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4 commenti

  • agbiuso

    Dicembre 1, 2015

    Grazie a te, Pasquale, per questa efficace, esilarante e necessaria analisi del più sciocco riduzionismo. Pensare che con quei metodi si possa capire qualcosa del corpomente è come ritenere di poter conoscere il mare fermandosi alla formula H2O.
    È ciò che però fanno non pochi neuroscienziati e -peggio ancora- i loro imitatori tra i filosofi.

  • Pasquale

    Novembre 30, 2015

    Mi aggrego in ritardo carissimi ma mi aggrego. Sere fa ho visto un documentario agghiacciante. Una ricercatrice olandese ha scoperto che ci sono aree del cervello che si attivano quando pensi una lettera e altre per un altra. Sarebbero tanto grandi rispetto alla massa complessiva della materia che la prima osservazione spontanea è che il cerebrum allora è ben poca computadora se ha bisogno di spazi nell’ordine di un centimetro per dire a e ba. Questo è quanto si vedeva nelle scansioni cerebrali proposte. La tipa peraltro ha messo a punto un software che in combutta con un tomografo assiale leggerebbe nel pensiero dell’indagato e dovrebbe indovinare che cosa pensa. Per esempio Haway. Da schiantarsi dalle risa. La macchina ha individato non Haway ma ben dieci lettere prive di nesso espressivo tra loro, tra le quali figuravano la r e la a ma solo perchè sulla tastiera qwerty sono vicine. La tipa era motlo soddsfata dal lavoro del software che le aveva messe in fila appunto seguendo il criterio della tastiera. Da schiantarsi. Hawking che assisteva in teleconferenza all’esperimento riusciva ad avere un’espressione perplessa nonostante la paresi. Capisco che l’idea è quella di catturare il pensiero degli handicappati, ridotti pertanto a puro blocco cerebrale. Non aggiungo altro perchè Diego ha già ben espresso. Ma mi è noto che la pronuncia delle parole è dovuta al porsi complesso della persona; nell’euritmia steineriana si danzano le parole. Il canto, bè il canto, che dire dle canto che non si veda. Cose peraltro che il teatro sa dai tempi di Carlo Cudega. Si dice che si dà corpo alle parole. E io stesso, non il solo naturalmente, per scrivere ho bisogno di un rituale complesso di ordine formale intorno e dentro di me, e infine scrivo con le mani. Allora il pensamento passa per le dita, non solo arriva alle dita. Che dire dei danzatori e dei pittori infine. Trionfa invece ancora il sentimento dell’uomo computazionale della fantascienza anni 50. È più semplice e implica un dio faber. Cioè è più semplice da governare. Un abbraccioa tutti e grazie ad Alberto. P.

  • agbiuso

    Novembre 28, 2015

    Caro Diego, grazie ancora una volta! La condivisione convinta di amici competenti come te mi aiuta a proseguire sul mio sentiero di ricerca. Ciò che pensiamo è infatti il frutto anche dei nostri incontri, delle nostre relazioni.

  • diego

    Novembre 28, 2015

    Grande rispetto per il Perconti, ma la tua concezione della mente, caro Alberto, è la più giusta. L’unica che riesce a sfuggire il riduzionismo da un lato e dall’altro lato l’idea astratta di una mente come puro algoritmo, come software implementabile anche in assenza di un corpo. Il crinale che molti non sanno oltrepassare è quello dell’ «io», e molto aiuta avere, come nel tuo caso, una profonda conoscenza ed empatia col pensiero greco e con l’immenso filosofo coi baffi (dopo di lui, nulla di nuovo si puo’ scrivere). Corpomente, questo potentissimo neologismo vale da solo milioni di parole scritte nate già antiquate.

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