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ΣΥΡΙΖΑ

Il primo atto di intelligenza politica è stato non aver giurato sulla Bibbia e aver in questo modo dato un segnale di coerenza simbolica e di autonomia dalla potentissima Chiesa ortodossa. Il secondo atto è rappresentato dall’immediata alleanza con i Greci Indipendenti di Anel, vale a dire «con un par­ti­tino anti-Memorandum e anti-troika, ma pur sem­pre di destra, con­ser­va­tore sui temi dei diritti civili e chiuso su quelli dell’immigrazione» (Tsipras, l’azzardo di un programma radicale, di Angelo Mastrandrea, il manifesto, 27.1.2015). Un gesto dettato da necessità ma che certifica anche -insieme a innumerevoli altri eventi- l’inevitabile declino della diade nata nell’Assemblea Nazionale Costituente francese del 1789: la contrapposizione destra/sinistra. Un declino che può -certo- assumere i tratti della complicità nel malaffare, come nell’Italia governata dal Partito Democraticoforzuto di Renzi e Berlusconi, ma che può anche diventare, come sta accadendo in Grecia, la testimonianza che rispetto al XIX e al XX secolo gli scenari sono cambiati, che parole come Destra e Sinistra significano ormai ben poco e che la contrapposizione reale è tra i popoli e la finanza internazionale dei Lehman Brothers; tra i lavoratori e le multinazionali che vorrebbero farli tornare alla condizione servile degli inizi della Rivoluzione Industriale, anche tramite l’immissione massiccia di migranti disposti ad accettare qualunque salario di miseria pur di andar via dai loro territori d’origine; tra i cittadini che si informano, cercano di capire, di dire no all’ideologia ultraliberista e chi invece la sostiene fanaticamente: vale a dire i grandi partiti sempre più corrotti, l’informazione mainstream, il dominio totalizzante della Société du Spectacle.
Quanto sta accadendo in Grecia rappresenta anche un segnale importante che non tutto è perduto rispetto al dominio delle multinazionali, dei distruttori dell’ambiente, delle agenzie di rating, delle troike non elette da nessuno ma che controllano i governi. Temo che ΣΥΡΙΖΑ e Alexis Tsipras subiranno l’attacco concentrico e radicale della Commissione Europea, della Banca Centrale e del Fondo Monetario Internazionale, con i loro servi/complici nei governi europei. E questo sarà la certificazione che l’Unione Europea semplicemente non esiste, che chi ama l’Europa -io sono tra questi- deve riferirsi ad altre concezioni della vita collettiva rispetto a quelle imposte come naturali e inevitabili dalle banche dell’UE, deve riferirsi ad altri programmi politico-economici. Programmi che Tsipras ha annunciato e che così il manifesto riassume: blocco delle aste delle prime case pignorate; ridare forza ai contratti collettivi nazionali e salario minimo di 700 euro al mese; vincoli ai licen­zia­menti («In buona sostanza, il contrario del Jobs Act di Renzi e Giu­liano Poletti»); ripristino del minimo non tassabile; trasporti gratis per alcune categorie; assicurare l’assistenza sanitaria a tutti; intervenire sulle insolvenze eco­no­mi­che dei privati cittadini; ricostituire una tv pubblica rispetto al dominio di quelle private.
Non so se e fino a che punto il nuovo governo greco riuscirà a realizzare tale programma. Ma è ciò che auguro a ΣΥΡΙΖΑ e all’Europa.

26 commenti

  • agbiuso

    Luglio 5, 2015

    Il ministro greco Kammenos ha dichiarato che “il popolo greco ha dimostrato che non può essere ricattato, non può essere terrorizzato, né minacciato. La democrazia ha vinto”.
    È probabile che ora la Germania scateni la propria potenza contro una piccola nazione. Sarebbe la terza volta in 100 anni, sarebbe gravissimo.

  • agbiuso

    Luglio 5, 2015

    Sì, Diego, e infatti l’editoriale odierno sul manifesto è di mito che parla. Non soltanto perché si tratta della Grecia ma anche e soprattutto perché gli archetipi del potere e della giustizia mutano nei secoli linguaggio ma non mutano sostanza.

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    La sfida greca ai filistei
    di Norma Rangeri

    Può suo­nare reto­rico dire che oggi la Gre­cia sarà tea­tro di un avve­ni­mento sto­rico. Ma così è. Il risul­tato del refe­ren­dum influirà sul futuro stesso dell’Unione euro­pea e su quello di uno dei paesi più pic­coli della Comunità.

    E pro­prio que­sta par­ti­co­la­rità merita una prima rifles­sione. Come è pos­si­bile che un paese tanto pic­colo possa, non dico tenere in scacco, ma con­di­zio­nare il domani di altri 27 stati? Non è strano che il voto di dieci milioni di per­sone possa influire sulla vita di altri quat­tro­cento? Lo sarebbe se que­sta vicenda non rap­pre­sen­tasse la quin­tes­senza della globalizzazione.

    Dagli Stati uniti alla Cina tutti seguono con atten­zione quanto sta acca­dendo nella terra degli dei dell’Olimpo. Per­ciò il voto di oggi è qual­cosa di più e di diverso della sfida sim­bo­lica di Davide con­tro Golia, anche se la grande dispa­rità di forze può ben sug­ge­rire l’accostamento per­ché in que­sto cimento del pic­colo con­tro il gigante non sono certo i fili­stei di Bru­xel­les ad aver dovuto sfi­dare nella vita quo­ti­diana gli orsi e i leoni della lunga, infi­nita crisi che ha but­tato donne, uomini, bam­bini, anziani nella bat­ta­glia con­tro le bestie nere della povertà, della fame, della man­canza di medi­ci­nali, della depres­sione che ha fatto impen­nare le per­cen­tuali dei suicidi.

    Il cit­ta­dino greco per lun­ghi anni ha sop­por­tato l’assedio e quando il Golia di Ber­lino lo ha inchio­dato all’ultimo duello, il pic­colo Davide ha tirato fuori la fionda del refe­ren­dum cogliendo tutti di sorpresa.

    Atene mette oggi in evi­denza non solo la spro­por­zione delle forze in campo ma le con­trad­di­zioni forti e divi­sive della Ue.

    Sono lì a dimo­strarlo i poli­tici ita­liani che, da sini­stra a destra — da Ven­dola a Bru­netta a Sal­vini pas­sando per Grillo — tifano, pur tra molti distin­guo, per la bat­ta­glia del pic­colo Davide. Sicu­ra­mente per­ché molti vor­reb­bero usare il voto greco a fini di poli­tica interna. E non è curioso che grandi eco­no­mi­sti, quasi tutti nobel e libe­ral si siano pro­nun­ciati per il “No”, posi­zione mal dige­rita da tutte le grandi firme del gior­na­li­smo nostrano, scritto e televisivo?

    Abbiamo assi­stito a una straor­di­na­ria opera di mani­po­la­zione dell’informazione, par­ti­co­lar­mente sfron­tata nell’impegno pro­fuso a dare per verità son­daggi smen­titi dalle stesse fonti, a cen­su­rare noti­zie impor­tanti, come la cri­tica del con­gresso Usa, reca­pi­tata, nero su bianco, alla signora Lagarde.

