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Paure e razionalità

Pubblico qui due documenti.
Il primo è una Lettera inviata agli attuali Presidente del Consiglio e Ministro dell’Università da parte di più di un migliaio di docenti e membri del personale tecnico-amministrativo degli Atenei italiani (il cui numero va crescendo in questi giorni). Il testo si compone di 8 pagine; le ultime due sono costituite da una parte della bibliografia scientifica utilizzata per la stesura del documento. Riporto qui alcuni brani, consigliando naturalmente la lettura integrale della Lettera, la quale può essere scaricata e sottoscritta al seguente indirizzo:

Universitari e Ricercatori contro il GreenPass. Lettera aperta al Presidente del Consiglio

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Rileviamo anzitutto che non vi sono basi scientifiche per questo ennesimo inasprimento delle politiche di contenimento della pandemia e non possiamo non esprimerci relativamente alle fortissime implicazioni psicologiche, etiche, giuridiche ed economiche che questo approccio alla pandemia sta avendo sul nostro tessuto sociale e civile. Osserviamo inoltre con estrema preoccupazione l’escalation di violenza verbale e attacchi pretestuosi verso la minoranza di coloro che per vari motivi, tra cui considerazioni di tipo sanitario, hanno scelto di non vaccinarsi.

Considerati questi dati epidemiologici essenziali, l’obbligo vaccinale per gli over 50, o per particolari categorie di lavoratori, appare una misura di cui si fatica a comprendere la reale necessità.

Va altresì considerato che i vaccini attualmente somministrati sono farmaci la cui autorizzazione all’immissione in commercio è avvenuta in via “condizionata” e temporanea, sulla base del Regolamento della Commissione Europea n. 507/2006 del 29 marzo 2006, che si applica espressamente ai «medicinali» per i quali «non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficaci (art. 2 e art. 4, n. 1, del regolamento), e che le evidenze scientifiche circa l’efficacia e la sicurezza della somministrazione di dosi booster a distanza ravvicinata sono scarse, ma già preoccupanti.

Un altro aspetto critico della campagna vaccinale è quello relativo alla comunicazione, che è stata estremamente variabile e incoerente: dalla promessa dell’immunità di gregge si è passati all’evidenza che il vaccino non protegge dal contagio; da un solo ciclo vaccinale si è passati alla necessità di una terza dose e forse una quarta, con tutti i pericoli che la somministrazione ripetuta del vaccino rappresenta per l’incolumità fisica dei soggetti trattati.

Con specifico riferimento alla vita della comunità universitaria, dobbiamo inoltre rilevare che l’applicazione del Decreto Legge è destinata inevitabilmente ad alimentare conflitti e discriminazioni. La nuova normativa, infatti, impedirà di lavorare e di percepire lo stipendio a chi sceglierà di non vaccinarsi o di non completare il ciclo vaccinale, introducendo di fatto una sanzione che non trova precedenti nel nostro ordinamento. Questa sanzione produrrà gravi ripercussioni sociali e psicologiche, che incideranno sulla vita individuale e familiare dei lavoratori sospesi, incluse persone al termine della loro carriera lavorativa, oltre ad avere ricadute sulla formazione degli studenti, sulla ricerca e sull’attività culturale e amministrativa dei nostri atenei. Singolare dal punto di vista giuslavorista appare poi la possibilità che i lavoratori strutturati sospesi possano essere sostituiti da lavoratori precari, ai quali sarà richiesto, se di età non superiore ai 50 anni, il Green Pass semplice, acquisibile, come era finora anche per il personale strutturato, mediante il semplice tampone.

Riteniamo che la sospensione dal lavoro e la perdita del sostentamento economico, come conseguenza dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, rappresenti un’imposizione sproporzionata e ingiustificata dal punto di vista sanitario e che, in quanto tale, debba essere portata all’attenzione della Corte Penale Internazionale come atto persecutorio nei confronti di un gruppo sociale, in questo caso identificabile dal suo status vaccinale (art. 7 dello Statuto di Roma).

Riteniamo particolarmente grave, infine, obbligare gli studenti ad esibire il Green Pass per poter partecipare in presenza alla vita universitaria. Ai fini della salvaguardia della salute di tutti, la distribuzione gratuita di test rapidi antigenici, anche salivari, che sono in grado di rilevare con elevata sensibilità non tanto la positività quanto la contagiosità degli individui, pare assai più efficace come misura di tutela della salute delle comunità universitarie.

