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Davide e Golia

Ieri pomeriggio -19 novembre- davanti a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, un gruppo di manifestanti ha ricordato che cosa sta succedendo nella Striscia di Gaza.
Sta succedendo che:
«1) Gli israeliani sono la potenza occupante, gli aggressori e non gli aggrediti.
2) Netanyahu e Barak, come gli altri loro colleghi, sono in campagna elettorale, e hanno bisogno di incassare il consenso politico dei loro elettori facendo strage di gazawi.
3) Quasi due milioni di gazawi stanno vivendo nel terrore, in queste ore, a causa delle bombe e dei massacri israeliani che finora hanno ucciso 10 persone [ormai più di cento e migliaia di feriti, n.d.r.], tra cui bimbi piccolissimi, carbonizzati.
4) I leader israeliani stanno cercando di convincere il mondo che sono loro le vittime, invece hanno le mani macchiate dal sangue palestinese, e ci sono tribunali, in vari Paesi, pronti ad arrestarli appena dovessero mettere piede sui loro territori.
5) Israele ha violato una tregua mediata dall’Egitto, bombardando Gaza.
6) I palestinesi hanno il diritto, riconosciuto dalle leggi internazionali, di difendersi come ritengono opportuno, dalle aggressioni israeliane.
7) Il popolo palestinese vorrebbe vivere in pace sulla propria terra, nelle proprie case, ma Israele non lo permette.
8)  Israele non può che rimproverare se stesso per l’escalation in corso.
9) La scorsa settimana, Israele ha ucciso 7 civili, e la resistenza ha risposto lanciando razzi. Ora Israele sta raccontando che i bombardamenti in corso contro la Striscia sono una rappresaglia ai razzi della resistenza, quando è vero esattamente l’opposto.
10) Israele continua a imporre da anni l’assedio alla Striscia di Gaza».
(Fonte: Angela Lano, Bombardamenti israeliani e il capovolgimento della ragione)

Poche cose sono infami come la manipolazione dei fatti attuata dai potenti contro le loro vittime. È quello che accade sistematicamente nei rapporti tra lo Stato di Israele e il popolo palestinese.
Milioni di persone sono costrette a vivere dietro un muro altissimo e lungo centinaia di chilometri -rispetto al quale quello di Berlino era un manufatto artigianale- prive di medicine, di risorse produttive, di libertà. Trattate come umanità inferiore. Destinate a un chiaro genocidio, attuato anche tramite «politiche di colonialismo e d’apartheid» ispirate a una concezione razzistica che affonda le sue radici nella Bibbia.
Stavolta Davide-Palestina non ha molte speranze di resistere allo strapotere militare di Golia-Israele.

8 commenti

  • agbiuso

    Gennaio 12, 2014

    Ariel Sharon: Una storia criminale di Zvi Schuldiner

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    Era stato col­pito da emor­ra­gia cere­brale otto anni fa l’allora primo mini­stro Ariel Sha­ron; finito in coma, in stato vege­ta­tivo, non aveva mai ripreso cono­scenza. Adesso i media sono invasi dall’immagine dolce del nonno grande sta­ti­sta, che sem­bra occul­tare il vero pas­sato di un lea­der arri­vato a com­piere azioni cri­mi­nali. È neces­sa­rio ricor­dare parte della sua sto­ria, anche per capire un po’ meglio una società israe­liana som­mersa e impan­ta­nata in un’enorme onda raz­zi­sta, nazio­na­li­sta, fondamentalista.