    Que­sto voto mette strappa i veli alle magni­fi­che e pro­gres­sive sorti della Ue a tra­zione tede­sca. Denun­cia il difetto di nascita, una Unione calata dall’alto senza nulla chie­dere ai cit­ta­dini, con­trad­di­cendo lo spi­rito dell’Europa pen­sata da Altiero Spinelli.

    Sco­pre un’Unione costruita su un’impalcatura economico-finanziaria che sosti­tuiva alla val­vola di sfogo della sva­lu­ta­zione delle monete nazio­nali l’impressionante sva­lu­ta­zione del lavoro sot­to­messo alle duris­sime leggi dell’eterna precarietà.

    Tut­ta­via la ten­sione e la pas­sione che viviamo nel giorno in cui ci sen­tiamo tutti greci è così forte non solo per­ché abbiamo impa­rato a memo­ria i numeri del disa­stro pro­vo­cato dalla cieca auste­rità, fino all’ultimo para­dosso del man­cato rim­borso di 1,6 miliardi non pagato da Atene che ha pro­vo­cato il falò di 287 bru­ciati dalle borse il giorno dopo. Per­ché i mer­cati si erano «spa­ven­tati», così tito­la­vano i gior­nali con la con­sueta bana­lità invece di rac­con­tare a let­tori e tele­spet­ta­tori l’assurdità della situazione.

    E non si venga a dire che tagliando e dila­zio­nando il debito greco ver­rebbe annul­lato il prin­ci­pio fon­da­men­tale della Ue, cioè il rispetto delle regole.

    Se rispet­tarle signi­fica dan­neg­giare l’intera comu­nità, allora è solo un brac­cio di ferro poli­tico quello in corso, una pura guerra di potere con la volontà di arri­vare allo scon­tro frontale.

    Ed eccolo lì il nostro Renzi, fin dal primo momento lesto a nascon­dersi die­tro lo scudo tede­sco, pronto ad accu­sare Tsi­pras di voler tor­nare alla dracma, non solo una bugia ma una meschi­ne­ria che spiega molte cose sulla stoffa del per­so­nag­gio. Natu­ral­mente in ottima com­pa­gnia di cuori corag­giosi come Hol­lande, Gabriel, Schulz…

    C’è di più, è in gioco qual­cosa di più profondo.

    Oltre alla testa, alla razio­na­lità, c’è in ballo il cuore acceso dalla sfida demo­cra­tica, c’è la lezione di un grande popolo capace di sop­por­tare e tenere a bada la for­tis­sima ten­sione del momento. Tutti gli ita­liani, gio­vani e vec­chi, che danno lezioni sulle regole da rispet­tare sareb­bero stati capaci di met­tersi in fila così digni­to­sa­mente davanti ai ban­co­mat vuoti?

    E, infine, nello scon­tro fron­tale gioca una par­tita molto rischiosa anche lo stesso Tsipras.

    Aveva già vinto le ele­zioni con un pro­gramma molto chiaro, no all’austerità, sì, mode­rato, all’Europa. Oggi il gio­vane lea­der tenta il tutto per tutto, il numero secco alla rou­lette, dove i punti quello che hai. Se perdi è un disa­stro, se vinci sei più forte ma non hai risolto i tuoi pro­blemi. Che sono comuni a molti altri paesi. Ita­lia com­presa, come già dice l’Istat a pro­po­sito del ral­len­ta­mento di una ripresa già debolissima.

    Da que­sto punto di vista il voto di Atene ha un signi­fi­cato sto­rico, unico. Nella mito­lo­gia greca ci sono nume­rosi esempi di uomini abban­do­nati dagli dei. Tsi­pras deve spe­rare che gli dei dell’Olimpo — e il popolo greco — oggi siano con lui.

  • diegod56

    Luglio 5, 2015

    L’Europa è figlia della Grecia, e una madre antica, anche se zoppica, non si uccide, ma si prende per mano.

  • agbiuso

    Luglio 4, 2015

    La lettera di Tsipras al popolo greco

    Greche e greci,
    da sei mesi il governo greco conduce una battaglia in condizioni di asfissia economica mai vista, con l’obiettivo di applicare il vostro mandato del 25 gennaio a trattare con i partner europei, per porre fine all’austerity e far tornare il nostro paese al benessere e alla giustizia sociale. Per un accordo che possa essere durevole, e rispetti sia la democrazia che le comuni regole europee e che ci conduca a una definitiva uscita dalla crisi.

    In tutto questo periodo di trattative ci è stato chiesto di applicare gli accordi di memorandum presi dai governi precedenti, malgrado il fatto che questi stessi siano stati condannati in modo categorico dal popolo greco alle ultime elezioni. Ma neanche per un momento abbiamo pensato di soccombere, di tradire la vostra fiducia.

    Dopo cinque mesi di trattative molto dure, i nostri partner, sfortunatamente, nell’eurogruppo dell’altro ieri (giovedì n.d.t.) hanno consegnato una proposta di ultimatum indirizzata alla Repubblica e al popolo greco. Un ultimatum che è contrario, non rispetta i principi costitutivi e i valori dell’Europa, i valori della nostra comune casa europea. È stato chiesto al governo greco di accettare una proposta che carica nuovi e insopportabili pesi sul popolo greco e minaccia la ripresa della società e dell’economia, non solo mantenendo l’insicurezza generale, ma anche aumentando in modo smisurato le diseguaglianze sociali.

    La proposta delle istituzioni comprende misure che prevedono una ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, nuove diminuzioni dei salari del settore pubblico e anche l’aumento dell’IVA per i generi alimentari, per il settore della ristorazione e del turismo, e nello stesso tempo propone l’abolizione degli alleggerimenti fiscali per le isole della Grecia.

    Queste misure violano in modo diretto le conquiste comuni europee e i diritti fondamentali al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità; e sono la prova che l’obiettivo di qualcuno dei nostri partner delle istituzioni non era un accordo durevole e fruttuoso per tutte le parti ma l’umiliazione di tutto il popolo greco.

    Queste proposte mettono in evidenza l’attaccamento del Fondo Monetario Internazionale a una politica di austerity dura e vessatoria, e rendono più che mai attuale il bisogno che le leadership europee siano all’altezza della situazione e prendano delle iniziative che pongano finalmente fine alla crisi greca del debito pubblico, una crisi che tocca anche altri paesi europei minacciando lo stesso futuro dell’unità europea.

    Greche e greci,
    in questo momento pesa su di noi una responsabilità storica davanti alle lotte e ai sacrifici del popolo greco per garantire la Democrazia e la sovranità nazionale, una responsabilità davanti al futuro del nostro paese. E questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum secondo la volontà sovrana del popolo greco.

    Poche ore fa (venerdì sera n.d.t.) si è tenuto il Consiglio dei Ministri al quale avevo proposto un referendum perché sia il popolo greco sovrano a decidere. La mia proposta è stata accettata all’unanimità.

    Domani (oggi n.d.t.) si terrà l’assemblea plenaria del parlamento per deliberare sulla proposta del Consiglio dei Ministri riguardo la realizzazione di un referendum domenica 5 luglio che abbia come oggetto l’accettazione o il rifiuto della proposta delle istituzioni.

