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Rinnovamenti

Il governo italiano guidato da Renzi è una genuina e coerente espressione del Partito Democratico, del suo ultraliberismo. Il PD -come il Nuovo Centrodestra, come Forza Italia, come l’Unione dei Democratici Cristiani, come Scelta Civica- è attento in primo luogo alla grande impresa e alla finanza, a quelli che una volta i comunisti che il PD ha tradito chiamavano «i padroni». Ed è attentissimo allo spettacolo. Il renzismo è la prosecuzione del berlusconismo con altri mezzi.

 

55 commenti

  • agbiuso

    Luglio 25, 2014

    La vittoria di Pirro,
    di Norma Rangeri

    Chi sono i veri fili­bu­stieri? Quelli che si oppon­gono alle riforme costi­tu­zio­nali della mag­gio­ranza renzian-berlusconiana, o i par­titi di governo che impe­di­scono al par­la­mento di discu­tere come cambiarle?

    In un regime par­la­men­tare, l’ultima carta di una demo­cra­zia è l’ostruzionismo e la sto­ria della nostra repub­blica è ricca di pagine che rac­con­tano per­so­naggi e inter­preti del fili­bu­ste­ring nei momenti di mag­gior con­tra­sto politico.

    Con i nuovi rego­la­menti oggi è molto più dif­fi­cile pra­ti­carlo, ma deci­dere di tron­care il dibat­tito sulla più pro­fonda tra­sfor­ma­zione dell’assetto costi­tu­zio­nale mai rea­liz­zata dal dopo­guerra, sce­gliendo un rigido con­tin­gen­ta­mento dei tempi per­ché l’8 di ago­sto il pre­si­dente del con­si­glio deve por­tare a palazzo Chigi il bot­tino di guerra è, innan­zi­tutto per lui, il segno di una vit­to­ria di Pirro.

    Chi vuole vin­cere senza con­vin­cere, chi mostra i muscoli per nascon­dere la con­fu­sione, in realtà rivela la pro­pria debo­lezza. Non si pos­sono appro­vare riforme cru­ciali senza il neces­sa­rio, fati­coso, eser­ci­zio del com­pro­messo e della media­zione politica…

    Se ancora c’era qual­che dub­bio sulla natura post-democratica del lea­der che ci governa, da ieri sarà più dif­fi­cile soste­nerlo. E del resto que­ste pes­sime riforme costi­tu­zio­nali per come erano ori­gi­nate, appunto da un’iniziativa legi­sla­tiva del governo anzi­ché del par­la­mento, non pote­vano che pre­ci­pi­tare in una esau­to­ra­zione del par­la­mento stesso.

    Con il soste­gno e l’approvazione del Pre­si­dente della Repub­blica che così espone l’alta carica che rap­pre­senta al ruolo di gio­ca­tore anzi­ché di arbi­tro. Il Capo dello Stato non ha nep­pure rice­vuto per­so­nal­mente la dele­ga­zione di depu­tati e sena­tori che ieri sera, in cor­teo, si è recata al Qui­ri­nale per rap­pre­sen­tar­gli la con­tra­rietà verso una deci­sione sconcertante.

    Napo­li­tano è ancora il rap­pre­sen­tante di tutti gli italiani?
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    Fonte: il manifesto, 25.7.2014

  • agbiuso

    Luglio 24, 2014

    In Senato Partito Democratico e Forza Italia -benedetti da Napolitano- compatti contro la Costituzione e la democrazia.
    A opporsi Lega, Sinistra e Libertà e Movimento 5 Stelle.
    Clamorosa conferma dell’insussistenza, ormai, di destra e sinistra.

  • agbiuso

    Luglio 17, 2014

    Renzi, il petroliere

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    La Basilicata e la Sicilia sono meglio del Texas, il Mar Mediterraneo è pieno di oro nero che aspetta solo di essere estratto per renderci tutti ricchi, le persone che in tutta Italia si oppongono allo sfruttamento del proprio territorio e alla distruzione della propria economia sono solo “tre, quattro comitatini”.
    Questi sembrano essere, ad oggi, i pensieri del Premier Renzi, almeno stando a quanto dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera.
    Forse offuscato dalla voglia di fare, Renzi ha dimenticato di analizzare in maniera approfondita i dati, quelli veri. Parla di 40.000 posti di lavoro, prendendo per buoni i dati di Assomineraria (che ha recentemente dichiarato anche che le trivelle in mare fanno bene alla pesca), e dimenticandosi ad esempio di rapporti di Confindustria e sindacati, che evidenziano come il ramo occupazionale legato all’efficienza energetica sia enormemente più ampio e importante. Si potrebbero creare 160 mila posti di lavoro l’anno per dieci anni, senza considerare l’indotto per l’economia e i risparmi per i cittadini.

