Lunedì 4 agosto 2025 alle 19.00 alla Villa Patti di Caltagirone parlerò di alcuni aspetti teoretici e sociali della cosiddetta Intelligenza Artificiale. L’evento si inserisce all’interno della seconda edizione del Festival Sikelia.
Homo sapiens è un animale tecnico, lo è da sempre per il suo stesso statuto ontologico. Questa sua natura fa sì che gli strumenti che inventa e che usa non abbiano nessuna neutralità poiché essi sono sempre rivolti a modificare la realtà stessa. La tecnica non è dunque niente di neutrale. Anche l’IA non è un semplice strumento, le cui modalità e conseguenze dipenderebbero dall’utilizzo che se ne fa. L’IA è invece una potenza pervasiva delle società e delle vite contemporanee.
In essa abita l’equivoco di una formula di enorme successo: Artificial Intelligence. E tuttavia i dispositivi nei quali questa strumentazione si esprime non sono per nulla intelligenti ma sono soltanto molto potenti nelle loro procedure, le quali essendo procedure del tutto matematiche e algoritmiche sono pertanto prive di intelligenza del mondo. La questione, piuttosto, è anche quella riassunta dalle seguenti parole del filosofo francese Denis Collin: «Les machines dites ‘intelligentes’ ne remplacent pas les humains, mais les humains apprennent progressivement à penser comme des machines» (Introduction à la pensée de Marx, Seuil 2018, p. 24).
La questione non è dunque soltanto l’intelligenza procedurale dei software che controllano milioni di dispositivi di utilizzo quotidiano – alcuni dei quali molto delicati o distruttivi, come ad esempio gli strumenti finanziari e gli armamenti – ma consiste nel tramonto progressivo dell’intelligenza umana, la cui complessità non sembra più necessaria in un mondo guidato dai software e dallo hardware.
Pur facendo la necessaria tara alle affermazioni di molti tecnoestremisti, sembra che il Mister Smith di Matrix vada diventando sempre più plausibile.


Da: Illusione e realtà: la bolla dell’Intelligenza artificiale sta scoppiando?
il Simplicissimus, 14.10.2025
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«Negli anni scorsi si pensava che già in questo 2025 i sistemi di Intelligenza artificiale generativa (GenAI) sarebbero migliorati a tal punto da sfociale nel sacro Graal dell’attuale ricerca, ovvero l’Intelligenza artificiale Generale (Agi). Ma così non è stato e più passa il tempo, più le illusioni del profeta Sam Altman, di Microsoft, partner di OpenAI e principale finanziatore del settore o di Elon Musk, tanto per citare qualche nome, si stanno impantanando. La scintilla che avrebbe dovuto scoccare grazie all’istituzione di data center e di chip sempre più veloci non è scoccata. Frankenstein rimane senza vita sul tavolo di dissezione. Così il 2025 che avrebbe dovuto essere l’anno di svolta sta regalando solo delusioni. […]
In effetti i bot di intelligenza artificiale sono incentivati a indovinare (e dare una risposta errata) piuttosto che ammettere di non sapere qualcosa . Questo problema è stato riconosciuto dai ricercatori di OpenAI in un recente articolo . L’ipotesi buttata a caso viene premiata, perché, chissà, potrebbe essere corretta. Per questo uno studioso del settore come Servaas Storm, a cui devo molte delle notizie riportate nel post, dice che potrebbe essere prudente pensare a “Informazione Artificiale” piuttosto che a “Intelligenza Artificiale” quando si usa l’acronimo IA. […]
L’industria americana dell’intelligenza artificiale è stata costruita sulla premessa che la GenAi fosse dietro l’angolo e tutto ciò che serviva era un numero sufficiente di data center ed elettricità a basso costo per eseguire l’enorme mappatura statistica dei pattern necessaria a generare una parvenza di “intelligenza”. E così sono stati spesi 750 miliardi miliardi da parte dei venture capitalist della Silicon Valley e dei finanzieri di Wall Street. Questo ha portato le azioni dei titoli tecnologici ad impennarsi in maniera impressionante rispetto ad enormi spese e a modestissimi risultati. La bolla sta per scoppiare e lo dice lo stesso Ad di Open Ai, Sam Altman, che ad agosto ha dichiarato: “Qualcuno perderà una quantità fenomenale di denaro anche se ancora non sappiamo chi.” Insomma l’iperbole costruita sull’Intelligenza artificiale, non è nemmeno lontanamente vicina alla realtà e rischia di far saltare un intero settore economico. lo spillo è già vicino alla bolla. E a questo punto rimane una domanda: questa enorme distanza tra illusione e realtà è qualcosa che non si immaginava o era in qualche modo già consapevole in vista di scopi che ancora non conosciamo?»
