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Violoncello

8 settembre 2020 –  Teatro Dal Verme – Milano
MiTo Settembre Musica 2020
Un violoncello | 1

Programma

Johann Sebastian Bach
Suite per violoncello solo n. 3 in do maggiore BWV 1009

Domenico Galli
Sonata II
dal Trattenimento musicale sopra il violoncello

Ernest Bloch
Suite n. 3 per violoncello solo

Carl Friedrich Abel
Estratto dal Manoscritto Drexel 5871

Giovanni Sollima
Song da “Acqua profonda”
Prima esecuzione assoluta

Igor Stravinskij
Tre pezzi per clarinetto eseguiti sul violoncello

Giuseppe Dall’Abaco
Estratti da 11 Capricci per violoncello

Giovanni Sollima, violoncello

Da solo. Ma con l’intera storia del violoncello e con una tensione continua a innovare, ad andare oltre i limiti di uno strumento solista per farne una molteplice invenzione. Il violoncello uscito nel 1679 dalla bottega di Francesco Ruggeri aiuta Sollima con il suo suono caldo e profondo, come di voce anche umana.
Il programma ha toccato momenti diversi, da Bach -il vero fondatore della musica per violoncello– a una composizione dello stesso Sollima, passando per il barocco, il tardo barocco, il Novecento. Non però in ordine cronologico ma con la chiara intenzione di esprimere la continuità dei suoni nel tempo, tanto che le differenze di stile e di timbro sono passate in secondo piano rispetto alla forza di un ritmo che sembra venire dalla cupa potenza della terra. Sollima aggiunge all’archetto una varietà di appendici, meccaniche ed elettroniche, che testimoniano di un autentico divertimento nell’esecuzione.

Propongo di vedere, e non soltanto ascoltare, il modo in cui Sollima ha reinventato per violoncello una canzone di Purcell: Strike the Viol:

Qui Sollima è un po’ sauvage, un po’ tzigano, veramente libero.

 

We assemble

Esistono dei musicisti la cui opera è infinita. Anche nel senso che viene interpretata, ripresa, ricreata, eseguita nei modi più diversi e anche impensati.
Tra questi Bach, che è il più grande, che è la musica. E Purcell. King Arthur (1691; libretto di John Dryden) è uno dei suoi capolavori.
La terza scena fa emergere dalla terra un Cold Genius, il gelo delle relazioni, delle emozioni, dei corpi, della vita. Cupido lo invita a tornare alla primavera degli incontri, del calore, della luce.
La potenza ctonia resiste all’invito:
«What power art thou, who from below
Hast made me rise unwillingly and slow
From beds of everlasting snow?
See’st thou not how stiff and wondrous old,
Far unfit to bear the bitter cold,
I can scarcely move or draw my breath?
Let me, let me freeze again to death»

sino a che la forza di Eros trionfa, sino a che il Genius rivolge a Cupido queste parole:
«Great Love, I know thee now:
Eldest of the gods art thou.
Heav’n and earth by thee were made.
Human nature is thy creature,
Ev’rywhere thou art obey’d».

Anche il coro si libera dalla paura e dal gelo:
«See, see, we assemble
Thy revels to hold:
Tho’ quiv’ring with cold
We chatter and tremble».

Di questo dialogo fa parte un meraviglioso ostinato –appunto See, see, we assemble–, nel quale il ritmo barocco sembra restituire il timore e tremore che sempre l’incontro con l’altro comporta, che sempre la vita è nella sua perenne ibridazione, nella sua impossibile immunitas, nel suo dissolversi e trasformarsi dopo essere stati qualcosa.

Propongo l’ascolto del Cold Song in una varietà di interpretazioni, davvero diverse tra di loro, tutte fruibili su YouTube:

–Una versione classica e assai bella (The English Concert, direttore Trevor Pinnock)

-L’intera Frost Scene (16 minuti) in una interpretazione divertente e piacevole della Henry Purcell Society of Boston

-Un’esecuzione solistica e in tedesco di Nanette Scriba

-La splendida e struggente scena della morte di Molière nel film di Ariane Mnouchkine

-La versione rock-jazz di Fabrice Di Falco

-Quella pop-kitsch di Arielle Dombasle

-E quella immobile e intima di Klaus Nomi

-Il Memorial di Michael Nyman, che di Purcell è intessuto.

