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Vedere il tempo

Vedere il tempo

Ontologie del tempo e nichilismi atemporali
in Giornale di Metafisica
1/2013 Scrittura ed esistenza – Estate 2014
Pagine 31-48

Pdf del saggio

GdM_2013:1Abstract

The essay deals with some of the analytical and phenomenological proposals related to ontology of time and neo-platonic theology. About such opinions bedrock, it criticizes some kinds of timelessness nihilism, reaching the conclusion that – in opposition to neo-eleaticism, Ricoeur’s third aporia of time, and sometimes to hard sciences – not only time exists and can be analysed from a metaphysical perspective, but it is also visible, then investigating from a phenomenological perspective.

2 commenti

  • agbiuso

    Ottobre 4, 2014

    Caro Diego, una delle tesi che cerco di argomentare nei miei libri e nel mio insegnamento è -per l’appunto- che il tempo è una realtà plurale, una struttura politeistica; che al tempo si applica benissimo ciò che Aristotele afferma dell’essere, vale a dire «si dice in molti modi».
    La grandezza della filosofia consiste secondo me in gran parte in questa sua capacità di cogliere, chiarire, pensare l’essere e il tempo nella loro molteplicità. La filosofia è infatti in grado di esprimere a livello epistemologico/linguistico ciò che è ontologicamente differente, molteplice, plurale.
    Ne La mente temporale ho cercato di analizzare nove forme del tempo; in Temporalità e Differenza ho fatto della Differenza, appunto, la chiave ermeneutica per entrare nell’enigma del tempo.

  • diego

    Ottobre 3, 2014

    Siccome sono un lettore di «Temporalità e Differenza», non vorrei, facendo questa domanda, fare la brutta figura del discente che ha studiato ma non ha capito niente. Ma la formulo lo stesso, un amico somaro è pur sempre un amico.

    La domanda. Non è che forse tutto stà nell’uso troppo esteso della parola «tempo» con la quale in realtà si coprono entità, accadimenti, così diversi fra loro che, se potessimo riscrivere il vocabolario, sarebbero da definire con parole diverse?
    Un mio caro amico lombardo è un elettricista e abita vicino al fiume Mella, se vado a casa sua, un giorno che il fiume è in piena e dico, mentre siamo sul ponte: «stiamo attenti alla corrente!», magari lui pensa a dei fili elettrici scoperti, penzolanti da qualche lavoro fatto male, e non pensa alla corrente del fiume.
    A parte la metafora abbastanza scema, non è che la parola ha troppi significati? Basti pensare che a me, chitarrista pessimo, è capitato di sentirmi dire: «non vai a tempo!», e ovviamente è uno dei tanti/troppi significati.

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