
Recensione a:
Margini del trascendentale. Questioni metafisiche nella fenomenologia di Husserl
di Vincenzo Costa
Scholé-Morcelliana
Brescia 2024, pp. 232
in Giornale di Metafisica
Volume XLVI, numero 2/2024 [ma uscito nel marzo 2025]
Pagine 597-599
Una delle ragioni di costante fecondità dell’approccio fenomenologico al mondo è il suo porsi in gran parte al di là di alcune delle più consolidate contrapposizioni teoretiche che intramano il pensiero moderno. E questo mediante un andare alle cose stesse che significa in primo luogo accogliere il mondo come luogo e struttura che nello stesso tempo è e si manifesta, che accade nel suo manifestarsi e si manifesta perché c’è e non perché una qualche mente lo pensi. Se possiamo apprendere l’esistenza di un ente e i modi del suo esistere soltanto perché essi si manifestano a noi, questo non vuole dire che l’esistenza di quell’ente sia qualcosa di coscienziale e interiore, e assolutamente non vuol dire, non può voler dire pena l’irrazionalismo solipsistico, che quell’ente sia costruito dalla nostra coscienza, da essa prodotto, da noi dipendente.
Che il mondo sia una mia rappresentazione può significare solo che io articolo le sue manifestazioni nei modi in cui la struttura del corpomente che sono permette di articolarli ma esso, il mondo e tutte le sue manifestazioni, sono interamente e sempre autonomi dall’esistenza mia, dell’umanità, di qualunque entità che elabora delle rappresentazioni. Afferma efficacemente Costa: «In ogni caso, l’esse non è il percipi»; con il linguaggio di Husserl si può dire che la sintesi operata dalla coscienza sui dati percettivi è sempre una sintesi passiva, che esperisce strutture oggettive e autonome dalla coscienza mentre alla coscienza si manifestano.
1 commento
Michele Del Vecchio
Conosco e apprezzo Vincenzo Costa per aver letto, non molti anni fa, un suo libro, pubblicato da Carocci, di presentazione generale del pensiero di Husserl. Un lavoro singolarmente chiaro e ben costruito nella disposizione architettonica del pensiero di un autore, Husserl, che passa per essere al tempo stesso lucido ed ostico. La tua presentazione insiste correttamente su alcune questioni, tra cui quella relativa al permanente rischio della deriva solipsistica, sempre in agguato, quando ci si avvicina alle dimensioni “coscienziali” del rapporto soggetto-mondo, dimensioni che hanno in Husserl un ruolo capitale ma irriducibili alla sola soggettività. Su molte delle tue rapide osservazioni credo che nessun husserliano avrebbe alcunché da eccepire.