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Disintossicati

L’integrità del corpomente -la salute– e la disponibilità di tempo sono tutto ciò che abbiamo, costituiscono le risorse fondamentali della nostra vita. Ladri di tempo e rischio per la salute sono i Social Network che dominano le esistenze -vale a dire gli istanti che si susseguono agli istanti- di tutti noi.
Le ontologie informatiche «creano mondi e li popolano di enti. […] L’ontologia, da scienza descrittiva dell’essere in quanto essere, diventa un ambito informatico, disciplina sì teorica, ma eminentemente operazionale e creativa» (Francesco Striano, Fenomenologia del cyber-stupro. Note ontologico-filosofiche sulla violenza informaticamente mediata, in Lessico di etica pubblica IX/1, luglio 2018, p. 99). Gli abitanti di questi mondi ritengono di poter inserire nella Rete elementi della realtà ma si illudono poi che gli elementi virtuali non retroagiscano sul mondo materiale. Anche così si spiegano l’aggressività, gli eccessi, la schizofrenia identitaria che invadono la Rete, la cui virtualità è un riflesso intimo e fedele della realtà antropologica profonda, della quale Internet costituisce un disvelamento. Nelle piattaforme social più note -il cosiddetto ‘web di superficie’- e in quelle che si muovono nel dark web emergono con dirompente chiarezza l’aggressività, la volgarità, la stupidità che intridono la reale natura degli umani, al di là delle appartenenze di classe, di genere sessuale, di opzione politica, di epoca, di luoghi e di contesti.
I Social Network sono la lusinga verso il narciso che  è in tutti noi e che si crede il centro del mondo; sono il tramonto del dialogo critico, a favore invece della fuffa disseminata ovunque; sono una parodia della partecipazione; sono un efficace strumento di raccolta di informazioni al servizio delle polizie e delle aziende di tutto il mondo.
Particolarmente sgradevoli vanno poi diventando il lutto di massa, la facile solidarietà collettiva -o lo speculare oltraggio-, il lamento e l’indignazione a comando (dei media) che si scatenano nei casi di morte di personaggi famosi, di disgrazie naturali o tecnologiche, di fenomeni  politici o di cronaca amplificati dagli interessi di qualcuno mentre numerosi altri eventi rimangono taciuti. È davvero significativo il profluvio di messaggi che fanno a gara nell’esprimere sdegno, proteste e lacrime, compiacendosi in questo modo i loro autori per esser membri della parte buona dell’umanità.
Il pervasivo successo delle piattaforme digitali ha molte motivazioni. Tra queste vi è certamente anche il bisogno di comunicare, che diventa una sola cosa con il bisogno di essere gratificati, di ricevere rinforzi, di soddisfare desideri, di fare della vita un grande gioco: «Gli stati di flusso si basano sull’assorbimento della coscienza dell’individuo nella procedura, che provoca piacere chimico mediante scariche di dopamina, un neurotrasmettitore attivo nel cervello» (Ippolita, Tecnologie del dominio. Lessico minimo di autodifesa digitale, Meltemi 2017, p. 110).
Non ho mai avuto un account su Facebook e su Instagram; ho cancellato quello su WhatsApp; credo che dovrò spegnere l’account su Twitter. Il «pathos della distanza» va infatti diventando una necessità, una salvaguardia.
Disintossicati. Metti l’accento dove preferisci.

[Addenda, 20.8.2018
L’immagine che correda questa pagina è stata da me scelta tra le innumerevoli possibili e dopo aver scritto il testo, che infatti non vi fa riferimento. Come immaginavo, si tratta probabilmente di un troll.
Se anche questa notizia non è una menzogna -tutto è possibile- è la conferma della natura violenta e volgare dei Social Network. Conferma quindi di quanto ho cercato qui di sostenere.]

 

Algocrazia

Mercoledì 9 maggio 2018 alle 17,30 nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini di Catania parlerò di Tecnologie del vedere. Infosfera e social network.
L’incontro fa parte del Med Photo Fest 2018.
Pubblico il programma completo delle iniziative che si svolgeranno in Dipartimento e l’abstract del mio intervento.

 

Abstract

Nel XXI secolo individui e collettività si muovono dentro una infosfera che è diventata parte fondamentale dei luoghi e delle relazioni concettuali e politiche. La comunicazione va progressivamente perdendo il proprio corpo, con la conseguenza di generare interazioni sociali di forma radicalmente nuova. Sino a che punto le menti umane sono padrone di questo spazio inedito e complesso? Social network, strumenti informatici, cellulari, costituiscono il campo d’azione e lo strumento di un controllo pervasivo il cui fine è coincidere con il soggetto e con il suo tempo di vita. Monitor di tutte le dimensioni trasformano l’atto del guardare nelle tecnologie dell’essere visti, scrutati, profilati, controllati, venduti. Siamo diventati l’immagine dietro e dentro la quale non ci sono più corpi ma algoritmi. Qual è e quale può essere la funzione della fotografia all’interno di questa algocrazia?

 

Comunicazione

«Ignorano sempre più la lettura, che richiede un autentico giudizio a ogni riga; e che è l’unica attività che permette di accedere alla vasta esperienza umana prespettacolare. Perché la conversazione è quasi morta, e presto lo saranno molti di quelli che sapevano parlare»
(Guy Debord, Commentari alla Società dello Spettacolo, Baldini & Castoldi 2002, § X, p. 207)

Venerdì 17 novembre 2017 alle 18,00 nel Palazzo S. Anna, sede del Liceo Convitto di Modica, terrò una conferenza dal titolo La solitudine di Internet. Facebook, WhatsApp e la comunicazione immaginaria.
È il primo incontro di un ciclo dedicato al tema della comunicazione.

Abstract
Siamo sempre connessi e siamo sempre soli, con in mano il nostro dispositivo di comunicazione universale. Come si spiega questa contraddizione? Essa è una delle tante che intridono le relazioni tra esseri umani nel XXI secolo ed è una delle più pervasive, toccando persone di ogni età, cultura, condizione economica.
Anche in questo caso la riflessione filosofica può aiutarci ad andare oltre le apparenze, al di là di giudizi moralistici o di prospettive soltanto tecnologiche, per cogliere nel trionfo contemporaneo dei Social Network l’ennesima conferma del nostro essere Ζῷον λογιστικόν e πολιτικόν, animali che parlano e vivono insieme, che vivono insieme perché comunicano.

Intervista sulla tecnica

Il sito SoloTablet mi ha chiesto un’intervista sulle tecnologie della Rete, sui Social Network e, in generale, sulla tecnica. È stata pubblicata lo scorso 21 marzo con il titolo Il Grande Fratello non ci guarda, siamo noi che lo guardiamo e tuttavia ne veniamo dominati.

«Il Mi piace di Facebook è la carota che si accompagna al bastone dell’insignificanza della quale si viene minacciati se non ci si sottopone a tali riti, è l’inesistenza stessa, che dal piano di un’ontologia materica è passata a quello di un’ontologia digitale che sta a fondamento di un “impero virtuale”. Ciò che sta succedendo sembra confermare le intuizioni heideggeriane sulla natura non neutrale della tecnica, sul suo costituire l’espressione di una struttura ontologica che si incarna certamente in opere e manufatti ma non è a essi riducibile; vengono confermate le tesi sul pericolo che la tecnica rappresenta quando il suo sviluppo è lasciato a se stesso o, per meglio dire, agli interessi politici che lo muovono».

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