In questa prospettiva, auspichiamo che Lei, signor Presidente del Consiglio dei Ministri, voglia prendere urgentemente in considerazione la necessità di ritirare il suddetto Decreto, allo scopo di restituire agli atenei l’universalità e la pluralità di pensiero, che è alla base dello stesso concetto di universitas, e di salvaguardare i principi e i valori su cui si fonda la nostra società, in nome di quanti hanno contribuito alla loro affermazione e di quanti hanno il diritto inalienabile a costruirvi la propria felicità.

Versione pdf della Lettera
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Il secondo documento è un saggio del Prof. Guido Nicolosi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Unict.
Il testo si intitola Communication, Fear and Collective Trauma in first Wave Covid-19.“Double Epidemic” in Italy: traces and clues.
Uno degli argomenti è l’infodemia che ha colpito in particolare l’Italia. È stato pubblicato su Studia Humanitatis Journal, 2021, 1 (1), pp. 103-126.

Questo è l’abstract:
«The Coronavirus epidemic has demonstrated just how unprepared our societies were for an occurrence of this kind. On March 2020, the Italian government was in fact the first in Europe to implement a strategy of lockdown on the whole national territory, not just in the areas where outbreaks occurred. The coronavirus crisis was concentrated in a specific area: in particular, the region of Lombardy and some isolated provinces in the north of Italy. So, Italy has suffered a “double” epidemic, but the strategy adopted was uniform and radical. This contribution does not focus on the effectiveness of the Italian strategy per sè . The aim is rather to analyse the Italian Case from the point of view of media and institutional communications with the intention of bringing to light some critical issues. Particularly, here it is posited that emergency  ommunication produced during the “first wave” of pandemic has significantly contributed to fostering a climate of anxiety and collective fear with possible traumatogenic consequences. Within an emergency context, communication can be the thin boundary line between collective trauma and resilience and covid 19 pandemic was also a public communication crisis. This essay tries to analyse some traumatogenetic issues of institutional and media communication during the coronavirus crisis in Italy. Below a non-exhaustive list of these issues: A dramatic center-periphery coordination deficit; Wavering institutional communication; The “numerological” hegemony”; The absence of an “exit strategy”».

Il saggio, scritto in modo chiaro e vivace, merita di essere letto per intero. Anche in questo caso segnalo alcuni brani.
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As predicted by The Lancet, Italy had to face an infodemic crisis and a pandemic information overload. This has been widely confirmed by our routine research activity. In the absence of effective, professional institutional direction, the media did not hesitate to dramatize the narration of events for their own interest (audience), with massive coverage which was at times emphatic, others schizophrenic (alternating reassurances with alarmism). On occasions they might even be accused of foul play, with headlines for effect and news which was only partially true.

In other words, in order to convince the population to live under a regime of quarantine for an indefinite period, the government used a “strong” (alarmistic) communicative register.

The main traumas registered today by psychologists are the following:

▪ Isolation, with repercussions on somatic levels and reduced resilience;

▪ Symptoms of depression (loss of motivation, self-esteem, physical and cognitive fatigue);

▪Violence and aggression (an increase in domestic violence and conflicts between individuals was registered);

▪ Paranoid suspicion (search for the plague spreader);

▪ Sense of incoherence;

▪ Individual and social control;

▪ Technological overdose;

▪ Compromised development and growth in minors.

Nevertheless, the rite can have a dangerous, consolatory function (Gugg, 2014), because it can give a community the illusion of being immune to a successive disaster and generate a false sense of security. Or, rites can serve to remove the community’s sense of guilt by attributing the causes of the disaster to scapegoats. Or to re-establish the pre-existent social order (resilience) without reflexively reasoning on the political and social responsibilities and on the possible and necessary changes.
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I pdf contengono le mie sottolineature ed evidenziazioni. I due testi confermano che è possibile, solo che lo si voglia, osservare in modo razionale quanto sta accadendo da due anni; riflettere con attenzione sulle cause e sulle conseguenze della gestione politica dell’epidemia; evitare comportamenti irrazionali, fanatici, fideistici. Si può insomma, se lo si vuole, rimanere persone sensate, critiche, libere.

