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Omnia vincit amor sed habent sua fata homines

George Nolfi
The Adjustment Bureau
(titolo italiano I guardiani del destino)
Con: Matt Damon (David Norris), Emily Blunt (Elise Sellas), Anthony Mackie (Harry), Terence Stamp (Thompson), John Slattery (Richardson)
USA, 2011
Trailer del film

David Norris è nato nei quartieri operai di New York, ha dovuto vivere lutti e abbandoni, cerca e ottiene riscatto nella politica. Sta per diventare, infatti, senatore. Una fotografia goliardica e inopportuna sembra però bloccarne la carriera. Il giorno della sconfitta incontra Elise e per la prima volta dalla morte dei suoi familiari non si sente solo. Ma David non doveva incontrare questa donna. Lo esclude il Piano che il Presidente e i suoi collaboratori hanno stabilito per lui e per tutti. Al fine di riportare gli eventi sul loro predeterminato cammino, interviene l’Adjustment Bureau, entità apparentemente umane che hanno il compito di impedire deviazioni dal Piano. David deve lasciare Elise ma non si rassegna a questo destino.

Tratto da un racconto di Philip K. Dick, il film ha un impianto molto tradizionale nel quale però coniuga una comune storia d’amore con lo scarto costituito da uno dei temi radicali della filosofia: il determinismo. Il più rigido dei guardiani dice a David che gli umani non possiedono libero arbitrio ma hanno l’impressione del libero arbitrio. Affermazione del tutto vera. Solo che -contrariamente a quanto sostiene il film- il determinismo che intride eventi e processi non è voluto da nessuna volontà, da nessuna entità divina, umana, diabolica. Non esiste alcun Presidente o Burattinaio. Il determinismo di ogni pensabile e possibile accadere è dato dal convergere del carattere di ognuno (il demone del quale parla Eraclito) e della serie imperscrutabile degli eventi che precedono qualunque gesto e decisione di ciascuno e di tutti. Non potevo non scrivere queste parole e tu non potevi non leggerle.

 

3 commenti

  • agbiuso

    Giugno 23, 2011

    @ Caro Salvatore, nessun timore per la filosofia. Essa è lo sguardo che giunge più lontano nell’imperscrutabile, ai suoi confini ultimi.

    @ Caro Diego, le sono davvero molto grato per quanto ha scritto. Suscitare un senso di vertigine è tra gli scopi stessi del filosofare; significa che attraverso le parole siamo penetrati nella struttura del mondo, siamo diventati una cosa sola con l’accadere.

  • diego b

    Giugno 23, 2011

    Non potevo non scrivere queste parole e tu non potevi non leggerle.

    questa frase mi dà una strana vertigine, sembra quasi che per un attimo, finalmente, siamo oltre le parole

    lei è un vero filosofo, prof. biuso

  • Salvatore Fricano

    Giugno 23, 2011

    Ah, ecco perchè ho letto il tuo commento al film 🙂

    Caro Alberto,
    possiamo pure illuderci di essere liberi, ma potrebbe essere vero? Gli eventi imprescrutabili non darebbero troppo spazio alla fine del filosofare?

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