Barocco / Jazz

Strike the Viol
Henry Purcell (1694)
in «Music for a while. Improvisations on Purcell»  (2014)
Esecuzione dell’ensemble L’Arpeggiata diretto da Christina Pluhar
Raquel Andueza, soprano
Gianluigi Trovesi, clarinetto

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2018/04/Purcell_Strike-the-viol_Pluhar.mp3]

«Music for a while / shall all your cares beguile» affermano alcuni versi musicati da Henry Purcell. E davvero la musica è una delle massime consolazioni e gioie della vita umana. L’arte di Purcell ha ispirato diverse modalità d’esecuzione e molteplici forme espressive. Tra le più intriganti interpretazioni ci sono quelle dell’ensemble L’Arpeggiata fondato e diretto dalla musicista austriaca Christina Pluhar. Un meraviglioso esempio è l’album dal quale traggo il brano dal titolo Strike the Viol, scritto da Nahum Tate e musicato da Purcell nel 1694 (numero z323/5).
Il testo è un invito a gustare l’armonia e sorriderne:
«Strike the Viol, touch the Lute;
Wake the Harp, inspire the Flute:
Sing your Patronesse’s Praise,
Sing, in cheerful and harmonious Lays».
L’interpretazione contamina barocco e jazz, dando ritmo e improvvisazione a uno sguardo limpido sul mondo.

Christina Pluhar racconta in questo testo la perennità della musica di Purcell:
Henry Purcell in the Twentieth & Twenty-first Centuries
Just how modern Purcell’s harmonic language is, and how timeless his use of ground bass, is no secret. Today’s pop, rock and jazz musicians and film-makers have found constant inspiration in his musical inventions.
Pete Townshend of The Who declared in 2009 that Purcell was a strong influence on the band’s music of the sixties and seventies – echoes of Purcell’s harmonic language feature notably in ‘I Can See for Miles’, ‘Pinball Wizard’, and ‘Won’t Get Fooled Again’.
’What power art thou’, the song of the Cold Genius in King Arthur, became one of the show pieces of the cult New Wave singer Klaus Nomi, who recorded it as ‘Cold Song’ in 1981. Purcell originally wrote the piece for a bass, but since Nomi’s interpretation a number of counter tenors have taken it into their repertoire. In 2009 the English singer-songwriter Sting included ‘Cold Song’ in his album If on a Winter’s Night; in 2013 the actress and singer Arielle Dombasle added a beat to it and performed it on video naked in a coffin.
Purcell has often made appearances in film scores. The composer Wendy Carlos adapted the march from the Music for the Funeral of Queen Mary for synthesiser in Stanley Kubrick’s A Clock work Orange (1971). Oliver Hirschbiegel’s Downfall (2004) uses Dido’s lament ‘When I am laid in earth’. The soundtrack of Joe Wright’s Pride and Prejudice (2005) includes a piece entitled ‘A Postcard to Henry Purcell’ in which Dario Maria nelli makes use of Purcell’s Rondeau from Abdelazar. Benjamin Britten’s variations on the same theme in his Young Person’s Guide tothe Orchestra feature in Wes Craven’s Moonrise Kingdom (2012).
In 2003 we invited the great Italian jazz clarinet tist Gianluigi Trovesi to appear on our album All’Improvviso and improvise on Baroque bassi ostinati from seventeenth-century Italy. At that time we deliberately refrained from altering the original harmonies of these ostinato basses (or ‘grounds’ as they were known in England). It was only the melodic idiom of the jazz clarinettist, with his subtle timing, that differed from ‘our’ seventeenth-century musical language.
On Music for a while, however, we wished to underline the extraordinary modernity of Purcell’s music by constantly moving between the centuries in the harmonies and styles of the improvisations. This change of musical style is often accomplished within a single bar of a piece by means of subtle rhythmic and harmonic modifications to the ground. The bass lines and melodies composed by Purcell remain intact, but the improvisatory style of the instruments suddenly switches centuries. Our listeners find themselves in a timeless music room.
I am especially glad that the wonderful Gianluigi Trovesi has again enriched this new project with his superb artistry, ten years after All’Improvviso. I am also delighted that I was able to persuade my old school friend, the extraordinary jazz guitarist Wolfgang Muthspiel from Graz, to join our Purcell project.

