
Conclave
di Edward Berger
USA, 2024
Con: Ralph Fiennes (il cardinal Lawrence), John Lithgow (il cardinal Tremblay), Stanley Tucci (il cardinal Bellini), Lucian Msamati (il cardinal Adeyemi), Sergio Castellitto (il cardinal Tedesco), Isabella Rossellini (Suor Agnes)
Sceneggiatura di Robert Harris (II) e Peter Straughan
Fotografia di James Friend e Stéphane Fontaine
Trailer del film
La Chiesa cattolica romana è un’istituzione millenaria. Come tutte le istituzioni, è animata dalle passioni, dagli interessi, dagli inganni, dalle malvagità, dalle generosità e dagli ideali degli esseri umani.
Un momento fondamentale nell’esistenza di questa struttura teologico-politica è il passaggio dalla dichiarazione di «sede vacante», quando il Papa regnante muore, al proclama: «Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam!», allorquando il suo successore è stato eletto. È in quel momento, che può durare giorni o settimane, che converge a Roma il più antico ed esclusivo gruppo di potere del mondo, quello dei prelati che costituiscono il cardine della Chiesa romana. È del tutto ovvio e naturale che nei giorni del conclave si manifestino e confliggano visioni assai diverse dell’umano e della storia. E dunque visioni assai diverse della Chiesa.
Il romanzo di Robert Harris Conclave racconta questo evento in un momento indefinito ma assai delicato, intriso di tensioni politiche e belliche internazionali. Il Papa è morto all’improvviso e a guidare i cardinali è chiamato il Decano del Sacro Collegio, il cardinale britannico Thomas Lawrence. Un uomo sensibile, profondo, poco incline alla politica ma molto attento a uomini e circostanze. Dovrà guidare un Collegio ideologicamente diviso nel quale le ambizioni personali esprimono modelli assai diversi di Chiesa.
Molti sono i colpi di scena ma sono secondari rispetto allo splendore dei luoghi, all’eleganza degli abiti, alla antichità delle formule, alla solennità del latino nei momenti decisivi. Il cuore della Chiesa romana è la Cappella Sistina, sede del Conclave, perché il cuore luminoso della Chiesa romana è la bellezza, è l’arte, è il sapere, è il rito. È quella dimensione profonda e sacra che le chiese e le sette riformate hanno perduto perché a essa hanno esplicitamente rinunciato, stoltamente convinte che il luogo della fede sia ‘il cuore e l’interiorità’ degli umani, vale a dire quanto di più aleatorio e miserabile ci sia.
Il pericolo reale, non inventato o narrativo, che la Chiesa Romana corre da tempo è la tentazione di diventare come i riformati, vale a dire di morire in quanto Chiesa e continuare a vivacchiare come insieme di associazioni filantropiche. Una tendenza ben presente nell’attuale pontificato, che sembra guidato più da un sociologo che da un uomo sacro. Dato che l’unica forma decente di cristianesimo è quella cattolica, e in parte quella ortodossa, mi dispiacerebbe se essa dovesse scomparire, sostituita da un insieme di gruppi che credono di essere loro la chiesa e sono invece composti, come tutte le sette, da soggetti problematici e del tutto incentrati su di sé, sul loro ‘cuore’, sulle loro certezze etiche, sui loro ‘valori’.
Il film è elegante e fascinoso. Ha un solo grave difetto: negli ultimi dieci minuti si inceppa in modo implausibile e bizzarro con un finale in clamoroso ed evidente contrasto con tutto ciò che lo precede, un finale politicamente ultracorretto. Peccato, è il caso di dire. Come ha commentato una mia amica, questa faccenda del politicamente corretto non soltanto va deturpando anche le migliori opere letterarie, teatrali e cinematografiche ma «ormai sta diventando un requisito patetico, come i titoli di coda».
In Conclave gli ultimi dieci minuti sono banali e del tutto trascurabili. Il film si conclude davvero, avrebbe dovuto concludersi, con l’elezione di un cardinale che aveva pensato di prendere il nome di Giovanni, evidentemente XXIV. Un film realistico, splendidamente fotografato, coinvolgente, godibile.