    Ho già reso nota questa nostra decisione al presidente francese, alla cancelliera tedesca e al presidente della Banca Europea, e domani con una mia lettera chiederò ai leader dell’Unione Europea e delle istituzioni un prolungamento di pochi giorni del programma (di aiuti n.d.t.) per permettere al popolo greco di decidere libero da costrizioni e ricatti come è previsto dalla Costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica dell’Europa.

    Greche e greci, a questo ultimatum ricattatorio che ci propone di accettare una severa e umiliante austerity senza fine e senza prospettiva di ripresa sociale ed economica, vi chiedo di rispondere in modo sovrano e con fierezza, come insegna la storia dei greci. All’autoritarismo e al dispotismo dell’austerity persecutoria rispondiamo con democrazia, sangue freddo e determinazione.

    La Grecia è il paese che ha fatto nascere la democrazia, e perciò deve dare una risposta vibrante di Democrazia alla comunità europea e internazionale.
    E prendo io personalmente l’impegno di rispettare il risultato di questa vostra scelta democratica qualsiasi esso sia.
    E sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo.

    In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei suoi popoli. Che in Europa non ci sono padroni e ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia. Tuttavia un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza bussola.
    Vi chiamo tutti e tutte con spirito di concordia nazionale, unità e sangue freddo a prendere le decisioni di cui siamo degni. Per noi, per le generazioni che seguiranno, per la storia dei greci.
    Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.

    Alexis Tsipras

  • agbiuso

    Luglio 4, 2015

    La questione greca -vale a dire la questione europea- non è più questione finanziaria; è una questione totalmente politico-ideologica.

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    Un referendum per salvare l’Europa
    di Marco Bascetta, il manifesto, 4.7.2015

    Qua­lun­que sarà l’esito della vicenda greca se ne pos­sono già trarre nume­rosi inse­gna­menti. Per l’oggi e per il tempo a venire. Nono­stante una mar­tel­lante cam­pa­gna media­tica che mira ad anno­ve­rare il governo di Atene tra i popu­li­smi anti­eu­ro­pei, affian­can­dolo alla Polo­nia o a Marine Le Pen (qual­cuno ha voluto per­fino sco­mo­dare l’impero d’Oriente e la fede orto­dossa), quella greca è pro­ba­bil­mente la prima lotta demo­cra­tica euro­pea e per l’Europa alla quale abbiamo assistito.

    La prima volta in cui la tenuta dell’Unione viene affron­tata nella sua dimen­sione poli­tica, eco­no­mica e sociale. E l’occasione nella quale è venuto pie­na­mente in luce il rifiuto delle isti­tu­zioni e dei governi euro­pei di fare i conti con que­sta “tota­lità”, nono­stante gli enormi rischi che incom­bono sul pro­cesso di unificazione.

    Il lungo pro­cesso nego­ziale tra Atene e le “isti­tu­zioni” non è stato che un esa­spe­rante gioco di fin­zioni poi­ché i dogmi, com’è noto, non sono nego­zia­bili e l’Europa è pri­gio­niera di una dog­ma­tica neo­li­be­ri­sta che, per defi­ni­zione, non può essere smen­tita dai suoi effetti nella realtà. Per quanto disa­strosi pos­sano rivelarsi.

    Soprat­tutto nella sua ultima fase la trat­ta­tiva ha assunto i tratti incon­fon­di­bili della lotta di classe: i conti non devono tor­nare in un modo o nell’altro, ma solo man­te­nendo inal­te­rati (e pos­si­bil­mente ancor più squi­li­brati) i rap­porti tra le classi sociali. Le cor­re­zioni del Fmi al piano pro­po­sto da Atene non mostrano il minimo sforzo di masche­rare que­sta cir­co­stanza. Si ricor­derà che in anni ormai piut­to­sto lon­tani, nella tra­di­zione social­de­mo­cra­tica, le “riforme di strut­tura” indi­ca­vano una tra­sfor­ma­zione in senso sociale e mag­gior­mente inclu­sivo del sistema eco­no­mico e poli­tico. Oggi signi­fi­cano l’esatto con­tra­rio. Ragion per cui devono essere messe al riparo da pos­si­bili inter­fe­renze dei pro­cessi democratici.

    Le social­de­mo­cra­zie euro­pee, enfa­tiz­zando i lati peg­giori della loro sto­ria, coniu­gando l’autoreferenzialità burocratico-amministrativa con la zelante ade­sione ai prin­cipi dell’accumulazione neo­li­be­ri­sta sono diven­tate il prin­ci­pale nemico della demo­cra­zia. In un duplice senso: o occu­pan­done diret­ta­mente lo spa­zio con il pro­prio deci­sio­ni­smo tec­no­cra­tico, o con­se­gnando i ceti popo­lari alle destre nazio­na­li­ste. Non si richie­dono par­ti­co­lari doti pro­fe­ti­che per imma­gi­nare nul­lità quali Hol­lande e Renzi men­di­care ben pre­sto il “voto utile” di fronte all’onda mon­tante delle destre. In uno scon­tro immi­nente, dagli esiti incerti, tra una Unione inso­ste­ni­bile e i nemici giu­rati dell’Europa.

    Di fronte a que­sto pro­ba­bile sce­na­rio dovrebbe essere chiaro che Tsi­pras rap­pre­senta per ora, nel suo iso­la­mento, (almeno a livello di governi) l’unica chance dispo­ni­bile in difesa dell’Unione euro­pea. Tanto si discute dei rischi di un Gre­xit sul fronte della spe­cu­la­zione finan­zia­ria, tanto poco se ne ragiona su quello della spe­cu­la­zione poli­tica. Salvo abban­do­narsi di tanto in tanto alle solite sce­menze reto­ri­che sulla “culla della civiltà occi­den­tale”. Sta di fatto che le isti­tu­zioni euro­pee (e i governi nazio­nali che impon­gono loro di rispet­tarne la gerar­chia e i rap­porti di forze) con­di­vi­dono con le destre nazio­na­li­ste un punto deci­sivo: non può esservi altra Europa all’infuori di que­sta e dei suoi equi­li­bri di potere. Tanto che la si difenda quanto che la si avversi. Di qui la con­clu­sione che il ten­ta­tivo della Gre­cia è con­tro il prin­ci­pio di realtà.

    Tut­ta­via, poi­ché nell’opinione pub­blica del vec­chio con­ti­nente, e in non poche ini­zia­tive di lotta, i dogmi della gover­nance neo­li­be­ri­sta euro­pea comin­ciano a per­dere cre­dito, sulla vicenda greca (e non solo) pio­vono le più incre­di­bili men­zo­gne. I greci che vanno tutti in pen­sione a 50 anni (misura cir­co­scritta che riguarda sog­getti ana­lo­ghi ai nostri eso­dati in un paese dove il 26 per cento di disoc­cu­pa­zione rende le pen­sioni un sostan­ziale stru­mento di soprav­vi­venza) fanno il paio con i “clan­de­stini” negli alber­ghi a 5 stelle. Ai cit­ta­dini euro­pei, presi ormai per scemi dalla mat­tina alla sera, si lascia inten­dere che recu­pe­rare l’irrecuperabile debito greco, ripor­terà quei soldi (sia pure indi­ret­ta­mente) nelle loro tasche e non in quelle della grande ren­dita finan­zia­ria. Biso­gna essere otte­ne­brati dalla birra e dalla tele­vi­sione per con­si­de­rarsi “azio­ni­sti” del pro­prio (ava­ris­simo) stato nazio­nale, secondo la mito­lo­gia attri­buita al con­tri­buente tede­sco. Quanto agli altri paesi inde­bi­tati (con tassi di disoc­cu­pa­zione che non si muo­vono di una vir­gola) è una gran corsa a taroc­care impro­ba­bili risul­tati per dimo­strare quanto siano distanti dalla Gre­cia, se non addi­rit­tura in una botte di ferro.

