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Mente & Cervello 52 – Aprile 2009

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Il testo più significativo di questo numero è certamente l’intervista a Mario Riccio, il medico che aiutò Piergiorgio Welby a compiere le proprie volontà. Riccio ricorda -contro la tante menzogne anche giuridiche che i papisti e i loro servi sostengono- che non è affatto vero che sulla questione del morire ci sia un vuoto legislativo. Tutt’altro: «c’è invece un pieno legislativo, come dice Rodotà, e deriva dalla Costituzione. I diritti costituzionali sono diritti perfetti, e non necessitano di leggi attuative» (p. 30). Sono le parole scritte dallo stesso Welby sul suo blog il 20 maggio del 2002 a mostrare meglio di tante altre in che cosa consista il “diritto perfetto” di morire:

«Se un medico vi dicesse: “Lei ha una malattia incurabile e le resta poco da vivere, però noi potremmo farle un buco in pancia (gastrostomia) per poterla alimentare, poi le praticheremo un foro nel collo (tracheotomia) per permetterle di respirare, le introdurremo un tubicino nell’uretra (catetere vescicale) per consentirle di urinare, un’infermiera le svuoterà giornalmente l’intestino; naturalmente dovremo sottoporla a forti terapie antibiotiche per contenere le infezioni causate dai tubi e inevitabilmente dovrà sopportare i decubiti, piaghe dolorose che corrodono la carne fino all’osso. Però lei potrà vivere anche un anno o più!”. E se un medico vi dicesse: “Lei ha una malattia incurabile e le resta poco da vivere, però noi potremmo ridurre le sue sofferenze al minimo e, su sua richiesta, procurarle una morte indolore, purtroppo la scienza ha i suoi limiti”. Da quale medico vorreste essere curati?» (p. 27).

Un istruttivo articolo è dedicato a un altro tema etico/politico assai forte: il carcere. Vi si ricorda anche l’esperimento di Philip Zimbardo, diventato realtà ad Abu Ghraib, ad Auschwitz, nel Gulag, ovunque agli umani sia data la possibilità di mostrare la crudeltà che li impregna e di fronte alla quale sembrano fenomeni naturali e arcaici il vampirismo, letto anche come metafora della «necessaria collusione che si stabilisce ogni qual volta cadiamo in una relazione malefica di “contagio”» (ne parla la recensione cinematografica di Simona Argentieri, p. 9) e il caso di un pastore italiano di 38 anni che di tanto in tanto crede di diventare un lupo. Il racconto piattamente positivistico che ne fa Armando De Vincentiis risulta incapace di comprendere perché mai quest’uomo e i suoi familiari vedano tale condizione «come un privilegio e un dono» (p. 76). Forse lo studio di terapeuti quali Jung e Hillman avrebbe aiutato a nutrire meno stupore…

Tematiche più strettamente neurologiche sono affrontate in due articoli dedicati rispettivamente alla «capacità di costruirsi immagini mentali» posseduta dai ciechi -fino al caso di non vedenti che disegnano, scattano fotografie e girano film (pp. 78 e sgg.)- e alla decisiva questione della memoria. Un articolo di Stefano Canali è dedicato al celebre caso di Henry Gustav Molaison, morto nel dicembre scorso e che per buona parte della sua esistenza ha vissuto una condizione di amnesia anterograda, come il Leonard di Memento. Canali accenna anche al dibattito tra localizzazionismo e olismo, dando per confutata l’ipotesi gestaltica di Lashley, quando invece in questo stesso numero di M&C si dà conto di recentissime ricerche sulla memoria che dimostrerebbero come «con il passare del tempo, per un determinato ricordo l’ippocampo perda importanza, e ne acquisti la corteccia frontale» (M. Costandi, p. 103). Il fatto è che la Gestalt non nega -ovviamente- il fondamento cerebrale della memoria (come di tutto il resto) ma la localizzazione dei singoli ricordi in determinate aree neuronali. Il cervello è davvero plastico, dinamico e olistico, sia nel comprendere che nel rammemorare l’appreso e il vissuto.