    Negli anni ’50 del secolo scorso il capi­tano Sha­ron era un aspro com­bat­tente che par­te­ci­pava ad atti di pro­vo­ca­zione, con l’obiettivo di far defla­grare la situa­zione alla fron­tiera gior­dana. Nel 1953, in una delle famose «azioni di rap­pre­sa­glia» di quel periodo, un’unità coman­data da Sha­ron assas­sinò ses­santa abi­tanti del vil­lag­gio di Qui­bia, in Giordania.In non poche occa­sioni, la lunga car­riera mili­tare di Sha­ron si inscrive nella bru­ta­lità e nell’escalation di un con­flitto fat­tosi ancor più san­gui­noso con la guerra del 1967. Sha­ron, al tempo già gene­rale, coman­dante della zona sud, dà avvio a una bru­tale repres­sione a Gaza negli anni ’70, in seguito diventa il discusso eroe della guerra del 1973 e poco dopo ini­zia una tur­bo­lenta car­riera poli­tica. Con curiosi andi­ri­vieni, a poco a poco arriva a essere uno dei lea­der del Likud. Quando giunge al potere Mena­chem Begin, Sha­ron ini­zia una car­riera che lascerà nella sto­ria segni inde­le­bili, ancora più degli attac­chi cri­mi­nali com­piuti quando coman­dava la fami­ge­rata unità 101, o della repres­sione dei pale­sti­nesi a Gaza.Sof­fer­mia­moci bre­ve­mente su quat­tro dram­ma­ti­che deci­sioni poli­ti­che di Sha­ron, indi­spen­sa­bili per capire da un lato la stessa realtà odierna di Israele e la pos­si­bi­lità o meno di un trat­tato di pace, dall’altro la peri­co­losa car­riera di un lea­der che nei suoi ultimi anni di vita poli­tica era stato rite­nuto – a torto – un pos­si­bile De Gaulle, che avrebbe fatto riti­rare Israele dai Ter­ri­tori occu­pati.

    Sha­ron era mini­stro dell’agricoltura nei giorni di Camp David, quando con la media­zione sta­tu­ni­tense si discu­teva di una pos­si­bile pace israelo-egiziana. E all’epoca fu uno dei prin­ci­pali archi­tetti del pro­getto di colo­niz­za­zione dei ter­ri­tori occu­pati, con molte ini­zia­tive e fiumi di denaro. Sha­ron pen­sava che la pace con l’Egitto avrebbe per­messo di inau­gu­rare una serie di trat­ta­tive che pote­vano arri­vare alla discus­sione sul destino della Cisgior­da­nia e della Stri­scia di Gaza, e rite­neva che nuovi inse­dia­menti e un arrivo mas­sic­cio di coloni fos­sero la ricetta migliore per ren­dere impos­si­bile la pace.L’allora mini­stro della difesa Ezr Wei­tz­man, un noto falco diven­tato ardente colomba durante le trat­ta­tive di pace con l’Egitto, volle cam­biare la posi­zione del primo mini­stro Begin rispetto a pos­si­bili trat­ta­tive di pace con i pale­sti­nesi e dopo aspre discus­sioni con il pre­mier rinun­ciò alla carica, una delle più impor­tanti nella gerar­chia poli­tica israe­liana.

    Così Sha­ron, da sem­pre fru­strato per non essere arri­vato al grado di coman­dante gene­rale dell’esercito, poté rea­liz­zare il suo sogno, coman­dando l’esercito come mini­stro della difesa. Poco tempo dopo il suo arrivo a que­sta carica chiave, diede ini­zio ai pre­pa­ra­tivi per la guerra del Libano.È tut­tora ignoto l’autore del ten­ta­tivo di assas­si­nio dell’ambasciatore israe­liano a Lon­dra Shlomo Argov, che fu gra­ve­mente ferito; l’evento rap­pre­sentò comun­que la scusa uffi­ciale che ser­viva per avviare la guerra del Libano, il 5 giu­gno 1982. «Come sem­pre», avrebbe dovuto essere una guerra lampo, di pochi giorni. Per alcuni era la guerra neces­sa­ria per distrug­gere l’Olp (Orga­niz­za­zione per la libe­ra­zione della Pale­stina), liqui­dare Ara­fat e affos­sare i nego­ziati sul futuro della Cisgior­da­nia. Per Sha­ron e altri era molto di più: si trat­tava anche di intro­niz­zare a Bei­rut la fami­glia Gemayel, alla testa delle Falangi cri­stiane del Libano; in casi spe­ci­fici le falangi si erano alleate ai siriani, e ave­vano liqui­dato pale­sti­nesi, come nel caso del mas­sa­cro del campo di Tel Al Zaa­tar, ma esse diven­ta­rono alleate di Israele ed ese­cu­trici dei suoi ordini, arri­vando a essere un baluardo anti-siriano.