    Que­sto ter­ro­ri­smo ci sospinge a pen­sare che a vin­cere (si fa per dire) la par­tita sarà chi è in grado di incu­tere mag­giore paura. Del resto non è una novità. Le classi subal­terne non hanno mai otte­nuto nulla se non quando sono state in con­di­zione di ter­ro­riz­zare la classe domi­nante. Tutta la sto­ria del Nove­cento ne è testi­mone. Da molto tempo non accade. Governi e gover­nati, lavo­ra­tori e pre­cari sotto ricatto non rap­pre­sen­tano più una minac­cia per le oli­gar­chie. Ma, per la prima volta, la vit­to­ria di Syriza, il brac­cio di ferro con le “isti­tu­zioni”, infine il Refe­ren­dum, fanno paura. Tal­mente tanta paura che anche i fal­chi si affret­tano a soste­nere che una vit­to­ria del no non signi­fi­cherà neces­sa­ria­mente la fine del nego­ziato, anche se lo ren­de­rebbe sem­pre più dif­fi­col­toso. Certo, la paura cre­sce­rebbe, tra­sfor­man­dosi in una forza vin­cente, se in tutta Europa si cogliesse l’occasione per mobi­li­tarsi con­tro l’ideologia e la pra­tica del neo­li­be­ri­smo che oggi la governa negando ogni alter­na­tiva. Non è insomma que­sto un nuovo accenno di “grande poli­tica”? Quella che inve­ste gli inte­ressi domi­nanti capar­bia­mente inca­paci di ogni com­pro­messo? Se, tra tante, vi è una ragione sin­te­tica per dire no ai dik­tat è che que­sto “no” incute final­mente timore a quanti desi­de­rano e con­ce­pi­scono la “sta­bi­lità” come tacita sot­to­mis­sione alle oli­gar­chie e alla ren­dita finan­zia­ria. Un no per l’Europa.

  • agbiuso

    Luglio 3, 2015

    Sulla Grecia Renzi è un irresponsabile allo sbaraglio
    di Tommaso Di Francesco, il manifesto, 3.7.2015

    “È sba­gliato pen­sare che i pro­ta­go­ni­sti dello scon­tro sulla crisi greca siano da una parte il governo di Atene e dall’altra la troika tor­nata in carica anche nomi­nal­mente, rap­pre­sen­tata da Mer­kel e Fmi. No, per­ché c’è anche il terzo «comodo» dell’Italia gover­nata da Mat­teo Renzi. Un governo che gra­zie all’esilarante lavo­rio «gior­na­li­stico» di distratti e acco­dati com­men­ta­tori (da Repub­blica al Cor­riere della Sera, pas­sando per la nuova gestione di Rainews24) è stato fatto pas­sare addi­rit­tura per «media­tore». Un’invenzione di sana pianta, resa evi­dente dalle parole del pre­si­dente del Con­si­glio alla con­fe­renza con Mer­kel. Così tutti di corsa a sco­prire quello che era già lumi­noso: che il twit­ta­tore fio­ren­tino, pre­sunto media­tore, tra via greca e via ger­ma­nica pende pro­prio per la linea dura, auto­ri­ta­ria e ricat­ta­to­ria di Angela Merkel.

    In linea del resto con la social­de­mo­cra­zia euro­pea, visto che ieri Mar­tin Schulz, pre­si­dente dell’Europarlamento, ha ver­go­gno­sa­mente dichia­rato a soli due giorni dal refe­ren­dum: «Via Syriza dal governo, ser­vono i tec­no­crati». E magari tacendo una mal­ce­lata ammi­ra­zione per il pre­si­dente della Com­mis­sione Ue Jean-Claude Junc­ker che si è «demo­cra­ti­ca­mente» rivolto al popolo greco invi­tan­dolo a votare sì.
    Mat­teo Renzi non ha nep­pure biso­gno delle rive­la­zioni di Wiki­leaks, com’è acca­duto in que­ste ore per la pre­mier tede­sca spiata dalla Nsa ame­ri­cana men­tre mostra crepe nelle sue con­vin­zioni sulla crisi greca.

    Renzi ha solo cer­tezze: «Rispetto la deci­sione del refe­ren­dum presa dal governo greco, ma io non l’avrei fatto». Almeno è sin­cero. Ci tro­viamo di fronte all’unica deci­sione demo­cra­tica, den­tro la crisi del sistema Europa. Una deci­sione che fa parte della stra­te­gia poli­tica, oltre che del par­tito di Syriza, di un governo — entrato in carica per volontà popo­lare solo 5 mesi fa, dopo il fal­li­mento della destra — che ammi­ni­stra l’esecutivo per rispon­dere alle esi­genze popo­lari chia­mando a deci­dere i cittadini.

    È sicuro che Renzi «non l’avrebbe fatto»: governa infatti senza mai essere stato eletto demo­cra­ti­ca­mente (van­tando i risul­tati delle ele­zioni euro­pee che non riguar­da­vano l’esecutivo) in virtù dello spi­rito santo che lo ha nomi­nato dall’alto: l’ex pre­si­dente della Repub­blica Gior­gio Napolitano.

    Sor­pren­dente poi l’affermazione, fatta sem­pre all’ombra di Mer­kel che non sap­piamo se più arro­gante o idiota (con tutto il rispetto per la figura mito-poietica dell’idiota): «Appena avremo finito di par­lare della Gre­cia biso­gna par­lare dell’economia euro­pea». Come se la Gre­cia non fosse Europa. Come se l’esplosione della crisi greca non ren­desse evi­dente che l’Unione è ormai ridotta solo ad una moneta ammi­ni­strata dai paesi più forti.

    Intanto la crisi di Atene chiama in causa subito altri Paesi pas­sati già sotto i dik­tat della troika come Por­to­gallo e Spa­gna. E immune non è l’Italia che vanta, per bocca dei colon­nelli ren­ziani, di avere fatto «riforme» sulla pelle dei lavo­ra­tori e sfotte le cosid­dette «mini­pen­sioni» gre­che: dimen­tica che anche il governo Renzi pro­pone i pre­pen­sio­na­menti e che oggi in Gre­cia, gra­zie alla cura dell’austerità della Troika accet­tata dal governo Sama­ras le pen­sioni sono state tagliate quasi della metà, come i salari: insomma sono diven­tate tutte mini­pen­sioni da fame.
    Ultima, in ordine di arrivo, la tele­fo­nata di Obama (a tutti i lea­der europei).