«Remember me, but ah! forget my fate»

MI-TO Settembre Musica 2014
Basilica di Santa Maria delle Grazie – Milano – 8 settembre 2014
Henry Purcell
Dido and Aeneas
Opera in tre atti su libretto di Nahum Tate (1689) dal quarto libro dell’Eneide di Virgilio
Accademia degli Astrusi
Ars Cantica Choir
Federico Ferri, direttore
Marco Berrini, direttore del coro
Anna Caterina Antonacci (Didone, prima strega, marinaio), mezzosoprano
Yetzabel Arias Fernández (Belinda, seconda strega, spirito), soprano
Laura Polverelli (Enea, seconda donna, maga), mezzosoprano 

Avevo già scritto qualche parola su quest’opera di Purcell, sulla malinconia del barocco. Il dolore d’amore è così costantemente cantato non soltanto per la sua intensità e universalità ma anche perché rappresenta una metafora della finitudine di tutte le cose.
In questa esecuzione le tre cantanti si sono alternate in vari ruoli con efficacia, il coro è risultato di grande qualità, l’orchestra al servizio della potenza e delicatezza della musica di Purcell. Il lamento finale di Didone è stato interpretato in maniera esatta e struggente da Anna Caterina Antonacci, che è possibile ascoltare in un video registrato nel Teatro Comunale di Bologna.
«Thy hand, Belinda, darkness shades me / On thy bosom let me rest / More I would, but Death invades me / Death is now a welcome guest. // When I am laid, am laid in earth, May my wrongs create / No trouble, no trouble in thy breast / Remember me, remember me, but ah! forget my fate. / Remember me, but ah! forget my fate»

Il barocco di Britten

MI-TO Settembre Musica 2013
Conservatorio G. Verdi – Milano – 12 settembre 2013
Britten / Benjamin
Philarmonica 900 del Teatro Regio
Direttore Gergely Madaras
Musiche di Benjamin Britten e George Benjamin

Ancora la coppia Britten / Benjamin a MiTo 2013. Stavolta però l’orchestra è la Philarmonica 900 e il direttore l’ungherese Madaras. Orchestra, direttore e soprano (Claire Booth) che sembravano divertirsi molto.
Di Benjamin sono state eseguite A Mind of Winter (1981) -da un testo poetico di Wallace Stevens- e Dance Figures (2004), nove movimenti tra i quali il più coinvolgente è quello dedicato alle percussioni (Hammers, appunto) con la sua energia ciclica e tribale.
Di Britten le Variazioni su un tema di Frank Bridge (1937) costituiscono un tipico esempio della musica inglese di inizi Novecento, al limine tra rinnovamento e ancoraggio alla tradizione. Una fusione che riesce perfettamente nella celebre The Young Person’s Guide to the Orchestra (1946), una serie di variazioni su un tema dell’Abdelazar di Purcell. Britten mostra qui sia la sua capacità didattica nel porre in evidenza i diversi gruppi di strumenti sia la capacità artistica nel creare una meravigliosa suite. Il Theme iniziale costituisce la convergenza di tutta l’orchestra in un barocco indistinguibile dalla contemporaneità. Propongo l’ascolto di questo tema nell’esecuzione della Philharmonia Orchestra diretta da Djong Victorin Yu.

 

 

[audio:Britten_Theme.mp3].

 

 

 

 

La malinconia del barocco

Una tristezza lieve afferra a volte la vita. Non disperazione, no. Né consapevole affrontamento dell’assurdo. Un’amarezza, piuttosto, fatta di giustizia negata ai nostri desideri, di nostalgia per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, di una lenta dissoluzione nel crepuscolo.
L’Overture di Dido & Aeneas di Purcell mi sembra che ben esprima e comunichi un tale sentimento dell’esistere. La regina abbandonata provò certamente un rimpianto senza luce prima di decidere che il suo corpo, «una volta per lui adorno / di dolci fiori colti all’imbrunire», venisse restituito alle tenebre dalle quali era sorto.

Dido & Aeneas
Overture (1689)
di Henry Purcell
The Mermaid Orchestra (1952)

[audio:Purcell_Dido.mp3]

Molière, Purcell, la morte

What power art thou
di Henry Purcell
da King Arthur, Atto III, scena II (1691)
Deller Consort
Maurice Beavan – Baritono
Alfred Deller – Direttore

Per la scena conclusiva del suo Molière (1978) Ariane Mnouchkine scelse un brano dal King Arthur di Henry Purcell. Si tratta di un “ostinato” che nel ritmo dolente e tenace della voce esprime tutta l’ineluttabilità del morire.
Invito a guardare e ascoltare con attenzione questa bellissima scena, nella quale l’attore/drammaturgo -colto da malore mentre sta recitando- viene portato a braccio dai suoi attori e amici lungo le scale. Durante l’agonia Molière ricorda i giochi tra la neve o il continuo viaggiare della sua Compagnia. L’amata che lo segue -ultimo personaggio ad apparire- non potrà più raggiungerlo. Troppo tardi l’amore si svela a volte ai mortali.
Ma la più importante delle memorie è l’abbraccio con la madre da bambino. Sì, gli umani morendo invocano quasi sempre la madre. Perché è la madre che li ha consegnati alla morte mettendoli al mondo.

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