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Giacomo Manzoni

10 settembre 2022 –  Centro Studi – Catania
Manzoni90

A 90 anni Giacomo Manzoni è non soltanto un compositore di prima grandezza ma anche un lucidissimo e ottimo affabulatore. La città di Catania lo ha ospitato e onorato al Centro Studi giorno 10 settembre durante un evento organizzato anche dall’Associazione Studenti di Filosofia Unict.
Il Prof. Alessandro Mastropietro ha dialogato in modo serrato ma sempre chiaro con il Maestro, spaziando dall’estetica di Adorno agli elementi più significativi della tecnica dodecafonica, dalla Neue Musik del Novecento agli sviluppi più recenti della ricerca musicale (è una fortuna che al Disum di Unict ci siano anche studiosi di questo livello).
Davide Sciacca ha parlato di alcune composizioni di Manzoni, in particolare di quelle per chitarra, strumento principe di Sciacca.
Il docufilm realizzato da Francesco Leprino è una lezione sull’estetica – non soltanto musicale – del Novecento, capace di rendere coinvolgente e persino emozionante le interviste con Manzoni, con alcuni dei suoi allievi – Guarnieri, Vacchi, Verrando – e con il pianista Maurizio Pollini.
La sala del Centro Studi era piena ed è stato davvero un bel momento per la cultura a Catania.

Suggerisco qui tre ascolti:

-su Spotify un brano per chitarra; si intitola Echi (1981) ed è eseguito da Vincenzo Saldarelli;

-su YouTube Musica notturna (1966), composizione per cinque fiati, pianoforte e percussione eseguito dall’Echo Ensemble diretto da Emilio Pomarico (durata 9 minuti);

-in mp3 un brano di Fabio Vacchi, uno dei migliori allievi di Manzoni. Ascoltai qualche anno fa dal vivo a Milano il suo Dai calanchi di Sabbiuno (1995)

 

eseguito dall’Ensemble «Nuovo Contrappunto & Mario Ancillotti». Il brano è così descritto dal suo autore: «Una sorta di marcia funebre stravolta e appena accennata. Il gesto sale verso l’acuto, come se dalle viscere della terra ci provenisse un monito a non dimenticare».

Sentieri interrotti

Jan Garbarek – Pierre De la Rue
«O salutaris Hostia»
Da Officium (1994)
con lo Hilliard Ensemble

«Holz lautet ein alter Name für Wald. Im Holz sind Wege, die meist verwachsen jäh im Unbegangenen aufhören.
Sie heißen Holzwege.
Jeder verläuft gesondert, aber im selben Wald. Oft scheint es, als gleiche einer dem anderen. Doch es scheint nur so.
Holzmacher und Waldhüter kennen die Wege. Sie wissen, was es heißt, auf einem Holzweg zu sein»
[Martin Heidegger, Holzwege, «Gesamtausgabe», vol. 5, a cura di Friedrich-Wilhelm von Herrmann, Klostermann 1977 (1950), p. 3]

«Holz è un’antica parola per dire bosco. Nel bosco [Holz] ci sono sentieri [Wege] che, sovente ricoperti di erbe, si interrompono improvvisamente nel fitto.
Si chiamano Holzwege.
Ognuno di essi procede per suo conto, ma nel medesimo bosco. L’uno sembra sovente l’altro: ma sembra soltanto.
Legnaioli e guardaboschi li conoscono bene. Essi sanno che cosa significa ‘trovarsi su un sentiero che, interrompendosi, svia’ [auf einem Holzweg zu sein]».
[Sentieri interrotti, trad. di Pietro Chiodi, La Nuova Italia 1968, p. 1]

Silenzi / Percussioni

Karlheinz Stockhausen
Klavierstück IX, nr. 4
Pianoforte Pierre-Laurent Aimard
hr-Sinfonieorchester – Frankfurt Radio Symphony

«Everything we do is music»
(John Cage)

Il silenzio è un elemento strutturale della musica, da sempre. In alcuni musicisti contemporanei esso emerge in modo particolarmente evidente. Il caso estremo è 4’33’’ di John Cage, basato forse anche sul fatto che 4.33 minuti assommano a 273 secondi, che è la temperatura dello zero assoluto (-273 gradi centigradi), della totale immobilità.
Al di là del magnifico Cage, i silenzi sono parte essenziale anche delle composizioni di Stockhausen. Lo si percepisce bene in Klavierstück IX, nr. 4, qui eseguito da Pierre-Laurent Aimard.

