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Virus e politica

«Torture numbers, and they will confess to anything»
(Gregg Easterbrook: ««Our Warming World», New Republic, 11.11.1999, vol. 221, p. 42)

Propongo una selezione di alcuni miei recenti interventi su twitter

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Detesto gli anacronismi storici ma devo arrendermi all’evidenza: è in atto nel mondo un’ondata di #neonazismo politico-sanitario.

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Un gravissimo invito alla #delazione. Il #virus come strumento della dissoluzione del corpo sociale.

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I #bambini vogliono vivere, i ragazzi vogliono vivere, la #scuola vuole vivere. E invece i maghi sedicenti #virologi e i politici che ai maghi si sono affidati cercano ogni giorno di soffocare con un cuscino bambini, ragazzi, scuola. La marca del cuscino è  #Dad.

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Nessuna pietà verso i #bambini, i #ragazzi, i più fragili tra i #giovani. Nessuna pietà: #isolamento, #autolesionismo, #anoressia, #bulimia, #suicidi. Nessuna pietà. In nome del #Covid19, in nome del #lockdown miracoloso, superstizioso.


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6 ore al giorno dietro un monitor a casa propria, a non imparare nulla e ad alienarsi, non è per #Toti e per gli altri un «grosso disagio». Il disagio, in effetti, è l’esistenza di questi personaggi. 

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«Non comporta grossi disagi trattandosi di ragazzi più grandi». Questa frase è una degna epigrafe della totale ignoranza #didattica e della cialtroneria esistenziale che guida #Toti come gli altri criminali -della #Lega, #ForzaItalia, #PD– che amministrano la cosa pubblica.

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Almeno sono #ragazzi vivi, nello spazio, nella #festa. Non chiusi nel torpore di un #televisore, di uno schermo, del vuoto #virtuale. Accanto a mammina e a papà. Sono ribelli. Li apprezzo.

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Davvero inquietante.
Gli #ospedali non vengono rafforzati.
I #vaccini sono un disastro.
Nessuna #cura contro il #Covid19.
L’ineffabile #Speranza e l’intero #GovernoDraghi brancolano nel buio.
La «soluzione» è sempre la stessa: la #repressione, la guerra contro i #cittadini che vogliono solo #vivere.

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«Messa la #salute al primo posto». Che concetto miserabile, infimo, riduzionistico, hanno costoro della salute. Salute è relazioni, #lavoro, #affetti, sole, aria, luce. Salute è la #vita. Quella del #GovernoDraghi è la salute degli #zombie.

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Pensare che la ricerca scientifica -e in particolare quella farmacologica- sia autonoma dal potere politico ed economico significa vivere a Disneyland o fare finta di viverci (oltre che, ovviamente, ignorare Kuhn, Feyerabend e l’intera #epistemologia).

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Il rifiuto della discussione su tematiche che riguardano la #vita, le #libertà, il #corpo collettivo, è segno della pulsione autoritaria di #Zaia e di troppi politici e amministratori. Questo oggi è il #fascismo, una #DittaturaSanitaria rozza, magica, televisiva, isterica.

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Naturalmente non è cambiato nulla: #GovernoConte o #GovernoDraghi a imperversare sono sempre gli stregoni cromatici che si riuniscono intorno a #Speranza, il cui obiettivo è continuare a ballare -sino a che sarà possibile- la danza macabra del #Covid19.

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E però ciò che conta è la «#salute». Miserabili cinici dal reddito garantito definiscono tutto questo «business». Che cos’è la salute per #Speranza, per i suoi presunti #virologi, per il #CTS? Soltanto #virus? Un riduzionismo degno del più rozzo positivismo.

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«#Variante», una parola magica, terribile e insieme confortante. In modo che la potenza del corpo collettivo venga prostrata ancora e ancora dal terrore. Il gioco si fa sempre più scoperto, l’utilizzo politico del #Covid19 deve proseguire.

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«#Lockdown per ripartire…» è una delle più limpide formule che siano state trovate dalla #neolingua dei sudditi orwelliani. Da un anno non funziona, da un anno viene ripetuta dall’#informazione come fosse risolutiva. Anche questo è la #DittaturaSanitaria.

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È una sindrome ormai nota: si chiama “#stupidità e isteria indotta da #Sars2”. Sta anche nei manuali di #psichiatria politica.

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#BastaCoprifuoco
perché da emergenza è diventato struttura (come era prevedibile e previsto). 

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Basta con questa misura profondamente antidemocratica, inutile, vessatoria, sciocca. #BastaCoprifuoco 

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Marcosebastiano Patanè@mspatane · 19 apr
Chiudere ora per salvare il natale.
Chiudere a natale per aprire a gennaio.
Chiudere ora per salvare la Pasqua.
Chiudere a Pasqua per riaprire ad aprile.
Chiudere ad aprile per salvare l’estate.

