bambini e da studenti accampano diritti e pretese, dopo qualche tempo accetteranno zitti zitti di essere sfruttati da qualcuno -call center o altro- per 300 euro al mese o anche meno. Forse se lo saranno meritati, come la tenacia di Easy merita invece l’accoglienza che un’antica comunità riserva alla morte e alla vita.
Siddhārtha Gautama può diventare il Risvegliato, l’Illuminato -il Buddha- soltanto dopo aver lasciato il luogo irreale nel quale non v’è sofferenza, soltanto dopo aver conosciuto quanto duro l’esistere possa diventare, soltanto dopo aver vissuto l’attrito del negativo. Questo significa crescere e in questo consiste l’educare.

Riforme

L’editrice Petite Plaisance continua la pubblicazione dei numeri della rivista Punti Critici.
Nel numero 5/6 del dicembre 2001 vi apparve un mio saggio dal titolo Sulla «Grande Riforma» della scuola italiana. In esso proseguivo la riflessione iniziata sulla stessa rivista (numero 2 – settembre/dicembre 1999) con un contributo su Educazione e antropologia.
A distanza di diciotto anni da questi due saggi -e da quelli di analogo argomento pubblicati sulla rivista diretta da Dario Generali il Voltaire. Cultura Scuola Società– provo la tristezza di aver compreso che cosa fosse in gioco e di aver previsto con sufficiente esattezza  che cosa sarebbe accaduto alla Scuola e all’Università. Tra l’altro, in questo saggio (alle pp. 168-169) mi esprimevo criticamente sul concetto di flessibilità, che non a caso è stato ripreso ed enfatizzato positivamente dal Presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) durante un recente dialogo che abbiamo avuto nel mio Dipartimento in occasione del IV Colloquio di ricerca.
Posso dire che questi testi rappresentano un’archeologia (nel senso foucaultiano) della catastrofe educativa italiana ed europea.

«Negli scorsi decenni ciò che chiamiamo cultura è stato visto da molti quasi soltanto come uno strumento di potere e di discriminazione. Nella impossibilità di elevare tutti al sapere, quanti hanno aderito a quella concezione hanno poi operato – consapevolmente o meno non ha importanza – allo scopo di distruggere la cultura come valore e di dequalificare scuole e università ponendole al servizio del ‘mondo del lavoro’, vale a dire del capitalismo globalizzatore dominato dagli Stati Uniti d’America. Questo è il vero significato delle riforme scolastiche in corso in Europa da alcuni anni, comprese quelle imposte in Italia dal ministro Berlinguer e dai suoi consiglieri-successori».

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