    Ma Renzi sembra proprio non voler capire che il futuro sono le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. E mentre in Italia si cerca di fare tutto per ostacolare lo sviluppo delle rinnovabili, in Europa continuiamo a sentire il Ministro Guidi parlare del nostro paese come il nuovo hub europeo del gas, senza rendersi conto che i consumi di gas e combustibili fossili sono in calo (talvolta crollo) da anni.
    Quanto al Texas italiano, è evidente che il petrolio della Basilicata non ha di certo portato sviluppo economico e benessere agli abitanti della regione, ma semmai soldi nelle tasche di pochi (e sempre i soliti). Stesso discorso vale per le trivellazioni off-shore della Sicilia, dove i rischi e i danni (ad esempio su turismo e pesca sostenibile) sono tutti sulle spalle dei cittadini, mentre i guadagni finiscono altrove. E per cosa? Per estrarre un quantitativo di petrolio che, stando ai dati ufficiali del Ministero per lo Sviluppo Economico, non coprirebbe neppure due mesi di consumi del sistema paese. Senza considerare le royalties, tra le più basse d’Europa.
    E che dire dei comitati locali, quelle centinaia di migliaia di persone che, ogni giorno, in tutta Italia, vivono sulla propria pelle le conseguenze delle fonti fossili? Renzi, con notevole disprezzo, li ha rinominati “tre quattro comitatini”, ignorando che proprio loro, mai interpellati sulle decisioni energetiche del paese, sono quelli che conoscono meglio di tutti le implicazioni che derivano dall’uso dei combustibili fossili.
    Anche per questo la Rainbow Warrior, la nave di Greenpeace in tour nel Mediterraneo, ha deciso di incontrare alcuni di questi comitati locali, per dare voce alle loro richieste costantemente inascoltate. Abbiamo più volte chiesto un incontro a Renzi e al ministro Guidi, non ultimo l’invito a salire a bordo della nostra nave per avviare un confronto.
    Ma il premier e il “governo del fare” non sono così aperti al dialogo, visto che ai nostri inviti non hanno neppure mai risposto, dimostrando di non voler minimamente considerare non solo i comitati locali, ma anche le associazioni ambientaliste e i milioni di persone che le sostengono.
    In circa due mesi Greenpeace ha già raccolto oltre 45.000 firme di cittadini che si sono dichiarati indipendenti dalle fonti fossili. E siamo sicuri che, a seguito delle dichiarazioni del premier, questo numero non potrà che aumentare.
    Il nostro messaggio è chiaro: “Non è un paese per fossili”. Né per fonti fossili, né per politici fossili.

    Luca Iacoboni – Campaigner Energia e clima
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    Fonte: Renzi, il Texas d’Italia non conviene a nessuno!

  • agbiuso

    Luglio 11, 2014

    La Lega Nord è alleata con i fascisti/razzisti di Le Pen. Il Partito Democratico riscrive la Costituzione italiana con la Lega Nord. Il Partito Democratico riscrive la Costituzione con i fascisti/razzisti. Il Partito Democratico è fascista/razzista?

  • agbiuso

    Luglio 10, 2014

    L’asse Partito Democratico, Forza Italia, Lega Nord procede magnificamente verso il luminoso futuro della Nuova Italia e delle sue rinnovate istituzioni.
    Chiedo a chi ha votato Partito Democratico se lo abbia fatto per questo.

  • Biuso

    Giugno 26, 2014

    Persino L’Espresso scrive che “Matteo Renzi aveva promesso di abbassare la pressione fiscale. Ma ora le famiglie dovranno fare i conti con imposte sulla casa molto più alte che in passato. Vanificando così il bonus di 80 euro.”
    Poveri italiani creduloni. Più l’imbonitore di turno la spara grossa, più gli credono.

  • agbiuso

    Giugno 25, 2014

    “I senatori, anziché dai cittadini, saranno nominati dai partiti”. Il renzismo come ultima metamorfosi della Casta.

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    Renzi: “Noi non l’avevamo prevista, se diventa un problema la togliamo”. Boschi: “Non l’ha voluta il Pd e nemmeno il governo: nel nostro testo non c’era”. Berlusconi: “Quell’idea non è nostra”. Romani: “Forza Italia non l’ha chiesta, non ci interessa, leviamola pure: l’abbiamo scoperta dai testi dei relatori Calderoli e Finocchiaro”. Calderoli: “Aboliamola sia al Senato sia alla Camera, e non se ne parli più”. Finocchiaro: “Cosa vogliono da me? Per me l’immunità non va bene così neanche alla Camera. Noi abbiamo raccolto i pareri dei partiti e dei costituzionalisti, e il governo ha vistato due volte i nostri emendamenti. Sono disgustata dallo scaricabarile”.

    Noi invece siamo più disgustati dal barile. Cioè dal fatto che non verrà abolito il Senato, ma le elezioni per eleggerlo; i senatori, anziché dai cittadini, saranno nominati dai partiti (tramite i Consigli regionali, quasi tutti inquisiti fra l’altro); saranno espropriati del potere legislativo (leggi costituzionali a parte) e di quello di sfiduciare i governi; saranno tutti consiglieri regionali o sindaci; però avranno l’immunità come i deputati, come se fossero scelti dagli elettori per fare le leggi, e non per fare i sindaci o i consiglieri regionali. E non solo non risponderanno penalmente né civilmente delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle funzioni; ma non potranno neppure essere arrestati o intercettati o perquisiti senza l’autorizzazione a procedere di Palazzo Madama.

    Questo prevede il testo definitivo della cosiddetta riforma costituzionale del Senato che sarà votato in prima lettura (su quattro) il 3 luglio. Un testo, secondo la Finocchiaro, condiviso da tutti i partiti e dal governo. Invece, secondo il governo e i partiti, non era condiviso da nessuno. In attesa che la prova del Dna accerti l’identità di Ignoto Uno cioè l’esatta paternità del mostriciattolo, tecnicamente “fijo de ‘na mignotta” (si sospetta una relazione extraconiugale di Renzi con B. o Verdini), non resta che godersi l’ennesimo spettacolo della Banda Larga alle prese con la sua unica vera passione: l’impunità.

