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Gli umani, le opere

Collezione Calderara di Arte Contemporanea
Vacciago di Ameno (Novara)

C’è molto strepito nel mondo. Uno sgomitare fianco a fianco per trovare un poco di visibilità e di essa essere finalmente soddisfatti. E poi c’è anche chi cerca di trovare in se stesso il proprio pubblico, senza però cadere in forme patologiche e patetiche di solipsismo. Il Sé si apre così ai propri amici, a quanti sono competenti nella medesima passione, a tutti coloro -infine- che nel vasto mondo possono entrare in contatto almeno una volta con le opere ed esserne felici. Credo che Antonio Calderara (1903-1978) appartenga a questo secondo modo di essere. Che naturalmente è poi il più fecondo di risultati nel tempo lungo degli altri umani, coloro che saranno vivi quando noi più non saremo. L’identità di Calderara si esprime dunque benissimo, e in modo del tutto vivente, nella Fondazione che porta il suo nome e che si trova in uno splendido palazzo seicentesco sulle colline che sovrastano il lago d’Orta. Qui Calderara raccolse 327 opere di pittura e scultura contemporanee, di cui 56 sue e le altre dei tanti artisti di ogni parte del mondo con i quali entrò in contatto e alle cui opere era interessato.

Sparsi tra le stanze, le scale, il cortile, le logge della dimora, si possono quindi studiare i dipinti della prima fase di Calderara -un affascinante figurativo già pregno di geometrie-, quelli astratti e le tante opere di centinaia di altri autori. La consonanza mia in questo percorso è stata con i lavori di Fontana, Dadamaino, Pomodoro, Manzoni, Lazzari, Licini. E soprattutto con l’optical art di Jesus Rafael Soto, le cui opere si dispiegano e si modificano al passaggio e all’occhio di chi guarda.
Sino al 15 ottobre 2011 è possibile in questo luogo vedere, scoprire, immergersi nelle opere di Fausta Squatriti, amica di Calderara, la quale ha creato nella sua bellissima casa di Vacciago -a due passi dalla Fondazione- un altro spazio nel quale raccoglie con ordinato disordine quadri, libri, installazioni sue e di altri artisti. Lo scorso 25 settembre l’attore Alberto Lombardo ha recitato un «monologo ironico, malinconico, a tratti amaro ma anche buffo» scritto da Squatriti e ascoltato con divertita partecipazione dai suoi ospiti, dall’intero mondo.

[La Rivista Vita pensata ha pubblicato nell’ottobre 2010 due articoli dedicati a Calderara e alla sua Collezione]

 

3 commenti

  • diego b

    Ottobre 11, 2011

    cara aurora, anch’io son rimasto attratto dall’apertura di questo articolo, perchè va oltre la semplice segnalazione di una seppur preziosa esposizione e raccolta d’arte

    si pone il tema del dialogo con gli altri, delle motivazioni per cui uno in qualche modo oggettiva il suo pensiero in qualcosa, sia esso uno scritto, un dipinto, un gesto, un canto

    e la domanda chiave è per chi? chi è il mio pubblico?

    giustamente si rileva come sia cupo un solipsismo chiuso, l’abusato dialogo con se stessi, e dunque si riconosce che bisogna pur trovare, là fuori di noi, qualche altra mente con delle affinità, con un minimo odore di fratellanza, quella sensazione difficile da descrivere per cui talune persone, da poco incontrate, ti sembrano vecchi amici, o, per dirlo meglio, antichi amici

    un pò aristocratici, è inutile negarlo, lo si è, quando si pensa davvero

  • fausta squatriti

    Ottobre 11, 2011

    Il lavoro di Calderara, artista di successo ma di quel successo che non diventa clamore di mercato, trova, come ho scritto nel saggetto a lui dedicato e pubblicato da vita pensata, nel lago d’Orta il luogo ideale per essere visto, e Antonio lo sapeva, aveva la misura e allo stesso tempo la consapevolezza del proprio valore, come spesso gli artisti hanno, mai dotati di falsa modestia, quando non sono patologici di qualche riduttiva timidezza. Un artista sa che sta facendo quel lavoro che altri non sanno fare, la trasformazione della sensibilità, della acutezza, in oggetto tangibile che esprima, per se stesso dapprima e poi per tutti, l’impareggiabile, poetico, ma anche etico, complesso di informazioni, che nel loro insieme, mediati dalla materialità dell’opera e dallo stile, diventano pensiero, meglio ancora se nuovo. E il limite del nuovo, anche qui, non è sempre eclatante, come nelle più gloriose e fiammeggianti avanguardie. A volte basta, apparentemente, poco, come, nel caso di Calderara, l’utilizzo del colore da maestro tradizionale novecentesco, capace di stendere l’olio in modo perfetto. Viviamo oggi, in clima di moribondo post-moderno, il funerale sarà a Londra in una grande mostra, tutte le ricche possibilità che il post-moderno ci ha offerto, e che io ritengo essere troppo spesso un boccone avvelenato. Si può usare qualsiasi mezzo, si può copiare, si può interpretare, tutto è concesso. La ridondanza che ne esce, anche nel poco, è spesso il solo risultato. Ma di questo dovrei parlare troppo a lungo, mi fermo qui.

  • aurora

    Ottobre 10, 2011

    “C’è molto strepito nel mondo. Uno sgomitare fianco a fianco per trovare un poco di visibilità e di essa essere finalmente soddisfatti. E poi c’è anche chi cerca di trovare in se stesso il proprio pubblico, senza però cadere in forme patologiche e patetiche di solipsismo. Il Sé si apre così ai propri amici, a quanti sono competenti nella medesima passione, a tutti coloro -infine- che nel vasto mondo possono entrare in contatto almeno una volta con le opere ed esserne felici”
    E’ molto indovinata l’espressione sopra trascritta e si può condividere,sarei meno enfatica sullo stato d’animo “essere felici”,mi accontento di essere placata nell’ansia che prende per l’ignoto dei minuti che passano e che potranno essere peggiori quelli che verranno

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