    Per l’informazione di Palazzo Chigi è stata su «Gre­cia, Libia e lotta al ter­ro­ri­smo». Le parole sono pie­tre: ecco che la crisi greca viene deru­bri­cata e inse­rita nell’agenda accanto al pros­simo inter­vento militar-navale in Libia e alla lotta allo Stato isla­mico. La verità non veli­nara è che Obama è seria­mente pre­oc­cu­pato che la Gre­cia, iso­lata a ovest, diventi un’Ucraina alla rove­scia e possa rivol­gersi alla Rus­sia e alla Cina (come ha comin­ciato a fare per ora solo eco­no­mi­ca­mente); Obama ha com­preso che anche con una depo­si­zione da Bru­xel­les di Tsi­pras (se malau­gu­ra­ta­mente vin­cesse il sì, invece della svolta epo­cale per tutta l’Europa dell’augurabile vit­to­ria del no) la crisi greca rimar­rebbe sem­pre più aperta e den­tro un pre­ci­pi­zio poli­tico e sociale.

    Ter­reno fer­tile della destra estrema raz­zi­sta, non solo di Alba Dorata, e della sua ricetta iper­na­zio­na­li­sta e auto­ri­ta­ria come inse­gna il regime di Orbán in Unghe­ria, men­tre il vento delle pic­cole patrie torna a spi­rare nel Vec­chio continente.
    ======================

    La Grecia di Tsipras e di ΣΥΡΙΖΑ è in ogni caso un Paese democratico e intriso di dignità.
    L’Italia di Renzi e del PD-Nuovo Centrodestra è in ogni caso un Paese governato da miserabili cialtroni.

  • diego

    Giugno 30, 2015

    sinceramente però, caro Alberto, a me pare un azzardo il referendum;

    se la gente, come ben possibile, presa dalla paura (immaginati un attimo di non poter andare in banca a prendere lo stipendio), votasse a maggioranza «Sì»? Io temo che Tsipras confidi troppo nell’orgoglio e nella dignità dei singoli cittadini. Sia chiaro, spero non accada, ma se accade?

    lui, Tsipras, la faccia la salva, la sua dignità è comunque salva, ma la sconfitta, bruciante, rimarrebbe

    comunque, vedremo, spero di essere, come mi capita spesso, troppo pessimista

  • agbiuso

    Giugno 30, 2015

    Da un articolo di Alberto Burgio sul manifesto di oggi

    “Anche se tele­vi­sioni e gior­nali di tutto il mondo fanno a gara per nascon­dere la realtà descri­vendo i greci come un gregge di bugiardi paras­siti (e atten­zione: vale per i greci oggi quel che ci si pre­para a dire domani sul conto di spa­gnoli, por­to­ghesi e ita­liani, sudici d’Europa), è abba­stanza chiaro il motivo per cui Ue, Bce e Fmi hanno deciso di sca­te­nare la guerra con­tro la Gre­cia. I soldi (pochi) sono più che altro un pre­te­sto. La sostanza è il modello sociale che deve prevalere.
    […]
    I cre­di­tori vogliono essere certi che a pagare il «risa­na­mento» e la per­ma­nenza nell’eurozona sia la grande massa pro­le­ta­riz­zata dei lavo­ra­tori dipen­denti, costretti a vivere sta­bil­mente in mise­ria e in schia­vitù. Se a pagare fos­sero i grandi capi­tali, i conti tor­ne­reb­bero ugual­mente. E solo così l’economia greca potrebbe per dav­vero risa­narsi. Ma il prezzo poli­tico sarebbe esor­bi­tante, tale da vani­fi­care quanto è stato sin qui fatto, per mezzo della crisi, al fine di «rifor­mare» i paesi euro­pei e con­for­marli final­mente al modello neo­li­be­rale di «società aperta»

  • agbiuso

    Giugno 30, 2015

    NO alla menzogna, NO alla schiavitù, NO a ciò che Platone chiamava “timocrazia“, il governo del denaro, NO alla Troika, NO all’Euro

  • agbiuso

    Giugno 17, 2015

    «Il governo greco par­te­cipa ai nego­ziati avendo con sé un piano con con­tro­pro­po­ste pie­na­mente valu­tate. Aspet­te­remo pazien­te­mente che le isti­tu­zioni adot­tino uno spi­rito rea­li­sta. Ma se alcuni scam­biano per debo­lezza il nostro sin­cero desi­de­rio di tro­vare una solu­zione e i passi che abbiamo fatto per coprire le dif­fe­renze, deve avere in testa que­sto: non por­tiamo sulle nostre spalle solo una pesante sto­ria di lotte. Por­tiamo sulle spalle la dignità di un popolo ma anche le spe­ranze dei popoli euro­pei. E’ un carico troppo pesante per essere ignorato. E’ una que­stione di demo­cra­zia. Non abbiamo il diritto di sep­pel­lire la demo­cra­zia nel paese in cui è nata»
    Alexis Tsipras, 14 giugno 2015

  • agbiuso

    Maggio 11, 2015

    Consiglio vivamente la visione di Il cielo sopra l’Acropoli, di Aldo Piroso.

    Una serie di interviste a esponenti di ΣΥΡΙΖΑ e ad altri intellettuali, militanti e giornalisti che mostrano grande consapevolezza, pacatezza e insieme determinazione.
    E mostrano soprattutto la dignità di questo grande popolo di fronte alla devastazione che gli oligarchi, i burocrati e i banchieri di Bruxelles portano nelle loro case e nelle loro strade. Devastazione rispetto alla quale i Black Bloc sono degli innocui ragazzini.

  • diego

    Marzo 1, 2015

    In effetti, caro Alberto, condivido le impressioni su Syriza. Credo abbia trovato un equilibrio imperfetto certo ma il migliore possibile fra le esigenze economico-finanziarie dalle quali è molto difficile divincolarsi e un’azione di governo connotata ad un’attenzione ai ceti meno abbienti. Per ora sembra che la partita con la troika sia finita in un non disonorevole pareggio. Vedremo nei mesi a venire, per ora il peggio è stato evitato.

  • agbiuso

    Marzo 1, 2015

    Grecia, il parlamento trasforma in leggi gli slogan
    di Argiris Panagopoulos, il manifesto, 1.3.2015

    Al primo son­dag­gio dopo gli accordi di Bru­xel­les, la popo­la­rità di Tsi­pras e del suo par­tito smen­ti­scono cla­mo­ro­sa­mente chi pun­tava sulla delu­sione dei greci e sull crollo di Syriza. «Non sfug­gi­remo di fronte alle dif­fi­coltà dei nostri impe­gni», così ieri Tsi­pras di fronte al Comi­tato cen­trale di Syriza, riu­nito per l’elezione di Tasos Koro­na­kis, nuovo segre­ta­rio del par­tito. E, dalla set­ti­mana pros­sima il par­la­mento pre­sen­terà le nuove leggi per comin­ciare a can­cel­lare dalla vita dei cit­ta­dini quelle dei Memo­ran­dum e della Troika.
    Un mese dopo le ele­zioni del 25 gen­naio il par­tito di Tsi­pras ha gua­da­gnato più del 10%, arri­vando al 47,6% nella pro­pen­sione di voto, men­tre secondo il primo son­dag­gio post elet­to­rale rea­liz­zato dalla Metron Ana­ly­sis per il gior­nale “Para­po­li­tika”, la Nuova Demo­cra­zia con il 20,7% si tiene lon­tana di ben 26,7 punti. Da que­sta ana­lisi inol­tre il popu­li­sta To-Potami (“Il Fiume”) sarebbe al 6,4%, i neo­na­zi­sti di Alba Dorata al 5,9%, il Kke al 4,7%, i Greci Indi­pen­denti al 4,3%, i socia­li­sti del Pasok al 3,4%, l’Unione di Cen­tro al 2,8%, il Movi­mento di Papan­dreou all’1,6% e la sini­stra extra­par­la­men­tare di Antar­sya all’1,3%.