Versione mp3 (pianista Sabine Liebner)

Versione su Spotify (pianista Sabine Liebner)

Versione video:

Lucio

Gli uomini celesti
(Mogol/Battisti – Anima latina, 1974)

Vorrei festeggiare la disponibilità, finalmente, delle canzoni di Lucio Battisti sulle piattaforme digitali. Per ora limitata ai canti composti con Mogol ma spero che in tempi brevi si possa estendere a quelli creati con Panella. Battisti è infatti, insieme a Giacomo Puccini, il più grande musicista italiano del XX secolo, capace -come appunto Puccini- di essere insieme molto popolare e di innovare senza posa il tessuto musicale delle sue opere. Si ascolti, come preclaro esempio di questa capacità, l’intero album Anima latina, un autentico capolavoro nel suo sincretismo di musica europea, ritmi popolari sudamericani, jazz, elettronica. Da questo album propongo Gli uomini celesti.

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2019/11/Battisti_Gli_uomini_celesti.mp3]

Gli uomini celesti (file audio)

La scelta de Gli uomini celesti è stata dettata da cinque principali ragioni: 1. anche perché criptico, il testo fa da tramite con quelli successivamente composti insieme a Pasquale Panella; 2. qui e in altri brani la voce di Battisti sembra sovrastata dai suoni, un effetto voluto e motivato dal fatto che gli autori intendevano richiedere un ascolto attivo e consapevole; 3. l’innovativa struttura musicale conferma lo sperimentalismo di Battisti; 4. questa canzone coniuga l’elemento sentimentale con quello teologico (così come era accaduto per Il nostro caro angelo); 5. questo elemento teologico diventa qui specificatamente gnostico; solo qualche esempio tratto dal testo: l’eredità dell’umano è una speranza spezzata, una caduta, un fallimento che avanza nella corruzione; la fede in un messia è soltanto illusione di salvezza poiché nessuno dall’esterno può salvare nessuno, il messia è soltanto un velo adagiato sopra l’umano lamento; la salvezza consiste nel trasformare la propria condizione passiva di «attore» che recita formule altrui in una determinazione attiva, legata al sapere e alla scrittura, nel diventare un «libero autore»; la discendenza spirituale degli umani ‘pneumatici’.
Ecco il testo completo:

La speranza spezzata
è la tua eredità.
Fallimento di una vita
di coraggio e di viltà.
Troverai sul cammino
fango e corruzione
e la voglia tu avrai
di sdraiarti al suolo
per guardare come in un film
i colombi in volo.

Ti faranno fumare
per farti sognare che
il futuro od ‘un messia’
presto tutto cambierà.
Ed avrai come vanto
una nuova condanna,
ti diranno che il vento è
il respiro di una donna
per far sì che un lamento, uno solo,
copra ogni tormento di un velo.

Ma se tu rifiuterai
di giocare all’attore
forse un libro scriverai
come libero autore.
E tu forse parlerai
di orizzonti più vasti
dove uomini celesti
portandoti dei figli
ti diranno: «Scegli!»
ben sapendo che ridendo tu
tu a loro ti unirai…

Sul sito si possono ascoltare altri brani del musicista: La canzone della terra, Dove arriva quel cespuglio, Ma è un canto brasileiro, E già, Una vita viva, Le allettanti promesse, Stanze come questa, Due mondi, I sacchi della posta, Per altri motivi, Tu non ti pungi più, La voce del viso.

