Skip to content


La nuova Università

renzi_lavagnaHo ricevuto un documento, che non è ancora stato reso pubblico, nel quale vengono enunciati alcuni dei criteri meritocratici che andranno, con gradualità, a sostituire quelli attuali; criteri in base ai quali saranno assunti i nuovi docenti universitari e quelli già in ruolo otterranno aumenti di stipendio e avanzamenti di carriera. Il quotidiano Sicilia Journal ha ospitato ieri un mio articolo in merito: Verso nuove vette della conoscenza. La nuova università meritocratica

13 commenti

  • agbiuso

    Dicembre 16, 2015

    Gli dèi ci scampino dal merito renzanvuriano.
    Andrea Belleli ha scritto su Roars e sul Fatto Quotidiano un efficace articolo intitolato Università: tutti d’accordo a premiare il merito. Meglio di no, grazie

    “Sono vent’anni che diciamo che le nostre università fanno schifo… cominciamo a premiare il merito”: parole del Presidente del Consiglio Matteo Renzi a Porta a Porta, il 19 maggio scorso. Parole avventate: chi dice che le università italiane fanno schifo, oltre a Matteo Renzi? Di certo non le statistiche di valutazione delle agenzie internazionali che situano l’Italia al settimo o ottavo posto nel mondo per la qualità della ricerca scientifica e le migliori università italiane (Milano Politecnico, Bologna, Roma Sapienza, etc.) nello stesso gruppo di quelle di Amburgo, Dresda, Bruxelles, Anversa o Stoccolma.

    Se si dovesse scrivere un post su ogni strafalcione del nostro attuale Presidente del Consiglio, si riempirebbero biblioteche; l’intervista rilasciata a Porta a Porta va aggiunta alla nutrita serie di espressioni populistiche dei nostri politici, fatte per solleticare un elettorato che preferisce slogan e luoghi comuni a dati oggettivi. E’ però interessante la promessa del Premier: cominciamo a premiare il merito. Pochi giorni dopo l’intervista, infatti, veniva promulgato il decreto ministeriale che stabiliva il Fondo di Finanziamento annuale delle Università italiane, decurtato rispetto a quello dell’anno precedente di circa 150 milioni di euro (2%) e di un miliardo (14%) rispetto a quello del 2009, secondo uno studio recentemente presentato da Sapienza Università di Roma: in pratica e per farla breve, l’intero sistema universitario pubblico nazionale costava allo Stato oltre 7 miliardi e 400 milioni di euro all’anno negli anni 2008-2009 e 6 miliardi e 400 milioni nel corrente 2015, con un premio netto “per il merito” di meno un miliardo. I dati di Sapienza corrispondono a quelli del Miur, a meno di piccole variazioni dovute evidentemente all’inclusione o esclusione di voci accessorie, quindi penso che siano affidabili.

    Nella costante diminuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario, già esiguo rispetto agli analoghi stanziamenti dei nostri vicini europei, osservata nel corso degli ultimi dieci anni, spiccano alcune coincidenze significative. Nel decennio 2005-2015, il Ffo annuale tocca il suo massimo negli anni 2008 e 2009 (secondo governo Prodi); la Valutazione della Qualità della Ricerca (Vqr) 2004-2010 viene affidata dal Miur all’Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca nel novembre 2011 quando il Ffo è già calato di mezzo miliardo (governo Berlusconi; ministro Gelmini al Miur); il calo e la valutazione continuano di pari passo, tanto che quando a luglio scorso l’Anvur approva il bando per la Vqr 20011-2014 il Ffo ha perduto rispetto al 2011 un altro mezzo miliardo di euro, ovvero un bel miliardo tondo tondo rispetto agli anni 2008-2009; al governo c’è Matteo Renzi con le sue interviste.

