Femme fatale
di Brian De Palma
USA, 2002
Con: Rebecca Romijn (Laure Ash; Lily), Antonio Banderas (Nicolas Bardo), Eriq Ebouaney (Black Tie), Rie Rasmussen (Veronica)
Trailer del film

Comincia con una serie di piani sequenza dedicati a una rapina molto sofisticata, tentata durante il Festival cinematografico di Cannes. Si sofferma sui particolari di oggetti, luoghi, persone. Accenna sempre al gioco e all’ironia (un gatto, ad esempio, che gioca con un raggio laser ostacolando i rapinatori), anche per ricordare che la vita non è il cinema. Genera il doppio di due donne quasi identiche ma dalle personalità  e dai destini assai diversi. Affronta – questo il senso del film – l’immensa questione del caso, della necessità, del tempo. Lo fa destrutturando caso, necessità e tempo attraverso l’incrociarsi di eventi e destini, che vengono vissuti ma vengono anche sognati, e nei quali il sogno modifica l’incedere del vissuto. Si conclude con un riflesso del Sole sul ciondolo di una collanina, che era stata regalata a un camionista da una delle due donne in seguito a un lutto, il quale rappresenta per l’altra donna un’occasione non voluta ma insperata per sottrarsi ai complici che ha tradito. Una rapinatrice che da esecutrice diventa protagonista e la quale a sua volta…
È il cinema di De Palma, capace di coniugare puro spettacolo e filosofia. Un cinema dai mezzi tecnici e poetici molto solidi, il cui esito sono dei film assai piacevoli e mai banali, nei quali i particolari diventano essenziali alla trama. Due soli esempi riguardanti Femme fatale.
Il primo è una conversazione tra i due protagonisti, nella quale la bella modella e rapinatrice Laure Ash dice al fotografo Nicolas Bardo (che con una sua foto da paparazzo l’ha messa in pericolo) che l’unico senso del mondo è la tenebra.
Il secondo particolare è la pubblicità che appare su un chiosco parigino proprio nel finale e che per due secondi pone quasi in primo piano l’espressione «déjà vu», formula che racchiude ed esprime uno dei significati di questo film.

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