IA: ero morto da secoli e non me ne sono accorto
il Simplicissimus, 2.8.2025
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Nei giorni scorsi mi sono divertito ad usare diversi moduli di intelligenza artificiale per vedere se erano così credibili. Non ho fatto delle domande banali che di solito hanno come risultato il temino di terza media di fronte al quale stupiscono come se fosse un irraggiungibile capolavoro, ma ho dato un compito un tantino più difficile. Ho chiesto chi è il sottoscritto con nome e cognome? E la stessa cosa ho fatto con altre persone che conosco. Ad eccezione dei moduli inseriti nella ricerca di di Google e di X che utilizzo normalmente e nei quali sono persona nota, gli altri da Gab a ChatGpt, a DeepSeek e ad altri ancora hanno dato delle risposte piuttosto inquietanti: per uno sono stato ex presidente dei cavalieri di Malta, per un altro sono deceduto nel XIIIesimo secolo, per un altro ancora farei parte di uno studio legale, altri ancora hanno ignorato completamente il mio nome e hanno tirato fuori solo alcune cose sul cognome, il che francamente è piuttosto stupido. E credo seriamente che anche con i sistemi a pagamento e la cosiddetta ricerca profonda le risposte non sarebbero state molto diverse.
Una mia conoscente è di volta in volta segnalata come un’attrice australiana di nome totalmente diverso, una delle ragazze di Epstein e infine, con un tocco geniale, è stato suggerito che possa trattarsi di una persona. Vi assicuro che è uno spasso incredibile, quasi un gioco di società. Ora questo ci porta ad alcune considerazioni: che l’intelligenza artificiale agisce accrocchiando ciò che può trovare nei database che i vari sistemi hanno a disposizione. Se non c’è nulla la risposta sarà completamente sballata o peggio ancora legata ad assonanze tra nomi e cognomi, operazione del tutto fuorviante, così che la ricerca è nella realtà di gran lunga inferiore come risultato efficace ai normali strumenti di ricerca sul web. Questo tuttavia implica due possibilità entrambe piuttosto inquietanti. La prima è che un sistema di intelligenza artificiale abbia a sua disposizione i database provenienti dai social: le sue risposte si fonderanno su mega tonnellate di sciocchezze che vi compaiono, le sue risposte a loro volta influenzeranno le discussioni fino ad arrivare, nel tempo, ad una situazione di auto referenzialità del sistema, il quale non farà altro che citare se stesso e sarà completamente inutile.
La seconda è che qualcuno dietro le quinte, scelga le informazioni a cui attingere o attribuisca ad esse un sistema di valori per esempio numerico, proprio come i voti di un tempo, in maniera che certe informazioni finiscano per pesare di più ed imporre opinioni lontanissime dalla realtà e in grado di cambiare in maniera radicale l’opinione comune. Se per esempio chiedessi chi ha vinto la Seconda guerra mondiale, potrei apprendere che essa è stata vinta dagli Stati Uniti d’America anche se una minoranza crede (e in quel crede c’è tutta la condanna di idee bizzarre e strampalate) che al conflitto abbia dato qualche apporto anche l’Unione Sovietica. Insomma terawatt di energia per ottenere lo stesso risultato che si può raggiungere pagando un buffone di corte per dire che Auschwitz è stata liberata dagli americani. In realtà l’effetto sarebbe molto più profondo ed è per questo che la IA può essere un potente strumento per l’ipnosi collettiva di fronte ai quali influencer, troll, testoline e teste d’uovo a pagamento non sono che uno strumento primitivo di orientamento del pensiero e dell’immaginazione.
Non ho dubbi sulla strada che prenderanno queste tecnologie: quando esse aiuteranno in maniera efficace a compilare un modulo, costruire una foto, redigere un riassunto o una ricerchina, oppure saranno usati per qualche compito più sofisticato, quando insomma avremo imparato a fidarci, ecco che esse diventeranno davvero pericolose.
Contro lo stupido ottimismo per la diffusione della Intelligenza Artificiale è necessario rimarcare sempre, e con maggior forza, la irriducibilita’ della Intelligenza Umana a macchine che non pensano alcunché.