Milarepa
di Louis Nero
Italia, 2025
Con: Isabelle Allen (Milarepa), Harvey Keitel (Marpa), Iazua Larios (Daka), Angela Molina (Khulan), Michael Ronda (Zimoty), F. Murray Abraham (Oyun), Hal Yamanouchi (Yuguntun), Diana Dell’Erba (Damena)
Trailer del film
La vicenda si svolge due secoli dopo la grande catastrofe che ha ricondotto la storia umana al tempo nel quale non c’era energia elettrica e dunque non c’era nulla del mondo nel quale oggi siamo immersi. Ma è soltanto uno stratagemma cronologico. Si tratta infatti di una storia realmente accaduta nel Tibet durante i secoli che corrispondono al nostro Basso Medioevo. E narra di un ragazzo – qui diventato ragazza, cedendo ancora una volta alle mode contemporanee – i cui beni il padre morente ha affidato al proprio fratello e sorella, i quali però se ne appropriano trasformando in servi Mila, sua madre e la famiglia. Quando, raggiunta la maggiore età, a Mila non vengono restituiti i beni, la madre le chiede di apprendere le arti magiche e con quelle vendicarsi. Mila si traveste da maschio, impara la magia e attua la vendetta richiesta. Poi però si pente di quanto ha fatto e cerca espiazione e liberazione presso un Lama, un guru di nome Marpa che con le sue richieste mostra di essere assai più un sadico che un saggio. Nella scena iniziale, che viene ripresa in quella finale, la ragazza forse viene uccisa ma rinasce come una illuminata, come un Budda.
I paesaggi del film di Louis Nero sono abitati da deserti, masserie e archeologia industriale. Gli abiti sono degli eleganti stracci chiaramente ispirati alle culture tibetane. Le azioni sono tutte simboliche. L’intento e la struttura sono iniziatiche. Vi è un consistente scarto tra le due parti che compongono l’opera. La prima è coinvolgente nel racconto dell’infame ingiustizia subìta e della meritata vendetta che la riscatta. La seconda parte è pervasa dal senso di colpa e dalle poco sensate strategie volte a colmarlo, espresse attraverso dialoghi troppo edificanti.
Il realismo della vendetta – giusta vendetta – si scontra con lo spiritualismo moralista che ‘perdonando e sentendosi una cosa sola con gli altri’ giustifica, legittima e costituisce il male.
Ci vuole comunque coraggio a proporre a un tempo disincantato e soprattutto banale e mortifero, come gli anni Venti del XXI secolo, una storia così forte, remota, interiore. Con non poche ingenuità ma in una direzione tenace, Milarepa suggerisce che esiste dell’altro al mondo al di là dei social network, delle borse finanziarie, della società dello spettacolo.
