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Programmi dell’anno accademico 2017-2018

Programmi dell’anno accademico 2017-2018

Nello splendido luogo che vedete qui sopra in una sua parte, l’ingresso all’Auditorium, insegnerò nell’a.a. 2017-2018 Filosofia teoretica, Filosofia della mente e Sociologia della cultura.
Pubblico  i programmi che svolgerò, inserendo i link al sito del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania per tutte le altre (importanti) informazioni.

Filosofia teoretica
La realtà come linguaggio e interpretazione

Aa. Vv. Filosofie del linguaggio. Storie, autori, concetti, Carocci 2016
(capp. 1, 2, 3, 5, 6, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15)
Alberto Giovanni Biuso, La mente temporale. Corpo Mondo Artificio, Carocci 2009
(capp. 1 e 2, Una storia della mente – Il corpo dentro il mondo)
Martin Heidegger, Essere e tempo, Mondadori 2006
(§§ 31-34 e 68D)
Martin Heidegger, In cammino verso il linguaggio, Mursia 2014
(capp. I, III, IV, VI)
Alberto Giovanni Biuso, «La lingua come dimora/mondo»
e Dario Generali «Subalternità linguistica e disorientamento culturale del sistema formativo italiano nell’età dell’anglofonia globale»
in Aa. Vv., L’idioma di quel dolce di Calliope labbro, a cura di D. Generali e altri, Mimesis 2017.

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Filosofia della mente
Verità

Alberto Giovanni Biuso, Dispositivi semantici. Introduzione fenomenologica alla filosofia della mente, Villaggio Maori Editore 2008
Martin Heidegger, L’essenza della verità. Sul mito della caverna e sul ‘Teeteto’ di Platone, Adelphi 2009
Martin Heidegger, Seminari, Adelphi 2003
Alberto Giovanni Biuso, Temporalità e Differenza, Olschki 2013

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Sociologia della cultura
Tarantismo e Dionisismo nelle culture mediterranee

Rocco De Biasi, Che cos’è la Sociologia della cultura, Carocci 2008
Ernesto De Martino, La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, Il Saggiatore 2015
Károly Kerényi, Dioniso. Archetipo della vita indistruttibile, Adelphi 2010
(Premessa, Introduzione, Seconda parte)
Eugenio Bennato, Alla festa della Taranta e Ritmo di contrabbando da «Sponda Sud» (2007); L’anima persa, da «Taranta Collection» (2010)
Alberto Giovanni Biuso, «Dioniso e il suo mito», in Nuova Secondaria, XXIV/2, ottobre 2006
Si consiglia la lettura delle Baccanti di Euripide

5 commenti

  • agbiuso

    Gennaio 8, 2018

    Il Prof. Salvatore Claudio Sgroi (ordinario di Linguistica generale nel mio Dipartimento) ha pubblicato una breve e illuminante riflessione a proposito della stolta decisione del MIUR di sostituire la lingua italiana con una lingua straniera nella redazione delle domande dei PRIN (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale per la ricerca universitaria).
    Questo il link al testo completo: Politica linguistica suicida… del ministro della P.I., del quale riporto qui un brano di Saussure sulla morte sempre violenta delle lingue.

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    3. Ferdinand de Saussure (1891) aveva già previsto le condizioni di morte di una lingua

    Il processo in atto ricorda insomma quello già indicato dal Saussure autore della “Première Conférence” all’Università di Ginevra nel novembre 1891:

    “Una lingua non può morire di morte naturale. Non può morire che di morte violenta. Il solo modo che abbia di cessare, è di vedersi soppressa per forza, per una causa del tutto esterna ai fatti di linguaggio.
    Cioè ad esempio per lo sterminio totale del popolo che la parla, come succederà prossimamente per gli idiomi dei Pellerossa dell’America del Nord.
    Oppure per imposizione di un nuovo idioma appartenente a una razza più forte; generalmente ci vuole non soltanto una dominazione politica, ma anche una superiorità di civilizzazione, e spesso ci vuole la presenza di una lingua scritta che viene imposta dalla Scuola, dalla Chiesa, dall’amministrazione… e attraverso tutti i canali della vita pubblica e privata. È un caso che si è ripetuto cento volte nella storia […] Ma queste non sono cause linguistiche.
    Non accade mai che una lingua muoia di consunzione interna, dopo aver portato a termine la carriera che le era destinata. In se stessa è immortale, cioè non vi è alcuna ragione per cui la sua trasmissione si arresti per una qualche causa relativa all’organizzazione di quella lingua stessa”.
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    • Pasquale

      Gennaio 8, 2018

      Caro Amico, intanto grazie per aver ricordato il De Saussure, a fare la Cassandra non si sbaglia mai. Poi per il grido di dolore che annunci e che ci accomuna. Di dolore rabbioso. Io credo che uccidere come sai sia in buon misura giustificato quando si tratta di imbecilli e delinquenti. TI abbraccio. Psq.

  • agbiuso

    Dicembre 2, 2017

    Nell’ambito del corso di Filosofia teoretica parleremo della lingua come veicolo di insegnamento. Presenterò a questo proposito le tesi del Prof. Dario Generali, confermate anche da uno studio presentato su Roars.
    Per chi conosce la natura del fatto linguistico e la complessità dell’insegnamento, si tratta di tesi del tutto evidenti.

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    Insegnare in inglese abbassa la qualità: lo dicono Times Higher Education e la Conferenza dei rettori tedeschi
    Di Redazione ROARS 2 dicembre 2017 ore 10:30

    «Teaching in English arguably decreases the quality of teaching. The Rectors’ Conference of German Universities, in a widely disseminated resolution, pointed out this risk. […] In the end, what matters most in the job market are the technical skills acquired by students and these are best acquired through the mother tongue». A smorzare gli entusiasmi dei fan dell’internazionalizzazione è niente meno che Times Higher Education che pubblica un articolo intitolato “Why teaching in English may not be such a good idea“, firmato da Michele Gazzola, “member of the research group Economics and Language at the Humboldt University of Berlin and research fellow at the Institute for Ethnic Studies in Ljubljana“. Gazzola spiega il fenomeno europeo della rincorsa all’internazionalizzazione come un effetto collaterale delle classifiche internazionali delle università, che, sebbene basate su metodologie discutibili, sono costantementre riprese dagli organi di informazione. Tuttavia, ci sono studi che mostrano la maggior efficacia delle lezioni impartite nella lingua madre degli studenti. Anche la capacità di attrarre e trattenere i talenti stranieri potrebbe essere stata sopravvalutata: «Finally, teaching in English is not enough to attract and retain international students. In the Netherlands, according to official data published by the Dutch Ministry of Education, only 27 per cent of international students are actually working in the Netherlands after having obtained an English degree in that country […] One of the reasons discouraging international students from staying in Holland is their lack of skills in Dutch. Having studied two or three years only in English hinders the development of good skills in the local language and so it is harder for a country to retain their talent».

  • Concettina Patanè

    Settembre 16, 2017

    Molto interessante. Non si stupisca se mi vedrà qualche volta seduta ad ascoltare. E ” Le baccanti” lo leggerò. Finiti gli esami, resta il piacere di ascoltare, di leggere, solo per il gusto di farlo.

    • agbiuso

      Settembre 17, 2017

      Sarà sempre la benvenuta, gentile Patanè. Gli esami sono un momento, la conoscenza è l’intera esistenza.
      A presto dunque.

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