
Schmitt, la guerra, l’Europa
Carl Schmitt: la guerra giusta e l’Europa del XXI secolo
in Dialoghi Mediterranei
n. 73, maggio-giugno 2025
pagine 193-203
Indice
-Lo spazio
-Il diritto internazionale
-Umanesimi e massacro
-Il nemico ingiusto
-Dottrina Monroe e Prima guerra mondiale
-Utopia e imperialismo
-Occidente vs Europa
Già dalla fine della Prima guerra mondiale, autentico suicidio dell’Europa che oggi va compiendosi sotto i nostri occhi, l’universalismo imposto dagli Stati Uniti d’America iniziò a significare che il luogo dove si sarebbero decise le questioni europee non era più l’Europa. E non soltanto le questioni ma anche decidere il significato dei princìpi, dei valori, di parole come democrazia, libertà, legalità. Che cosa questi e altri principi significassero in qualunque luogo del pianeta, veniva spiegato e imposto dalla potenza che si sentiva (e si sente) l’incarnazione somma di tali valori. «Finché gli Stati Uniti si limitarono all’emisfero occidentale, tutto ciò riguardò solo questo grande spazio. Non appena però essi avanzarono la pretesa globale di un interventismo mondiale, la questione finì per toccare ogni altro Stato della terra», a partire dall’Europa, soprattutto dall’Europa.
L’immagine di apertura è un dipinto di Gerard Ter Borch che rappresenta la firma dei trattati di Westfalia con i quali nel 1648 si pose fine alla Guerra dei Trent’anni, chiudendo in questo modo la fase violentissima delle guerre di religione. Con questo e con successivi trattati si pose fine anche alla guerra di predazione sui mari e nacque in tal modo lo Jus Publicum Europaeum, il quale costituì – scrive Schmitt – «un capolavoro della ragione umana» per la sua capacità di porre fine ai «massacri delle guerre tra fazioni religiose» e limitando i conflitti alla forma della «semplice guerra tra gli Stati» come guerra circoscritta e guidata da regole che evitassero il coinvolgimento distruttivo delle popolazioni. L’esito fu il «fatto sorprendente che per due secoli non si ebbe sul territorio europeo nessuna guerra di annientamento».
Il tramonto del Sistema di Westfalia, in nome anche di valori morali assoluti, dei ‘diritti umani’, della ‘pace perpetua’, ha prodotto il ritorno in Europa (e nel mondo) della guerra totale, dello sterminio a fin di bene, dei massacri del Novecento e del nostro tempo.
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4 commenti
agbiuso
L’Italia non potrà mantenere la promessa del 5%: siamo imbattibili per ipocrisia e opportunismo
Mario Pomini, il Fatto Quotidiano, 26.6.2025
Docente di Economia, Università di Padova
Tentare di fermare, come ha fatto la Spagna, l’economia di guerra che sta avanzando piuttosto rapidamente non è di sinistra e nemmeno di destra, ma è un dovere civico di tutti
La Nato a guida Mark Rutte ha deciso di accogliere la proposta di Trump di aumentare la spesa militare dei singoli paesi al 5% del Pil. Si tratta di un incremento straordinario, ben superiore a quel 2% deciso nel 2014. Questa decisione solleva dei problemi, alcuni generali e altri che ci riguardano da vicino.
La prima questione è naturalmente quella delle ragioni misteriose della scelta di una soglia così alta. Oggi non è rispettata da nessuno dei Paesi Nato e gli stessi Usa hanno una spesa militare attorno al 3,8% del Pil. Il Paese che spende di più è la Polonia con il 4,1 % del Pil. Se poi qualcuno fa presente che la Russia spende circa il 7% del suo Pil per la spesa militare, e che dunque anche noi dovremmo incrementare la quota, la risposta è che l’economia russa è una frazione di quella dei paesi Nato. Ciò significa che in termini assoluti la Nato spende molto di più. Anzi, per pareggiare la spesa russa la quota Nato dovrebbe certamente diminuirla e non aumentarla. Ancora una volta le cifre si mostrano molto insidiose.
La seconda questione riguarda la velocità di crescita della spesa militare. Il punto di partenza è il vertice nel Galles del 2014 nel quale si deliberò che tutti i 32 paesi aderenti all’Alleanza avrebbero dovuto portare la quota della loro spesa militare al 2% del Pil. A distanza di appena dieci anni si chiede di aumentare questa spesa del 150% per accontentare l’amministrazione Trump. Questa è una circostanza curiosa. Il Presidente americano ha sempre disprezzato la Nato, ma oggi è riuscito ad imporre una scelta che asseconda passivamente le sue ambizioni militariste e guerrafondaie.
Quali le conseguenze per l’Italia? La premier è piuttosto ottimistica e ha definito la scelta italiana di allinearsi alla decisione Nato realistica e credibile. Si tratta delle bugie tipiche di ogni premier oppure c’è del vero? L’esperienza del passato insegna qualcosa per cui possiamo dire senza tema di smentita che Meloni sta spargendo molto incenso sull’altarino della demagogia. Guardiamo le cose più da vicino servendoci delle statistiche della Nato e risulterà facile smascherare la retorica governativa.
