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Clima

Clima

Clima e antropologia
Daniele Vita
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXXI – numero 84 – marzo 2025
pagine 30-39

Il portfolio che ho analizzato in questo numero di Gente di Fotografia ha come titolo RCP 8.5, con riferimento ai ‘Percorsi Rappresentativi di Concentrazione (Representative Concentration Pathways, RCP)’ che cercano di immaginare il futuro del clima, con particolare riferimento alle concentrazioni di gas serra. Il fotografo Daniele Vita ha chiesto la consulenza di alcuni docenti universitari, i quali non hanno avuto difficoltà a confermare gli scenari apocalittici tramite i quali nella comunicazione contemporanea si cerca (con ottimi risultati) di far passare determinate visioni dei problemi, funzionali di solito a robusti interessi economici.
In realtà, non è affatto vero che ci sia accordo tra gli esperti sulla questione climatica. Anche questa è una bugia mediatica. Esistono studi e ricerche che riconoscono senz’altro che sono in atto alcuni cambiamenti climatici ma anche che, prima di tutto, la presenza della CO2 è vitale per l’esistenza e l’attività biologica dei vegetali e soprattutto che le cause più profonde di tali mutamenti non sono antropiche ma: 1) riguardano cicli di riscaldamento e raffreddamento i quali sono del tutto costanti e ripetuti nella vita del nostro pianeta; 2) hanno a che fare anche con la variazione dell’attività magnetica del Sole (la quale ha sempre inciso a fondo sul clima terrestre).
In ogni caso, Vita ha scelto per le sue immagini
una sovraesposta tonalità giallo-grigia molto efficace per dare rilievo all’assenza delle acque negli invasi, nelle fontane, nei fiumi; una tonalità che accentua il peso, sì proprio il peso fisico, della canicola sugli uliveti e sulle altre coltivazioni; che dipinge il latifondo arcaico della Sicilia nella sua immemoriale assenza di vento, di vita; che lascia le strade di borghi e paesi alla loro solitudine nell’ora panica, quella nella quale un imprevedibile dio può improvvisamente apparirci ed è meglio quindi rimanere nella sicurezza delle nostre dimore, lasciando che sulle strade si espanda l’inquietudine meridiana.

9 commenti

  • agbiuso

    Luglio 9, 2025

  • agbiuso

    Luglio 5, 2025

    Come un vero scienziato del clima smaschera l’ignoranza di un gruppetto di fanatici apocalittici e millenaristi (e del tutto manipolati).

    Il Prof. Franco Prodi sulle reali (e non antropiche) ragioni del cambiamento climatico (che sulla Terra accade da milioni di anni) [File video mp4]

  • agbiuso

    Luglio 3, 2025

    Che afa fa
    il Simplicissimus, 3.7.2025

    Con un aprile e maggio piuttosto freschi, i millenaristi del clima erano scomparsi, ma adesso che è estate eccoli ricomparire con i loro annunci catastrofici e la necessità di non produrre più CO2 anche a costo di non respirare. La cosa non stupisce: alla fine degli anni ’70 l’università di Princeton scoprì una cosa inaspettata nel corso di una ricerca sulla temperatura ideale: se un gruppo di persone veniva messo in una stanza in cui si diceva che avrebbe fatto molto caldo esse sudavano di più rispetto a un altro gruppo ospitato in un’altra stanza, ma a cui era stato detto che la temperatura sarebbe rimasta moderata. In realtà le due stanze avevano la medesima temperatura di 28 gradi. Insomma esistono meccanismi psicologici elementari con cui si può facilmente influenzare il discorso pubblico: se si dice che fa un caldo dannato, se si rievoca l’Africa si avrà l’effetto di indurre le persone a percepire di più il caldo. In realtà non c’è alcun sistema africano che ci fa bollire, ma la comune alta pressione delle Azzorre e le temperature, benché alte, sono abbondantemente di 5 – 6 gradi inferiori ai record stagionali.