6 commenti
agbiuso
Il nuovo pontefice ha ripristinato nella propria firma l’antica formula «P.P.» Pastor Pastorum, trascurata (come tante altre cose) dal suo predecessore. È un buon segno.
agbiuso
Bergoglio, la Chiesa senza cielo sulla terra madre sterile
di Sonia Milone
Giubbe Rosse, 29.4.2025
agbiuso
Interessante questo tentativo global-capitalista di comportarsi come Filippo il Bello, come la Chiesa avignonese.
Le président Macron veut-il barrer la route de la papauté au cardinal Sarah ?
25.4.2025
agbiuso
Una storiella racconta che l’Onnisciente sa tutto ma non proprio tutto. Ignora infatti tre cose: quante siano esattamente le congregazioni cattoliche femminile, le suore; da dove prendano i loro soldi i salesiani; che cosa pensa davvero un gesuita. Direi che il papato di Jorge Mario Bergoglio è stato la piena conferma di quest’ultima ignoranza.
Nella impossibilità di capire esattamente che cosa questo papa pensasse, è utile guardare ai frutti del suo pontificato, i quali mi sembra somiglino a quelli descritti dallo studioso cattolico autore dell’articolo che qui riporto.
Fonte: L’eredità di Bergoglio. Dai frutti li riconoscerete
di Roberto Pecchioli
EreticaMente, 27.4. 2025
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Dai frutti li riconoscerete, rispose Gesù ai discepoli che gli chiedevano come riconoscere i buoni dai cattivi profeti. Se il criterio di giudizio è questo, il pontificato di Jorge Mario Bergoglio lascia soprattutto macerie, portando a compimento in Occidente un processo di arretramento della fede e della proposta cristiana di lungo periodo, accelerato dal concilio Vaticano II, al termine del quale il papa di allora, Paolo VI, gridò sconsolato e inascoltato che il fumo di Satana era penetrato nella Chiesa. Gli incauti avevano aperto cuori, porte e finestre; il regno di Francesco ha significato un crollo ulteriore della partecipazione popolare ai riti – sempre più privati di significato spirituale – della presa cristiana nella società. Un bilancio che atterrisce, unito all’ateismo pratico di massa e all’islamizzazione del nostro continente, di cui il cattolicesimo sembra essere un semplice osservatore, talvolta un fiancheggiatore.
Nel Vangelo di Luca un’altra affermazione di Gesù dovrebbe far tremare le mura leonine: guai a voi quando tutti parleranno bene di voi. Il baccanale mediatico che accompagna la morte di Bergoglio – predisposto accuratamente da tempo – è un coro quasi unanime di lodi al papa venuto, come affermò egli stesso, dalla fine del mondo. Encomi, celebrazioni, melassa a fiumi, applausi scroscianti da un coro mediatico, culturale, politico in cui non si ascoltano che isolate obiezioni. Intendiamoci: la sofferenza e la malattia dell’uomo meritano ogni rispetto. Ma dinanzi alla storia – e alla missione papale – i quasi dodici anni bergogliani sono una corona di spine. Non è un caso che gli elogi più sperticati provengano da non cattolici, non credenti, laici e irreligiosi. Il lutto ufficiale è immenso: già questo dovrebbe insospettire i fedeli. Mai, a nostra memoria, quando l’Italia era ancora cattolica, la morte del papa era stata accompagnata dall’interruzione degli spettacoli – anche sportivi – e dalla programmazione radiotelevisiva, trasformata in coro collettivo di celebrazione del defunto a reti unificate.
