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Clima

Clima

Clima e antropologia
Daniele Vita
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXXI – numero 84 – marzo 2025
pagine 30-39

Il portfolio che ho analizzato in questo numero di Gente di Fotografia ha come titolo RCP 8.5, con riferimento ai ‘Percorsi Rappresentativi di Concentrazione (Representative Concentration Pathways, RCP)’ che cercano di immaginare il futuro del clima, con particolare riferimento alle concentrazioni di gas serra. Il fotografo Daniele Vita ha chiesto la consulenza di alcuni docenti universitari, i quali non hanno avuto difficoltà a confermare gli scenari apocalittici tramite i quali nella comunicazione contemporanea si cerca (con ottimi risultati) di far passare determinate visioni dei problemi, funzionali di solito a robusti interessi economici.
In realtà, non è affatto vero che ci sia accordo tra gli esperti sulla questione climatica. Anche questa è una bugia mediatica. Esistono studi e ricerche che riconoscono senz’altro che sono in atto alcuni cambiamenti climatici ma anche che, prima di tutto, la presenza della CO2 è vitale per l’esistenza e l’attività biologica dei vegetali e soprattutto che le cause più profonde di tali mutamenti non sono antropiche ma: 1) riguardano cicli di riscaldamento e raffreddamento i quali sono del tutto costanti e ripetuti nella vita del nostro pianeta; 2) hanno a che fare anche con la variazione dell’attività magnetica del Sole (la quale ha sempre inciso a fondo sul clima terrestre).
In ogni caso, Vita ha scelto per le sue immagini
una sovraesposta tonalità giallo-grigia molto efficace per dare rilievo all’assenza delle acque negli invasi, nelle fontane, nei fiumi; una tonalità che accentua il peso, sì proprio il peso fisico, della canicola sugli uliveti e sulle altre coltivazioni; che dipinge il latifondo arcaico della Sicilia nella sua immemoriale assenza di vento, di vita; che lascia le strade di borghi e paesi alla loro solitudine nell’ora panica, quella nella quale un imprevedibile dio può improvvisamente apparirci ed è meglio quindi rimanere nella sicurezza delle nostre dimore, lasciando che sulle strade si espanda l’inquietudine meridiana.

1 commento

  • agbiuso

    Aprile 19, 2025

    La Pasqua più calda di sempre: basta crederci
    il Simplicissimus, 16.4.2025

    Non ci crederete, ma il marzo del 2025 è stato dichiarato il più caldo del secolo benché tutte le colture fossero in ritardo e possiamo essere abbastanza certi che anche per aprile sarà così: sembra che ogni mese sia il più caldo di sempre anche contro ogni evidenza, perché tanto ci sarà sempre un numero sufficiente di persone che non controllano nulla, non leggono se non social e/o giornali e credono qualunque cosa dica una presunta scienza o meglio l’autorità, scambiando l’una con l’altra esattamente come accadeva nel Medioevo. Si sta realizzando il paradosso cognitivo già preconizzando da molti, a cominciare da Bergson: maggiore è la quantità di informazione e maggiore deve essere la cultura di base per poter decrittare i segnali in modo corretto e distinguere quelli significativi dal rumore di fondo. Questa operazione di vaglio dipende da quanto sappiamo e dalla solidità delle nostre basi culturali visto che la cosiddetta intelligenza artificiale non distingue tra le due cose e si limita a riportare ciò che statisticamente è più rilevante: ovvero proprio il rumore di fondo, ciò che non significa nulla, che è ritualità retorica, bugia organizzata o nel migliore dei casi il “si dice” di Heidegger.

    Ma prima di perderci in questi Holzwege veniamo ai mesi più caldi di sempre anche se sono piuttosto freddini, perché rappresentano un sentiero interrotto (holzwege vuol dire questo) della scienza che si è arresa al denaro. In realtà tutti questi dati che vengono smerciati a profusione sono l’esatto contrario di qualcosa di scientifico o anche solo di rigoroso: provengono in gran parte da centraline non a norma, poste in luoghi dove la bolla di calore delle grandi città influenza il termometro o non realizzate secondo i criteri dell’Organizzazione mondiale di meteorologia, in qualche caso sono addirittura poste vicino a fonti calore dirette oppure utilizzano tecnologie diverse ( per esempio nella misura della radiazione solare) o spesso per qualche motivo non inviano dati che dunque vengono semplicemente stimati e considerati come fossero reali. Perciò i set di dati giornalieri e storici sono del tutto inaffidabili, tanto più che ogni tanto le temperature del passato vengono aggiustate e abbassate con varie motivazioni speciose per enfatizzare il riscaldamento globale e la sua rapidità.

    Tanto per dirne una ,in Gran Bretagna, Paese all’avanguardia nella climatologia catastrofica, il Met Office, ossia l’ufficio meteorologico, appare poco meno di un’associane a delinquere: una recente richiesta di informazioni basato sul Foi (Freedom of Information Act) ha messo in luce che il database storico contiene 37 stazioni stazioni inesistenti o chiuse da tempo e tutti i dati pubblicati come medie climatiche sono stimati, ovvero inventati. I burocrati del meteo si difendono asserendo che sarebbe fuorviante “suggerire che i dati siano fabbricati” ma che sono stimati utilizzando “stazioni vicine ben correlate”: purtroppo, è stato successivamente rivelato che parecchi di questi siti sono “ben correlati” a quelli di stazioni inesistenti . Il Met Office sostiene che le sue stime utilizzano un metodo scientifico pubblicato in letteratura sottoposta a revisione paritaria, ma francamente di un metodo scientifico che si basa su dati inesistenti, non si è mai sentito parlare, non più almeno dai tempi di Protagora. È solo una barzelletta di cattivo gusto.

    Del resto il Met Office del Regno Unito ha una lunga storia quando si tratta di elaborare dati sulla temperatura. In un database pubblico è stato recentemente scoperto che i meteorologi statali stavano inventando le temperature medie trentennali da 103 stazioni inesistenti . Il Met Office ha fatto riferimento ai nomi delle stazioni e ha fornito coordinate di singole località per i siti immaginari, incluso uno improbabile situato vicino all’acqua a Dover Beach. La massiccia pubblicità sui social media riguardo a questa vera e propria truffa ha portato a un rapido cambiamento, con la rimozione di singole coordinate e il cambio di nome del database per suggerire che le informazioni provenissero da una località più ampia. Ma come abbiamo visto le stazioni a cui dovrebbero essere “ben correlate” sono spesso esse stesse inesistenti. Anche senza prevedere un intendo ideologico legato ai massicci investimenti del Net Zero, la questione delle temperature è piuttosto spinosa: anni fa il National Weather Service americano ha selezionato 1020 stazioni meteo tra le circa 20 mila che gestisce, perché erano quelle totalmente aderenti alle norme internazionali e senza temperature stimate: i dati provenienti da queste centraline riportavano aumenti di temperatura molto più ridotti, nell’ordine di 0,8 gradi, rispetto al dato generale. Quindi se la temperatura vi sembra un po’ fresca per la stagione non fatevi ingannare, state vivendo la Pasqua più calda si sempre, come apprenderete fra qualche settimana. .

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