[Mio commento]
E poi:
Chiudere l’#estate per salvare l’inizio dell’anno scolastico.
Chiudere le #scuole per salvare il natale.
E si ricomincia…
L’eterno ritorno dell’#irrazionalità, dell’#isterismo, della #follia, della cupezza.
L’eterno ritorno del vuoto.

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Sempre più sincere ed esplicite le venature nazistoidi: «Qui non entrano i non vaccinati [i meridionali, i negri, gli ebrei]»

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Di fronte all’orrore della vita collettiva che si spegne, si può sperare in questo: in una ribellione selvaggia, chiunque la pratichi.

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Non ne usciremo più non per il #virus biologico ma per il virus politico.

Democratici?

Tra i tanti commenti dedicati ai risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, tenutesi lo scorso 26 maggio, ne ho letto uno che mi è parso emblematico. Questo:

 

(Fonte: Twitter)

Il testo è stato scritto da un soggetto che su twitter ha come avatar una foto di Enrico Berlinguer e che in altri interventi accusa l’attuale governo italiano di ‘assassinare la democrazia’. E poi scrive questa frase contro il suffragio universale.
Non si tratta di un caso di confusione ideologica da parte di una singola persona. Affermazioni come queste esprimono con efficacia il fondamento antidemocratico del politicamente corretto e, in generale, di chi oggi si crede di sinistra ma vive in sé impulsi decisamente autoritari. Avevo già letto molte affermazioni di questo tenore -formulate anche da persone che conosco- dopo la vittoria dei sostenitori della Brexit nel Regno Unito. Si tratta, lo sappiano o meno, di posizioni vicine a quelle sostenute dal lussemburghese Jean-Claude Juncker -Presidente della Commissione Europea- quando con esemplare chiarezza afferma che «il ne peut pas y avoir de choix démocratique contre les traités européens», ‘non può esserci scelta democratica contro i trattati europei’ (Fonte: Europe : une élection contre la démocratie, di Adlene Mohammedi, «Philitt», 26 maggio 2019).
Negli anni Dieci del XXI secolo semplici cittadini e potenti burocrati europeisti invocano dunque la fine o la neutralizzazione di una conquista di civiltà politica come il diritto di voto garantito a tutti i cittadini. E questo perché i risultati del voto non sono a loro graditi. Sta qui uno dei nuclei di ogni politica autoritaria, classista, tecnocratica. Elementi, questi, che pervadono in modo ormai patologico i sostenitori di una ‘sinistra’ che apprezza la democrazia soltanto quando le elezioni vengono vinte dai suoi esponenti e la rifiuta quando a prevalere sono altri.
Potrei tuttavia essere in fondo d’accordo con l’autore di quel tweet. Con qualche integrazione però: «Vuoi votare? Sostieni un esame nel quale dimostri di aver letto e compreso la Repubblica di Platone, Il Principe di Machiavelli, Il Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, Dialettica dell’illuminismo di Horkheimer e Adorno. Soltanto sulla base (almeno) di questi testi puoi infatti davvero intendere la politica». Siamo d’accordo, amici democratici che disprezzate il suffragio universale allorché i vostri ‘valori’ non prevalgono?