Stockhausen

Karlheinz Stockhausen
Waage
da Tierkreis (1974)
Tromba: Markus Stockhausen
Organo: Margareta Hürholz

Durante l’incontro sul Contemporaneo del 20 maggio 2019, il Prof. Alessandro Mastropietro ci ha fatto ascoltare, tra gli altri, una composizione di Karlheinz Stockhausen (1928-2007). Riprendo qui la sua proposta e suggerisco l’ascolto di uno dei dodici brani che compongono Tierkreis (Zodiaco, 1974), precisamente il nono, Waage (Libra/Bilancia), nella versione per tromba e organo. La tromba è quella del figlio Markus, che ebbi la fortuna di ascoltare tanti anni fa a Milano in una magnifica esecuzione dell’opera del padre Samstag aus Licht.
È come se questa musica provenisse da profondità inquietanti e luminose, come se un’onda lasciasse sulla riva della percezione le note, dissolvendo l’onda che sulla riva le ha portate. Di Stockhausen avevo tempo fa consigliato anche Mantra (1970).

Mastropietro ha parlato di un altro tra i massimi compositori del Novecento, György Ligeti (1923-2006), del quale avevo proposto in passato due ascolti: le Atmosphères fur grosses Orchester ohne Schlagzeug (1961) e il secondo movimento del Requiem: Kyrie. molto espressivo (1963-65) (entrambi presenti in 2001. Odissea nello spazio). Del Requiem di Ligeti il Prof. Mastropietro ha evidenziato l’arditezza compositiva, l’intreccio radiale delle voci umane, l’onda sonora che continuamente si alza, si frange, risplende.

Versione in html

Musica totale

Teatro Dal Verme – Milano – 19 settembre 2018
Altre danze
MI-TO Settembre Musica 2018

Osvaldo Golijov
Azul, per violoncello e orchestra
Prima esecuzione in Italia

Johannes Brahms
Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98

Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Stanislav Kochanovsky, direttore
Enrico Dindo, violoncello

Nell’ampia e insieme intima sala milanese del Teatro Dal Verme sono risuonate ancora una volta le note imponenti e danzanti della Sinfonia n. 4 di Brahms. Ma il cuore del concerto è stato la prima esecuzione italiana di Azul, opera composta nel 2006 da Osvaldo Golijov. Una musica in gran parte tonale, tradizionale, immersiva e vivace, che a volte sembra danza, altre musica da film o, ancora, eco del barocco di Couperin, in particolare le Leçons de Ténèbres. E tuttavia in quest’opera emerge intatta la potenza dei suoni contemporanei, la loro svolta rispetto a ogni prevista cadenza, la dissonanza che occupa lo spazio delle battute conclusive, che convergono -coerentemente- nel silenzio.
Trenta minuti di musica totale, eseguita con giusta tensione dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta in modo russo -e quindi travolgente- da Stanislav Kochanovsky, e capace con il violoncello di Enrico Dindo di diventare corda della mente.
Di questa composizione propongo l’ascolto del secondo movimento, Silencio, nella esecuzione del violoncellista Yo-Yo Ma con l’orchestra The Knights diretta da Eric Jacobsen.

[audio: https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2018/10/Azul_-II.Silencio.mp3]

[Photo by Mohammad Metri on Unsplash]

Silentium

Centro Culturale San Fedele- Milano
Inner_Spaces#1
Christian Fennesz, concerto inaugurale
26 settembre 2016

In questo primo concerto della stagione 2016-2017 di Inner_Spaces, la lunga performance di Christian Fennesz ha mescolato suoni computazionali con la chitarra, trattata sempre elettronicamente. Il risultato mi è parso piuttosto banale e francamente noioso.
Molto più coinvolgenti sono stati i due brani iniziali del gruppo milanese T.E.S.O, ispirati a Gustav Mahler e Arvo Pärt, e quello dell’e-cor ensemble che ha ripreso anch’esso le musiche del compositore estone. La rielaborazione di Silentium ha confermato la grandezza tecnica e il genio creativo di Pärt, le cui opere sembrano dialogare con quanto c’è di più antico e di più sacro nella struttura sonora del mondo.
Propongo l’ascolto di Silentium nell’esecuzione della Tapiola Sinfonietta & Jean-Jacques Kantorow. Il brano fa parte dell’opera Tabula rasa for Two Violins, Strings and Prepared Piano (1977).

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2016/11/Pärt.-Tabula-rasa-for-Two-Violins-Strings-and-Prepared-Piano_-II.-Silentium_-Senza-moto.mp3]
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