    Il gio­vane Bashir Gemayel, pre­si­dente eletto con la pro­te­zione delle armi israe­liane, salta in aria poco dopo, forse assas­si­nato dai siriani. La grande ven­detta arriva pochi giorni dopo: le falangi cri­stiane entrano nel campo di rifu­giati pale­sti­nesi a Sabra e Sha­tila con l’avallo delle forze israe­liane – «non sape­vamo – non abbiamo visto – non imma­gi­na­vamo – non abbiamo sen­tito». La mat­tanza com­muove il mondo e la com­mo­zione arriva anche in Israele.Le pro­te­ste nel paese obbli­gano alla fine il governo a for­mare una com­mis­sione d’inchiesta, la quale fra l’altro arriva a con­clu­dere che Sha­ron deve lasciare la carica di mini­stro della Difesa. La guerra «di pochi giorni» durerà oltre 18 anni; la riti­rata delle forze israe­liane sarà decisa solo nel mag­gio 2000, dal primo mini­stro Ehud Barak. Sha­ron con­ti­nua a fare il mini­stro, dap­prima senza por­ta­fo­glio, poi inca­ri­cato degli alloggi, una carica che gli per­mette di tor­nare a essere il grande archi­tetto della colo­niz­za­zione dei ter­ri­tori occu­pati.
    Nel set­tem­bre del 2000, Sha­ron fa una mossa che il primo mini­stro Barak avrebbe potuto impe­dire: va alla moschea di Al Aqsa. La sua visita sca­tena la seconda inti­fada, che ha ter­mine anni dopo, quando Sha­ron è già primo mini­stro. Non entriamo qui nel merito della posi­zione di Barak, che allora era appena tor­nato dal fal­li­mento dei nego­ziati con Yas­ser Ara­fat e Bill Clin­ton a Camp David. L’intifada, la bru­tale esca­la­tion repres­siva, il sus­se­guirsi di attac­chi pale­sti­nesi: è in que­sto sce­na­rio che la car­riera poli­tica di Sha­ron arriva al cul­mine, quando tutti pen­sano che il grande gene­rale sia poli­ti­ca­mente morto. In effetti Sha­ron ha ere­di­tato il par­tito dello scon­fitto Neta­nyahu e dopo i tre tri­sti anni di governo di quest’ultimo, Barak sem­bra por­ta­tore delle grandi spe­ranze di rin­no­va­mento. Ma in poco tempo monu­men­tali errori por­tano quest’ultimo a una grande scon­fitta, e così il «morto poli­tico» Sha­ron diventa improv­vi­sa­mente primo ministro.Il fati­dico 11 set­tem­bre 2001 apre un nuovo capi­tolo di sto­ria. George W. Bush, che tutti con­si­de­ra­vano un fal­li­mento totale, diventa lea­der mon­diale gra­zie alle sue cri­mi­nali guerre in Afgha­ni­stan e Iraq. Il ran­cherosta­tu­ni­tense Bush trova un lin­guag­gio comune con il ran­chero israe­liano Sha­ron. Le pres­sioni di alcuni paesi arabi por­tano Bush e Sha­ron a ripen­sare alcuni ele­menti nel qua­dro medio­rien­tale: si fanno pic­cole aper­ture per scon­giu­rare l’acuirsi del con­flitto, e per evi­tare grandi cam­bia­menti reali.
    Il ritiro dalla Stri­scia di Gaza nell’agosto 2005 sarebbe il «grande passo» di Sha­ron, il «paci­fi­sta», agli occhi di molti osser­va­tori disat­tenti della poli­tica medio­rien­tale, e di poli­tici euro­pei al traino di Bush e del sor­ri­dente Tony Blair. I nostri let­tori pos­sono ritro­vare sulle pagine del mani­fe­sto di allora le ragioni della nostra oppo­si­zione a que­sto ritiro, che molti stu­pidi con­si­de­ra­rono un vero cambiamento.Un ritiro dai ter­ri­tori occu­pati ha sem­pre ele­menti posi­tivi, ma nel 2005 la mossa poli­tica era chiara; il ritiro da Gaza, con tutta la sce­neg­giata, con un’enorme coper­tura media­tica da parte di stampa e tivù del mondo intero, con l’apparenza di un passo verso la pace fu in realtà un’iniziativa uni­la­te­rale gra­zie alla quale il governo israe­liano posti­ci­pava di molti anni qua­lun­que nego­ziato sulla Cisgiordania.La colo­niz­za­zione galop­pante di quest’ultima, in effetti, diventa da allora sem­pre più grave e mas­sic­cia, ma al tempo stesso l’immagine di Israele e del nostro grande lea­der migliora. Sha­ron non cerca nem­meno di par­lare o nego­ziare con Abu Mazen; l’immagine di un pos­si­bile campo pale­sti­nese mode­rato ne esce inde­bo­lita e già agli inizi del 2006 il trionfo di Hamas è l’ideale per il raf­for­za­mento della poli­tica del grande generale.

