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Οι Βάρβαροι

American Sniper
di Clint Eastwood
Con: Bradley Cooper (Chris Kyle), Sienna Miller (Taya Renae Kyle)
Usa, 2014
Trailer del film

kylefuneralChris Kyle è esistito davvero. Un texano ammaestrato dal padre a uccidere cervi, a ‘proteggere i suoi cari’ e a rimanere sempre fedele agli United States of America, qualunque ne sia la conseguenza, poiché «Our country! In her intercourse with foreign nations, may she always be in the right; but our country, right or wrong» (Stephen Decatur). Chissà perché questo principio sarebbe onorevole per gli statunitensi e per tanti altri e disonorevole invece per i nazionalsocialisti tedeschi, per i quali -appunto- la fedeltà alla Patria doveva rimanere il faro della propria vita, giusta o sbagliata che fosse l’azione della Germania e qualunque azione la Germania chiedesse ai suoi cittadini.
Amante della birra e dei rodei, a un certo punto Kyle decide che non soltanto la sua famiglia ma l’intera Nazione ha bisogno della sua protezione. Si arruola quindi nel temibile corpo dei cecchini professionisti e in Irak miete centinaia di successi (scilicet: morti ammazzati) in ogni strato della popolazione locale. Diventa così The Legend.
Di tale leggenda il film mette in scena le opere e i giorni, con il sentimento di chi -certo- sta facendo qualcosa di brutto ma lo sta facendo per un ideale necessario. Immagino che se la Germania avesse vinto la II Guerra mondiale avremmo visto qualche Eastwood tedesco mettere in scena le opere e i giorni di un Kyle teutonico. Clint Eastwood è naturalmente sempre bravo a raccontare; la sua adesione ai personaggi e alle situazioni è tale che -voglia o non voglia- l’orrore emerge anche da un film così decisamente patriottico, che si conclude con le immagini (reali) delle strade texane parate e lutto per i funerali dell’eroe.
Ucciso in guerra? Morto per salvare le genti irachene e americane? No, fatto fuori il 2 febbraio 2013 da un suo collega, un reduce che soffriva di disturbi da stress postbellico. Una morte ingloriosa e pienamente meritata per questo boia, degno rappresentante di una terra che il neurobiologo Ramachandran così descrive: «Come una singola cellula non può esistere senza i mitocondri simbionti, se fossimo allevati in una caverna dai lupi o in un ambiente del tutto privo di cultura (come il Texas) saremmo a malapena umani» (Che cosa sappiamo della mente, Mondadori 2004, p. 108). La fine disonorevole di questo personaggio mi ha fatto venire in mente un’espressione di Renzo Tramaglino: «A questo mondo c’è giustizia, finalmente!» (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. III).

9 commenti

  • agbiuso

    Febbraio 20, 2016

    Consiglio di leggere una breve ma importante intervista del manifesto a Noam Chomsky. La natura criminale degl Stati Uniti d’America vi emerge con molta chiarezza.

    Chomsky: «La destra Usa un pericolo per la specie umana»

  • Dario

    Gennaio 22, 2015

    Anch’io ho la stessa opinione del Texas citata nel testo; eppure devo ammettere che due recenti film, che elogiano la solidarietà umana e la gentilezza, sono opere di registi texani.
    Si tratta di “Grand Budapest Hotel” e “Boyhood”.
    Per il resto, nel film di Eastwood manca lo specifico del regista, e cioè l’attenzione per la dignità umana.
    Mi sarei aspettato la descrizione di un uomo più tormentato da parte del regista di “Lettere da Iwo Jima”.

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 21, 2015

    @Diego
    Ma sai Diego da tempo ho chiaro che per vivere non tanto per capire la vita come dici tu i più attrezzati siano i tipi come il Kyle. Le bistecche per citarmi addosso. Però via stando in un cantuccino, inteso come angolino, al calduccio -Brecht- insomma se vivi appartato e ti disinteressi di dire il conveniente o taci per non perdere tempo a incontrare polemiche ché, dopo una certa età, lo dice Lemmy Caution in Missione Alphaville di Godard “si è troppo vecchi per discutere”, ebbene con queste e forse qualche altre utile precauzione arrivi a finire la vita a testa alta e con una malinconia contenuta. Persino con discreta allegrezza. Grazie per l’intelligente. Un abbraccio.P

    @Aletheia Andremo a vedere The imitation game allora.

  • agbiuso

    Gennaio 20, 2015

    Un consiglio da accogliere, cara Aletheia. Perché, se vuole, non ci dice lei qualcosa di più su questo film? In particolare, le è sembrato plausibile in relazione a quello che lei sapeva già sulle teorie di Turing?

