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Per l’Università

Per l’Università

L’Università italiana subisce da alcuni anni un attacco sistematico proveniente sia dalle istituzioni sia dai media.
Il MIUR (Ministero dell’Università, dell’Istruzione e della Ricerca) invece di favorire, finanziare, sostenere gli Atenei italiani, li sta progressivamente privando delle risorse economiche; li sta costringendo a incombenze burocratiche sempre più ramificate e sempre più insensate; sta umiliando in tutti i modi il loro lavoro e la loro funzione.
Stampa e televisioni invece di informare sulle attività, i meriti e i limiti dell’Università, lanciano campagne scandalistiche alle quali non corrisponde spesso la realtà dei fatti, come Roars mostra di continuo con ampia e rigorosa documentazione.
Si crea così una tenaglia che ha lo scopo di ridimensionare, e in prospettiva eliminare, uno dei pochi ambiti della vita sociale ancora istituzionalmente autonomi e culturalmente critici.
L’Università italiana ha naturalmente le sue zone oscure, le sue grandi responsabilità, disfunzioni, complicità, ma i provvedimenti legislativi e la disinformazione sistematica invece di contribuire a fare luce e a migliorarla producono una delegittimazione complessiva che serve soltanto al potere, che priva di risorse la ricerca, che ruba il presente e il futuro ai nostri figli.
Soltanto in questo contesto è stato possibile immaginare un Decreto che invece di sostenere l’intera Università si propone di arruolare 500 professori senza sottoporli alla valutazione delle rispettive comunità scientifiche ma delegando la chiamata alla Presidenza del Consiglio. I membri delle Commissioni nominate direttamente dal governo -formate da sole tre persone per ogni Settore Scientifico- percepiranno ben 160.000 € (Fonte: Il pdf del decreto Natta: compensi fino a 160.000 euro per singola commissione).
Come sempre accade, e contrariamente al fiume di bugie, i soldi ci sono. La questione è come vengono utilizzati. Quello previsto dal Decreto Natta è un uso del tutto politico e non scientifico, che nulla ha a che fare con il merito ma soltanto con il controllo sulla ricerca e con la ‘sistemazione’ degli amici di chi sta al governo
Un breve ma lucido e argomentato testo di Eugenio Mazzarella (Professore ordinario di Filosofia teoretica alla Federico II di Napoli) chiarisce il retroterra, il significato, gli scopi di questa operazione, che sta per fortuna suscitando le critiche e l’opposizione di molti Atenei e Società scientifiche. Mazzarella indica con chiarezza l’assoluta gravità di ciò che sta accadendo. È bene che i cittadini italiani ne siano consapevoli.

mazzarella-cattedre-natta

[Versione pdf -quindi più comodamente leggibile- del testo di Mazzarella]

19 commenti

  • agbiuso

    Agosto 4, 2022

    Decreto ministeriale n. 581 del 24 giugno, pubblicato il 29 luglio 2022.

    Doppie iscrizioni a corsi di laurea e master reali e virtuali.
    L’effetto è e sempre più sarà l’inflazione dei titoli di studio; l’arricchimento delle cosiddette “università telematiche”; la cancellazione del valore legale delle lauree.
    I danni gravissimi del governo Draghi non si fermano.

    Fonte: MUR, https://www.mur.gov.it/it/atti-e-normativa/decreto-ministeriale-n-581-del-24-06-2022

  • agbiuso

    Luglio 24, 2022

    “La scuola non sfugge a questa regola, poiché, come abbiamo più volte analizzato, i capitoli del PNRR sulla scuola e la formazione hanno come obiettivo l’asservimento istituzionale alla preparazione di mano d’opera come voluta dalle imprese. Ciò significa lavoratori flessibili, acritici, senza tanti fronzoli culturali per la testa, sempre pronti a piegarsi alle esigenze del padronato.

    Del resto, non dimentichiamo che da decenni questo tipo di formazione è ciò che “ci chiede l’Europa” o meglio l’Unione Europea, che è il grande giudice del rispetto dei quasi seicento parametri imposti all’Italia per ottenere i prestiti del PNRR.

    Ugualmente, per l’Università, Draghi ha inserito nel PNRR la vecchia idea confindustriale del “dottorati d’impresa”, i cui programmi e contenuti sono decisi da aziende che sono interessate a tali ricerche per i propri fini produttivi. Quindi una strada ben tracciata da cui non discostarsi.