    Siamo dunque nel campo della percezione – che è facilmente dominabile nel discorso pubblico – per cui arriviamo a stupirci del fatto che d’estate faccia caldo e a considerare questa ovvietà come un evento eccezionale. Non di meno c’è, in effetti, un aumento delle temperature, anche se molto meno marcato di quanto non si voglia far credere, ma questo non basterebbe di certo a sostenere il tentativo di speculare su di esso e di cambiare la stessa società: deve necessariamente diventare drammatico ed essere sostenuto da un continuo allarmismo per ottenere l’effetto voluto, ovvero quello di indurre le persone ad auto colpevolizzarsi ed accettare una società concentrazionaria in nome del clima, così come si è tentato di fare con la salute e si tenta di fare con la guerra. In questo senso è necessario stabilire due dogmi: che il cosiddetto cambiamento climatico è dovuto esclusivamente all’uomo, cioè a te e che è provocato da qualcosa che tu produci, per cui ben vengano i controlli sulla tua vita. La scelta è stata orientata su vecchie teorie per cui il riscaldamento sarebbe provocato dalla CO2 che costituisce lo 0,4 per cento dell’atmosfera terrestre, di cui la produzione antropica costituisce a sua volta solo il 4 per cento.

    È un’idea priva di qualsiasi prova sperimentale ed è anzi contraddetta da numerosi fatti accertati. Ciò nonostante viene tenuta mediaticamente in vita perché di fatto è un concetto politico, non scientifico ed è quello più “maneggiabile”. Naturalmente le continue variazioni di temperatura sono principalmente dovute ai mutamenti di radiazione solare e a quelli dell’orbita terrestre e ad altri fattori con i quali la CO2, che è necessaria per la vita, non c’entra un bel nulla. Nel dibattito scientifico si fa sempre più strada l’idea che il riscaldamento globale osservato nel XXI secolo è dovuto alla diminuzione della copertura nuvolosa: l‘analisi dei dati provenienti da diversi sistemi satellitari mostra che la copertura nuvolosa sta diminuendo, riducendo così l’albedo ovvero la parte di luce solare che viene riflessa ed aumentando invece quella che giunge al suolo. I numeri mostrano che l’albedo dell’intero cielo terrestre è diminuito di circa lo 0,79% dal 2000, con un conseguente aumento dell’assorbimento della radiazione planetaria a onde corte di circa 2,7 W/m². Inoltre si è osservata una riduzione mediamente intorno al 2 per cento delle nubi temporalesche per ogni decennio degli ultimi 24 anni.

    Tutti questi dati vengono confermati da uno studio della Nasa nel quale si attribuisce circa l’80% del minore albedo alla riduzione della copertura nuvolosa piuttosto che a cambiamenti nelle proprietà delle nubi – come goccioline più sporche e scure – confutando l’ipotesi che la sola riduzione dell’inquinamento spieghi questa tendenza. Perché avvenga tutto questo è tutto da scoprire, visto che la scienza climatica sta muovendo i primi passi, ancorché voglia far credere di essere evoluta e di poter predire gli eventi che le oligarchie si aspettano semplicemente ignorando i complessi fattori che governano il “tempo” terrestre. Di fatto i risultati delle ultime ricerche costituiscono una dura critica ai modelli climatici che da tempo servono da guida per i decisori politici. Le simulazioni esistenti non catturano adeguatamente il ruolo dei cambiamenti atmosferici su larga scala, come il restringimento delle fasce temporalesche equatoriali o la riduzione della zona nuvolosa alle medie latitudini. Come hanno osservato i ricercatori della Nasa, i modelli “non lo avevano previsto”, rendendo le loro previsioni di riscaldamento globale – che servono a giustificare migliaia di miliardi di dollari in misure di riduzione delle emissioni di carbonio – sempre più dubbie.