Post scriptum
Un collega che riceve gli aggiornamenti su ciò che pubblico sul sito mi ha scritto questo:
«grazie, confermando il mio dissenso…»
Gli ho chiesto: «Hai letto i due testi?»
La risposta è stata questa:
«conosco le ragioni, che non riesco a condividere. Sono prevenuto e quindi non li leggo neppure».
Ecco un esempio di «comportamento irrazionale, fanatico, fideistico» e certamente non consono a un professore, a un intellettuale, a uno studioso.

Mascherate

Riporto qui una recente pagina del sito corpi e politica.

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La mascherina non è necessaria. Parola del Ministero della Salute (e dell’OMS)

«La mascherina non è necessaria per la popolazione generale in assenza di sintomi di malattie respiratorie» (Ministero della Salute)

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Questa la locandina pubblicata a fine febbraio e ancora presente nel sito del Ministero della Salute. Quanto vi si afferma è confermato dalle indicazioni dell’OMS (le ultime di fine aprile si leggono qui) in cui è detto chiaramente che non ci sono prove scientifiche sull’utilità dell’uso su larga scala delle mascherine e si precisa che, anzi, quelle fatte in casa (che non sono dispositivi medici) possono indurre un aumento di infezioni respiratorie.

Atteniamoci rigorosamente, scrupolosamente, alle indicazioni del Ministero e delle autorità competenti.

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Aggiungo solo che:

  1. o ciò che il Ministero della Salute aveva scritto ha valore, e quindi le mascherine non vanno indossate se non in casi particolari;
  2. oppure ciò che il Ministero aveva scritto non ha più valore e dunque dare ancora simili indicazioni sul suo sito ufficiale è da: sprovveduti, incapaci, confusi, dilettanti, criminali, negligenti (un aggettivo a scelta, o tutti quanti); 
  3. l’utilizzo costante e indiscriminato di tali maschere risulta pericoloso a causa dell’anidride carbonica che mantengono nei polmoni e a causa dell’umidità che favorisce l’installarsi di agenti patogeni;
  4. l’utilizzo – e ancor più l’imposizione – di tali maschere non ha dunque un obiettivo sanitario ma ha uno scopo simbolico ed è proprio contro l’irrazionalità e l’autoritarismo incarnate da questo simbolo che combattiamo.

[La pagina del Ministero della Salute è stata svuotata dei suoi contenuti in data 23.5.2020 ma essa è ancora visibile in questo archivio]

«Che cosa può il corpo»

Riprendo qui una mia riflessione che è stata pubblicata qualche giorno fa nella sezione corpi e libertà del sito che una comunità di studiosi ha creato allo scopo di elaborare e raccogliere materiali e analisi libere dal soffocante conformismo, dall’ignoranza, dalla strumentalizzazione dominanti.
Il titolo che ho scelto per questa segnalazione fa riferimento a un brano dell’Ethica di Spinoza: «Verum ego jam ostendi, ipsos nescire, quid Corpus possit, quidve ex sola ipsius naturæ contemplatione possit deduci»
(‘Ma io ho già mostrato che essi non sanno che cosa può il corpo, o che cosa si può dedurre dalla sola considerazione della sua natura’; Parte III, prop. 2, scolio, in Tutte le opere, trad. di G. Durante rivista da A. Sangiacomo, Bompiani 2011, p. 1322)

Segnalo anche due tra gli ormai numerosi articoli del sito corpi e politica:
-i rigorosi, documentati e vivaci Appunti sulla teledidattica di Monica Centanni, nei quali la questione dell’apprendimento è giustamente legata alla centralità del tempo; da qui «il primo nostro impegno in questo periodo è prendere in mano il filo del tempo. Infatti un agente ansiogeno che rende ancor più difficile la condizione che stiamo vivendo è la sensazione di essere in balia di cabale numerologiche che stanno scarnificando le nostre vite, usurando le nostre giornate»;
-l’intervento di Peppe Nanni a proposito di una ambigua, pericolosa e significativa circolare del Ministro degli Interni: Il diavolo sta nel dettaglio. “Focolai di estremismo”: la lingua biforcuta del Ministero degli Interni.
Questo il mio testo:
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Il virus passerà. Non passerà la paranoia del potere
In corpi e politica (11.4.2020)

Sappiamo tutti e molto bene che la questione non è soltanto di tipo sanitario ma anche di natura sociale, politica, culturale. Quello che sta accadendo è molto pericoloso perché si sta ridisegnando lo statuto dei corpi, di che cosa – spinozianamente – sia un corpo, che cosa può fare, che cosa non può fare, che cosa deve fare.