    Nel percorrere quella strada Draghi ha trovato un partner eccellente nel ministro Patrizio Bianchi, grande promotore di tutto ciò che nella scuola può contribuire a una formazione che sia partner dell’impresa: competenze a scapito dei saperi, digitalizzazione forzata, “patti territoriali di comunità” (che nel lessico Bianchi significa “impresa”), rilancio dell’alternanza scuola-lavoro, sino a vere e proprie forme di apprendistato”

    Qui il resto dell’articolo: Cosa lascia il governo Draghi nella scuola
    di Maurizio Disoteo, Contropiano, 17.7.2022

  • agbiuso

    Ottobre 5, 2021

    Segnalo un documento dell’Università di Padova a proposito delle proposte agostane del Ministero dell’Università su green e innovazione. È una riflessione sintetica e rigorosa, che va al cuore dell’attacco all’Università e alla libera ricerca.
    Quanto si dice dell’Università di Padova credo che si possa applicare pari pari a ciò che è accaduto tra agosto e settembre a Unict. Nel silenzio di tutti. Ormai una «tradizione della nostra famiglia», il silenzio.
    Non si sa infatti neppure che cosa gli organi di governo -Senato e Consiglio di Amministrazione- stabiliscano. Un silenzio imposto in nome della «riservatezza» , quando a ogni passo dobbiamo fornire informazioni delicate e ultrasensibili sui nostri corpi.
    Osservare le contraddizioni collettive è sempre uno spettacolo.

    Università libera, università del futuro

  • agbiuso

    Agosto 7, 2021

    Segnalo un intervento di Tommaso Centorrino, apparso sulla lista dei docenti Unict (CUDA) a proposito di alcune proposte e dichiarazioni di Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano e Presidente della Conferenza dei Rettori Italiani.

    “Ma cosa dice il presidente della CRUI?
    Vuole trasformare l’università italiana in una multinazionale, con regole e finanziamenti differenziati. Ma stiamo scherzando?!?!
    È sotto gli occhi di tutti la vera soluzione al problema universitario.
    Sarebbe sufficiente un corpo docente meno soggetto alle logiche nepotistiche e clientelari e più aderenti alle reali capacità dei professori.
    Invece si propone una università di eccellenza “per definizione”, contrapposta ad una università “normale”. A ciò conseguirebbe una diversa posizione contrattuale per l’accesso al mercato del lavoro fra i laureati nelle une e nelle altre università. Ed infine la cultura universitaria di qualità diventerebbe sempre più di nicchia, riservata ai ricchi e potenti. A parte altre considerazioni, la soluzione proposta, potrebbe anche rasentare l’ incostituzionalità.
    Le università, in un paese moderno a profonda caratterizzazione sociale, come il nostro, devono essere tutte ricondotte ad un livello qualitativo degno di questo nome e per far questo l’unico modo è di INNALZARE IL LIVELLO CULTURALE DELLA CLASSE DOCENTE, di TUTTA la classe docente, DI TUTTE LE UNIVERSITÀ D’ITALIA.
    Questo sarebbe un progetto.
    Quello proposto è una rapina.”

  • agbiuso

    Maggio 4, 2021

    «Riportare Università&Ricerca fuori dal cono d’ombra della loro riduzione unilaterale all’erogazione di mere ‘competenze’ immediatamente applicabili nel ciclo economico e alla produzione magari in contro terzo di ‘brevetti’. Si potrebbe ampiamente argomentare che in questa preoccupazione non c’è niente di umanisticamente romantico, ma proprio un interesse economico ‘olistico’ del sistema Paese.
    Ad aumentare le preoccupazioni, e la necessità di essere attenti a quel che accadrà nei prossimi anni a Università&Ricerca, si aggiunge un recente documento CRUI, la Conferenza dei rettori. Un documento che, mentre ancora l’università deve metabolizzare gli interventi della Legge Gelmini, improvvidamente si impegna a proporre una riforma del reclutamento che spicca per tre elementi:
    1) frammentazione delle figure ‘professionali’ richieste, bellamente anche divise tra competenze di ricerca e competenze didattiche;
    2) ulteriore precarizzazione della carriera accademica, che potrebbe giungere a 22 anni dalla laurea;
    3) la trovata di permettere l’accesso a questa precarizzazione, non oltre sei anni dalla laurea o dal dottorato, che è un modo di tagliare fuori due o tre generazioni di precari attualmente attivi nell’università, e di conseguire di sghimbescio un artificiale ringiovanimento del comparto del personale docente, più dignitosamente conseguibile ampliando una buona volta gli organici.
    Una riforma del reclutamento e delle carriere che sembra fatta apposta per avere gli strumenti normativi per gestire una ristrutturazione del sistema Università&Ricerca sulla base della differenziazione delle ‘missioni’ della rete degli atenei italiani: alta formazione come didattica e ricerca, pura erogazione didattica di competenze, ricerca concentrata in ‘campioni’ nazionali ovviamente raccordati ai territori forti, con qualche residua cattedrale nel deserto nei territori deboli…Mi verrebbe da dire, occhio ragazzi. Perché alla fine tutto riguarda voi».