  • agbiuso

    Giugno 14, 2025

    A Milano sono green soltanto le chiacchiere

    Il sindaco di Milano, Beppe Sala, si è autoproclamato paladino dell’ecologismo, ma gli scienziati del Piano aria clima lo smentiscono con una lettera durissima: le piazze riqualificate della città, come San Babila e Cordusio, sono diventate “isole di calore” prive di alberi e verde. La giunta, che promuove a parole la sostenibilità, ha trasformato gli spazi urbani in distese di cemento rovente, senza ombra né frescura, aggravando il microclima e la vivibilità.
    Piazza San Babila è un “deserto del Sahara”, Sant’Agostino ha “fuscelli morenti” usati come ostacoli da monopattini, e in Sant’Ambrogio, delle 28 piante promesse, ne sopravvivono sette. Cordusio, in fase di restyling, rischia di diventare un’altra “lapide ellittica” senza vegetazione. Il Comitato tecnico scientifico denuncia un “errore strategico”: la mancanza di alberi non è solo estetica, ma compromette la qualità dell’aria e la salute dei cittadini, ignorando l’emergenza climatica.
    Le promesse green di Sala, come le piste ciclabili inutilizzate e il progetto Forestami (tre milioni di alberi entro il 2030), si rivelano propaganda. Carlo Monguzzi, ambientalista storico, definisce Forestami “un pacco clamoroso”, con solo 25.000 alberi piantati annualmente, come da routine. Milano, quarta città più inquinata al mondo nel 2024, soffre per un verde ridotto a “quattro piantine esotiche” e prati non sfalciati, che favoriscono zecche. La bocciatura degli esperti smaschera il “greenwashing” di Sala: il suo marketing ecologico non regge ai fatti.
    Giorgio Gandola, La Verità, 146. 2025.

  • agbiuso

    Maggio 30, 2025

    Clima, la contestazione si fa seria
    il Simplicissimus, 30.5.2025

    Ritorno sul tema del clima perché ci sono importanti novità che stanno radicalmente mutando il clima narrativo (perdonate il gioco di parole) che si è imposto in questi anni sin dalla comparsa sulla scena di Greta Thunberg, l’adolescente utilizzata in maniera cinica per far passare il messaggio, attraverso la voce dell’innocenza. Mai sottovalutare il valore dei simboli e degli archetipi: Greta di clima non sapeva un bel nulla, ma era come quei pastorelli che volevano organizzare la crociata dei fanciulli agli inizi del 1200 e divennero un problema perché le persone non vi vedevano malizia, ma erano piuttosto disponibili a credere che attraverso di loro si esprimesse la volontà di Dio. Certo è più difficile che una totale incompetenza possa esprimere la voce della “schienzah”, ma si sa che i media mainstream fanno miracoli ed è pericoloso mostrarsi increduli ed eretici.

    Bene, chiusa parentesi: il fatto è che gli scienziati di Ceres-Science, cofondato da Willie Soon, professore presso l’ Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, sono stati incaricati dalla Heritage Foundation di preparare un rapporto sullo stato attuale delle conoscenze sulle cause del riscaldamento globale a partire dagli anni ’50 del XIX secolo. e hanno praticamente fatto a pezzi le tesi di quella che viene chiamata “scienza politicizzata”, in particolare le affermazioni pseudoscientifiche del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) delle Nazioni Unite, secondo cui il riscaldamento globale a partire dal 1850 è “in gran parte causato dall’uomo”. Chi vuole saperne di più può affrontare la lettura della relazione finale, ma il fatto cruciale è che la Heritage e uno dei tre o quattro think tank che indirizzano la politica degli Stati Uniti. Assieme alla Random corporation, è uno di quei centri le cui visioni vengono spesso implementate dalle amministrazioni statunitensi. Qui dunque non si esprime solo il dissenso di quei 1500 scienziati che contestano l’emergenza climatica (a proposito della cavolata secondo cui il 99 per cento dei ricercatori in questo campo è d’accordo con il catastrofismo), ma si tratta di una contestazione organizzata di tesi spesso forzate, altre volte addirittura manipolate, che hanno dominato in questi anni e dato alla finanza internazionale un nuovo campo di speculazione e rapina chiamato Net Zero. Per questo un cambiamento di paradigma potrà avere impatti decisivi sull’economia.

    Le contestazioni non sono una novità, almeno per chi scrive, e di fatto rilevano che non esistono set di dati affidabili su temperature e radiazione solare da cui poter dedurre il panorama apocalittico che viene proposto a breve termine. Rilevamenti imprecisi, fatti con tecniche diverse, spesso registrati all’interno delle isole urbane di calore, dati meramente ipotizzati, in qualche caso in mancanza di centraline meteo, costituiscono un base troppo labile. Per non parlare del fatto che molte modellazioni vengono immaginate proprio per produrre i risultati che ci si aspetta, un circolo vizioso che ha solo le forme esteriori della scienza, ma l’anima della politica o delle opportunità. Contestualmente si fa notare che non esista alcuna prova che la CO2 abbia una parte determinante e nemmeno importante nelle variazioni climatiche, mentre vengono trascurati i fatti che da eoni condizionano il clima del pianeta, ovvero variazioni nell’orbita planetaria o nell’inclinazione del suo asse, quantità di radiazione solare che è soggetta a cicli, ruolo delle correnti oceaniche e vulcanesimo. Questi fattori hanno determinato variazioni climatiche molto più ampie di quelle a cui stiamo assistendo anche in tempi storici.