Quando si è deciso nel 2014 di portare la spesa militare al 2% del Pil, l’Italia era ampiamente lontana da questo valore, pari all’1,1%. Nel 2024 la spesa è risultata pari all’1,5%. In effetti l’Italia è uno degli otto paesi Nato che sta ancora sotto l’asticella. Quindi in dieci anni, l’Italia ha incrementato la spesa di pochissimo. Per arrivare al 5% occorrerebbe aumentarla di tre volte nel prossimo decennio. Se poi guardiamo alle cifre assolute, la situazione per l’Italia si fa ancora più critica. La spesa militare nel complesso è stata per il 2024 di 31,3 miliardi. Gli importi poi sono stati aumentati di circa 3 miliardi l’anno per i due anni successivi, proprio per raggiungere la soglia del 2%. Se questi sono i dati di partenza, portare la spesa militare al 5% del Pil significherebbe un incremento assoluto di circa 60-70 miliardi. Missione impossibile per un’economia ultra indebitata e zoppicante come quella italiana.
Si verificherebbe poi una circostanza molto evocativa e densa di significato. Nel 2014 la spesa militare valeva appena un quarto della spesa per l’istruzione, allora attestata saldamente al 5% del Pil. Se si arrivasse alla soglia del 5% la spesa in armi dell’Italia realizzerebbe uno storico sorpasso, e supererebbe di gran lunga la spesa per l’istruzione, ora ferma al 4,1%, uno dei valori più bassi di sempre. Mentre da un lato gli edifici militari vengono dismessi, spesso per essere al servizio dell’istruzione, la spesa militare avrebbe la meglio sulla spesa per l’istruzione. Non credo che sarebbe un bel segnale per le generazioni future. La spesa per l’istruzione forma il capitale futuro ed è produttiva. La spesa militare è del tutto improduttiva, anche sul piano economico. Il caso dell’istruzione può essere esteso a tutti gli altri servizi pubblici, pensioni incluse. Quando i leader politici affermano a sproposito che i molti miliardi aggiuntivi destinati alla spesa militare non saranno tolti ai servizi dei cittadini, o non sanno quello che dicono o sono palesemente in malafede.
La Spagna è il paese che contribuisce meno alla Nato, 1,3% del Pil, e correttamente ha detto no al nuovo criterio per difendere gli interessi dei suoi cittadini. Anche Meloni ha detto che vuole difendere gli interessi dei cittadini, ma ha detto sì. Chi ha ragione? Come nello sport, anche nelle strategie geopolitiche la Spagna ci è decisamente superiore per coerenza, coraggio, tutela degli interessi nazionali. Noi, come al solito, siamo imbattibili per ipocrisia e opportunismo. Abbiamo firmato, ma sappiamo che non potremo mantenere le promesse fatte.
Così l’Italia diventa un’italietta sempre più piccola, anche in tempi di sovranismo conclamato. Tentare di fermare, come ha fatto la Spagna, l’economia di guerra che sta avanzando piuttosto rapidamente non è di sinistra e nemmeno di destra, ma è un dovere civico di tutti. I politici che la sostengono, tutti, andrebbero isolati come si mettono in quarantena coloro che sono colpiti da virus malsani e infettivi.
Europa, Identità e Differenza - agb
[…] culturale e antropologico di identità e differenza ha avuto uno dei suoi massimi risultati negli accordi del 1648 che posero fine ai massacri religiosi e politici dell’Europa moderna. Tre dei principi […]
Michele Del Vecchio
Ho letto il tuo intervento su Schmitt, la guerra e l’Europa sulla rivista che lo ha ospitato. La mia prima considerazione è la seguente: il tuo articolo merita certamente un lettore più preparato di quanto posso essere io che ho una conoscenza solo complessiva, generalista del pensiero del grande giurista tedesco e quindi troppo astratta per operare autonomamente un rendiconto globale e veritiero della sua interpretazione della storia planetaria a partire da Westfalia. Tuttavia devo dirti con assoluta sincerità che il grandioso, articolato e complesso disegno della storia moderna e contemporanea che tu hai delineato nelle pagine dell’articolo, non solo mi ha affascinato ma ha suscitato in me quella emozione cognitiva, quella ispirazione, quel coinvolgimento profondo che si avvertono quando i nostri occhi leggono pagine che aprono orizzonti nuovi. E’ una esperienza intellettuale profonda che tutti noi, lettori o studiosi di opere e saggi, facciamo. Hai saputo collegare e intrecciare con precisione e lucidità diversi piani e differenti logiche speculative e fattuali. Hai ripetutamente attuato una convergenza tra la complessità e la stratificazione della dimensione concreta della storia con la raffinatissima elaborazione concettuale, simbolica, teoretica del pensiero di Schmitt. Hai evidenziato l’originalità e la genialità di una lettura capace di riportare alla luce processi secolari di trasformazione e di dislocazione dei Poteri Statuali. Molto puntuale anche il richiamo alla attualità politica e ai suoi protagonisti europei. Queste poche righe che ti mando sono solo una piccola testimonianza del tumulto intellettuale che la lettura del tuo articolo ha suscitato. Un tumulto e un ripensamento di cui non posso che esserti grato.
agbiuso
Caro Michele, nel ringraziarti ancora una volta, confesso che il mio obiettivo è stato proprio quello da te indicato in modi vari e raffinati: presentare una sintesi della filosofia della storia di Carl Schmitt allo scopo primario di comprendere la storia nella quale noi siamo immersi, il XXI secolo. Mi conforta sapere che almeno per un lettore tale obiettivo è stato raggiunto.