    Eugenio Mazzarella, «L’Università rimane nel cono d’ombra», Il Mattino, 4.5.2021, p. 35

  • agbiuso

    Aprile 27, 2021

    L’Associazione Nazionale Docenti Universitari ha diffuso un documento nel quale si riassumono le dinamiche in atto per rendere sempre più difficile l’esistenza di un’Università aperta, democratica, critica.
    Vi si analizzano in particolare le posizioni della CRUI, la Conferenza dei Rettori Universitari Italiani, la quale è un organismo privato che però si comporta come se avesse funzioni pubbliche. Le posizioni della CRUI coincidono quasi sempre con quelle discriminatorie e aziendalistiche della Confindustria.
    Copio qui sotto il testo, che si trova sul sito dell’ANDU: I RETTORI CONTRO IL SISTEMA UNIVERSITARIO (27.4.2021)

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    1. La CRUI per lo smantellamento del Sistema nazionale universitario
    a. Il devastante progetto dei Rettori

    b. La Superlega del Presidente della CRUI e della Confindustria

    c. La CRUI non rappresenta gli Atenei

    d. La CRUI piace alla Commissione Cultura della Camera

    e. L’indispensabile e urgente Organo nazionale dell’Autonomia dell’Università statale

    2. Abolizione del precariato (non degli attuali precari) e nuovo reclutamento nel ruolo di professore

    La CRUI per lo smantellamento del Sistema nazionale universitario
    La CRUI il 22 aprile 2021 ha approvato, all’unanimità, il documento “Formazione alla ricerca e reclutamento universitario”.

    a. Il devastante progetto dei Rettori
    La CRUI vuole ampliare la giungla dei precari (6 figure) e allungare la loro permanenza (fino a 22 anni), senza peraltro una sicura prospettiva di sbocco nel ruolo dei professori.

    La CRUI vuole anche rendere iper-localistiche le prove per ‘reclutare’ le nuove figure precarie e vuole mantenere la cooptazione personale con gli attuali finti concorsi locali per associato e ordinario.

    La CRUI prevede inoltre l’introduzione del nuovo ruolo di “Collaboratore didattico/Insegnante universitario”, che non svolge attività di ricerca e che è destinato alla manovalanza didattica; una figura particolarmente adatta alle università alle quali sarà di fatto consentito di svolgere solo o prevalentemente didattica (università di serie b, c, etc.).

    I Rettori chiedono pure nuovi meccanismi di trasferimento e di reclutamento per consentire agli atenei “eccellenti” e ricchi, prevalentemente nordici, di ‘accumular i docenti migliori. Nella stessa direzione, la CRUI vuole ampliare le “cattedre industriali”.

    b. La Superlega degli Atenei internazionali del Presidente della CRUI e della Confindustria
    Il Presidente della CRUI: “Dobbiamo distinguere le sedi per la loro vocazione, quelle generaliste e quelle specializzate, quelle rispondenti a criteri locali e quelle che hanno una dimensione internazionale”. Questa è la convinzione di Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano e Presidente della CRUI (v. “Università, sfida futura” sul Corriere della Sera del 24 marzo 2021).

    I 13 Atenei eccellenti: “Siamo università di ricerca, controlliamo i costi, guardiamo oltre i confini nazionali, e siamo pronti a firmare un patto con il futuro governo. Ma basta finanziamenti a pioggia: i fondi devono essere assegnati in base a criteri di meritocrazia” (“Lo strappo di 13 università: siamo serie A”. “Verso la ‘secessione’ dalla Crui” sul Corriere della Sera del 9 marzo 2008).