    Naturalmente nessuno, con l’aria che tira nel Paese, ha il coraggio di chiamarla col suo nome. Così tutti mandano avanti giuristi di chiara fama, ma soprattutto fame, e firme di punta, ma soprattutto di tacco. Pigi Battista, reduce da memorabili prove di analfabetismo giuridico sulla responsabilità civile dei magistrati, spiega ai lettori del Corriere che l’immunità parlamentare è robetta: “un filtro, un argine, un contenimento” per scongiurare arresti inquinati dal “fumus persecutionis”.

    E pazienza se mai, dicesi mai, il Parlamento ha bloccato l’arresto di un suo membro per fumus persecutionis: per la semplice ragione che ciò presupporrebbe un accordo criminoso fra il pm, il procuratore capo (che deve avallare ogni richiesta d’arresto) e il gip (che deve accoglierla o respingerla) per perseguitare un eletto del popolo senza prove, per motivi politici. Il che oggi è impossibile, mentre non lo era nel 1948, quando fu varata la Costituzione.

    Battista crede (chissà chi gliel’ha detto) che i padri costituenti abbiano scritto l’articolo 68 sulle immunità per tutelare “l’equilibrio e il bilanciamento dei poteri” contro il “giustizialismo”. Balle: i costituenti – basta leggere i lavori preparatori – temevano che la magistratura uscita indenne dal fascismo senza epurazioni, dunque omologata socialmente, culturalmente e politicamente alle classi dominanti, potesse colpire le forze di opposizione (di sinistra) per compiacere i partiti di governo (sempre gli stessi, nel sistema bloccato della guerra fredda). Il pensiero andava a reati dal movente tipicamente politico: occupazioni delle terre, i blocchi stradali e ferroviari, i picchettaggi, i comizi troppo accesi, le manifestazioni di piazza non autorizzate e altri che – essi sì – si prestavano a interpretazioni persecutorie. Non si pensava certo a corruzioni, malversazioni, frodi fiscali, complicità mafiose: delitti tipici di chi esercita il potere, non certo di chi vi si oppone. Oggi se c’è un articolo superato dai tempi è proprio il 68.

    Nell’ultimo ventennio infatti sia la destra sia la sinistra sono andate più volte al governo. La magistratura s’è resa sempre più indipendente dal potere. E le leggi elettorali ipermaggioritarie hanno trasformato i voti sulle immunità in prove di forza delle maggioranze sulle minoranze (salvo quando votano tutte insieme). Ora poi il governo Renzi e la sua maggioranza (un’ammucchiata di tutti i partiti, salvo M5S) hanno deciso di aggiornare la Costituzione: dunque non si vede perché l’unico articolo intoccabile debba essere proprio il più sorpassato, cioè il 68. Né perché mai, mentre si divaricano i poteri e la selezione di deputati e senatori, non si possa differenziarne anche il sistema immunitario. Oppure riformarlo per tutti nel modo più semplice e ragionevole: lasciando il primo comma dell’art.68, quello sull’insindacabilità delle opinioni e dei voti; e cancellando gli altri due sull’autorizzazione a procedere per la custodia cautelare, le intercettazioni, le perquisizioni e i sequestri.

    Se si chiamassero i cittadini a votare, questa riforma raccoglierebbe un plebiscito: vedremo chi, di qui al 3 luglio, avrà il coraggio di proporla. Se qualche “sessantottino” si opporrà, lascerà le impronte digitali sul testo infame che oggi tutti fingono di non conoscere. E, anche se non spiegherà il perché, lo capiremo lo stesso.
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    Fonte: Senato, una riforma infame, di Marco Travaglio Micromega, 24 giugno 2014.

  • agbiuso

    Giugno 20, 2014

    Da Televideo
    Calderoli: riforme, siamo a ultimo miglio
    20/06/2014 16:34

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    16.34 “Questa notte con la presidente Finocchiaro e altri volenterosi riformisti abbiamo percorso l’ultimo miglio. Ci manca solo l’ultimo millimetro e poi si parte per cambiare finalmente questo paese”. Lo ha dichiarato il vice presidente del Senato, Calderoli, in merito al ddl per le riforme costituzionali.
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    Dixit Calderoli, il leghista del cosiddetto Porcellum. Detto da lui è una garanzia assoluta. Bravo Renzi e bravo l’intero Partito Democratico.

  • agbiuso

    Giugno 14, 2014

    Poveretti, come s’offrono

    Ne conosco uno, il quale ha rubato in tutti i modi in cui si poteva rubare; ha devastato ciò che avrebbe dovuto preservare; ha mostrato ogni giorno guapperia. E che ora con entusiasmo ogni giorno s’offre a Renzi.