Nulla di strano: è morto “uno di loro”, ovvero una personalità di riferimento del pensiero dominante. Curioso cortocircuito, giacché il mainstream d’occidente è radicalmente anticristiano, materialista, ateo. Ancora più strano è piacere soprattutto agli avversari della chiesa. Dai frutti li riconoscerete. Non uno dei componenti dell’orchestra unica filo papale è stato convertito . Non uno si è unito alla chiesa di Gesù, ribattezzata dal 2013 “chiesa di Francesco”. C’è del vero in codesto spurio secondo battesimo: il papa argentino ha picconato la nave di Pietro come pochi in passato. Rivoluzionario lo è stato, anche se i suoi sostenitori preferiscono parlare di profezia. Una profezia che ha messo da parte la dottrina, il rito, i simboli, l’escatologia – cioè il destino dell’uomo – preferendo la dimensione pastorale. Pastori di un gregge sempre più scarno, a cui è stata sottratta la dimensione del sacro e del mistero. Un gregge senza traguardo, poiché quasi mai questo papa ha parlato dell’eternità e del progetto di Dio sulla creatura fatta, secondo la vecchia dottrina, a sua immagine e somiglianza.
Una chiesa ospedale da campo, amava dire Bergoglio. Giusto, ma le ferite dello spirito si sono aggravate. Se “dai frutti li riconoscerete”, le lodi sperticate di oggi non tengono conto della realtà, benché si debba ammettere che decenni di confusione avevano predisposto la chiesa agli scossoni argentini. Qualcuno aveva già scosso l’albero, ma i frutti non sono quelli sperati dagli stessi novatori. La profezia al passo con i tempi è diventata un’impresa di demolizioni in crisi di fede. Secondo uno dei fogli più radicalmente anticattolici, Repubblica, Bergoglio fu “il papa degli ultimi”. Voce dal sen fuggita. I lettori del quotidiano sono postborghesi ben pasciuti, altro che ultimi; applaudono felici di constatare la progressiva ritirata della cristianità. Peraltro Eugenio Scalfari, papa laico della pseudo religione progressista, fu confidente e interlocutore di Bergoglio, con annessi sfondoni dottrinari mai smentiti dalla Santa Sede.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei: l’argentino fu sodale di Marco Pannella e Emma Bonino, punte di lancia del laicismo più estremo e dell’abortismo. La dama con il turbante si è profusa in elogi di Francesco, lodando il suo impegno a favore degli immigrati, dei detenuti e dell’ambiente. Pare che il papa le abbia chiesto di portare avanti “le nostre idee” (Il Fatto Quotidiano). Bizzarre convergenze. A costo di inimicarsi qualche lettore, osiamo dire di essere stufi dell’insopportabile litania sugli “ultimi”. E noi, i penultimi, i terzultimi, quelli che hanno passato la vita onestamente, cercando di attenersi alla morale e alla dottrina cristiana, chi siamo? Non c’è posto per noi nell’ospedale da campo: troppo normali, troppo fedeli. Il figliol prodigo venne accolto con grande trasporto dal padre, suscitando le giuste rimostranze del fratello, ma stava comunque tornando a casa. Nella teologia bergogliana, la misericordia giunge gratuitamente, senza chiederla. La giustizia divina è equipollenza tra bene e male?
Del resto, chi sono io per giudicare, fu la sconcertante risposta a un quesito sulla liceità morale degli atti omosessuali. Eri Pietro, su cui qualcuno edificò la sua chiesa! Che non era green, come dopo la Amoris laetitia, ma si riteneva “la” via, non una fede tra le altre, come si legge nell’improvvida dichiarazione ecumenica di Abu Dhabi. Un relativismo contro cui lottò invano Benedetto XVI, diventato emblema dell’ospedale da campo in cui medici e infermieri non portano neppure il camice bianco. Bergoglio con il poncho nei suoi ultimi giorni è l’immagine che più stride, agli occhi di chi sa l’importanza dei simboli. Ha descralizzato non sé stesso – uomo tra gli uomini – ma la funzione di vicario di Cristo, il cui segni visibile è l’abito papale.