    La mossa di Sha­ron aveva fun­zio­nato; altri scon­tri ave­vano acuito l’odio fra i due popoli e il cosid­detto pro­cesso di pace era caduto in disgra­zia, ago­niz­zante o dor­miente, quando l’improbabile De Gaulle entrò, nel 2006, in uno stato di coma. In que­sti anni, la reto­rica paci­fi­sta israe­liana non ha affatto rimesso in moto il pro­cesso di pace, e altri coloni hanno occu­pato ter­ri­tori.

    Sha­ron che era stato uno dei prin­ci­pali lea­der della pro­te­sta con­tro gli accordi di Oslo fir­mati nel 1993 da Isaac Rabin, Shi­mon Peres e Yas­ser Ara­fat; Sha­ron che era stato in prima fila nelle mano­vre per far fal­lire il pro­cesso di Oslo dopo l’assassinio di Rabin, muore vent’anni dopo, men­tre la pace si fa sem­pre più lon­tana. Sha­ron, con­si­de­rato da molti un arte­fice del cam­bia­mento, è stato in realtà uno dei prin­ci­pali idea­tori della colo­niz­za­zione dei ter­ri­tori occu­pati nel ’67; e il grande affos­sa­tore di ogni pos­si­bile pro­cesso di pace.

    (Tra­du­zione di Mari­nella Cor­reg­gia)
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    Da il manifesto, 11.1.2014

  • agbiuso

    Dicembre 6, 2012

    “Si può vivere bene in Germania solo se si è ariani, ricchi, sani, alti e belli”.
    Questo si sarebbe potuto dire della Germania hitleriana.
    Questo afferma Avi Mograbi,regista israeliano ed ebreo:
    «Si può vivere bene in Israele solo se si è ebrei, ricchi, sani, alti e belli»
    E aggiunge, rispondendo alle domande di Cristina Piccino:

    «Chiariamo subito una cosa: Alì è palestinese, è un arabo israeliano, la sua posizione è molto diversa da quella di un israeliano ebreo come sono io. Che ho alle spalle una famiglia importante, sono cresciuto nella classe agiata di Tel Aviv, mentre Alì è un rifugiato cacciato via dalla sua casa, cresciuto ai margini. Il mio vivere “a metà” è più che altro metaforico, è legato al fatto che non accetto le regole della società israeliana. Ti faccio un esempio: due giorni fa Alì e sua moglie hanno preso il volo per Roma. Sono sposati, sono entrambi cittadini israeliani ma ai controlli hanno fermato solo Alì chiedendogli di mostrare un altro documento. Lui si è rifiutato esigendo una spiegazione, che nessuno gli darà mai, perché nessuno dirà mai che Alì in quanto arabo è un cittadino di categoria inferiore. Situazioni del genere sono continue. Alì continua a vivere nella società ebraica, e rifiuta con le sue scelte le separazioni che Israele costruisce ogni giorno. Ma è molto dura, lo è stato con le famiglie, adesso c’è Yasmin che rappresenta una connessione tra di loro, lei ha un legame molto forte coi nonni…

    A quanto racconta nel film Yasmin, il razzismo è radicato profondamente nella società israeliana.

    Sì ma il problema nei confronti dei cittadini arabi è un altro: la discriminazione è ufficializzata. I palestinesi sono cittadini di secondo grado perché Israele è uno stato ebraico. Si può lottare contro un sistema sociale, contro un’educazione, un punto di vista. Ma quando la discriminazione, come accadeva nel Sudafrica dell’apartheid, fonda lo stato allora tutto diventa inutile».

    Fonte: il manifesto, 5.12.2012

  • agbiuso

    Dicembre 3, 2012

    138 a favore -tra cui l’Italia-, 9 contrari, 41 astenuti.
    In questo modo alcuni giorni fa l’Assemblea generale dell’ONU ha accolto finalmente la Palestina come “Paese osservatore non membro”.
    La reazione di Israele-Golia è ancora una volta nel segno della sopraffazione e dell’illegalità.

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    […]
    Sul piano internazionale, l’isolamento del governo israeliano manifestatosi con il voto all’Assemblea generale dell’Onu, è stato confermato dal coro di condanne per la scelta di espandere gli insediamenti in Cisgiordania e soprattutto nella zona E1, quella tra la città-colonia di Ma’aleh Adumim e Gerusalemme est. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon ha detto in una nota affidata al suo portavoce che si tratta “di un colpo quasi fatale alla possibilità di creare due stati per due popoli”, una decisione che causa “grave preoccupazione e disappunto”. L’espansione in quella zona isolerebbe Gerusalemme est dal resto della Cisgiordania, tagliando in due la regione e privando ogni futuro stato palestinese della continuità territoriale.

    Più dure le reazioni europee. Francia, Svezia, Gran Bretagna e Spagna hanno convocato gli ambasciatori israeliani per protestare contro la decisione del governo. La Svezia ha inoltrato una protesta formale. Il governo britannico, che pure si era astenuta al voto all’Onu pochi giorni fa, ha diramato una nota in cui “deplora la decisione di costruire 3 mila case negli insediamenti in Cisgiordania e di sbloccare lo sviluppo nell’area E1. Tutto ciò minaccia la soluzione dei due stati – prosegue la nota – E pertanto chiediamo al governo israeliano di ritornare sulla sua decisione”.

    Anche il governo tedesco ha fatto sentire la sua voce con una dichiarazione affidata al portavoce Steffen Seibert: “Facciamo appello al governo israeliano affinché desista da questa procedura”. Seibert ha aggiunto che mercoledì, quando il premier israeliano Netanyahu sarà in Germania per incontrarle la cancelliera Angela Merkel, “ci aspettiamo una franca discussione, tra amici”, lasciando intendere che le preoccupazioni europee per l’espansione degli insediamenti saranno presentate direttamente al capo del governo israeliano. Francia e Gran Bretagna, inoltre, secondo la stampa israeliana, non vogliono limitarsi alle note di protesta ma starebbero pensando anche a un gesto più forte, che potrebbe arrivare fino a richiamare in patria gli ambasciatori accreditati a Tel Aviv. Un passo, sottolineano i media israeliani, che non ha precedenti. Una decisione in questo senso potrebbe arrivare già oggi.