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    Renzi, il bulletto che fa il premier
    di Alessandro Robecchi

    Chissà cos’hanno pensato i dirigenti del più grande Partito Comunista del mondo quando hanno visto Matteo Renzi occuparsi di Corradino Mineo. Abituati a leader occidentali che vanno lì a parlare dei dissidenti loro, vederne uno che da Pechino si occupa dei dissidenti suoi li avrà divertiti un bel po’. Poi, appena tornato in patria, il premier ha fatto tutta la classifica delle sue proprietà. Mio il 41%, miei i voti delle europee, mio il partito, e mio anche il Paese, che “non si può lasciare in mano a Corradino Mineo” (che è un po’ come sparare alle zanzare con un lanciamissili, diciamo). Tipica sindrome del possesso: è tutto suo, ce ne sarebbe abbastanza per uno studio sul bullismo. Studio già fatto, peraltro, perché pare che il paese proceda di bulletto in bulletto.

    Prima quello là, il Bettino degli “intellettuali dei miei stivali”, che Renzi ha voluto rivisitare con i “professoroni”, con contorno di gufi e rosiconi (al cicca-cicca manca pochissimo, prepariamoci). Poi quell’altro, Silvio nostro, parlandone da vivo, che rombava smarmittato dicendo che “dieci milioni di voti” lo mettevano al riparo dalla giustizia. Non diversissimo dal nuovo venuto, secondo cui “dodici milioni di voti” (suoi, ça va sans dire) sono un’investitura per fare quello che vuole senza se e senza ma. Insomma, che le elezioni europee fossero un voto per la riforma del Senato era meglio dirlo prima, non dopo. Ora, si trema all’idea di cosa, ex-post, tutti quei voti possano giustificare, dallo scudetto alla Fiorentina alla riforma della giustizia, dalla rimozione dei senatori scomodi alla renzizzazione selvaggia del partito.

    Come sempre quando si va di fretta, non mancano i testacoda. Il “lo cambieremo al Senato” (il voto della Camera sulla responsabilità dei giudici), detto da uno che il Senato lo vuole abolire. Oppure il famoso lodo “Daspo e calci nel sedere” ai politici corrotti, che si è tramutato in silenzio di tomba quando il sindaco di Venezia è tornato, dopo un patteggiamento, al suo posto. Se n’è andato lui, Orsoni, e sbattendo la porta, senza nessun Daspo e nessun calcio nel sedere (pare che intenda tirarne lui qualcuno al Pd, piuttosto). Ora, forgiata una falange di fedelissimi (persino i giornali amici e compiacenti ormai li chiamano “i colonnelli”) è bene dire che nessuno si sente al sicuro. Ne sa qualcosa Luca Lotti che per zelo ebbe a dire che Orsoni non era del Pd: Renzi lo sbugiardò a stretto giro, come dire, va bene essere più realisti del re, ragazzi, ma ricordiamoci chi è il re. Tanto, che uno sia del Pd oppure no è irrilevante: quel che conta è se è di Renzi oppure no. Perché Giggi er bullo vince sempre. Se il Pd va bene è il suo Pd. Se va male è quello vecchio e mogio di Bersani.

    Un po’ come il Berlusconi padrone del Milan, che si intestava le vittorie e scaricava le sconfitte sugli allenatori. Lo stile è quello. L’avesse fatto Bersani, di levare da una commissione un senatore sgradito (magari renziano, toh) avremmo sentito gemiti e lezioncine di democrazia fino al cielo, perché anche nel “chiagni e fotti” le similitudini non mancano. E qui c’è un po’ di nemesi, a volerla dire tutta. Perché se fino a qualche tempo fa si poteva sghignazzare sulla gesta di Renzi, “Ah, l’avesse fatto Silvio”, ora siamo arrivati al punto di dire: “Ah, l’avesse fatto Pierluigi!”. Che è poi la storia di come procede a passi rapidi l’uomo solo al comando: si teorizzava qualche mese fa da parte renziana che come alleato Berlusconi fosse meglio di Grillo. Oggi si teorizza (anche coi fatti) che come socio per le riforme Berlusconi è meglio di alcuni senatori Pd, eletti per il Pd da elettori del Pd.

    Quanto ai soldatini, ai pasdaran e ai guardiani della rivoluzione renziana, che sgomitano per farsi notare dal capo, devono per ora limitarsi all’arte sublime del benaltrismo. Ad ogni nota stonata del loro conducator sono costretti ad argomentare: e allora Grillo? Come se davanti a una bronchite un medico intervenisse dicendo: e la polmonite, allora? Nel merito, niente. Poveretti, come s’offrono.

    Fonte: Il Fatto Quotidiano, 14 giugno 2014
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  • agbiuso

    Giugno 13, 2014

    Renzi, Mineo e l’arroganza del potere
    di Norma Rangeri

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    Andia­moci piano con la libertà di coscienza, un bene pre­zioso da eser­ci­tare con mode­ra­zione, senza biso­gno di sban­die­rarlo per que­stioni minori come la riforma costi­tu­zio­nale. E se un sena­tore pro­prio insi­ste a voler espri­mere la sua cri­tica sul pro­getto del nuovo senato, addi­rit­tura pre­ten­dendo il diritto di voto, allora delle due l’una: o «eser­cita la sua libertà di coscienza in aula» (dove un voto in più o in meno non conta), come con­si­glia Anna Finoc­chiaro, pre­si­dente della Com­mis­sione affari costi­tu­zio­nali (alias por­ta­voce della mini­stra Boschi), oppure sarà sosti­tuito da un ren­ziano doc.