    E’ difficile credere che l’Anvur sia qualcos’altro che uno specchietto per allodole il cui scopo è dare una verniciata di meritocrazia sopra i tagli selvaggi del finanziamento dell’Università italiana decretati negli anni dai governi Berlusconi e Renzi. Si fa finta di valutare allo scopo di poter dire che le università hanno avuto meno soldi per colpa del loro scarso valore scientifico; ma il “premio” di Berlusconi e Renzi è una punizione generalizzata e la valutazione del merito stabilisce chi sarà punito di più e chi sarà punito di meno. Si sono salvate solo le Università che in qualche modo erano legate al ministro dell’Università in carica, di volta in volta Profumo (Politecnico di Torino), Carrozza (Sant’Anna di Pisa), etc. A questo punto vorremmo rivolgere una preghiera al Presidente del Consiglio: potrebbe, per favore, smettere di premiarci?

    (Pubblicato sul Fatto Quotidiano)

  • agbiuso

    Maggio 31, 2015

    Sai benissimo, caro Pasquale, come sono fatti gli artisti, per i quali il proprio sé è il centro del mondo. Tutti, naturalmente, abbiamo tale tendenza ma in certi caratteri e categorie è ancora più accentuata. Il lavoro provvederà certamente a convertirla all’umiltà, ma anche tu darai il tuo contributo.
    Sugli esami sono perfettamente d’accordo. E anche sul tuo vantartene.

  • Pasquale D'Ascola

    Maggio 30, 2015

    Mi compiaccio con te e ti sono grato per avercene reso partecipi.
    Al contrario mi sono reso odioso con qualcuna delle mie, che conosci, che mi ha rinfacciato di averle fatto perdere tempo con piccole attività teatrali, comparsate o quasi è vero, ma già professionali che l’hanno, mi ha detto, umiliata. Va da sé che le ho dato un manrovescio verbale di una bella forza. Potrei stroncarla all’esame, e immagino che se lo aspetti, ma le darò invece una lode per avere avuto la faccia tosta di affrontarmi a muso duro davanti a tutti. Il lavoro provvederà a convertirla all’umiltà.

    Agli esami quest’anno non tollererò abbigliamenti da spiaggia. So di essere fuori moda ma me ne vanto.
    P.

  • agbiuso

    Maggio 30, 2015

    «Credo peraltro che di nostra iniziativa, è nelle aule che dovremmo continuare ribattere, inasprendoci».
    Esatto, Pasquale. E quest’anno ho avuto occasione di farlo in modo articolato con i miei studenti di Sociologia della cultura. Il corso dedicato alla Società senza Stato è risultato molto impegnativo per loro e per me e però mi sembra che abbia contribuito a rendere più consapevoli, e quindi più libere, più di un centinaio di giovani persone.
    Rendo qui pubblico quanto mi ha scritto -anonimamente- una di queste studentesse. Non soltanto perché si tratta di una particolare gratificazione per l’insegnante (della quale sono ovviamente assai contento) ma soprattutto perché conferma per intero la nostra funzione di cittadini e di intellettuali, conferma che quello del docente è il mestiere più bello del mondo. Un dato di fatto che nessun boccaccesco o analfabeta presidentedelconsiglio, nessuna agenzia burocratica di valutazione, nessun parlamento e nessun mainstream giornalistico nemico della scuola e al servizio dei potenti, potranno mai cancellare.
    «Buona sera, professore. Sono una studentessa di scienze e lingue per la comunicazione, che segue le sue lezioni di sociologia della cultura. Le invio una e-mail in maniera del tutto anonima solamente per farle i miei complimenti per le sue bellissime e coinvolgenti lezioni, per i temi trattati, per il suo interesse che traspare in esse dal Suo voler essere chiaro e compreso. Riesce a fare collegamenti tra gli argomenti in modo che gli appunti siano tutti ben uniti, collegati; in quanto non enuncia un punto e poi continua con un altro, un nuovo argomento, cosa che non è molto semplice come sembra. Ha questa capacità spettacolare di unire le cose e le rende facilissime».

