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Mente & Cervello 57 – Settembre 2009

M&C_57

Sul sito del fondatore e capo della “Guardia nazionale italiana” si leggono le seguenti affermazioni, in parte citate a p. 29 di questo numero di Mente & Cervello: «Migliaia di prostitute straniere schedate e non espulse. Migliaia di zingari che commettono furti nella totale impunità. Milioni di clandestini che si aggirano impunemente nelle città. Migliaia di stranieri che spacciano, rubano, stuprano, uccidono. Un aumento dell’80% di scioperi e di occupazione di uffici pubblici e privati. Centinaia di assalti armati contro la proprietà privata commessi da stranieri. attentati contro la proprietà dello Stato. Gruppi di giovani SOVVERSIVI che agiscono al di fuori dei limiti parlamentari.
Deputati e Senatori della Repubblica che istigano allʼINSURREZIONE ARMATA CONTRO I POTERI DELLO STATO, un Ministro dell’Interno dichiaratamente secessionista. Un numero indescrivibile di riviste e programmi televisivi politici che invitano alla rivolta. Giullari e saltimbanchi che oltragiano e vilipendono i Ministri e il Governo.
L’uso della libertà minaccia da tutte le parti i POTERI e le AUTORITA’ COSTITUITE. L’uso della libertà che tende a fare di qualsiasi cittadino un giudice che ci impedisce di espletare liberamente le nostre sacrosante funzioni. Noi siamo a guardia della Legge che vogliamo IMMUTABILE SCOLPITA NEL TEMPO.
Il popolo è minorenne, la Nazione malata; ad altri aspetta il compito di curare e di educare. A NOI IL DOVERE DI REPRIMERE, LA REPRESSIONE E’ IL NOSTRO CREDO.
REPRESSIONE E CIVILTA’».

Le maiuscole (e gli errori) sono dell’autore di questa prosa, la quale chiarisce più di tante analisi quale sia l’autentico spirito delle ronde volute a tutti i costi dal quel ministro qui definito «dichiaratamente secessionista» e dal suo partito, la Lega Nord. Il criminologo Adolfo Ceretti ritiene che quanti banalizzano il fenomeno (la destra al governo) e quanti lo ritengono semplicemente delirante (l’opposizione) non colgano la gravità delle motivazioni che spingono dei soggetti all’adesione a quelle che possono essere definite delle vere e proprie milizie private, la cui pretesa di non violenza è contraddetta da divise, strumenti operativi, linguaggio. Ceretti e altri studiosi del fenomeno sostengono che «le persone che si inscrivono nelle fila delle ronde abitano cosmologie personali improntate al dominio e orientate alla violenza» (R.Salvadorini, 30).

Una forma diversa di violenza, più interiore ma pericolosa anch’essa, è l’invidia, sentimento analizzato in un denso articolo di M.Barberi, il quale osserva giustamente che «chi manifesta invidia riconosce implicitamente la superiorità dell’invidiato, e di conseguenza la propria inferiorità» (41). C’è da concludere che «alla malvagità, come al progresso tecnologico, sembra davvero che non ci siano limiti» (M.Mozzoni, 21). Come non ci sono limiti alla vanità e alla paura. È infatti anche l’intreccio tra questi due sentimenti a spingere molti maschi a non accettare lo scorrere del tempo e dell’età, nell’illusione che creme, interventi chirurgici, atteggiamenti adolescenziali salvino dal naturale percorso dei corpi nel tempo. Vari articoli e news affrontano il tema del «malessere che serpeggia tra i maschi una volta girata la boa dei 50» (P.E.Cicerone, 48). Problemi che sembrano assenti nei primati a noi più vicini, la cui intensa vita sociale e sessuale è descritta da Frans De Waal, uno dei massimi primatologi viventi: gli scimpanzé bonobo costituiscono infatti una «specie che si distingue per essere egualitaria e incentrata sulla femmina, e abituata a sostituire il sesso all’aggressione» (80).

Tra gli altri articoli segnalo: la difesa del Ritalin da parte dello psichiatra Leonardo Tondo, molto critico nei confronti dell’«insolita campagna mediatica contro questo farmaco, visto ideologicamente come una terapia repressiva contro la presunta naturale vivacità -in realtà iperattività afinalistica- dei bambini invece che una terapia che favorisce le loro risorse» (7); una breve ma interessante pagina di Alberto Oliverio sulla «complessità delle rappresentazioni cerebrali del linguaggio parlato e scritto» (17); una ricognizione degli effetti che la depressione e altri disturbi producono sulla percezione del tempo, per la quale manca in generale un plausibile modello neurologico: «quali sono i substrati neuronali della percezione del tempo e quali processi cerebrali sottendono la nostra esperienza del tempo? (…) Esiste nel cervello un sistema dedicato alla misurazione del tempo? Può darsi che la percezione del tempo si fondi sulle interazioni complesse di varie aree cerebrali che non sono dedicate specificamente alla misurazione del tempo» (M.Wittman, 77). Fatto probabile, quest’ultimo, in quanto la temporalità permea l’intero corpo, costituendone la dinamica ultima.

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