    E così, secondo le leggi della nuova monar­chia (anti­co­sti­tu­zio­nale), l’incompatibile sena­tore Mineo è stato epu­rato e al suo posto imme­dia­ta­mente nomi­nato il capo-gruppo Zanda, pro­prio quello che a ogni for­za­tura ber­lu­sco­niana sban­die­rava l’articolo 67 della Costi­tu­zione sul non vin­colo di man­dato. Ma la mal­de­stra operazione-pulizia si è pre­sto tra­sfor­mata in un boo­me­rang, e da uno i ribelli sono diven­tati quat­tor­dici, tutti auto­so­spesi dal gruppo par­la­men­tare del Pd.

    Con una simile osten­ta­zione di arro­ganza, il presidente-segretario ha voluto met­tere in chiaro che se in par­la­mento e nel suo par­tito qual­cuno ancora insi­ste per emen­dare il sal­vi­fico pro­getto di riforma che tutto il mondo ci invi­dia, allora scatta il «renzismo-stalinismo» (copy­right di Mineo), anche a costo di pro­ce­dere a colpi di risi­cata mag­gio­ranza, con un solo voto di dif­fe­renza in com­mis­sione. Al grido di «non ci fer­miamo» (Boschi) e sotto la ban­diera del «no al diritto di veto» (Renzi), sven­tola orgo­gliosa l’idea di que­sti neo-unti del «conta il voto degli elet­tori», di fronte al quale il par­la­mento è un resi­duato che va rapi­da­mente neu­tra­liz­zato in forza del ple­bi­scito elet­to­rale (che, in ogni caso, né ha eletto Renzi, né era con­vo­cato sulle riforme costituzionali).

    Al coro degli yesmen del Pd (tra i quali molti ex alfieri della «ditta» ber­sa­niana) si sono unite voci gril­line come quella del vice­pre­si­dente della camera, Di Maio, coe­ren­te­mente plau­dente («se un mem­bro del gruppo vota in dis­senso rischiando il sabo­tag­gio con il suo voto, è giu­sto pren­dere prov­ve­di­menti»). Lim­pida sin­tesi dove il «dis­senso» diventa «sabo­tag­gio», così come il «voto» diventa «veto» se non sei con­forme alla mag­gio­ranza di par­tito. È in que­sto modo che fun­ziona la nuova poli­tica dei rot­ta­ma­tori. Anche se poi Grillo tenta una mal­de­stra difesa di Mineo tanto per dare una botta a Renzi (senza nem­meno avver­tire il povero Di Maio). Del resto che Renzi e Grillo siano più con­cor­renti che avver­sari lo abbiamo visto molto chia­ra­mente nella com­pe­ti­zione elet­to­rale con quella corsa for­sen­nata a chi era più «anti» (anti-tasse, anti-sindacati, anti-partiti …). Sem­mai biso­gna dire che la pra­tica delle espul­sioni, dopo quella dello strea­ming, Renzi l’ha copiata pro­prio dall’ex comico.

    Par­tite malis­simo, que­ste riforme costi­tu­zio­nali stanno pro­se­guendo nel modo peg­giore. Già aver deciso di pro­porre come governo la riforma della Costi­tu­zione, anzi­ché lasciarla alla sua sede natu­rale, il par­la­mento, ha espo­sto la falange ren­ziana a una cri­tica larga e bla­so­nata. Ma se all’inizio si trat­tava solo di insul­tare «gufi» e «pro­fes­so­roni» ora siamo arri­vati alle espul­sioni dei sena­tori. In fin dei conti può anche capi­tare che il potere logori per­sino chi ne ha troppo.
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    Fonte, il Manifesto, 13.6.2014

  • Biuso

    Giugno 12, 2014

    Partito Democratico e Lega Nord votano insieme contro la proibizione di utilizzare «richiami vivi» nella caccia. Che schifo.

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    Hanno preferito votare con la Lega, sottoporci al pagamento dell’infrazione europea. Hanno preferito tutto questo, i membri del governo, piuttosto che votare il nostro emendamento che vietava la terribile pratica dei richiami vivi.

    Questo è successo questa mattina in Aula: hanno votato insieme, Pd e Lega, per mantenere l’aberrante e illecita tradizione dei richiami vivi, a scapito della vita, della dignità di migliaia di uccelli migratori che ogni anno vengono catturati per fare da esca nella caccia, e, non in ultimo, a discapito delle tasche degli italiani.
    L’emendamento, a firma M5S, è stato bocciato in Aula proprio con i voti di Pd e Lega.

    L’Europa ha aperto una procedura d’infrazione su questo e il voto di oggi ci farà andare incontro a nuovi costi che graveranno sulle tasche degli italiani.

    Il nostro emendamento, sottoscritto da diversi gruppi parlamentari, modificava la legge 157 del 1992, vietando la cattura degli uccelli a fini di richiamo vivo costretti in piccole gabbie, al buio, così da far perdere loro la percezione del tempo. Gli uccelli detenuti in queste condizioni possono subire conseguenze gravissime, dalla morte quasi immediata allo sviluppo di malattie causate dall’immunosoppressione da stress; ma possono subire anche traumi fisici e alterazioni causate dall’essere sottoposti a trattamenti farmacologici a base di testosterone, per obbligarli a cantare anche fuori dal periodo riproduttivo. Quello che si nasconde dietro l’apparente innocenza del nome “richiamo vivo” è in realtà un vero e proprio maltrattamento dell’animale, che come tale andrebbe vietato, ostacolato e punito.