La notizia che ho letto ieri sera su Televideo è tanto consequenziale quanto pericolosa: «Google e Apple collaborano per un progetto di tracciamento del contagio del Coronavirus che può aiutare i governi. Lo annunciano insieme i due colossi. A maggio renderanno disponibili strumenti per gli sviluppatori che stanno progettando le App per le istituzioni mondiali e che consentiranno il dialogo e “l’interoperabilità tra i dispositivi Android e iOS”. E “nei prossimi mesi” sarà disponibile una piattaforma di “contact tracing” basata sul Bluetooth dando “massima importanza a privacy, trasparenza e consenso” degli utenti».

Non sarà temporaneo, non sarà mirato. È uno dei più pericolosi cavalli di troia che il virus offre al controllo generale. Aveva ragione La Boétie: gli umani sono pronti alla «servitù volontaria». Molti che conosco lo stanno confermando. È su questo soprattutto che vorrei riflettere insieme a voi. ‘Molti’ non significa i disinformati, gli indifferenti, i conformisti. ‘Molti’ significa persone, amici, familiari, colleghi che sino a questa circostanza ritenevo critici verso l’esistente e che invece mi accorgo con relativo stupore che sono immersi dentro un paradigma di obbedienza e acriticità che mi sembra nascere fondamentalmente da due ragioni:
– il panico per i rischi alla propria salute;
– il fatto che guardano la televisione.

Forse è una vecchia, ma ogni volta confermata, convinzione. Da vent’anni circa non possiedo un televisore, quando ho occasione di vederne acceso uno mi annoio anche per pochi minuti e rimango sbalordito dal livello di volgarità e di menzogna del mezzo televisivo, livello del quale credo possa accorgersi soltanto chi non guarda per mesi la televisione (evitando così il processo di mitridatizzazione). Sappiamo tutti, invece, che questo è lo strumento principe e spesso esclusivo dell’informazione per milioni di persone, per quelle persone che girano video dai loro balconi, chiamano vigili e polizia, urlano a chi cammina per le strade.

La visionarietà di Guy Debord viene ai miei occhi sempre confermata. Ciò che appare in televisione non solo esiste più di ciò che non appare ma è anche il bene per definizione, ciò che viene detto in televisione non solo è più verosimile ma diventa vero. Il monopolio dell’apparire è il monopolio dell’essere e del valore: «Le spectacle est le mauvaise rêve de la société moderne enchaîné, qui n’exprime finalement que son désir de dormir» [Lo spettacolo è il brutto sogno della moderna società di schiavi, che esprime solo il suo desiderio di dormire]  (La Société du Spectacle, Gallimard 1992, § 21, pp. 24-25). I clienti dello spettacolo televisivo desiderano assopirsi da questo incubo sino a che la stessa televisione non li risvegli; oppure ne vengono esaltati nel loro desiderio di (auto)controllo sino a che la televisione continua ad aizzarli.

Un mio allievo mi ha riferito quanto accade in un paesino della provincia di Catania:
«Tre episodi mi hanno particolarmente disgustato:
1) i miei concittadini si sono organizzati in gruppi Facebook e chat Whatsapp in cui si segnalavano nominativi e foto di presunti contagiati, così da poterli evitare e denunciare in caso di eventuali infrazioni (il tutto con un avvocato che diceva loro ‘tranquilli non è reato di diffamazione, si può fare perché si è giustificati dal pericolo imminente per gli altri e per la salute pubblica!’);
2) il Comune che blocca o elimina qualunque commento critico al proprio operato e coordina polizia municipale e carabinieri in ronde e posti di blocco continui in giro per il paese, anziché approvvigionare beni necessari e organizzare raccolte/distribuzioni dei beni stessi o sollecitare la Regione a potenziare il presidio ospedaliero locale (abbiamo una struttura disponibile a essere facilmente trasformata in un piccola terapia intensiva – ci sono pure gli allacci per l’ossigeno in tutte le stanze! – ma che viene utilizzata solo come Pronto Soccorso ormai da dieci anni);
3) mia madre e mio nonno fermati, sgridati come fossero avanzi di galera e minacciati dai carabinieri di multe e pesanti provvedimenti (inutile spiegare alle guardie che le norme previste dai decreti ‘Io resto a casa’ garantiscono il diritto a poter prendersi cura dei genitori anziani non-autosufficienti, quindi a uno e uno solo dei figli di andare giornalmente presso il loro domicilio per poter prestare assistenza)».

