Boundless
di Ole Christian Madsen
Danimarca, Germania, Estonia, Svezia – 2024
Con: Ulrich Thomsen (Carl Mørck), Sofie Torp (Rose), Hedda Stiernstedt (Pirio), Joachim Fjelstrup (Atu), Marie Boda (Alberte Schneider), Afshin Firouzi (Assad)
Trailer del film

In un’isola della Danimarca, Bornholm, una studentessa – Alberte Schneider – viene trovata morta sul ramo di un albero. Le indagini conducono alla bizzarra soluzione di ‘incidente stradale’. Ma un poliziotto non si rassegna a tale referto e il caso diventa per lui negli anni un’ossessione, sino a indurlo a un suicidio pubblico durante la cerimonia del proprio pensionamento. Alla cerimonia stava assistendo una investigatrice della sezione speciale Q, inviata dal suo capo, vecchio amico dell’agente suicida ma che da anni non sentiva più. Dalla riapertura del caso di Alberte emergono fatti e situazioni assai inquietanti, che hanno tutti al centro una comunità di ‘adoratori della luce di Osiride’.
Boundless è girato in modo televisivo e vira su un pulp assai sanguinolento, con trame anche improbabili. Un film che non ha nulla di rilevante, dunque, se non la descrizione della comunità degli adoratori del Sole. L’analisi del condizionamento totale esercitato da tale setta sui suoi membri e della violenza omicida inferta ad alcuni di loro è infatti realistica. I guru di tale gruppo parlano continuamente di luce, di libertà e soprattutto di amore. Amore per tutti, amore dovunque in tutte le sue forme, amore profondo, amore gratuito.
Ecco, quando degli umani e dei gruppi cominciano a utilizzare tali linguaggi; quando i buoni sentimenti scorrono in abbondanza; quando accoglienza, benessere, resilienza, inclusione, gentilezza, diventano parole continuamente ripetute o addirittura imposte, è allora che bisogna stare molto attenti, non cadere nell’inganno, rimanere razionali.
Ritengo la cortesia e la buona educazione dei comportamenti assolutamente necessari, gli unici probabilmente che possano almeno attutire le forme della stupidità e della ferocia umane, ma diffido profondamente quando la gentilezza viene imposta per legge o quasi, come accade ad esempio nell’ideologia del politically correct. Qui si può leggere un documento in tal senso:

 

3 pensiero su “Gentilezza e altri valori”
  1. Cari Alberto e Dario, non si sa se ignorare, piangere, ridere o irridere.
    Il primo pensiero è stato che a Humboldt come ispiratore dell’università continentale, i nostri ispirati estensori avessero pensato di sostituire monsignor Giovanni Della Casa e il suo galateo. Poi mi è venuto in mente Brecht che, in A coloro che verranno, cantava “noi che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza, noi non si poté essere gentili”. Ebbene “coloro che verranno” sono venuti e non dovendo “apprestare” nulla, accettando il mondo così com’è nelle sue strutture, nelle sue regole, nei suoi fini, possono occuparsi delle gentilezza, o meglio, possono occuparsi solo della gentilezza. Loro si che possono essere gentili, perché non possono essere altro.
    Ovviamente entrando nel merito del testo ben altro sgomenta. Sembra che per “coloro che sono venuti” tutto sia possibile oggetto di raccomandazione esteriore. Quindi da un invito a venire in classe rasati e puliti da anni cinquanta siamo passati oggi a un invito a sorridere, a essere premurosi, addirittura empatici. Si può invitare qualcuno a fingere l’orgasmo, ed è già abbastanza deprimente, invitare qualcuno ad averlo a comando fa invece supporre la perdita del senno di colui che fa l’invito. Mi sento quindi di proporre come alternativo a Della Casa per l’ateneo il nome “Astolfo”. Uniastolfo come auspicio mi sembra più adatta.

  2. Caro Alberto,
    il “Manuale della gentilezza in ambito universitario” che ci hai trasmesso sembra uscito da un film comico, che stia ironizzando sull’assurdità e la mancanza di realismo dell’ambiente accademico.
    Questa assurdità, come tante altre che leggiamo nelle circolari che da alcuni anni le autorità accademiche diffondono, sono espressione del delirio woke che sta appestando, dopo aver devastato le università americane, anche quelle europee, che purtroppo non stanno dimostrando di avere sufficiente razionalità e adeguati anticorpi per respingere questa moda insensata, come ci si sarebbe aspettati, vista la loro lunga tradizione storica.
    Tra l’altro, queste prescrizioni, se confrontate con le effettive logiche accademiche spietate e spesso incuranti di qualsiasi norma e rispetto dello Stato di diritto, risultano di una straordinaria ipocrisia e in totale contrasto con le impostazioni e i rapporti ancora di stampo feudale che governano l’accademia.
    Del resto su queste assurdità ti sei già espresso più volte e con molta chiarezza ed efficacia.
    Un caro saluto.
    Dario

    1. Caro Dario, hai perfettamente ragione a proposito anche della stupefacente ipocrisia che caratterizza simili testi rispetto alla prassi quotidiana.
      Può risultare anche un modo, certo un poco rozzo, di nascondere tale prassi.
      Ho l’impressione che anche chi ha approvato e diramato questo Manuale se ne vergogni un poco. Il testo infatti non ha alcuna firma, né di singoli né di commissioni (e sì che non ne mancano); si parla in modo vago di Area della didattica.
      Aggiungo che si apprende solo che due organi accademici (SA e CdA) lo hanno approvato ma non c’è modo di leggere i verbali delle riunioni di tali organismi, di capire se c’è stata una discussione, se qualcuno dei membri del SA e del CdA abbia dissentito o meno. E questa scarsa trasparenza mi sembra poco gentile.

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