    Il Governo ha tentato una supercazzola durante la discussione in Aula presentando un emendamento “specchietto per le allodole” che non risolve niente, anzi, se possibile complica le cose, e poi dichiara che in questo contesto non era necessario entrare nel merito della legge 157, ma bastava solo risolvere la procedura di infrazione. E come pensa di farlo il Governo? Introducendo nuove deroghe. Le stesse che l’Europa ci chiede di interrompere da 20 anni. Solo fumo negli occhi, insomma. Come sempre. Sarebbe bastato votare il nostro emendamento appoggiato anche da altri partiti. Ma il governo ha preferito sposare la linea della Lega e far vincere la lobby dei cacciatori.
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    Fonte: Richiami vivi, il governo ci condanna all’infrazione

  • agbiuso

    Giugno 9, 2014

    Antonio Padellaro paragona Renzi “a quei simpatici studenti universitari che regolarmente annunciano esami mai dati, con viva soddisfazione dei familiari”.
    Mi sembra l’immagine più rispondente alla realtà.

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    Persone maligne paragonano Matteo Renzi a quei simpatici studenti universitari che regolarmente annunciano esami mai dati, con viva soddisfazione dei familiari, che tuttavia mai vedranno l’agognato giorno in cui festeggiare il fresco laureato. Il premier, per carità, è uomo degno di fede come ha dimostrato versando nelle buste paga di maggio gli 80 euro annunciati (per pura coincidenza) in campagna elettorale e che mai si permetterebbe di non rispettare il cronoprogramma delle riforme che rivolteranno l’Italia come un calzino.

    Soltanto qualche raro giornalista rancoroso e attento solo a evidenziare le pagliuzze negative ricorda che da febbraio a maggio tutto doveva cambiare, ma nulla è cambiato. Dimenticando che se abbiamo ancora il vecchio Senato, il vecchio fisco, il vecchio lavoro, la vecchia burocrazia e nessuna legge elettorale, la colpa è unicamente dell’ignavo Parlamento insensibile al plebiscito che ha sommerso Palazzo Chigi.
    Naturalmente il cronoMatteo non poteva certo prevedere l’imprevedibile, ovvero l’esplosione di mazzette sulle Grandi Opere vanto dell’italico ingegno e dunque, quando come un fulmine a ciel sereno lo scandalo colpì l’Expo milanese, il premier prima si disse rattristato, poi invocò il Daspo per i corrotti e quindi annunciò l’intervento decisivo di Raffaele Cantone, un serio e competente magistrato antimafia, subito descritto dalla stampa incline a evidenziare il bene come un crono-Zorro giustiziere dei corrotti.
    Cantone chiese giustamente di essere dotato dei necessari poteri per esercitare i controlli almeno sugli appalti ancora da assegnare (per circa 120 milioni). Così gli fu promesso un apposito decreto legge, poi scomparso nel nulla.
    Quando dal Mose veneziano è tracimato un mare di mazzette, Renzi si è detto turbato, poi ha parlato di “alto tradimento” per i politici corrotti, ma prima che potesse indicare Cantone come il giustiziere della Laguna, questi ha stoppato ogni ipotesi: “Non è il caso che me ne occupi”. L’impressione è che il magistrato non veda l’ora di ritornare al vecchio lavoro, anche perché oggi gli viene chiesto di combattere i cattivi con un’altra legge che non c’è, quella sull’anti-corruzione. Il cronoRenzi non perdona.

    il Fatto Quotidiano, 7 Giugno 2014

  • Biuso

    Giugno 8, 2014

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    Va bene abbassare i toni, va bene riconoscere i propri errori, ma quando è troppo, è troppo. Farsi prendere per il culo come se dovessimo scontare una condanna a vita da cornuti e mazziati è troppo.
    Quando, dopo gli scandali, ma ormai più che di scandali che non scandalizzano più nessuno si dovrebbe parlare di cronaca quotidiana, dell’Expo e del Mose, in attesa della Tav, Renzie afferma che “Il problema della corruzione non sono le regole che non ci sono, ma quelle che non si rispettano, il problema sono i ladri, non le regole” è troppo. Ma i ladri stanno (anche) nel tuo partito, li avete fatti eleggere voi, avete dovuto aspettare la magistratura per fare il lavoro che avreste dovuto fare voi?. Allontanarli a calci. Sembra che ora nessuno conosca questo Orsoni, il sindaco di Venezia, quindi figlio di padre ignoto, così il suo partito di appartenenza assume il ruolo di meretrice, adescatrice, escort (puttana non si scrive più per non urtare la sensibilità dei giornalisti).
    Si discetta con stile bizantiniano, carnevalesco (… dal giudice Carnevale che annullava le sentenze di condanna per i mafiosi in Cassazione per vizi di forma) se Orsoni sia o meno iscritto al Pd. Le foto con Bersani sul palco con una scenografia in cui le lettere “PD” sono gigantesche non fa testo e neppure che il Pd lo abbia candidato No. Ce l’aveva o no la tessera Pd? In caso negativo che c’entrano i segretari di partito che si sono succeduti in questi anni? Che c’entra il Pd? Nulla. Qui andiamo oltre. Oltre il ridicolo. Oltre la farsa. Oltre la presa per il culo. Oltre l’avanspettacolo.
    Il meccanismo con cui questo sistema delinquenziale legalizzato si regge è ormai semplice per chi vuole capirlo. Grande Opera Inutile, cifre gonfiate, emergenze costruite ad arte per evitare i controlli, appalti agli amici, tangenti a persone “vicine” ai partiti, l’immortale Greganti docet, e via mazzettando per miliardi di euro che finiscono sui conti pubblici tagliando lo sviluppo del Paese.
    Di che regole parla Renzie? Di quelle che non ci sono? Della legge anticorruzione che il M5S ha proposto? Della legge sui conflitti di interesse (presenti a mani piene nel suo governo)? Di nuovi strumenti da mettere a disposizione della magistratura resa (quasi) innocua da decine di leggi fatte dal partito unico PD/Forza Italia in vent’anni? O forse allude agli inquisiti candidati nel suo partito alle europee?
    Quanti voti sposta la corruzione? Tanti. Di tutti quelli che ne godono, anche di poche briciole gettate sotto il tavolo. Dopo l’astensione, la corruzione è il primo partito del voto. Primum vivere, comunque sia, e a culo tutto il resto.
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    Fonte: Le regole e i ladri