    Ma impostare tutto sulla CO2 – questo lo aggiungo io – permette di mandare in malora le piccole aziende con le compensazioni di carbonio, favorendo i grandi gruppi e consente di istituire una sorta di dittatura climatica che presuppone un controllo asfissiante su ogni aspetto della vita personale. Insomma si chiama clima, ma è in realtà e una gigantesca ingegneria politica. Così la conferenza della Heritage è uno dei segnali e delle voci che tentano di ricondurre le attività scientifiche a un rigore che hanno perso da tempo, soprattutto in alcuni campi, come quello medico biologico. I fondamenti del metodo scientifico che sono la riproducibilità delle ricerche, il dubbio sistematico su ipotesi e risultati, falsificabilità delle ipotesi, assenza di conflitti di interessi e revisioni oneste, sono oggi piuttosto vacillanti a causa del corto circuito che si è creato fra organismi scientifici – università comprese – editoria, finanziamento delle ricerche, tutti raccolti nei grandi contenitori finanziari. Questo è davvero catastrofico, altro che il clima.

  • agbiuso

    Maggio 25, 2025

    Il modo catastrofista ed emergentista nel quale viene di solito presentata la questione climatica è un esempio efficace, pervasivo e preoccupante della crescita del fanatismo antiscientifico, simile a quello nutrito nelle epoche meno razionali dell’Europa.
    Il Medioevo prossimo venturo del quale parlava Roberto Vacca nel 1971 si va realizzando ma in forme assai diverse rispetto a quelle prospettate: le forme, semplicemente, del ritorno di atteggiamenti apocalittici veicolati dai mezzi di comunicazione di massa.
    A confermarlo è l’articolo che segnalo qui sotto.

    ==========
    Da: L’era del dadaismo climatico
    il Simplicissimus, 25.5.2025

    «La farsa climatica ha assunto ormai il carattere della presa in giro, che diventa tanto più grossolana quanto più le persone sembrano disposte a farsi menare per il naso per semplice ignavia o per adesione ideologica, il che implica una certa indifferenza alla menzogna purché a fin di bene o di qualcosa che si crede vagamente tale. Del resto è difficile tirarsi indietro in questo disperato tentativo del capitalismo finanziario di trovare nuovi campi di accumulazione: troppe burocrazie, troppi gruppi di ricerca, troppe carriere, troppi partiti rischiamo di essere compromessi e così come accade con i vaccini c’è un’accanita resistenza a scoprire il proprio imbroglio e una riluttanza ancor maggiore da parte delle vittime ad ammettere di essersi sbagliate. Eppure le cose sono chiare e il fatto stesso che non si parli più di riscaldamento globale, ma di cambiamento climatico che è la mera normalità delle cose, dovrebbe instillare più di un dubbio. Dico chiare perché anche le più fosche previsioni – non parlo ovviamente dell’informazione che non ha più paura né della menzogna sfacciata, né del grottesco – non giustificano affatto l’urgenza che viene asserita».

  • agbiuso

    Maggio 10, 2025

    Il freddo iberna i catastrofisti del clima
    il Simplicissimus, 10.5.2025

    Oggi avrei voluto fare un post per individuare chi ha intenzione di avvelenare il cielo per intercettare i raggi solari ed evitare così il catastrofico riscaldamento globale, ma ho ancora bisogno di raccogliere dei dati e così rinvio. Ma intanto nel corso della ricerca ho scoperto che in Germania e in tutto il centro Europa siamo al maggio più freddo da molti anni a questa parte e naturalmente i catastrofisti della CO2 vanno in letargo attendendo che le temperature estive consentano loro di riaprire la caccia agli allocchi. Tacciono o come ha fatto la Bbc tagliano le parti scomode nelle loro trasmissioni quando qualche pseudo ambientalista dice delle castronerie. Comunque, tanto per fare qualche esempio, a Lipsia il 6 maggio scorso è stato quello più freddo dall’inizio delle misurazioni, vale a dire 145 anni, mentre a Berlino è appena 75 anni che la temperatura di questo giorno non scende così in basso. Per no parlare delle nevicate sull’appennino emiliano fino a 2 -300 metri di quota. Questo di per sé non inficia alcuna teoria seria, ma mette in crisi quella che col tempo è diventata una mera narrazione.