    Il quotidiano Haaretz, tuttavia, aggiunge citando una fonte che appartiene all’ufficio del primo ministro Netanyahu, che il governo avrebbe in mente altre misure contro l’Autorità nazionale palestinese: “I palestinesi si renderanno conto di aver commesso un grave errore con l’atto unilaterale compiuto all’Onu”. L’ennesimo braccio di ferro, insomma, sembra solo all’inizio. Anche perché Israele non intende in alcun modo accogliere le richieste della comunità internazionale: “Israele continuerà a difendere i suoi interessi vitali, anche arrivando a sfidare la la pressione internazionale, non ci sarà alcun cambiamento nelle decisioni prese”.
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    Fonte:il Fatto quotidiano, 3.12.2012

    Poco fa su televideo la notizia che anche la Spagna ha richiamato il proprio ambasciatore in Israele:

    18.18 Madrid si è unita a Londra e Parigi per manifestare “il profondo malessere” per le decisioni assunte da Israele e ha convocato l’ambasciatore israeliana in Spagna. Per il ministro degli Esteri spagnolo, Garcia-Margallo, “la costruzione di nuovi alloggi nell’area occupata in territorio palestinese che taglia la Cisgiordania in due e, pertanto, impedirebbe la creazione di uno Stato palestinese.

  • Giuseppe Ronco

    Novembre 24, 2012

    Geniale il titolo. Davide è diventato palestinese. Israele è diventato Golia benché sia un gruppetto di persone circondato da una massa di fanatici pseudo-religiosi che non vuole alcun accordo. Il fatto è che non gliene frega a nessuno dei palestinesi e degli arabi ma si perpetua l’antisemismo, com’è sempre stato, travestendolo di volta in volta con nuovi pretesti. I crociati fanno vignette per mettere maometto alla berlina ma lo amano se serve per riportare gli ebrei nei ghetti e nei lager (che comunque non sono mai esistiti e non è mai esistito primo levi). Bravi

  • agbiuso

    Novembre 21, 2012

    Grazie, Aurora, del suo commento.

    Moni Ovadia, musicista e attore ebreo, ha formulato per il sito di Grillo un’analisi dal titolo Israele verso la catastrofe, nella quale sostiene tra l’altro che “non c’è una trattativa in corso, non si vuole accedere alla trattativa e c’è un governo in Israele, che secondo me è il peggiore della storia di Israele, che semplicemente non vuole uno Stato palestinese di fianco a Israele. Non lo vuole, e questa secondo me è la ragione principale di tutto il disastro”.

  • aurora

    Novembre 21, 2012

    La diaspora ebraica è la dispersione del popolo ebraico nel mondo,poi David Ben Gurion alle 16,00 del 14 maggio 1948, nei locali del Museo di Tel Aviv,proclamò la nascita ufficiale dello Stato d’Israele a scapito del popolo palestinese a quel tempo nessuno voleva gli ebrei non ne conosco la ragione. Il romanzo di Gordon Thomas.racconta che nel 1939 una nave tedesca salpa da Amburgo per Cuba con 937 ebrei in esilio politico. Ma all’Avana non li vogliono e negli USA nemmeno. Si torna indietro finché il calvario dei poveretti finisce con il permesso di sbarco ad Anversa.
    Oggi gli ebrei hanno rimosso la tragedia della shoah l’olocausto perpetrato da Adolf Hitler e l’hanno rivolto ad altri esseri umani con il beneplacito delle nazioni unite

  • agbiuso

    Novembre 20, 2012

    Sì, caro Diego, l’operazione di propaganda forse stavolta riuscirà meno che in precedenti occasioni.
    Il nervosismo dei giornali filosionisti -in prima fila la Repubblica– è confermato dalla censura operata nei confronti di Piergiorgio Odifreddi, che per questo ha deciso di rinunciare al suo spazio su quel quotidiano.