  • Aletheia

    Gennaio 20, 2015

    Non è il tipo di film che prediligo a causa della crudezza delle immagini, invece Vi consiglio caldamente di vedere il film The imitation game sulla vita di Alan Turing…bellissimo!

  • diego

    Gennaio 20, 2015

    Vita violenta senza bisogno di guerra. Violenta in ogni piccolo gesto, con gli animali, con le cose, con le donne, con chiunque.

    è tragico essere intelligenti come te Pasquale, per sopportare la vita è bene non capirla fino in fondo come tu sai fare, sei unico secondo me

  • agbiuso

    Gennaio 20, 2015

    Sì, Pasquale, sono tutti elementi -quelli che indichi- ben presenti nel film. Soprattutto il sadismo, l’autentico piacere del potere, lo stabilire chi debba vivere e chi debba morire.
    E la vita da civile è un miscuglio miserabile di violenza (ancora), di vuoto e di conformismo.
    Buio, un barbarico buio.

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 20, 2015

    Già Alberto, o visto il film anch’io e dico che per un bel po’ sono rimasto perplesso. Non tanto dalla rutilante esposizione della violenza ma dal motivo seducente che ne imponeva l’esposizione, Siamo bravi a sparare e abbiamo un buon motivo per farlo, siamo l’America e dio lo vuole. Tra me e me mi dicevo però che pochi hanno saputo raccontare la guerra come Eastwood nel dittico di Ivo Jima. E allora, allora. Uscito dalla proiezione avevo nell’orecchio le parole di Desideria e di una nostra conoscente, quest’ultima che si domandava perché tanto tempo cinematografico per venire a raccontare che in fondo hanno fatto bene a impegnarsi, gli americani, in Iraq, adesso. Per anni e ancora oggi si dice che si doveva e allora pace e amen, lasciateci perdere, basta propaganda. La prima che mi diceva, Ma immaginati come in Texas prendono sto film, corrono ad arruolarsi tutti. Credimi ho dormito male la notte, perché non tanto le immagini di guerra mi turbano ma ciò che le immagini mi fanno immaginare, oggi a 63 anni, mi pesa sul cuore. Ciò detto all’improvviso ho rivisto tutta la prima metà del film e ora vengo e mi spiego. Premetto che l’opera mi pare la dolente affermazione di un uomo che ormai viaggia dritto verso la morte dal momento che a più di ottant’anni non si sa mai quando è l’ora giusta. Un’inquadratura mi ha fatto scattare l’idea, una piccola inquadratura in cui si vede solo il piede dell’istruttore il quale passando tra i ranghi dagli uomini allineati al tiro preme su quello sollevato di un poco di Kyle e lo schiaccia a terra, il tallone di ferro, sadico. Del potere. Pare a me dunque che la chiave del film stia tutta nel racconto della vita di pace di Kyle. VIta violenta senza bisogno di guerra. Violenta in ogni piccolo gesto, con gli animali, con le cose, con le donne, con chiunque, arrogante e bambinesco, buonuomo in fondo, una bistecca nata nell’ignoranza di un padre che lo ha allevato come lui farà con suo figlio, nell’accettazione pronuba della filosofia, pecore, lupi, cani da pastore; burbanzoso ma onesto, non si spara ai bambini a meno che e, alla fine, indifferente a ciò che di buono gli capita, ai figli, alla moglie che non ascolta, stolto con i medici, agli altri infine, con dentro e indosso un terribile amore per la guerra (Hillman). Un puer con la mitologia del volli fortissimamente volli. SI veda l’erotismo pervertito con cui arma il fucile e con cui dichiara, ai tiri, dopo avere ucciso un grosso serpente a sonagli, Se respira sono più a mio agio. Ora noi viviamo come non di rado è accaduto ma da ultimo, intensamente e diffusamente in un epoca di violenza fuori controllo. Basti guardare la faccia della Fornero, dalle labbra, le uniche che possiede, ebbre di voluttà perché la sua, una delle più inique e violente manomissioni dello stato di diritto, è uscita vittoriosa dall’esame della consulta. Insomma non la faccio lunga. O io proietto su questo film la mia visione delle cose o davvero Eastwood ha voluto raccontare la sintesi di un mondo che nasce, vive, prospera e si involtola nella propria violenza, dove il buon senso che chiede, Ha fatto un giro nei nostri reparti, non trova risposta, un mondo infame tutto senza vincitori né vinti. Se si esclude lo stile, Kyle ammazza con un’arma da mille dollari di tecnologia, il macellaio con un trapano a batterie da 50 euro. Non so dire altro. Saluti. P.

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