    Il pre­mier Tsi­pras, con il 55% dei con­sensi con­ferma la fidu­cia al suo ruolo di primo mini­stro, spiazza Sama­ras, che crolla al 13%, e attira più del 50% dei pro­ba­bili elet­tori di Nuova Demo­cra­zia.
    Il 68% della popo­la­zione è d’accordo con le trat­ta­tive intra­prese dal governo e solo il 23% se ne dichiara “scon­tento”. Gli elet­tori dei due par­titi di governo sono com­patti: sia l’85% degli elet­tori di Syriza sia i Greci Indi­pen­denti sono con­cordi con i punti della trat­ta­tiva. La sini­stra radi­cale assalta anche le roc­ca­forti con­ser­va­trici e per­fino rea­zio­na­rie: il 64% degli elet­tori del Fiume, il 53% del Pasok e il 55% di Nuova Demo­cra­zia si dichia­rano in accordo con le trat­ta­tive del governo, per­cen­tuale che arriva al 53% tra gli elet­tori di Alba Dorata. Ma il risul­tato più impre­vi­sto a favore delle azioni del governo pro­viene dagli elet­tori del par­tito comu­ni­sta orto­dosso (aveva votato con­tro il governo di Tsi­pras insieme ai neo­na­zi­sti di Alba Dorata, Nuova Demo­cra­zia e Pasok): il 67% approva la trat­ta­tiva con Bru­xel­les. Per­cen­tuali con­for­tanti anche nel giu­di­zio sul governo. Il 78% con­si­dera posi­tivo il suo lavoro e solo il 18% no. Per il 59% Tsi­pras ha otte­nuto dall’Europa più del governo di Sama­ras, il 19% meno e il 12% lo stesso.

    Rimarrà delusa anche la fab­brica della paura sull’uscita dall’eurozona. Gra­zie alla poli­tica euro­pei­sta di Tsi­pras, l’81% dei greci vuole restare nell’eurozona e solo il 15% pre­fe­ri­sce il ritorno alla dracma. I greci hanno rac­colto la sfida di riscri­vere i trat­tati, piut­to­sto che vedere sva­lu­tate le loro vite. Per Tsi­pras «nei pros­simi 4 mesi dob­biamo dare bat­ta­glia giorno per giorno». E da domani ini­zia uno tzu­nami di vere riforme per ridare alla gente col­pita dalla crisi la dignità distrutta dalla Troika.

    «Nes­suna casa nelle mani dei ban­chieri» non è più uno slo­gan elet­to­rale, la pros­sima set­ti­mana è atteso il dise­gno di legge per la pro­te­zione della prima casa. Subito dopo toc­cherà alla rego­la­zione dei “debiti rossi” dei cit­ta­dini e delle imprese (fino ad oggi a 85 miliardi di euro). Il governo vuole creare un ente pub­blico che com­prerà dalle ban­che que­sti debiti, in pri­mis quelli sulla prima casa, per garan­tire alle fami­glie la loro sicu­rezza abi­ta­tiva. Anche per i debiti delle pic­cole e medie imprese e dei lavo­ra­tori indi­pen­denti ci saranno faci­li­ta­zioni men­tre pro­ba­bil­mente acce­lera la riforma del diritto fal­li­men­tare. Con l’obiettivo di miglio­rare le con­di­zioni di vita dei pen­sio­nati è in arrivo la legge per il ripri­stino della tre­di­ce­sima alle pen­sioni minime.

    Subito dopo toc­cherà alla legge per la ria­per­tura della radio­te­le­vi­sione di stato con il nome e il logo di Ert: si parte da zero rias­su­mendo i suoi ex dipen­denti. E stop allo sfrut­ta­mento delle miniere d’oro a Skou­ries in Cal­ci­dika, la Val di Susa greca.

  • agbiuso

    Febbraio 22, 2015

    La strategia negoziale della farfalla ateniese
    di Dimitri Deliolanes, il manifesto 21.2.2015

    Appena lunedì scorso il pre­si­dente dell’eurogruppo Dijes­sl­bloem si era per­messo di leg­gere davanti alle tele­ca­mere un ulti­ma­tum verso il governo greco: Atene doveva richie­dere l’estensione del pro­gramma di assi­stenza finan­zia­ria e accet­tare in blocco le con­di­zioni che vi erano alle­gate, sot­to­scritte dal pre­ce­dente governo di centrodestra.

    Già prima dell’ultimatum, lo stesso Dijes­sl­bloem aveva fatto un pic­colo «golpe» sosti­tuendo il docu­mento del com­mis­sa­rio euro­peo Mosco­vici con un docu­mento scritto in tede­sco, con con­di­zioni inac­cet­ta­bili. In pra­tica, era in forma scritta quello che Schäeu­ble aveva dichia­rato a voce: il nuovo governo greco doveva fare come il vec­chio, ese­guire gli ordini.

    È pas­sata solo una set­ti­mana e quell’ultimatum è stato dimen­ti­cato. Venerdì sera i 19 mini­stri dell’eurozona hanno discusso ma sono arri­vati anche a delle con­clu­sioni. Ber­lino spesso si è tro­vata iso­lata e le sue richie­ste mas­si­ma­li­ste rifiutate.

    Trat­ta­tive, com­pro­messo, accordo, ecco la stra­te­gia di Tsi­pras con­tro l’Europa dell’austerità. È una sor­presa, un cedimento?

    Sicu­ra­mente sì, se si con­si­dera l’obiettivo finale del governo della sini­stra greca: togliersi dalle spalle il peso del debito e rilan­ciare la cre­scita dell’economia reale.

    Ma attri­buire a Tsi­pras la pro­messa che l’economia greca avrebbe cam­biato corso in un giorno è una gros­so­lana fal­si­fi­ca­zione. Per chi aveva orec­chie per sen­tire e buona volontà per capire, la stra­te­gia di Syriza girava per intero attorno a una parola: nego­ziare.

    Cosa ha vinto e cosa ha perso Atene venerdì sera?
    Ha vinto in cre­di­bi­lità poli­tica: il nuovo governo greco ha tutta la respon­sa­bi­lità della poli­tica eco­no­mica e i cre­di­tori hanno il diritto di con­trol­lare l’andamento dell’economia. Lo faranno attra­verso una nuova «troika». Non più emis­sari della Bce, della Com­mis­sione e del Fmi che det­te­ranno la linea alla poli­tica greca ma tec­no­crati che inter­ver­ranno a livello di ammi­ni­stra­zione. Le que­stioni di poli­tica eco­no­mica saranno dibat­tute solo tra governi.

    Atene ha anche otte­nuto di abbat­tere il rigido 4,5% di avanzo pri­ma­rio per l’anno in corso, pre­vi­sto dal vec­chio memo­ran­dum. Ora viene rico­no­sciuto un mar­gine di «fles­si­bi­lità» da lasciar gestire ai greci. Molto pro­ba­bil­mente, una parte di quel sur­plus sarà indi­riz­zato verso gli inter­venti di emer­genza alle fami­glie senza red­dito, costrette a nutrirsi alle mense.