Quella che ci può sembrare una metamorfosi del corpo collettivo è probabilmente soltanto una conferma. Perché è una metamorfosi non limitata a un periodo di emergenza ma destinata a permanere poiché in società complesse come le nostre tutti i provvedimenti di controllo una volta decretati rimangono. Un esempio che abbiamo tutti presente: quanti anni sono passati dall’11.9.2001? 19 anni. Ma il provvedimento di controllo occhiuto, grottesco e inutile (per tante ragioni) al metal detector degli aeroporti non è stato abolito. C’era anche prima, certo, ma assai più blando. Un provvedimento di emergenza per combattere il «terrorismo» è rimasto a diffondere un sottile ma costante sentimento di terrore.

Il virus passerà ma non passeranno le pratiche, le abitudini, le leggi, i controlli universali – tramite cellulari e droni – che il virus sta favorendo. E non passerà l’orgia di autorità che il potente di turno, piccolo (sindaco) o grande (ministro) che sia sfoggia nel decretare ogni giorno qualche divieto. La paranoia del potente, così ben descritta da Elias Canetti, si dispiega in modo mirabile davanti ai nostri occhi.

E questo senza complotti, segreti, volontà occulte ed elitarie. Questa è da sempre la pratica del potere, che società tecnologiche favoriscono però in modo esponenziale. È il momento e l’occasione alla quale da sempre aspiravano. Porsi sopra la legge, diventare essi stessi la legge. Sentirsi nelle mani la vita e la morte di milioni di sudditi. Decretare ogni giorno nuovi divieti, pene, sanzioni, delazioni, cellulari spia, droni, a partire da Conte e i suoi ministri giù giù fino a scatenati incatenatori come i De Luca messinese e campano, come l’impresario di pompe funebri Fontana, come il musumecinonabbassiamolaguardia di Palermo. Tutti a imporre mascherine che non ci sono o, se ci sono, senza sapere se risultino davvero utili o invece dannose. Per i governatori analfabeti -e i loro sostenitori nell’informazione- esiste solo LA mascherina. Ma sono essi, questi paranoici canettiani, una maschera penosa della vita, la caricatura dell’autorità, il dominio dell’ignoranza. Carne televisiva. Lo racconteranno ai loro nipoti: «ci fu un tempo in cui la mia parola era legge per milioni di persone».
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Aggiungo infine la breve cronaca di una mia passeggiata di ieri:
Nella solitudine della luce ho attraversato Catania mai così splendida, così silenziosa, così oltre la storia che pure è stata. Lasciate le mura del Teatro Romano e dell’Odeon sono arrivato attraverso vicoli al Castello Ursino, alla sua imponente armonia, al suo grigio ferito e guarito dai raggi di un Sole ancora amico. Altri vicoli hanno aperto i miei passi verso la pescheria –ho pensato: ‘almeno i pesci vengono lasciati un poco in pace in questi giorni’–, dalla quale sono arrivato dietro piazza Università, proseguendo verso le strade perpendicolari a via Crociferi. Da lì a piazza Dante, dove ho visto tre studentesse senza ‘mascherina’ passeggiare infrangendo ogni prescritta distanza. Una forma di vita umana nel grande camposanto al quale abbiamo ridotto non la città ma i nostri corpi. Il giardino di via Biblioteca sembrava chiuso ma è stato sufficiente spingere i cancelli per ritrovarmi in una strada che da molti anni percorro tranquillamente tutti i giorni e che ho gustato respirando terra e luce. Ho percorso questa città, e i suoi luoghi di antico amore, in compagnia della musica che ho selezionato negli anni come un botanico crea i fiori più lucenti del suo prato. Io non resto a casa, no.

Contagio

Banche, uffici postali, trasporti, negozi, centri commerciali, pizzerie, discoteche e tutto il resto rimangono aperti. Le scuole e le università vengono chiuse. Tanto scuola e università, la cosiddetta cultura, non servono a niente. Sono così improduttive che potrebbero rimanere chiuse anche per mesi e nessuno se ne accorgerebbe. Lo sanno tutti e il governo italiano lo certifica. E questo nonostante il comitato tecnico-scientifico avesse in realtà espresso perplessità in merito a tale provvedimento.