  • Pasquale D'Ascola

    Maggio 30, 2015

    ..è poi quello che si sta cercando di fare in Italia da più di vent’anni e anche norme chiaramente assurde, ma che avrebbero l’effetto di accelerare questo processo, non possono che apparire verosimili e possibili emanazioni di progetti governativi…

    Il disegno davastante è artato, prodotto non di menti scioperate, assurde o cosa ma di pupari che se mai usano pupi di bonario o bell’aspetto per sedurne altri, gli stessi non vedenti che nel carrello della spesa sono usi a porre tutto ciò che la pubblicità suggerisce.
    Ma non credo che questo commento aggiunga qualcosa al carrello della nostra miserabile ma autonoma spesa e all’esattezza dei commenti già così bene espressi.
    Credo peraltro che di nostra iniziativa, è nelle aule che dovremmo continuare ribattere, inasprendoci.
    Good night and good luck.

  • agbiuso

    Maggio 27, 2015

    Una collega del mio Dipartimento mi segnala un’iniziativa del Rettore della Sapienza, che va avvicinandosi ai criteri da me comunicati. Il suo commento è stato: “Mi chiedo e ti chiedo: a quando anche per i docenti un beauty contest? Non vedo l’ora…”

    Il Rettore della Sapienza testimonial di Miss Università
    (da L’Espresso)

  • agbiuso

    Maggio 27, 2015

    Analisi con riferimenti esatti, rigorosi e insieme vivacissimi a numeri, norme, bilanci, strutture, agenzie che riguardano l’Università e la Scuola si possono leggere ogni giorno su Roars.
    Basta avere la pazienza di seguire questo sito eccellente e si avranno tutte le risposte -praticamente irrefutabili- alle menzogne, alla demagogia, agli spot dell’attuale miserabile governo italiano e della stampa che ne sostiene la politica devastatrice sulla scuola e su tutto il resto.

  • diegod56

    Maggio 27, 2015

    guarda Alberto, io non sono un alto professionista della comunicazione, ma il tono delle professoresse è un pessimo modo per comunicare

    molto meglio una persona che mostri numeri chiari: si spende miliardi di euro per la tav, per gli f35, per il carrozzone expo, e si taglia sulla scuola (proprio ieri parlavo con una cara amica docente di sostegno, e dei problemi enormi per i tagli al settore degli alunni portatori di handicap)

    invece le quattro belle signore hanno un’aria saccente e vittimistica che le rende antipatiche non poco, magari carpiscono la simpatia delle colleghe, ma non quella degli altri cittadini

    io ho scritto la mia impressione, puo’ essere che mi sbaglio, ma un pochino di comunicazione ne so

    grazie caro Alberto dell’esempio concreto su cui discutere, ti prometto che non ci torno su, tanto son stato chiaro

  • agbiuso

    Maggio 27, 2015

    Non condivido il tuo giudizio sulla comunicazione. In Rete ci sono ottimi testi e video che affrontano la questione. Uno -molto recente e riferito anche a Renzi- è questo, che ho già segnalato in altro commento:
    Le cattive maestre contro la Buona Scuola.

    Poi, naturalmente, è sempre efficace il proverbio per il quale non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. E le ragioni della difficoltà acustica possono essere davvero assai varie.

  • diego

    Maggio 27, 2015

    Capisco, ti ringrazio per l’attenzione. Il problema è però vivissimo per me, anche se non vado più a scuola e la mia progenie si è già laureata da un po’. Il mondo della scuola nel suo insieme comunica male con l’esterno, molto male, e il Renzi ci sguazza, mediaticamente parlando.
    Grazie davvero la pazienza, un caro saluto.

  • agbiuso

    Maggio 27, 2015

    Caro Diego, quanto scrivi è una riflessione sul rapporto tra scuola e sindacalismo.
    Mi sembra che c’entri poco o nulla con la questione che ho cercato di affrontare nel testo che segnalo, il quale si riferisce ai criteri per stabilire il valore scientifico di un docente universitario. Meno ancora c’entra l’anarchismo.
    È una buona regola commentare un testo in Rete riferendosi a quel testo e non ad altro.
    Per il resto, io non sono un giornalista. E quindi non “devo” usare la mia scrittura per nulla che non riguardi la mia professione e i miei interessi culturali.

