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Un sogno d'amore, un sogno di morte

Piccolo Teatro Strehler – Milano
Rêve d’automne
(Sogno d’autunno)
di John Fosse
regia Patrice Chéreau
con Pascal Greggory, Valeria Bruni-Tedeschi, Bulle Ogier, Bernard Verley, Marie Bunel
scene Richard Peduzzi
traduzione dal norvegese in francese di Terje Sinding
dal 1 al 10 aprile 2011

Nel silenzio delle sale si aggirano leggendo i nomi sulle superfici. Superfici di che cosa? Sembra un museo questo luogo. Con muri alti color vermiglio, con dei dipinti di grandi proporzioni. Ma alle targhe e ai nomi corrisponde sulle pareti soltanto il vuoto. Siamo, infatti, in un cimitero. Arriva un uomo che si stende a terra, dorme. Una donna lo vede e sobbalza. Quell’uomo è stato il suo amante, da tanto si sono perduti. Lei lo sveglia, cominciano a parlare con la semplice banalità dei convenevoli, che a poco a poco si trasformano nel linguaggio più vero e più fremente: quello del desiderio.
Amore e morte, una delle più antiche e radicali endiadi della vita, della scrittura e del teatro, ridiventano ciò che sono, l’esistenza stessa delle entità desideranti e temporali che siamo. Lo ridiventano nella scrittura asciutta e silenziosa di John Fosse, nella regia spaziale, geometrica e disperata di Patrice Chéreau, nei corpi coperti e disvestiti dei due protagonisti, un isterico e femminile Pascal Greggory, una lussuriosa e maschile Valeria Bruni Tedeschi. La crudeltà oggettiva della scrittura diventa così una lama. Lama di luce ma lama che taglia.

[Una versione più ampia di questa recensione è apparsa sul numero 11 (maggio 2011) di Vita pensata]

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