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4.3.2020 – 22:18
Il comitato di scienziati ritiene di dubbia efficacia la chiusura delle scuole
Non è stato il comitato tecnico-scientifico a proporre al governo la misura della chiusura delle scuole. Gli esperti, a quanto si apprende, avrebbero espresso al contrario dei dubbi sull’opportunità di tale misura, perché non supportata da evidenze scientifiche sulla reale efficacia rispetto al contenimento del virus, se non su tempi molto più lunghi.
Dubbi espressi nel parere consegnato al governo ma solo consultivo. In serata, l’Istituto Superiore di Sanità ha poi pubblicato sul suo sito un focus in cui si sottolinea invece l’efficacia delle misure prese per prevenire una grande ondata di contagi.
Fonte: AGI (anche Repubblica)
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Giorgio Agamben ha ragione nel cogliere un vero e proprio «bisogno di stato di panico collettivo» che sembra manifestarsi in corpi sociali abituati a una costante e ormai lunga sicurezza. Un bisogno del quale i media tradizionali e i social networks si sono fatti portavoce, amplificatori e paladini. Giornali, televisioni, pubblici amministratori fanno a gara nel cercare di sollecitare e soddisfare tale bisogno, anche chiudendo musei, scuole, università ma lasciando ben aperti gli ambiti e le attività che vengono reputate indispensabili.
È inoltre evidente che, essendo i virus assai cosmopoliti e globalizzati, la varietà di reazioni e provvedimenti all’interno dell’Europa (per tacere degli altri continenti) rende parziali e in gran parte inefficaci le decisioni di un singolo governo.
È la fragilità della «società aperta», un puro costrutto ideologico del liberismo, che si ribalta nel bisogno di uno Ausnahmezustand, stato d’eccezione / stato d’emergenza, proclamare il quale costituisce davvero lo stigma della sovranità. Che io sappia, è la prima volta nella storia d’Italia che un governo decide uno stato d’emergenza per tutti gli istituti formativi dell’intera Repubblica. Dato che in ambito giuridico e sociologico i precedenti contano molto, questo è un precedente che potrà essere richiamato e utilizzato in situazioni anche diverse rispetto a quella sanitaria.
Uno stato d’emergenza la cui efficacia empirica è assai inferiore rispetto al suo significato politico. Lo hanno compreso alcuni studenti dell’Università di Catania, i quali mi hanno scritto: «Con la chiusura di scuole e università è stata sicuramente scongiurata una pandemia devastante in stile World War Z e ora, per esempio, io non potrò più mettere a rischio la salute di nessuno, né quella di mia madre, oggi in tribunale (ma anche domani e nei giorni a venire), né quella di mio padre, autotrasportatore in viaggio per tutta Europa» (Marcosebastiano Patanè); «È evidente che scuole, università, cinema e teatri non sono utili per il mantenimento della macchina economica. È più importante mantenere alla giusta temperatura la macchina/capitale e non il sapere, la conoscenza e la formazione. Adesso le schiere di liceali e universitari in vacanza prenderanno dimora in piazza Stesicoro (un luogo asettico, sanificato, senza virus), ovvero andranno a formarsi fra un panino e l’altro del McDonald’s» (Enrico Moncado).
Un McDonald’s, appunto, garantisce meglio di un Dipartimento universitario la salute pubblica. Come molti altri luoghi, come tutti gli altri luoghi.
«Affine d’escludere, per quanto fosse possibile, dalla radunanza gli infetti e i sospetti, fece inchiodar gli usci delle case sequestrate» (I Promessi Sposi, cap. XXXII) A quando tali provvedimenti seicenteschi contro il virus? In fondo, e questo come stiamo vedendo è vero, la biologia è molto più potente della storia e di tutte le democrazie.