    Tsi­pras non potrà invece tenere fede da subito alla sua pro­messa di ripri­sti­nare il sala­rio minimo del periodo pre-crisi e forse nean­che di restuire la 13sima men­si­lità ai pensionati.

    Già domani Varou­fa­kis dovrà pre­sen­tare ai cre­di­tori l’elenco dei punti del vec­chio memo­ran­dum che Atene acco­glie e si impe­gna a rea­liz­zare. È escluso che nel suo elenco siano com­presi i nuovi tagli alle pen­sioni e agli sti­pendi pub­blici e l’ennesima ondata di licen­zia­menti sot­to­scritti dal pre­ce­dente governo.

    L’enfasi, lo sap­piamo già, sarà data alle vere riforme: del sistema fiscale, dell’amministrazione pub­blica e dell’apertura del mer­cato, com­bat­tendo posi­zioni monopoliste.

    Saranno suf­fi­cienti? Pro­ba­bil­mente no e Varou­fa­kis ha già annun­ciato che là ci saranno «grossi problemi».

    Per come ha fun­zio­nato finora l’eurozona, biso­gna par­lare solo di cifre: quanto si incas­serà dalla lotta all’evasione fiscale? Cosa pen­sate di incas­sare al posto dell’imposta sulla prima casa, ora in via di abo­li­zione? Per­ché avete bloc­cato le pri­va­tiz­za­zioni degli aero­porti che por­ta­vano alle casse dello stato ben 10 miliardi?

    Pro­ba­bil­mente quindi ci stiamo avviando a un nuovo psi­co­dramma: Varou­fa­kis che insi­ste su un pro­getto stra­te­gico di sti­molo dell’economia reale greca e i cre­di­tori, tede­schi in testa, che «non capi­ranno» di cosa sta par­lando, chie­dendo in cam­bio i numeri di futuri incassi.

    Ma sono bat­ta­glie di retro­guar­dia. Tsi­pras ha pro­messo che l’austerità è finita e non è dispo­sto a fare un passo indietro.

    Ancora una volta, ci vorrà fan­ta­sia e crea­ti­vità per tro­vare un nuovo com­pro­messo. E così fino a quando la diga non crol­lerà del tutto.

  • agbiuso

    Febbraio 19, 2015

    Sulla Grecia l’Ue cambi rotta
    il manifesto, 19.2.2015

    La richie­sta dell’Unione euro­pea alla Gre­cia di pro­se­guire con le cata­stro­fi­che poli­ti­che di auste­rity degli ultimi cin­que anni, è uno schiaffo alla demo­cra­zia e ai sani cri­teri economici.

    Il popolo greco attra­verso ele­zioni demo­cra­ti­che ha rifiu­tato que­ste azioni, che hanno por­tato alla con­tra­zione del 26% della pro­pria eco­no­mia, al 27% del tasso di disoc­cu­pa­zione e hanno por­tato il 40% della popo­la­zione a vivere sulla soglia di povertà.

    Con­ti­nuare con l’austerity signi­fica tra­dire la Ue e tra­dire i prin­cipi di demo­cra­zia, pro­spe­rità e soli­da­rietà. Il rischio è che l’austerity fini­sca per dare fiato a forze anti­de­mo­cra­ti­che tanto in Gre­cia, quanto in altri paesi.

    Chie­diamo alla lea­der­ship euro­pea di rispet­tare la deci­sione del popolo greco e di con­ce­dere al nuovo governo il tempo per rime­diare alla crisi uma­ni­ta­ria e ripar­tire con la neces­sa­ria rico­stru­zione della deva­stata eco­no­mia nazionale.

    Costas Dou­zi­nas, Jac­que­line Rose, Gior­gio Agam­ben, Sla­voj Zizek, Lynne Segal, Gaya­tri Spi­vak, Etienne Bali­bar, Judith Butler, Jean-Luc Nancy, Chan­tal Mouffe, David Har­vey, Eric Fas­sin, Joanna Bourke, Imma­nuel Wal­ler­stein, Wendy Brown, San­dro Mez­za­dra, Marina War­ner, Dru­cilla Cornell

  • agbiuso

    Febbraio 6, 2015

    Da Atene assediata
    di Marco Bascetta, il manifesto, 6.2.2015

    Se governi come quelli ita­liani e fran­cesi, che certo non sono avvan­tag­giati dalle attuali poli­ti­che euro­pee, plau­dono al rigore di Dra­ghi è per­ché pie­gare la Gre­cia rap­pre­senta una mossa deci­siva in difesa del sistema libe­ri­sta, con­cor­ren­ziale e pri­va­tiz­za­tore in cui pie­na­mente si rico­no­scono, «par­lando la stessa lin­gua» di Merkel.

    I greci met­tono sul tavolo euro­peo il pro­prio pro­gramma di risa­na­mento e di riforme. Ma è esat­ta­mente quello che la gover­nance euro­pea, pilo­tata da Ber­lino, non vuole. C’è da scom­met­tere che la riforma fiscale ela­bo­rata da Syriza non asso­mi­glierà in nulla a quella pre­vi­sta da Renzi. Che la Gre­cia rie­sca ad uscire in qual­che modo dalle con­di­zioni cata­stro­fi­che in cui versa non è ciò che rileva. Non è il fine che conta, ma i mezzi e cioè le «riforme» in ver­sione Troika.

    Que­sti mezzi non pos­sono essere messi in discus­sione per­ché così si apri­rebbe una brec­cia nella dot­trina libe­ri­sta e nel dispo­si­tivo di comando che la incarna a garan­zia della ren­dita finan­zia­ria.

  • agbiuso

    Febbraio 5, 2015

    Rodolfo Ricci

    Diffondere una Campagna europea a sostegno della Grecia e del suo governo democratico nella difficile negoziazione per il ripristino dei diritti del popolo greco e dei popoli europei

    E’ importantissimo far sentire in questi giorni, la voce dei cittadini europei a favore delle posizioni del legittimo e democratico governo greco che si sta battendo per una revisione e del debito. Un debito che è nato privato ed è diventato “pubblico” solo per salvare banche e istituzioni finanziarie (nord europee) che hanno speculato e giocato col fuoco dei derivati.

    La battaglia della Grecia è la battaglia di tutti i cittadini europei contro le elites nazionali e internazionali dell’1-10% che negli anni della crisi si sono arricchiti oltre ogni limite a danno dei lavoratori, dei precari dei disoccupati.

    L’Europa avrà un futuro solo se sarà ripristinato un equilibrio sostenibile tra paesi del nord e paesi del sud, solo se la ricchezza sarà ridistribuita all’interno dei singoli paesi, solo se le istituzioni finanziarie torneranno a rispondere ai governi democratici.

    Lanciamo e diffondiamo una campagna europea a sostegno del governo greco. Dagli esiti della negoziazione in corso, dipenderà il futuro del nostro continente e delle generazioni future.

