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Transavanguardia


Transavanguardia italiana

Palazzo Reale – Milano
A cura di Achille Bonito Oliva
Sino al 22 aprile 2012

 

Trent’anni fa Achille Bonito Oliva inventava la Transavanguardia e con essa una nuova funzione del critico d’arte, non più commentatore ma vero e proprio creatore di movimenti, correnti, scuole. La denominazione alludeva chiaramente a una posizione di rifiuto di molta arte del Novecento, in particolare dell’allora recente arte povera. Per andare verso dove? Verso un ritorno alla pittura pura, alla tela, alla bidimensionalità. Ritorno al figurativo, anche se mescolato a qualche residuo d’astrazione.
La mostra di Milano a Palazzo Reale celebra il trentennale attraverso i cinque artisti più rappresentativi. Il risultato è una chiara testimonianza della sterilità di questa corrente. Non si può più, davvero, dipingere quasi come se nulla fosse accaduto, come se il nostro tempo non fosse colmo di un’inquietudine che nessuna “figura” può condensare. E così Francesco Clemente dipinge incubi e cade in ripetizioni; Sandro Chia indulge nel già visto, in un’antologia di citazioni; Enzo Cucchi si affida a un simbolismo debole e mortuario. Diverso il discorso per Nicola De Maria, non a caso uno dei meno figurativi e più ironici tra questi pittori, la cui opera è un trionfo di colori, di astrazioni, di parole che sulla tela diventano forme (alberi, ad esempio) pur rimanendo segni alfabetici. Esemplare di questa riuscita è Amore (1980-81), un verde intensissimo dentro il quale si stagliano e si avvicinano due cerchi rossi. Di altro livello è anche Mimmo Paladino, che non torna alla semplice tela bidimensionale ma espande l’opera nello spazio, con una molteplicità di manufatti, come in Tavolo (bronzo e acciaio del 1986).
Una mostra per ricordare e, speriamo, anche per chiudere.

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