    Nello sfogliare questo cahier des doleances per il Net Zero mi sono imbattuto nell’immagine di un testo scolastico sulla composizione dell’atmosfera terrestre che rende molto chiara l’assurdità nella quale ci troviamo:

    Come potete vedere il piccolo quadratino verde in alto a destra rappresenta la quantità di Co2 attualmente presente in atmosfera ovvero lo 0,04% del totale. Sempre in alto a sinistra c’è un quasi invisibile quadratino bianco che rappresenta la quantità di anidride carbonica prodotta dall’uomo ovvero lo 0,oo16 del totale e se volessimo andare avanti in questi gioco, potremmo dire l’Europa ne produce lo o,ooo256 del totale. Siccome è infinitamente inferiore al maggior gas serra, ovvero il vapore acqueo, e molto meno efficace rispetto ad altre sostanze presenti in traccia, come per esempio il metano, ci si potrebbe legittimamente chiedere perché tutto si concentri sulla CO2. Ovviamente perché è facilmente gestibile per le speculazioni di ogni tipo, Ma comunque il ruolo dell’anidride carbonica ha una genesi precisa nella climatologia, molto prima che esso fosse sfruttato come ennesima forma di millenarismo da dare in pasto alle masse. Nei primi decenni del secolo scorso un matematico e climatologo serbo, Milutin Milanković elaborò una complessa ipotesi sulla ciclicità delle glaciazioni terresti o quanto meno quelle che si sono avute nell’ultimo milione di anni. Calcolando gli effetti composti di alcune variabili che vanno dall’eccentricità orbitale, all’inclinazione assiale e alla precessione dell’orbita terrestre egli riuscì a giustificare un ciclo di circa 100 mila anni. Col passare del tempo e col miglioramento delle tecniche di carotaggio e di analisi dei campioni e della loro datazione, la teoria di Milanković, ricevette sempre più conferme fino a diventare quella principale tra la fine degli anni 70 e i primo 80 del secolo scorso. Rimanevano tuttavia lievi discordanze e fu allora che qualcuno tirò fuori l’idea che queste asimmetrie temporali fossero dovute alla CO2 che perturbava in qualche modo la regolarità del ciclo climatico.

    Davvero strano che nessuno abbia pensato, alla cosa più ovvia, ossia alla variazione della radiazione solare che anch’essa presenta ciclicità, minimi e massimi di durata variabile di cui ancora non si è venuti a capo e che può essere alterata in maniera drastica anche da eventi non ricorrenti, come per esempio l’entrata di tutto il sistema solare nella sua orbita attorno al centro galattico in arre di polveri che possono intercettare la luce della nostra stella. Insomma si potrebbero dire tante cose, ma sta di fatto che la Co2 entrò in qualche modo nel discorso, sia pure come elemento marginale, fino a che, sgomitando assieme agli interessi finanziari, ha finito per fare la parte del leone, sebbene essa non spieghi proprio nulla, nemmeno il riscaldamento che si è avuto negli ultimi decenni. Del resto neanche esistono modelli sia fisici che biochimici coerenti sul cosiddetto ciclo del carbonio. Intanto godiamoci il freddo e anche lo spettacolo che sed9centi siti meteo si affanno a proporre, trasformando ogni evento atmosferico, anche il più banale, in anomalia e in evento eccezionale.