Infine, l’ennesima conferma: «Sferruzzare contrasta l’invecchiamento del cervello, rafforzando la memoria. Così come leggere o giocare con i videogame. Al contrario guardare la televisione favorisce il declino delle attività cognitive (…) anche se chi ne guarda meno di sette ore al giorno sembra poter contenere i danni» (L. Gabaglio, p.22). Qualunque cosa, insomma, è sempre meglio della tv  🙂

2 commenti

  • Ipazia

    Aprile 4, 2009

    Mentre Eluana Englaro stava per morire e l’immortale tenteva di salvarla coi suoi super-poteri e mentri molti di noi spettatori scrivevamo, per la prima volta, il nostro testamento biologico, ho trovato queste parole sullo

    STATO anestETICO

    3 volte al giorno sono morta in Italia,per il cantiere,per la fabbrica,per la strada
    mi hanno fatto morire per non abbassare il profitto,
    agli altri per non morire mettono un caschietto giallo,
    pare che allontani la sfortuna.
    Su un barcone in Italia sono morta migliaia di volte,
    ma non le hanno contate, perchè solo quando gridavo viva il duce e viva il re contavo qualcosa.
    Sono morta di lavoro nero
    e sono morta di mafia, di ‘ndrangheta e di camorra.
    Per tre volte mi hai rinnegato.
    Sono morta respirando dai tuoi balconi,
    sono morta d’inqinamento, d’industria e di diossina
    e se non fossi già morta potrei morire di malasanità.
    Non perchè mi vada di morire ma sono morta anche di idee,
    e mi lasci morire tra le mura di casa e violentata perchè prostituta.

    Senza le braccia di maria ad accogliere la pietà,
    mi lasciano in croce con un sondino,a bere l’aceto.
    E oggi che sono già morta e non possono più oltraggiarmi,
    per ammazzarmi di nuovo, per sottomettermi ancora, mi tengono in vita.

  • Alberto G. Biuso

    Aprile 3, 2009

    Leggo su Micromega un’efficace lettera che riecheggia le sagge parole di Welby.
    Lo Stato etico è una brutta bestia che papisti e finti liberali stanno di nuovo scatenando contro le vite delle persone…

    ===============

    Fine-vita, la libertà della Barbie

    Caro direttore, sono proprio contenta che il mio corpo, qualora dovesse capitarmi la disgrazia di trovarmi in stato vegetativo, non sia abbandonato al suo destino; che sia sottratto al volere dei miei familiari, ai quali potrebbe anche venire la brutta idea di disfarsi di me; e sono contenta che sia sottratto al volere del buon Dio che magari potrebbe aver pensato graziosamente di togliermi anzi tempo dalla faccia della terra per portarmi con sé in paradiso. Sono felice, davvero felice che il mio corpo passi nelle mani dello Stato. Penserà questo amorevole padrone a farmi mettere un sondino nello stomaco da qualche bravo medico, per nutrirmi e idratarmi come si conviene. Certamente mi affiderà a qualche amorevole suorina, che provvederà a cambiarmi il pannolone, e che mi girerà di tanto in tanto da una parte e dall’altra, per evitare piaghe da decubito; mi laverà, mi pettinerà, mi rimboccherà le coperte, come facevo io da piccola con la mia Barbie; mi dirà dolci parole e magari vedendo una smorfia su mio volto imbruttito, s’illuderà ch’io le abbia risposto con un sorriso. Anch’io m’illudevo con la mia bambolina. Sono contenta, proprio contenta, perché stanno vincendo le persone buone e intelligenti, i sostenitori della vita a tutti i costi, vale a dire della morte lenta, lentissima, che può protrarsi per anni. Da piccina avevo una mamma che si prendeva cura della mia vita, adesso, grazie a loro, ho trovato una grande mamma, lo Stato, che si occupa della mia morte. Ne va un pochino della mia libertà, è vero, ma che importanza ha? Le Barbie hanno forse bisogno della libertà?

    Elisa Merlo

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