    La Confindustria: “Secondo gli imprenditori, nel nostro Paese almeno quindici atenei hanno le potenzialità per scalare rapidamente le classifiche. ‘Il Politecnico di Milano – spiega ancora Rocca (allora vicepresidente della Confindustria, ndr) – deve essere messo in condizione di competere con i migliori atenei europei. Non ha molto senso che segua le stesse regole di un ateneo che non può competere a livello internazionale” (v. “Concorrenza tra atenei, più soldi ai migliori” sul Corriere della Sera del 21 marzo 2006).

    c. La CRUI non rappresenta gli Atenei
    La CRUI da anni pretende di rappresentare il Sistema nazionale universitario, un ruolo fortemente voluto dalla CRUI stessa e dalla “lobby trasparente” (così si è autodefinita) confindustriale TreeLLLe che ha chiesto di ”assumere la Conferenza dei Rettori (Crui) quale referente per la consultazione, il confronto e la verifica del consenso sulle più rilevanti scelte di governo del sistema: ciò in quanto la Crui è espressione dei responsabili della gestione degli atenei e struttura istituzionalmente autonoma e indipendente rispetto al Ministero (sic!).” L’indicazione di questa lobby è stata ‘registrata’ negli ultimi decenni da tutti i Governi e da tutti i Parlamenti. Per ‘agevolare’ il ruolo della CRUI è stato anche svuotato il ruolo di rappresentanza del CUN. (V. il documento “Università. Autonomia o CRUI. Il CUN”).

    In realtà nella CRUI, organismo privato, i Rettori non rappresentano i loro Atenei, nonostante quanto previsto dal suo Statuto: “le istituzioni universitarie associate nella CRUI sono rappresentate dai rispettivi Rettori o figure responsabili equivalenti.” Infatti le decisioni prese dai Rettori nella CRUI non vengono pre-discusse nei rispettivi Atenei (Senati accademici, assemblee, etc.). E lo stesso è accaduto nel caso del documento sul reclutamento, approvato, ‘naturalmente’, all’unanimità.

    Peraltro i Rettori sono eletti essenzialmente sulla base di programmi per la gestione dei propri Atenei e non anche su programmi di politica universitaria nazionale.

    d. La CRUI piace alla Commissione Cultura della Camera
    Dopo mesi di lavoro nel Comitato ristretto sulle Proposte di Legge riguardanti il reclutamento e lo stato giuridico dei ricercatori delle università e degli enti di ricerca, la Commissione Cultura della Camera il 15 dicembre 2020 ha nuovamente audito la CRUI e il CUN, definiti “soggetti essenziali per il lavoro del Comitato ristretto”, per avere da loro un parere puntuale sul Testo unico in via di definizione. Un testo reso noto a CRUI e CUN, ma ignoto a tutto il resto del mondo universitario (composto da soggetti inessenziali?).

    Guardando con attenzione tutta la registrazione dell’audizione si ha la sensazione che essa sia stata sollecitata, improvvisata e pasticciata per ottenere una sorta di beneplacito da parte soprattutto della CRUI, per un testo, per reciproco riconoscimento, in sintonia con quanto stava elaborando la stessa CRUI e aveva elaborato il CUN. Cliccare qui per vedere l’intera audizione.

    La stessa Commissione, nonostante la sollecitazione dell’ANDU, non ha voluto audire anche le rappresentanze delle varie componenti dell’Università. V. il documento “Camera. Finte e vere audizioni?”.

    e. L’indispensabile e urgente Organo nazionale dell’Autonomia dell’Università statale
    Per contrastare il dannoso ruolo che la CRUI sta svolgendo da decenni elaborando e/o sostenendo le ‘riforme’ che stanno smantellando l’Università statale, ma soprattutto per assicurare l’autonomia del Sistema nazionale universitario dai poteri forti interni ed esterni (basta con la finta autonomia dei singoli Atenei) occorre introdurre un unico Organismo nazionale di autogoverno del Sistema.

    Un Organismo che per poteri (tra i quali quello di iniziativa), composizione e modalità elettorali rappresenti autorevolmente e democraticamente l’intero mondo universitario.

    Tutti i rappresentanti dovrebbero essere eletti direttamente e in un unico turno.

    In particolare i rappresentanti dei docenti dovrebbero essere divisi proporzionalmente in non più di 6 grandi aree scientifico-disciplinari, con elettorato passivo e attivo comune e con l’impossibilità che, tra gli eletti, gli appartenenti a una stessa fascia siano più della metà.

    Inoltre dovrebbe essere nominato da questo Organismo il Collegio nazionale di disciplina.

    Tra l’altro, rendendo finalmente autonoma l’Università italiana dai poteri forti che la stanno sopprimendo si renderebbero finalmente autonomi da questi stessi poteri il Governo, il Parlamento e le forze politiche.

