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Mente & cervello 65 – Maggio 2010

La specie umana è caratterizzata da una neotenia non soltanto biologica. La capacità tipicamente infantile di stupirsi e chiedere il perché delle cose ha fatto nascere -come spiega Aristotele- la stessa filosofia e con essa l’insieme variegato e potente che chiamiamo cultura.

Di questa caratteristica approfittano anche i venditori e, in generale, coloro che K.Dutton definisce «supersuasori, quelli che ti convincono in ogni occasione» (pag. 26), imbonitori di tutti i generi, tra i quali primeggiano i capi di molti partiti politici. Una particolare forma di condizionamento è quella realizzata da numerose opere dedicate a gangster, mafiosi e gentaglia varia. Opere nelle quali quell’esibizionista da quattro soldi, quello spietato analfabeta, quel «perfetto parassita sociale» (M.Picozzi, 43) che è il mafioso viene descritto in toni epici, per quanto negativi. Neppure il Don Mariano Arena di Leonardo Sciascia si sottrae a questo modello, che riecheggia la definizione che Giuseppe Pitrè aveva proposto di tale figura. Anche le coincidenze che ci stupiscono sino a farci ipotizzare un qualche disegno dietro eventi distanti tra loro possono invece essere spiegate in modo assai più semplice, in quanto si tratta -come nel caso delle numerose analogie tra la morte di Lincoln e quella di Kennedy- di percezioni di anomalie rispetto alla prevedibilità semplice dei fatti: «laddove ci si aspetta una complessità superiore si nota che essa è inferiore. La forza di una coincidenza, dunque, si misura dallo scostamento tra la complessità di una situazione attesa e la complessità osservata» (J.L.Dessales, 83).

Uno stato interiore sempre più diffuso, la tristezza profonda che chiamiamo depressione, viene spiegato da P.W.Andrews e J.A.Thomson in una chiave assai diversa dal consueto, e cioè come «una forma di adattamento» con la quale «la mente diventa più analitica: una risposta utile per risolvere i problemi complessi che probabilmente hanno scatenato il disturbo» (45), un modo con il quale «la natura ci dice che abbiamo complessi problemi di natura sociale e che la mente è impegnata a risolverli» (49). Anche il fenomeno della lettura merita di essere analizzato al di là dell’ovvietà che è diventato per noi. Il cervello, infatti, non ha potuto evolversi per la lettura -attività recentissima- ma la lettura/cultura si articola in modo che il cervello la impari. Ad esempio, secondo Stanislas Dehaene intervistato da G.Cook, lettere come la Y sarebbero emerse dalla forma dei rami degli alberi; in ogni caso leggere -soprattutto imparare a farlo- è qualcosa di vicino a un miracolo, un’«impresa straordinaria che diamo per scontata, ossia il modo in cui riusciamo a “tradurre” in linguaggio i segni che compaiono su una pagina o su uno schermo» (62).

Ragione di stupore sono certamente i paradossi di ogni tipo che possiamo pensare o vivere. Davvero «la logica vero-falso va in frantumi quando viene applicata alla complessità della natura umana» (M.Erba, 98), tanto da poter parafrasare Aristotele affermando che «l’uomo è un animale paradossale» (92). Tra i paradossi più evidenti, grandi e costanti v’è certamente l’amore, «un sentimento in cui coesistono felicità e angoscia, piacere e dolore, sincerità e menzogna» (99). A questa esperienza è dedicato anche un libro di E.Muriana e T.Verbitz recensito da P.E.Cicerone, la quale esordisce con queste parole: «Non c’è innamoramento senza illusione, non c’è amore senza un po’ di delusione» (109).

Tra gli altri temi del numero di maggio 2010 di Mente & cervello segnalo la critica a una troppo rigida partizione dei due emisferi cerebrali (P.Verstichel, 79) e un’analisi del cinema pornografico realizzato da alcune registe per un pubblico anche femminile (D.Ovadia, 54 sgg).

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