    Ecco che cosa aveva scritto Odifreddi ieri:

    ==========

    Dieci volte peggio dei nazisti

    Uno dei crimini più efferati dell’occupazione nazista in Italia fu la strage delle Fosse Ardeatine. Il 24 maggio 1944 i tedeschi “giustiziarono”, secondo il loro rudimentale concetto di giustizia, 335 italiani in rappresaglia per l’attentato di via Rasella compiuto dalla resistenza partigiana il 23 maggio, nel quale avevano perso la vita 32 militari delle truppe di occupazione. A istituire la versione moderna della “legge del taglione”, che sostituiva la proporzione uno a uno del motto “occhio per occhio, dente per dente” con una proporzione di dieci a uno, fu Hitler in persona.

    Il feldmaresciallo Albert Kesselring trasmise l’ordine a Herbert Kappler, l’ufficiale delle SS che si era già messo in luce l’anno prima, nell’ottobre del 1943, con il rastrellamento del ghetto di Roma. E quest’ultimo lo eseguì con un eccesso di zelo, aggiungendo di sua sponte 15 vittime al numero di 320 stabilito dal Fuehrer. Dopo la guerra Kesselring fu condannato a morte per l’eccidio, ma la pena fu commutata in ergastolo e scontata fino al 1952, quando il detenuto fu scarcerato per “motivi di salute” (tra virgolette, perché sopravvisse altri otto anni). Anche Kappler e il suo aiutante Erich Priebke furono condannati all’ergastolo. Il primo riuscì a evadere nel 1977, e morì pochi mesi dopo in Germania. Il secondo, catturato ed estradato solo nel 1995 in Argentina, è tuttora detenuto in semilibertà a Roma, nonostante sia ormai quasi centenario.

    In questi giorni si sta compiendo in Israele l’ennesima replica della logica nazista delle Fosse Ardeatine. Con la scusa di contrastare gli “atti terroristici” della resistenza palestinese contro gli occupanti israeliani, il governo Netanyahu sta bombardando la striscia di Gaza e si appresta a invaderla con decine di migliaia di truppe. Il che d’altronde aveva già minacciato e deciso di fare a freddo, per punire l’Autorità Nazionale Palestinese di un crimine terribile: aver chiesto alle Nazioni Unite di esservi ammessa come membro osservatore! Cosa succederà durante l’invasione, è facilmente prevedibile. Durante l’operazione Piombo Fuso di fine 2008 e inizio 2009, infatti, compiuta con le stesse scuse e gli stessi fini, sono stati uccisi almeno 1400 palestinesi, secondo il rapporto delle Nazioni Unite, a fronte dei 15 morti israeliani provocati in otto anni (!) dai razzi di Hamas. Un rapporto di circa 241 cento a uno, dunque: dieci volte superiore a quello della strage delle Fosse Ardeatine. Naturalmente, l’eccidio di quattro anni fa non è che uno dei tanti perpetrati dal governo e dall’esercito di occupazione israeliani nei territori palestinesi.

    Ma a far condannare all’ergastolo Kesserling, Kappler e Priebke ne è bastato uno solo, e molto meno efferato: a quando dunque un tribunale internazionale per processare e condannare anche Netanyahu e i suoi generali?

    Piergiorgio Odifreddi

  • diegob

    Novembre 20, 2012

    Anche a chi non avesse alcuna simpatia filopalestinese appare evidente una sproporzione di mezzi e di potenza militare.
    Ho l’impressione, però, che il nuovo Egitto si muova di più in aiuto verso i palestinesi rispetto al precedente regime (seppur con grande cautela).
    Ho l’impressione anche che l’opinione pubblica europea sia abbastanza tiepida nell’accettare la versione israeliana dei fatti per cui l’operazione seppur riuscita nel suo intento aggressivo non stia riuscendo dal punto di vista propagandistico.
    Certo lo spettacolo delle piccole vittime è lacerante, ci si sente in colpa anche solo nel saperlo.

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