    Abolizione del precariato (non degli attuali precari) e nuovo reclutamento nel ruolo di professore
    Per eliminare veramente e definitivamente il precariato, sarebbe necessario:

    Bandire almeno 25.000 posti di ruolo di professore (di seconda o di terza fascia) in 4 anni e prorogare tutti gli attuali precari fino all’espletamento dei relativi concorsi, cancellare tutte le attuali figure precarie e introdurre una sola figura pre-ruolo di durata triennale, in numero rapportato agli sbocchi in ruolo e con piena libertà di ricerca.

    Abolizione di ogni prova locale

    Per debellare la cooptazione personale e gli “annessi” fenomeni di localismo, nepotismo, clientelismo, parentopoli, etc., tutte le prove, a partire dall’ammissione ai dottorati, devono essere nazionali, con commissioni tutte sorteggiate tra tutti i professori e con regole che impediscano il prevalere di cordate (delle commissioni non devono far parte docenti degli Atenei interessati e non deve farne parte più di un docente dello stesso Ateneo).

  • agbiuso

    Aprile 15, 2021

    Eugenio Mazzarella commenta un documento nato dall’Università, per l’Università e per l’intero corpo sociale, per il crescere della conoscenza e per le garanzie di libertà:
    Dieci tesi per l’Università (Università di Padova, 31.3.2021)
    Per il domani dell’Università (E. Mazzarella, Avvenire, 15.4.2021)

  • agbiuso

    Febbraio 14, 2019

    Segnalo una mia intervista all’emittente universitaria di Catania Radio Zammù sul tema del regionalismo differenziato e dell’università:
    http://radiozammu.it/prof-giovanni-biuso-aun-accordo-che-mina-la-costituzionale-uguaglianza-dei-cittadinia.htm
    (Per ascoltarla senza la musica assordante della diretta radio -che scatta dopo qualche secondo- bisogna cliccare sul simbolo ‘II’ in fondo alla pagina).

  • agbiuso

    Febbraio 12, 2019

    Il Prof. Eugenio Mazzarella ha promosso una nuova iniziativa in difesa non soltanto delle Università del Sud ma dell’intera comunità italiana. Il breve testo si intitola “NON VOLTATEVI DALL’ALTRA PARTE” Contro la secessione dei ricchi.
    Invito a leggerlo, cliccando sul titolo, e a diffonderlo.

  • agbiuso

    Maggio 17, 2017

    Un attento e condivisibile intervento di Giorgio Agamben.

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    “Una spia di questa impostura terminologica è la sostituzione in ogni ambito della parola “ricerca” a quella, che appare evidentemente meno prestigiosa, di “studio”. E la sostituzione è così integrale che ci si può domandare se la parola, praticamente scomparsa dai documenti accademici, finirà per essere cancellata anche dalla formula, che suona ormai come un relitto storico, “Università degli studi”. Cercheremo invece di mostrare che non soltanto lo studio è un paradigma conoscitivo sotto ogni aspetto superiore alla ricerca, ma che, nell’ambito delle scienze umane, lo statuto epistemologico che gli compete è assai meno contraddittorio di quello della didattica e della ricerca”
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    Qui l’intero testo: Studenti

  • agbiuso

    Novembre 16, 2016

    Se come docenti e come cittadini non riusciremo a fermare questi folli, l’Università sarà distrutta e con essa il futuro dei nostri figli, dei tanti nostri studenti pieni di talento e di passione.

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    In arrivo i ludi dipartimentali. «AVE MIUR ET ANVUR, MORITURI VOS SALUTANT!»
    Di Umberto Izzo, Roars, 14 novembre 2016