Poca cosa, in fondo, a paragone dell’idolo amazzonico portato in processione, delle sbandate filo LGBT (più dei seguaci, invero) delle strane immagini animali in San Pietro, della banalizzazione dei riti e della liturgia, della chiusura dei luoghi di culto in pandemia, con incluso vaccinismo scatenato . L’ospedale da campo cura (forse) i corpi, ma sembra indifferente alle anime. Ma senza una dottrina finalistica, si diventa un’associazione di mutuo soccorso, nobile, utile, senza vocazione alla verità. E a chi serve, oltre che a sé stessa (la persistenza degli aggregati di Vilfredo Pareto) una chiesa “in uscita” ? Da che cosa, poi? Alcuni, nell’orchestra dei coccodrilli, parlano di papa “progressista”. Che cosa significa progresso, rispetto all’eterno e all’immutabile? Secondo Ezra Pound il tempio è sacro perché non è in vendita. Lo seppe per primo Gesù, che scacciò i mercanti, ma vi sarà ancora un tempio, se continua la demolizione?
Parole di “indietrista”, l’epiteto bergogliano rivolto a chi non era d’accordo con lui. Ci sfugge, in temi di fede, il significato di avverbi come avanti e indietro, ma è colpa nostra, educati alla chiarezza. Il vostro parlare sia sì sì, no no. Il di più viene dal Maligno. Invece hanno osato modificare il Padre Nostro, la preghiera dettata da Gesù. Ora chiediamo di non essere abbandonati nella tentazione, ma il testo latino – tradotto dai Padri della Chiesa – dice “ne nos inducas”, non ci indurre. Dalla liturgia della parola è sparito il riferimento agli “uomini di buona volontà”, sostituiti dagli “uomini amati dal Signore”. La buona volontà, cioè il desiderio di agire rettamente, non conta più.
Pure, la ricerca della fede, la sete di trascendenza sono inestirpabili. Aumentano i battesimi in età adulta e il desiderio di vivere una spiritualità forte, tesa alla verità. Serve un messaggio netto, non il balbettio di scuse per le posizioni sgradite allo spirito del tempo. Qual è la risposta al bisogno di assoluto, in assenza di una riflessione sul senso dell’esistenza e sul kèrigma, il nocciolo della fede, la morte e resurrezione di Cristo ? La domanda terribile è: la chiesa crede ancora nel nucleo del suo messaggio, nella resurrezione senza la quale, ammette San Paolo, i cristiani sarebbero i più disgraziati tra gli uomini? Sono domande che mai avremmo pensato di porre. Forse siamo confusi, forse non abbiamo capito, ma non ci siamo mai sentiti tanto estranei. Il chiasso di questi giorni, la sincera commozione di molti, non illudano la sedicente chiesa di Francesco. Chiuso il sepolcro di Francesco, esaurita l’emozione della notizia, il circo mediatico passerà ad altro. Morto un papa, se ne farà un altro; continuerà l’inimicizia, riprenderà il pregiudizio antireligioso momentaneamente interrotto.
agbiuso
Condivido.
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Una cronaca di Papa Francesco molto infelice…
Le cronache di Papa Francesco, 10.4.2025
La storia della Chiesa è strapiena di papi immorali, cattivi e mediocri, ma forse nessuno è stato più indegno di essere papa di Francesco. Nessun papa, prima di lui, ha denigrato il Papato così tanto e così tristemente. Il nostro editoriale dopo la notizia.
Vatican News, portale ufficiale della Sala Stampa della Santa, ha comunicato, con un articolo strappalacrime, poco dopo le ore 13 di oggi, che papa Francesco si è presentato a sorpresa nella Basilica di San Pietro.
Non vi sono foto, né video ufficiali della “sorpresa”. Perché? Il mistero è svelato dal sito Messainlatino, che ha pubblicato filmato amatoriale dell’entrata di Francesco nella Basilica.
«Siamo senza parole: abbiamo ricevuto da una nostra fonte, che ringraziamo – pur con grande dolore – caldamente, il video dell’arrivo di papa Francesco questa mattina nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Il Santo Padre appare (tra)vestito in borghese con un miserrimo poncho e pantaloni neri (e ovviamente senza papalina).
Riportiamo di seguito il video integrale, la cui autenticità ci è stata confermata.
Salva reverentia: ma è del mestiere questo?! È mai possibile che anche i suoi più stretti collaboratori non abbiamo mostrato rispetto dell’altissima carica che ricopre e non lo abbiano consigliato – se non obbligato – a presentarsi in pubblico ai fedeli (all’interno della Basilica Vaticana!) con un abito dignitoso e degno della sua carica?