  • agbiuso

    Giugno 5, 2014

    Il gip di Venezia: “Politici totalmente asserviti al sistema criminale”. Ma votati in massa dagli elettori del Partito Democratico e di Forza Italia (e satelliti vari). Sono dunque i cittadini (ir)responsabili.

  • agbiuso

    Giugno 4, 2014

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    Corruzione, concussione e riciclaggio sono le accuse della Procura veneta nei confronti di 35 persone, tra cui il sindaco pd di Venezia. Chiesto il carcere per l’ex ministro Galan

    “Inchiesta Baita-Mose: arrestato sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni del Partito Democratico ed altri politici. In manette anche l’assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso di Forza Italia. Il MoVimento 5 Stelle si occupa del Mose da quando è nato, su quell’opera abbiamo sempre mostrato preoccupazioni in merito ad utilità e meccanismi d’appalti. Come per l’Expo e la Tav.
    Cos’altro devono fare questi partiti per non meritare più il voto dei cittadini italiani?
    Luigi Di Maio, portavoce M5S Camera
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    Fonte: Larghe intese in manette

  • Alberto G. Biuso » Il vincitore

    Maggio 26, 2014

    […] la miglior garanzia per la prosperità delle sue aziende e per il mantenimento della sua influenza (Il PD lo ha chiamato a riscrivere insieme la Costituzione della Repubblica). Ciò che non perdono agli elettori del Partito Democratico è non aver capito questo, a meno che […]

  • agbiuso

    Maggio 16, 2014

    Una magnifica intervista.

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    Questione morale, l’ex responsabile giustizia del Pci: “Il M5S è l’erede di Berlinguer”

    (E’ consentita la riproduzione, anche integrale, indicando http://www.micromega.net come fonte)

    “A miei tempi l’onestà era un dna che andava preservato accuratamente, oggi è un optional fastidioso. Il pensiero di Berlinguer è attualissimo e l’unico erede della questione morale è il Movimento 5 Stelle”. E Renzi? “E’ il nulla e sul niente c’è poco da dire”. Mentre Vendola? “Sull’Ilva di Taranto ha fatto uno scivolone terribile e avrebbe dovuto trarne immediatamente le conseguenze, non si ride con i padroni che hanno inquinato una città e prodotto morti su morti”. A parlare né Grillo né altro attivista pentastellato ma l’avvocato Giuseppe Zupo, 73 anni, responsabile nazionale giustizia del Pci ai tempi di Berlinguer e del caso Moro.

    Avvocato, Lei è stato dirigente ai tempi del Partito comunista di Berlinguer. Alla luce di questa esperienza come valuta i recenti casi – per l’ultimo l’Expo – di corruzione nella politica italiana?

    Allora la corruzione non aveva il peso devastante che ha assunto negli anni successivi, il maggior problema da fronteggiare per noi era quel terrorismo che generava danni e apprensione. Serpeggiava grande tensione per la risposta dei partiti alle richieste sociali: il terrorismo trovava terreno fertile tra l’insoddisfazione dei giovani e delle masse popolari. E quindi il Pci di Berlinguer si è preoccupato di riguadagnare la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato, da qui la questione morale e l’intransigenza sull’onestà delle Istituzioni.

    Il Berlinguer della questione morale lo considera ancora attuale o superato?

    E’ attualissimo. La questione morale non era ascrivibile solamente al “non rubare”, era la concezione che lo Stato e le istituzioni democratiche fossero un bene pubblico e quindi da preservare con attenzione essendo di proprietà di una comunità, frutto di sforzi di generazioni che nel passato hanno costruito le fondamenta per quelle future.
    Ciò ispirava Berlinguer e il Pci: la questione morale era figlia di una grande tradizione liberale – che proviene dalla Rivoluzione francese, almeno prima che degenerasse – non relegabile al campo della sinistra ma a chiunque amasse lo Stato e le istituzioni democratiche. Come Berlinguer anche Natta, suo ultimo segretario di fiducia, si batté per tali principi. Lui fu defenestrato, mentre era in ospedale, dai vari D’Alema, Occhetto e Veltroni: lo dichiararono dimissionario – mentre era un falso – e lui apprese dal giornale radio di non essere più segretario del Pci. Prima di morire, nel 2001, ha rilasciato una bellissima intervista all’Unità in cui ha ricostruito quelle concitate giornate e si diceva preoccupato dalla degenerazione che si era creata con Occhetto.