  • agbiuso

    Febbraio 5, 2015

    Ricchi e ingrati

  • agbiuso

    Febbraio 5, 2015

    Come era facilmente prevedibile:

    ============

    COSI’ DRAGHI SPINGE LA GRECIA #FUORIDALLEURO

    Draghi getta la maschera. Con la mossa di impedire alle banche greche di poter utilizzare i bond ellenici come garanzia per rifinanziarsi, la Banca Centrale Europea impone il suo aut-aut: o Troika o morte. Draghi ubbidisce ossequiosamente alla linea tedesca e si dimostra, in questa Europa governata dall’egoismo, debole con i forti e forte con i deboli.

    La Merkel vuole il rispetto del Memorandum, vuole imporre le sue misure di austerità, tra cui il licenziamento degli impiegati statali, la riforma delle pensioni e la vendita di porti e centrali elettriche.

    L’irrequietezza dei mercati e il crollo delle Borse rappresentano una indebita pressione sulle libere decisioni che deve prendere il nuovo governo greco. A chi appartiene la sovranità in Grecia? Ai greci o al duo Merkel-Draghi? Non ci sono le baionette dei Colonnelli, ma in un’altra epoca questo si chiamerebbe tentativo di colpo di Stato…

    Piuttosto che accettare la continuazione del piano che ha già messo sul lastrico la Grecia, il nuovo premier Tsipras dovrebbe accelerare l’uscita del proprio Paese dall’eurozona. Uscire dall’euro conviene all’economia greca.

    Secondo le ultime previsioni dell’agenzia Moody’s, nel medio-lungo periodo, fuori dall’area euro la Grecia crescerebbe di più rispetto ai Paesi rimasti nella moneta unica.

    Per il parlamentare europeo del Movimento 5 Stelle Marco Valli: “l’euro indebolito dalle economie del sud in crisi sta infatti favorendo da tempo la bilancia commerciale tedesca, tutto ciò in violazione delle regole europee. Questa non è una vera Unione”.

    Per Marco Zanni la decisione della BCE “è uno schiaffo al popolo greco che con le recenti elezioni aveva dato un segnale forte di cambiamento. In questa Europa non contano i cittadini e le elezioni, ma siamo tutti schiavi di decisioni prese a Berlino o Francoforte. Questa azione della BCE rischia di minare alle basi il concetto stesso di democrazia”.

  • Biuso

    Febbraio 5, 2015

    Il governo del Partito Democratico – Nuovo Centrodestra contro la Grecia e a favore della troika. Il presidente del consiglio ha infatti dichiarato che la «decisione della Bce è giusta e opportuna».
    Ecco un tipico servo (dunque un tipico italiano?)

  • agbiuso

    Febbraio 5, 2015

    Il ministro delle Finanze greco: «Germania sa che cosa succede quando si scoraggia una nazione orgogliosa». Così si risponde alla troika criminale.
    Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e Banca Centrale Europea faranno di tutto per distruggere la Grecia e il suo esempio di autonomia, di politica sociale, di rifiuto dell’ultraliberismo.
    In questo modo si capirà -spero che lo capiscano anche i ciechi!- che l’Europa politica non esiste e che dunque dall’euro bisogna uscire. L’euro è ormai la denominazione degli usurai.

  • agbiuso

    Gennaio 28, 2015

    L’articolo è stato pubblicato anche su Sicilia Journal con il titolo redazionale di Syriza oltre la destra e la sinistra: l’ardua strada per stare dalla parte della gente

  • agbiuso

    Gennaio 28, 2015

    Grazie della condivisione, cari amici.
    Nel suo editoriale di oggi, Luciana Castellina scrive tra l’altro che “si tratta di una scelta molto dura, corag­gio­sis­sima e anche rischiosa come tutto ciò che si fa per corag­gio. Sarebbe stata più facile una pru­dente alleanza con i cen­tri­sti, che avreb­bero però con­di­zio­nato il governo pesan­te­mente, spin­gen­dolo ad una logo­rante media­zione, e poi a un par­ziale cedi­mento. Era quello che auspi­cava Bru­xel­les.
    Tsi­pras ha deciso invece di andare al brac­cio di ferro. Per­chè quello che Siryza chiede non è un aggiu­sta­mento un po’ meno rigo­roso, ma un muta­mento sostan­ziale della linea di poli­tica eco­no­mica dell’Unione Euro­pea. Per que­sto non si è limi­tata a chie­dere una dila­zione nel paga­mento del pro­prio debito ma una Con­fe­renza straor­di­na­ria che affronti il pro­blema della crisi, non solo della Gre­cia, in tutta la sua com­ples­sità. Vale a dire l’occasione per affron­tare non solo le maga­gne gre­che, ma anche quelle degli altri paesi, per varare regole nuove e diverse da quelle sta­bi­lite nel 2012 dal trat­tato sui bilanci.
    A comin­ciare da una uni­fi­ca­zione della poli­tica fiscale, per porre fine alla pra­tica del dum­ping alle­gra­mente usata dai più forti, e di un più intel­li­gente rap­porto fra livello del defi­cit e livello degli investimenti.

    È ben para­dos­sale che la troika, e con lei tutti i c.d. ben­pen­santi euro­pei­sti, stia facendo due cose asso­lu­ta­mente con­trad­dit­to­rie: accu­sare la Gre­cia di aver sper­pe­rato danaro e per­fino di aver fal­si­fi­cato i pro­pri bilanci e insieme auspi­care che restino al comando pro­prio gli stessi col­pe­voli di que­sta ban­ca­rotta frau­dormire­lenta.
    […]
    Il nuovo esecutivo non tradisce il mandato del comitato centrale della Sinistra Radicale greca che è: ‘Nessun compromesso con chi ha firmato l’odioso Memorandum della Troika’.

    =========

    La scelta coraggiosa del giovane Alexis, il manifesto, 28.1.2015

  • diegod56

    Gennaio 28, 2015

    parole come Destra e Sinistra significano ormai ben poco e che la contrapposizione reale è tra i popoli e la finanza internazionale dei Lehman Brothers; tra i lavoratori e le multinazionali

    questo è il passaggio chiave del discorso, caro Alberto

    comunque penso che la piccola Grecia possa contribuire all’allentarsi delle politiche rigoriste, che hanno dimostrato oltre che crudeltà anche inefficacia

    Draghi, seppur certamente uomo della finanza, è comunque della scuola di Caffè, cui è stato allievo, e difatti non è in sintonia con i rigoristi tedeschi

    io credo che il vento abbia girato, anche se ci sono rischi, non dimentichiamoci i colonnelli greci di non molti anni fa, però, tornando alle tue acute osservazioni, caro Alberto, stavolta a destra c’è comunque chi sulla finanza la pensa uguale alla sinistra autentica

    speriamo bene, sono molto cautamente ottimista

  • Dario Generali

    Gennaio 27, 2015

    Caro Alberto,
    me lo auguro senz’altro anch’io, insieme a te.
    Un caro saluto.
    Dario

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 27, 2015

    Mio caro Alberto, impeccabile al solito ma che fatica, che amarezza il vederci chiaro… ti obbligo a leggere Cecità di Saramago.
    Quanto al resto sono stato colpito anch’io dalla determinazione di Tzipras nello sbarazzarsi per il bene delle Grecia delle classiche distinzioni. Distinzioni che per altro verso Blair, e in gran parte il sistema americano hanno da tempo messo da parte. Renzi è solo l’ultimo dei nibbi o dei ragni.
    In appendice pensa che nella tremenda Svizzera il salario minimo è di 3000 €. Bah.
    P.

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