[Segnalo una riflessione del collega Enrico Galiano, che condivido per intero:
Ecco perché insegnare è una cosa che non si può fare a distanza]

Vittime e assassini

Nel periodo natalizio sono apparsi dei manifesti con la seguente scritta: «Non è festa senza i marò liberi. L’Italia alzi la voce». Firmato: ‘Alleanza Nazionale’. Dunque non ci sarebbe stata festa per l’intero popolo italiano senza la rinuncia da parte dell’India a processare due militari accusati di un odioso e gratuito omicidio di classe e di etnia. Dalle loro ben protette navi militari, infatti, costoro avrebbero sparato a degli inermi pescatori indiani.
Nulla invece è stato detto, da parte di questi così solerti ‘patrioti’, sull’orribile morte preceduta da efferate torture di Giulio Regeni, un giovane ricercatore massacrato dalle squadre della morte agli ordini del governo militare egiziano. Anche Regeni era un italiano ma mentre i due che conducono una tranquilla e dispendiosa vita ‘rinchiusi’ in alberghi indiani di lusso (a spese dei nostri contribuenti) sono dei militari, Regeni era un intellettuale, uno studioso, un uomo che cercava di capire con gli strumenti scientifici le modalità e le strutture della dittatura egiziana guidata dal generale Abd al-Fattah al-Sisi.
Dittatura nata dall’inganno -fomentato dalla Nato- delle cosiddette ‘primavere arabe’. Dittatura esaltata -come quella dell’Arabia Saudita e altre- dall’abominevole presidente del consiglio e segretario del Partito Democratico. È con i massacratori egiziani che il nostro Paese dovrebbe «alzare la voce». Ma alla spregevole destra italiana, che sia quella degli eredi del fascismo o quella tecnocratico-americanista del Partito Democratico, non interessano gli uomini liberi, non interessano le vittime di un potere dittatoriale come quello dell’alleato egiziano. Interessa invece la difesa degli assassini in uniforme.
Anche per questo il patriottismo delle destre è infame.

Per l'Università

I colleghi del Dipartimento di Chimica dell’Università di Catania hanno inviato al Rettore una lettera che mi è sembrata chiara nelle motivazioni, rispettosissima nel tono, giustamente attenta a rilevare la natura temporanea e non irreversibile del nostro rifiuto di indicare i testi da sottoporre a valutazione, ferma nel sottolineare che si tratta di una questione di giustizia (anche nel confronto con altre categorie) e di dignità. La pubblico qui anche per offrire agli amici che frequentano il sito qualche informazione in più sulla situazione dell’Università italiana (informazioni difficili da trovare sulla stampa).
Sullo stesso tema si possono leggere inoltre:
– la Mozione del Senato Accademico dell’Università di Catania sui tagli alla ricerca
–  un vivace documento dal titolo #VQRStaiSerena

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Magnifico Rettore,

lo scorso 25 giugno alcuni di noi hanno chiesto di incontrarLa per informarLa dell’iniziativa che era in corso in tutta Italia contro il blocco delle classi e degli scatti stipendiali della Docenza Universitaria rimasto in vigore per tutto il quinquennio 2011-2015.
Lei ci ha gentilmente accolto, mostrando comprensione per il nostro disagio.
Come Lei sa, la CRUI, in una lettera del 23 luglio ha chiesto alla Ministra Giannini di porre rimedio a questa ingiustizia, che vede noi Docenti Universitari unica categoria della pubblica amministrazione ad avere gli scatti stipendiali bloccati anche per il 2015.
Il movimento per lo sblocco degli scatti stipendiali ha inviato, in data 30 settembre 2015, una lettera al Presidente della Repubblica, firmata da 14.044 Docenti, pubblicata, con i nomi dei firmatari, sul sito:

https://sites.google.com/site/controbloccoscatti/home/lettera-al-presidente-della-repubblica-2015