    Sintesi dell’articolo
    Una pioggia di sesterzi sta per abbattersi su 180 dipartimenti italiani. A dire il vero, ad essere inequivocabile è la riduzione del Fondo di Finanziamento Ordinario: meno 12 milioni di euro (Legge stabilità, art. 41, comma 9, lettera b). Ma, invece di piagnucolare, proviamo a essere virili, una volta tanto. Al decrescere del FFO corrisponde la costituzione del Fondo per il Finanziamento dei Dipartimenti Universitari di Eccellenza: 180 trofei ripartiti dal governo tra 14 discipline gladiatorie in modo ampiamente discrezionale (tra 5 e 20 il numero di dipartimenti premiati in ciascuna delle 14 aree). Lo scopo dei ludi è “incentivare l’attività di ricerca delle università statali che si caratterizzano per l’eccellenza: a) nella qualità della ricerca; b) nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica; c) nonché con riferimento alle finalità di ricerca di Industria 4.0”. I sesterzi per i vincitori? Ben 1.350.000 euro l’anno, 6.750.000 in un lustro. Arbitri di stretta osservanza governativa: 2 componenti (fra cui il Presidente) nominati dal MIUR; 4 designati dal MIUR da una rosa di 3 nominativi indicati da ANVUR e da una rosa di 3 nominativi indicati dal CNGR; infine, un componente nominato dal Presidente del Consiglio. Starà ad ANVUR calcolare l’Indicatore Standardizzato della Performance Aziendale (pardon: Dipartimentale), anche detto ISPD, basato sui voti VQR dei dipartimenti. Solo ai primi 350 dipartimenti sarà consentito scendere nell’arena per la sfida finale che incoronerà le migliori 180 scuole gladiatorie. Per vincere, dovranno presentare un progetto dipartimentale, che però conterà solo per il 30% contro il 70% dell’ISPD. Come reagirà l’accademia italiana messa di fronte all’ennesima fantozziana “Coppa Cobram”? Si ispirerà più a Paolo Villaggio o a Russell Crowe?
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    Sempre su Roars, un collega ha così commentato:
    Sono effettivamente casi psichiatrici, odiano la cultura, lo studio, il proprio paese e la costituzione. Godono a vedere i miseri che si sbranano, inventano videogames cui partecipiamo nostro malgrado, scavalcano ogni regola, correttezza e rispetto, riducono il pensiero a slogan e rifilano algoritmi. E a loro si uniscono onnipresenti intrallazzoni e leccapiedi. Ci stanno mandando in rovina in nome di cosa?

  • agbiuso

    Novembre 8, 2016

    Pubblico la sintesi di un articolo di Roars dal titolo
    LA BUFALA DEL GIORNO
    Nannicini, guarda che sulle #CattedreNatta confondi la NSF con la RSF (Rignano Science Foundation)
    Di Redazione ROARS 7 novembre 2016

    «Lascia stupefatti l’incultura istituzionale del sottosegretario Nannicini» aveva scritto Sofia Ventura su QN. Nannicini non gradisce e le replica a muso duro: «Falsità strumentali sulle Cattedre Natta». E le cita tre “casi di successo” da cui il governo avrebbe tratto ispirazione: NSF (USA), CERC (Canada) e ICREA (Catalogna). Ma i tre esempi ci azzeccano ben poco con le Cattedre Natta. Nel primo, il Presidente degli Stati Uniti nomina i membri di un board che non deve reclutare professori. Nel secondo, le proposte di reclutamento sono fatte dalle università e solo dopo due fasi di valutazione da parte di board indipendenti sono finanziate da un organismo presieduto da un ministro. Nel terzo, di dimensioni molto ridotte, una agenzia governativa sceglie attraverso panel composti da numerosi revisori un numero limitato di ricercatori eccellenti. Forse, Nannicini credeva di vendere collanine a sperduti indigeni di provincia. Collanine a parte, a noi pare però che il disegno sia chiaro. Ed emerge anche da un lapsus. Sul suo blog, Nannicini confonde la NSF con una inesistente «RSF la grande agenzia per ricerca statunitense». Più che NSF, CERC o ICREA, quello che ha in mente il Sottosegretario preso dallo zelo di compiacere il Leader potrebbe essere il varo di una Renzi Science Foundation o Rignano Science Foundation, da cui distribuire tutte le risorse italiane della ricerca con commissione nominate direttamente dal Presidente del Consiglio. Avvalendosi dei preziosi consigli del sottosegretario – e quasi compaesano – Tommaso Nannicini, naturalmente.

  • agbiuso

    Novembre 2, 2016

    Pubblico un importante documento unitario di tutte le organizzazioni dell’Università italiana: professori (ordinari e associati), ricercatori, assegnisti di ricerca, dottorandi, personale tecnico e amministrativo:

    ADI, ANDU, ARTeD, CIPUR, CISL-Università, CNRU, CNU, CONFSAL-CISAPUNI-SNALS, CoNPAss, Federazione UGL Università, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, UDU, UIL RUA
    NO ALLE “CATTEDRE NATTA”

    Anche studenti e dottorandi sono contrari al decreto del governo Renzi che istituisce i super-baroni: Non solo ‘baroni’: le cattedre Natta non convincono nemmeno studenti e dottorandi

  • agbiuso

    Ottobre 26, 2016

    Ecco i puri, gli illuminati, che con poche coraggiose decisioni stanno finalmente cambiando il Paese
    Di Gianfranco Viesti e Mario Ricciardi 26 ottobre 2016

    L’articolo di Viesti (che venerdì 28 parteciperà al Colloquio organizzato dal Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania) e Ricciardi mostra «come un approccio di stampo ‘reaganian-staliniano’ stia facendo e possa fare ancora danni profondi» all’Università italiana, a noi, ai nostri studenti, alla ricerca.
    Un testo breve, che fa capire ancora una volta che cosa è in gioco nella politica universitaria del governo Renzi-Alfano-Verdini.