  • agbiuso

    Aprile 19, 2025

    La Pasqua più calda di sempre: basta crederci
    il Simplicissimus, 16.4.2025

    Non ci crederete, ma il marzo del 2025 è stato dichiarato il più caldo del secolo benché tutte le colture fossero in ritardo e possiamo essere abbastanza certi che anche per aprile sarà così: sembra che ogni mese sia il più caldo di sempre anche contro ogni evidenza, perché tanto ci sarà sempre un numero sufficiente di persone che non controllano nulla, non leggono se non social e/o giornali e credono qualunque cosa dica una presunta scienza o meglio l’autorità, scambiando l’una con l’altra esattamente come accadeva nel Medioevo. Si sta realizzando il paradosso cognitivo già preconizzando da molti, a cominciare da Bergson: maggiore è la quantità di informazione e maggiore deve essere la cultura di base per poter decrittare i segnali in modo corretto e distinguere quelli significativi dal rumore di fondo. Questa operazione di vaglio dipende da quanto sappiamo e dalla solidità delle nostre basi culturali visto che la cosiddetta intelligenza artificiale non distingue tra le due cose e si limita a riportare ciò che statisticamente è più rilevante: ovvero proprio il rumore di fondo, ciò che non significa nulla, che è ritualità retorica, bugia organizzata o nel migliore dei casi il “si dice” di Heidegger.

    Ma prima di perderci in questi Holzwege veniamo ai mesi più caldi di sempre anche se sono piuttosto freddini, perché rappresentano un sentiero interrotto (holzwege vuol dire questo) della scienza che si è arresa al denaro. In realtà tutti questi dati che vengono smerciati a profusione sono l’esatto contrario di qualcosa di scientifico o anche solo di rigoroso: provengono in gran parte da centraline non a norma, poste in luoghi dove la bolla di calore delle grandi città influenza il termometro o non realizzate secondo i criteri dell’Organizzazione mondiale di meteorologia, in qualche caso sono addirittura poste vicino a fonti calore dirette oppure utilizzano tecnologie diverse ( per esempio nella misura della radiazione solare) o spesso per qualche motivo non inviano dati che dunque vengono semplicemente stimati e considerati come fossero reali. Perciò i set di dati giornalieri e storici sono del tutto inaffidabili, tanto più che ogni tanto le temperature del passato vengono aggiustate e abbassate con varie motivazioni speciose per enfatizzare il riscaldamento globale e la sua rapidità.

    Tanto per dirne una ,in Gran Bretagna, Paese all’avanguardia nella climatologia catastrofica, il Met Office, ossia l’ufficio meteorologico, appare poco meno di un’associane a delinquere: una recente richiesta di informazioni basato sul Foi (Freedom of Information Act) ha messo in luce che il database storico contiene 37 stazioni stazioni inesistenti o chiuse da tempo e tutti i dati pubblicati come medie climatiche sono stimati, ovvero inventati. I burocrati del meteo si difendono asserendo che sarebbe fuorviante “suggerire che i dati siano fabbricati” ma che sono stimati utilizzando “stazioni vicine ben correlate”: purtroppo, è stato successivamente rivelato che parecchi di questi siti sono “ben correlati” a quelli di stazioni inesistenti . Il Met Office sostiene che le sue stime utilizzano un metodo scientifico pubblicato in letteratura sottoposta a revisione paritaria, ma francamente di un metodo scientifico che si basa su dati inesistenti, non si è mai sentito parlare, non più almeno dai tempi di Protagora. È solo una barzelletta di cattivo gusto.

    Del resto il Met Office del Regno Unito ha una lunga storia quando si tratta di elaborare dati sulla temperatura. In un database pubblico è stato recentemente scoperto che i meteorologi statali stavano inventando le temperature medie trentennali da 103 stazioni inesistenti . Il Met Office ha fatto riferimento ai nomi delle stazioni e ha fornito coordinate di singole località per i siti immaginari, incluso uno improbabile situato vicino all’acqua a Dover Beach. La massiccia pubblicità sui social media riguardo a questa vera e propria truffa ha portato a un rapido cambiamento, con la rimozione di singole coordinate e il cambio di nome del database per suggerire che le informazioni provenissero da una località più ampia. Ma come abbiamo visto le stazioni a cui dovrebbero essere “ben correlate” sono spesso esse stesse inesistenti. Anche senza prevedere un intendo ideologico legato ai massicci investimenti del Net Zero, la questione delle temperature è piuttosto spinosa: anni fa il National Weather Service americano ha selezionato 1020 stazioni meteo tra le circa 20 mila che gestisce, perché erano quelle totalmente aderenti alle norme internazionali e senza temperature stimate: i dati provenienti da queste centraline riportavano aumenti di temperatura molto più ridotti, nell’ordine di 0,8 gradi, rispetto al dato generale. Quindi se la temperatura vi sembra un po’ fresca per la stagione non fatevi ingannare, state vivendo la Pasqua più calda si sempre, come apprenderete fra qualche settimana. .

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