Il Presidente della Repubblica, il Chiar.mo Prof. Sergio Mattarella, ci ha cortesemente risposto (la relativa lettera è sullo stesso sito). Ci ha comunicato che, sebbene non possa intervenire non essendo nelle sue prerogative influire in materie  di competenza del Governo (circostanza a noi nota, ma contavamo su sue azioni di persuasione morale), “in ragione della rilevanza delle questioni esposte  ha trasmesso tutto al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per le valutazioni di competenza” (parole testuali).
Come Le sarà noto, oggetto della nostra richiesta non sono aumenti, ma solo l’adeguamento stipendiale che ci sarebbe spettato in virtù del “contratto” stipulato con lo Stato quando ciascuno di noi è stato assunto: chiediamo lo sblocco degli scatti a partire dal 1° gennaio 2015, come tutte le altre categorie del pubblico impiego, e il riconoscimento giuridico del quadriennio 2011-2014 (un quadriennio della nostra attività altrimenti cancellato per sempre!), anche questo ottenuto dalle altre categorie del pubblico impiego.
Il movimento per lo sblocco degli scatti stipendiali ha da tempo  deciso d’intraprendere un’azione incisiva per sollecitare la Ministra e il Governo a sanare questa situazione.
L’azione è molto semplice: temporaneamente non aderiamo alla VQR, in attesa che venga rimosso il blocco degli scatti stipendiali nei termini anzidetti.
Concretamente non  selezioneremo le pubblicazioni per la VQR, non caricheremo i prodotti in formato .pdf e  non daremo la nostra disponibilità a fare da valutatori. Inoltre, chi non ha ancora il codice ORCID non lo richiederà e chi lo ha già (molti lo hanno già da anni) non effettuerà l’associazione ORCID-IRIS, o la cancellerà.
Riteniamo che questa forma di protesta, anche per la sua natura temporanea e non irreversibile, molto civile e  composta. In un primo momento sono state considerate anche altre azioni di protesta, quali il blocco dell’attività didattica, degli esami,  della discussione delle tesi, ma queste sono state scartate poiché, nell’immediato, avrebbero creato grandi disagi soprattutto agli studenti  ed alle loro famiglie (che non hanno responsabilità alcuna), piuttosto che al nostro diretto interlocutore (il Ministero e il Governo). E teniamo a sottolineare che proseguiamo regolarmente anche la nostra attività scientifica.
Precisiamo inoltre che la valutazione della ricerca non è l’oggetto della nostra protesta: l’astensione temporanea dalla VQR è solo un modo per vedere riconosciuto il nostro diritto negato.

È anche una questione di dignità, per cui non possiamo accettare di essere discriminati rispetto ad altre categorie del pubblico impiego.
La protesta sta crescendo in tutta Italia, con singoli, Dipartimenti, Senati accademici che stanno via via esprimendosi a favore. Ad oggi si contano  102 delibere di Consigli di Dipartimento, 25 delibere di Senati Accademici, 21 mozioni, 9 lettere ai Rettori, 1 delibera di Consiglio di Amministrazione. Su Sua richiesta possiamo  fornirLe tutti i riscontri oggettivi di questi dati.
Non potranno essere trascurati gli aspetti di alterazione della validità della VQR nel caso in cui la Ministra e il Governo volessero malgrado tutto portarla in porto egualmente. Aspetti che potrebbero arrivare a coinvolgere anche il corretto confronto fra gli Atenei, ma soprattutto la validità di un esercizio di Valutazione della Qualità della Ricerca Italiana tanto vantato, con ripercussioni a livello internazionale e in particolare sui rapporti con l’Unione Europea.
Contiamo e sollecitiamo una Sua richiesta forte, esercitata direttamente di persona (l’invio di messaggi ci sembra poco incisivo e verrebbe quasi sicuramente ignorato) presso la Ministra dell’Università e della Ricerca, di tutti i Ministri coinvolti, fino al Presidente del Consiglio, che si aggiunga alla nostra per aiutarci a far comprendere al Governo che tutto potrà proseguire normalmente a condizione che si trovi un punto di equilibrio, soddisfacente per tutti, tra le nostre richieste e quanto (assai poco) ci è stato concesso nella legge di stabilità. Riteniamo che un Suo intervento, in appoggio alla nostra protesta, possa risultare ancora efficace per favorire l’accoglimento delle nostre richieste in provvedimenti successivi alla legge di stabilità, come il classico decreto “milleproroghe” di fine anno (che deve ancora essere convertito in legge) o provvedimenti “ad hoc” successivi. Quindi non è tardi per un Suo intervento insieme a noi. E contiamo anche su sue prese di posizioni sulla stampa locale e nazionale, oltre a quanto Lei vorrà mettere in atto di Sua iniziativa.

Infine, teniamo a sottolineare che siamo Docenti attivi in tutte le attività accademiche e pertanto ci riserviamo di adire tutte le azioni, anche legali, nei riguardi di chiunque volesse classificarci come “docenti inattivi”, così come ci riserviamo di adire analoghe azioni nei riguardi di chiunque effettuasse per nostro conto azioni lesive delle nostre prerogative o azioni che le attuali procedure della VQR riservano a noi, quali la scelta delle pubblicazioni da sottoporre alla VQR.
La ringraziamo per l’attenzione e, qualora lo ritenesse utile, saremmo lieti di incontrarLa per chiarire ulteriormente  le ragioni della nostra iniziativa.

Cordiali saluti,
segue elenco dei firmatari

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