  • agbiuso

    Ottobre 25, 2016

    Dal manifesto del 25.10.2016
    Università, il coraggio di denunciare

    Arnaldo Bagnasco, Gian Luigi Beccaria, Remo Bodei, Alberto Burgio, Pietro Costa, Gastone Cottino, Franco Farinelli, Luigi Ferrajoli, Giorgio Lunghini, Claudio Magris, Adriano Prosperi, Stefano Rodotà, Guido Rossi, Nadia Urbinati, Mario Vegetti, Gustavo Zagrebelsky

    Dell’Università oggi si parla molto e di solito agitando luoghi comuni: sortite che dell’Università italiana colgono aspetti marginali e non i problemi più gravi, forse dimenticando che all’Università è affidato il compito fondamentale di formare cittadini responsabili, oltre che la delicata funzione di preparare la classe dirigente del paese.

    In Italia l’Università è da tempo un malato grave, abbandonato a se stesso e devastato dalle «riforme» degli scorsi decenni, sino alla esiziale riforma Gelmini: cure ispirate a una ideologia aziendalistica e peggiori dei mali che dovrebbero guarire.

    Molti di questi mali sono noti: servilismo e mercimonio, corruzione e clientelismo. Altri costituiscono fenomeni relativamente recenti, come la precarietà dei giovani ricercatori e una esasperata competizione su risorse e carriere.

    Nomi alti e principî venerabili sono stati piegati al servizio di consorterie, favorendo l’instaurarsi di una nuova baronia universitaria non meno potente della vecchia, ma incomparabilmente più arrogante, ignorante e corrotta. A un vecchio barone non conveniva, di norma, esagerare: non sarebbe stato rieletto nelle commissioni future.

    E circa la precarietà dei giovani, questi, in un lontano passato, potevano almeno contare sulla regolarità nel bando dei concorsi, dalla libera docenza all’ordinariato. Oggi invece tutto dipende dai Dipartimenti inventati dalla Gelmini, che nulla hanno a che fare con la ricerca scientifica. Vi si discute soltanto di soldi: per i soldi si confligge, in base ai soldi si valuta e si sceglie (coinvolgendo in tali scelte anche la didattica – la cosiddetta «offerta formativa» – quindi la preparazione delle giovani generazioni).

    Per questo nei nuovi Dipartimenti spadroneggiano gruppi di potere.

    L’attuale autonomia degli atenei (ben diversa da quella prevista dalla Costituzione) tende a premiare i docenti interessati alla gestione delle risorse e al controllo delle funzioni amministrative assai più che alla ricerca e all’insegnamento. La valutazione del merito è degenerata in un sistema spesso incapace di misurare l’effettiva qualità scientifica: le commissioni giudicatrici non sono diventate più «obiettive» grazie agli algoritmi escogitati dall’Anvur né con la bibliometria, che è invece un silenzioso ma efficace invito al conformismo.

    Il feticcio dell’«eccellenza» non soltanto induce a trascurare il sistema nel suo complesso, ma legittima scelte discrezionali e arbitrarie. Si pensi, a questo proposito, alle chiamate dirette (senza concorso) dall’estero, di cui beneficiano non di rado docenti privi di comprovata autorevolezza; e, da ultimo, alle cosiddette «Cattedre Natta»: cinquecento posti di professore associato o ordinario attribuiti a pretesi «ricercatori di eccellenza» selezionati da commissioni soggette al giudizio politico (i presidenti saranno nominati – a quanto pare – dal presidente del consiglio) e destinati a un trattamento privilegiato («stipendi più alti in ingresso» e possibilità di «muoversi dove vogliono dopo un periodo minimo di permanenza nell’ateneo prescelto»).

    È indubbio che l’Università italiana sconti anche drammatici problemi di scarsità di risorse; ma aumentare queste ultime senza contestualmente affrontare le questioni più generali e di fondo servirebbe soltanto ad accrescere il potere delle camarille accademiche.

    Nessun intervento esterno può essere efficace senza una autoriforma del corpo malato. Ciò è difficile, ma non impossibile: i docenti universitari desiderosi di risanare l’Università potrebbero compiere sin d’ora un gesto di coraggio civile, denunciandone i mali e le pretese panacee.