Disintossicati

L’integrità del corpomente -la salute– e la disponibilità di tempo sono tutto ciò che abbiamo, costituiscono le risorse fondamentali della nostra vita. Ladri di tempo e rischio per la salute sono i Social Network che dominano le esistenze -vale a dire gli istanti che si susseguono agli istanti- di tutti noi.
Le ontologie informatiche «creano mondi e li popolano di enti. […] L’ontologia, da scienza descrittiva dell’essere in quanto essere, diventa un ambito informatico, disciplina sì teorica, ma eminentemente operazionale e creativa» (Francesco Striano, Fenomenologia del cyber-stupro. Note ontologico-filosofiche sulla violenza informaticamente mediata, in Lessico di etica pubblica IX/1, luglio 2018, p. 99). Gli abitanti di questi mondi ritengono di poter inserire nella Rete elementi della realtà ma si illudono poi che gli elementi virtuali non retroagiscano sul mondo materiale. Anche così si spiegano l’aggressività, gli eccessi, la schizofrenia identitaria che invadono la Rete, la cui virtualità è un riflesso intimo e fedele della realtà antropologica profonda, della quale Internet costituisce un disvelamento. Nelle piattaforme social più note -il cosiddetto ‘web di superficie’- e in quelle che si muovono nel dark web emergono con dirompente chiarezza l’aggressività, la volgarità, la stupidità che intridono la reale natura degli umani, al di là delle appartenenze di classe, di genere sessuale, di opzione politica, di epoca, di luoghi e di contesti.
I Social Network sono la lusinga verso il narciso che  è in tutti noi e che si crede il centro del mondo; sono il tramonto del dialogo critico, a favore invece della fuffa disseminata ovunque; sono una parodia della partecipazione; sono un efficace strumento di raccolta di informazioni al servizio delle polizie e delle aziende di tutto il mondo.
Particolarmente sgradevoli vanno poi diventando il lutto di massa, la facile solidarietà collettiva -o lo speculare oltraggio-, il lamento e l’indignazione a comando (dei media) che si scatenano nei casi di morte di personaggi famosi, di disgrazie naturali o tecnologiche, di fenomeni  politici o di cronaca amplificati dagli interessi di qualcuno mentre numerosi altri eventi rimangono taciuti. È davvero significativo il profluvio di messaggi che fanno a gara nell’esprimere sdegno, proteste e lacrime, compiacendosi in questo modo i loro autori per esser membri della parte buona dell’umanità.
Il pervasivo successo delle piattaforme digitali ha molte motivazioni. Tra queste vi è certamente anche il bisogno di comunicare, che diventa una sola cosa con il bisogno di essere gratificati, di ricevere rinforzi, di soddisfare desideri, di fare della vita un grande gioco: «Gli stati di flusso si basano sull’assorbimento della coscienza dell’individuo nella procedura, che provoca piacere chimico mediante scariche di dopamina, un neurotrasmettitore attivo nel cervello» (Ippolita, Tecnologie del dominio. Lessico minimo di autodifesa digitale, Meltemi 2017, p. 110).
Non ho mai avuto un account su Facebook e su Instagram; ho cancellato quello su WhatsApp; credo che dovrò spegnere l’account su Twitter. Il «pathos della distanza» va infatti diventando una necessità, una salvaguardia.
Disintossicati. Metti l’accento dove preferisci.

[Addenda, 20.8.2018
L’immagine che correda questa pagina è stata da me scelta tra le innumerevoli possibili e dopo aver scritto il testo, che infatti non vi fa riferimento. Come immaginavo, si tratta probabilmente di un troll.
Se anche questa notizia non è una menzogna -tutto è possibile- è la conferma della natura violenta e volgare dei Social Network. Conferma quindi di quanto ho cercato qui di sostenere.]

 

Comunicazione

«Ignorano sempre più la lettura, che richiede un autentico giudizio a ogni riga; e che è l’unica attività che permette di accedere alla vasta esperienza umana prespettacolare. Perché la conversazione è quasi morta, e presto lo saranno molti di quelli che sapevano parlare»
(Guy Debord, Commentari alla Società dello Spettacolo, Baldini & Castoldi 2002, § X, p. 207)

Venerdì 17 novembre 2017 alle 18,00 nel Palazzo S. Anna, sede del Liceo Convitto di Modica, terrò una conferenza dal titolo La solitudine di Internet. Facebook, WhatsApp e la comunicazione immaginaria.
È il primo incontro di un ciclo dedicato al tema della comunicazione.

Abstract
Siamo sempre connessi e siamo sempre soli, con in mano il nostro dispositivo di comunicazione universale. Come si spiega questa contraddizione? Essa è una delle tante che intridono le relazioni tra esseri umani nel XXI secolo ed è una delle più pervasive, toccando persone di ogni età, cultura, condizione economica.
Anche in questo caso la riflessione filosofica può aiutarci ad andare oltre le apparenze, al di là di giudizi moralistici o di prospettive soltanto tecnologiche, per cogliere nel trionfo contemporaneo dei Social Network l’ennesima conferma del nostro essere Ζῷον λογιστικόν e πολιτικόν, animali che parlano e vivono insieme, che vivono insieme perché comunicano.

Intervista sulla tecnica

Il sito SoloTablet mi ha chiesto un’intervista sulle tecnologie della Rete, sui Social Network e, in generale, sulla tecnica. È stata pubblicata lo scorso 21 marzo con il titolo Il Grande Fratello non ci guarda, siamo noi che lo guardiamo e tuttavia ne veniamo dominati.

«Il Mi piace di Facebook è la carota che si accompagna al bastone dell’insignificanza della quale si viene minacciati se non ci si sottopone a tali riti, è l’inesistenza stessa, che dal piano di un’ontologia materica è passata a quello di un’ontologia digitale che sta a fondamento di un “impero virtuale”. Ciò che sta succedendo sembra confermare le intuizioni heideggeriane sulla natura non neutrale della tecnica, sul suo costituire l’espressione di una struttura ontologica che si incarna certamente in opere e manufatti ma non è a essi riducibile; vengono confermate le tesi sul pericolo che la tecnica rappresenta quando il suo sviluppo è lasciato a se stesso o, per meglio dire, agli interessi politici che lo muovono».

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