  • diego

    Maggio 27, 2015

    Tu, Alberto carissimo, devi usare tutta la tua qualità di comunicatore per spiegare bene soprattutto ai profani i veri problemi della scuola e dell’università, perchè il problema è profondo, parte da contraddizioni di fondo. Oso una mia analisi, so che hai pazienza con me.

    Cercando di immedesimarmi in un pensatore anarchico (quindi lontano dalle mie concezioni personali), avrei un problema di fronte al concetto stesso di «Scuola pubblica». È possibile che una scuola emanazione dello Stato possa tollerare che la sua stessa struttura possa diventare un luogo di antagonismo allo Stato stesso? Certo la scuola ha per scopo la formazione culturale dei giovani cittadini e non la creazione di sudditi, però mi è evidente come sia nella natura stessa di un potere la volontà di usare le strutture di cui dispone. Per questo motivo la scuola è un organismo molto delicato, sempre in bilico, e quindi la cittadinanza tutta (non solo i docenti e chi ci prende la paga dentro) deve sentire la scuola come «propria». L’errore di comunicazione tragico di alcuni sindacati di categoria (quelli corporativi come lo snals ad esempio, ma anche la cisl) è quello di far percepire la scuola come «cosa propria», sì che i cittadini che non prendono la paga a scuola pensino: «ma cosa vogliono quelli? di questi tempi un posto statale è oro puro!». Quindi, comunicare, chi è capace, è essenziale. Inoltre se fossi un pensatore anarchico, ne avrei anche per certe burocrazie sindacali, ma mi fermo qui.

  • Dario Generali

    Maggio 26, 2015

    Caro Alberto,

    Piero Calamandrei, nel 1950, al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, con la sua usuale sagacia e intelligenza politica, delineò una prospettiva di possibile gestione del consenso da parte di un potere autoritario non più basato sulla prevaricazione fisica, ma sul monopolio della formazione e della cultura:

    Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada […].
    Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.

    Immagino che i criteri che anticipi siano una tua intelligente e riuscita provocazione, non perché non potrebbero venire dalle menti eccelse di questi decisori politici, ma in quanto ancora prematuri rispetto al totale azzeramento delle possibili resistenze istituzionali e civili che ancora incontrerebbero.
    L’evidente assurdità di questi criteri, anche agli occhi di un cittadino medio dotato di un minimo buon senso, non sarebbe infatti sufficiente a renderli inverosimili per un governo privo di alcuna sensatezza come è l’attuale, anche perché, così facendo, si configurerebbe un ulteriore passaggio rispetto a quello supposto da Calamandrei, già compiuto attraverso i tagli degli ultimi anni praticati dai ministri dei governi berlusconiani.
    Una simile deriva avrebbe infatti come obiettivo, affatto trascurabile per governi come quelli che siamo ormai abituati ad avere, non solo la dequalificazione delle università pubbliche rispetto a quelle private, ma la dissoluzione di ogni valore e gerarchia scientifica e culturale, a vantaggio dell’idiozia mass-mediatica e della cultura informe e indifferenziata, “a mosaico o a marmellata” (G. Gaspari, Imparare a leggere nell’età della televisione, in La scuola italiana tra delusione e utopia, a cura di D. Generali e F. Minazzi, Padova, Sapere, 1996, p. 119), dove ogni cosa è simile a un’altra e dove qualsiasi valore non risiede più nelle caratteristiche e nei meriti di persone o cose, ma dipende dalla sola immagine pubblicitaria.
    Azzerare qualsiasi formazione culturale e critica, per consegnare senza residui il paese nelle mani della sistematica disinformazione mediatica e dell’acefala propaganda commerciale, è poi quello che si sta cercando di fare in Italia da più di vent’anni e anche norme chiaramente assurde, ma che avrebbero l’effetto di accelerare questo processo, non possono che apparire verosimili e possibili emanazioni di progetti governativi.
    Un caro saluto e complimenti per la geniale provocazione, che non potrà che suscitare un costruttivo dibattito, che spero possa aiutarci a difenderci dall’idiozia imperante.
    Dario

Inserisci un commento

Vai alla barra degli strumenti