  • agbiuso

    Ottobre 24, 2016

    Segnalo un interessantissimo articolo di Roars che mostra come tra i settori privilegiati dal Decreto Natta ci siano quelli della ministra Giannini e del Capo Dipartimento Mancini.
    È il trionfo del Super Barone governativo.

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    «Venticinque commissioni di valutazione i cui presidenti saranno accademici stranieri. Magari immuni da baronie, camarille e nepotismi che affliggono il sistema universitario italiano»: così argomentano i difensori delle Cattedre Natta. Chissà se cambierebbero opinione sulla fine di baronie e camarille, scoprendo che la lista di corrispondenze tra aree ERC e settori concorsuali è stata usata come cavallo di Troia per dirottare un bel gruzzoletto di supercattedre nel settore della Ministra e del Capo dipartimento università del MIUR. Forse Renzi ha deciso che, mentre Human and Social Sciences vanno globalmente ridimensionate (1/2 supercattedra ogni 100 professori), è invece prioritario investire risorse in filologia illirica, celtica ed ugro-finnica; oltreché in lingua e letteratura albanese, ed estetica e forse anche in logica (4 supercattedre ogni 100 professori). Glottologi, linguisti, logici e filosofi dei linguaggi avranno più supercattedre (ben 24) di tutta la Chimica di sintesi e dei materiali (22 cattedre). E più dell’Ingegneria dei sistemi e delle comunicazioni (22 cattedre). Quanti e quali altri cavalli di Troia si nascondono in quella lista di corrispondenze? A dire il vero, noi pensiamo che Renzi di tutto questo non sapesse nulla. E che, mentre si lasciava convincere ad adottare un provvedimento apparentemente antibaronale, non si sia reso conto che qualche barone gli stava giocando un bello scherzetto. I suoi consiglieri accademici, invece di rallentare l’iter del provvedimento, hanno spinto il premier nell’occhio del ciclone. Sprovveduti? O talmente pragmatici e desiderosi della loro fetta di torta da accelerarne la cottura prima che – non si sa mai – cambi il cuoco?
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    L’articolo integrale si trova qui:

    PACCO DOPPIO PACCO E CONTROPACCOTTO
    Supercattedre col trucco: ecco come sono state dirottate sulle materie della Ministra
    Di Redazione ROARS 24 ottobre 2016 ore 13:29

  • agbiuso

    Ottobre 23, 2016

    L’intervento di Luigi de Magistris

    La differenza tra un regime autoritario e la democrazia risiede nella sovranità auto-attribuitasi ed esercitata da una entità statale, da una forma di governo o peggio ancora da un partito o da un uomo forte al comando sulle articolazioni del vivere comune: potere giudiziario, scuola e università, stampa e informazione. Quando l’ingerenza è assoluta da autoritario il regime diviene totalitario. Ad essere sotto attacco è l’art. 33 della Costituzione repubblicana: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Sono libere e ne è libero l’insegnamento perché la sovranità appartiene al popolo, non al governo, non al presidente del consiglio, non al giro di amicizie del presidente del consiglio. Per questo reputo pericoloso per l’accezione democratica del nostro assetto costituzionale il decreto per le università redatto dalla presidenza del consiglio. Tale decreto istituisce su nomina diretta del presidente del consiglio una commissione di 25 membri che seleziona 500 docenti universitari con un contratto maggiorato secondo la media degli stipendi e con un accesso alle cattedre che non contempla il concorso pubblico. Un modello scopiazzato dal sistema statunitense che non considera il carattere pubblico, quindi democratico, delle nostre università. Difendere l’università significa finanziare la ricerca, consentire il turnover nelle nostre accademie, non condannare al precariato i ricercatori, aumentare le borse di studio per garantire pari opportunità. Il baronato all’interno delle università va si contrastato ma con trasparenza e meritocrazia e non creando un superbaronato di fedelissimi al presidente del consiglio.
    Scelta che ricorda più le velleità di regimi autoritari che di paesi a tradizione democratica. Ad essere mortificato è lo spirito liberale, indipendente e critico delle nostre istrituzioni accademiche. Solo una ricerca libera cointribuisce allo sviluppo di una comunità.

  • agbiuso

    Ottobre 23, 2016

    La Rete29aprile ha diffuso e commentato il testo integrale del “Decreto Natta” i cui contenuti confermano tutta la loro insensatezza scientifica e politica.
    Un provvedimento assai pericoloso per la libertà della ricerca e dell’insegnamento. Un provvedimento che umilia l’Università italiana. Da respingere totalmente.

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