È crollato anche l’ultimo baluardo: la talare bianca del Romano Pontefice.
Stando al titolo, alle immagini, allo spezzone breve del video, avremo preferito raccontare un santo Requiem papale, ad una cronaca davvero tristemente vivente.
Il Papa, entrando a “sorpresa” in Basilica san Pietro, si è presentato trasandato, completamente allo sbando, accompagnato, in veste altrettanto sciatta, dalle guardie del corpo e degli infermieri.
Ci chiediamo: da quando in qua la malattia è sinonimo di sciatteria, trascuratezza, menefreghismo al ruolo che — in questo caso parliamo del Pontefice — ricopre?
È vero, come dice il vecchio adagio che “l’abito non fa il monaco”, ma è altrettanto vero che l’abito identifica il monaco, lo protegge e lo custodisce. Inoltre, ricordiamo anche l’altro detto: “Anche l’occhio vuole la sua parte”. E la Chiesa questo lo ha sempre saputo.
Papa Francesco, si sa, lo ha detto lui stesso fin dalla prima intervista: “non sono una persona ordinata, non amo i protocolli, sono insofferente alla disciplina…”, insomma è allergico persino al buon senso. Perché di questo si tratta, di buon senso che, evidentemente, è venuto meno.
Ancora una volta Francesco ha dimostrato non tanto la sua insofferenza ai protocolli e alla disciplina, ma il suo disprezzo per la Tradizione con T maiuscola, ovvero verso la Chiesa di sempre — una, santa, cattolica e apostolica — , e la sua avversione per il Papato così com’è stato divinamente costituito. Il Papa è il capo visibile della Chiesa e, per servirla, deve attenersi al suo ruolo di difensore, così come specificato dal B. Pio IX nella costituzione conciliare Pastor aeternus.
Non abbiamo visto un umile malato che non si vergogna della sua debolezza (come qualcuno ha scritto per giustificarlo) — i malati hanno il pudore di non mostrarsi in condizioni trasandate –, ma un caudillo spavaldo che ama la sua immagine personale a tal punto da denigrare sfacciatamente il Terzo Amore Bianco: il Papato.
Per distruggere il Papato il diavolo non poteva trovare un alleato migliore di un Papa indegno.
Per non parlare della vergognosa piaggeria di chi serve il Papa, anche le cronache ufficiali che fanno leva su una tristissima descrizione del fatto come di un evento “significativo” nel suo dolore… mentre dovrebbero — loro stessi — consigliare al Pontefice, magari con le parole di san Paolo: “tutto mi è lecito, ma non tutto giova”.
A che giova vedere il Papa in queste condizioni? ma soprattutto A CHI GIOVA?
Certamente non ad un autentico malato e magari allettato… non certamente a malati autenticamente cattolici, al limite può far piacere a chi vive di fede sentimentale e romantica, simpaticona, umanizzante… dimenticando pure che, per i non cattolici e magari atei, vedere un Pontefice maggiormente sciatto, piace!!
Dunque non solo un’avanzata umanizzazione e scristianizzazione del senso del sacro, ma anche una umiliazione all’immagine stessa del Pontefice ridotto al sentimentalismo più becero.
Vatican News scrive che i fedeli si sono commossi fino alle lacrime al vedere il Papa così debole e fragile… Anche noi — che amiamo il Papato e il papa regnante, chiunque egli sia — abbiamo pianto torrenti di lacrime, nel vedere un Papa denigrare il Papato e oltraggiare se stesso così indegnamente.
Ci sarebbe tanto altro da dire ma… siamo nel tempo della PASSIONE e questo ci impone un freno nel commentare ad oltranza, per non peccare…
Siamo invitati a stracciarci il cuore e non le vesti e spesso non è facile.
Caro Papa Francesco, «Quello che devi fare fallo al più presto» (Gv 13, 21), perché anche l’accanimento nel trattare l’immagine del Papa in questo modo, dovrà finire, prima o poi…
agbiuso
Sic transit gloria mundi