    Tra le forze politiche organizzate di oggi, vede qualcosa che abbia preso il testimone di Berlinguer sulla questione morale?

    Lo so, farò inorridire i miei compagni di una volta. Sono comunista semel semper berlingueriano e dopo il Pci non mi sono iscritto a nessun partito perché nessuno ha portato più avanti quei valori. Ora vedo nel M5S l’unico possibile erede. Ho votato il movimento alle ultime elezioni nazionali e – pur non essendo un uomo ricco – l’ho finanziato. Sono andato al comizio di San Giovanni a Roma, prima del voto, e sono rimasto colpito dall’enorme partecipazione e dalla composizione della piazza: cittadini, lavoratori, giovani. La rappresentanza come servizio nelle istituzioni, a termine, per poi ritornare al proprio status di prima. Senza fortune politiche come avviene per gli altri partiti. I parlamentari 5 stelle sono persone normalissime: casalinghe, ingegneri, impiegati, gente dalla porta accanto, non arruffoni di soldi e poltrone. Per questo sono del M5S e tornerò a votarlo. Dall’altra parte abbiamo quel Pd che, tra l’incostituzionale Porcellum e la nuova legge elettorale, ha abrogato le preferenze togliendo alle persone il diritto di poter selezionare la propria classe dirigente. Il nominare loro i parlamentari è solo l’ennesimo atto di autoreferenzialità di una politica ormai lontana dai cittadini.

    Qualcuno le potrebbe fare l’obiezione che nella sinistra ci sono ancora personaggi come Renzi, Civati, Vendola… Lei come risponderebbe?

    Berlinguer riteneva che Occhetto fosse solo un venditore di slogan e non un costruttore di politiche. Io penso lo stesso del premier Matteo Renzi, non aggiungo altro perché per me rappresenta il nulla e sul nulla c’è poco da dilungarsi. Civati è una persona simpatica ed educata ma è compatibile al sistema, ogni volta è lì lì per rompere e poi rientra nei ranghi: voto il M5S perché voglio una forza capace di ribaltare il tavolo su cui questi signori consumano la politica e non qualcuno che cambi loro le stoviglie. Per quanto riguarda Vendola… Sull’Ilva di Taranto ha fatto uno scivolone terribile e avrebbe dovuto trarne immediatamente le conseguenze, non si ride con i padroni che hanno inquinato una città e prodotto morti su morti.

    Mi scusi, una curiosità. Negli anni ’90 prima del M5S cosa votava?

    Per i Comunisti italiani. Non ho mai votato né il Pds né il Pd. Poi ho smesso di sostenere anche il Pdci perché oltre a testimonianze simpatiche e colorate ci vuole ben altro.

    E così l’infatuazione per il M5S…

    Al M5S sono stati tesi dei trabocchetti e sorprese, come da Bersani, e i neoparlamentari hanno commesso degli errori per inesperienza e ingenuità, invece il movimento va sostenuto e fatto crescere. Il Pd ha disperso un immenso patrimonio, quello del Pci. Come diceva Natta, non hanno tenuto conto che eravamo il punto di arrivo di una particolarità storica, significativa ed apprezzata a livello internazionale: un partito socialdemocratico, sul modello scandinavo, che aveva con sé la classe operaia. E penso che tutto ciò non deve essere per forza perduto, il M5S è un’occasione. In Europa il malcontento si sta riversando verso partiti reazionari, fascisti o addirittura neonazisti mente qui da noi prende le sembianze del M5S che è invece antifascista, democratico e progressista. Basta osservare come Grillo ha replicato al corteggiamento di Marine Le Pen. Questa specificità del M5S andava compresa e sostenuta e non osteggiata come fatto dal Pd. Anche le istituzioni che continuano ad accusare il movimento di populismo sbagliano in maniera grossolana.
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    Fonte: Intervista a Giuseppe Zupo, a cura di MicroMega, 15.5.2014

  • agbiuso

    Maggio 14, 2014

    Dal sito No Tav.

    Pd Torino, non solo Greganti. I condannati di Mani pulite in posizioni chiave.

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    Continuano a uscire informazioni interessanti nel Partito Democratico, il partito che vuole il Tav e che si porta dietro, da Mani Pulite in poi, un sistema di affari che quantomeno ci fa comprendere perchè ha tanto a cuore la Torino Lione, un pò come l’Expo

    da il Fatto Quotidiano – Ai vertici del partito di Fassino e Chiamparino si trova l’ex sodale del “compagno G”, Giancarlo Quagliotti. Che al pm Parenti disse: “Avevo un conto in Svizzera, ma non intendo parlarne”. E Salvatore Gallo, signore delle tessere e “corrente autostradale” dei democratici. Il candidato Viotti: “Questione morale non affrontata”

    Il compagno G è il Primo, ma non l’unico. Il Pd lo ha sospeso “cautelativamente” perché è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta milanese su Expo2015, ma fino a ieri Greganti sedeva in prima fila per la presentazione ufficiale della candidatura di Sergio Chiamparino alle regionali piemontesi del prossimo 25 maggio. Ed era in buona compagnia. Non è infatti l’unico sopravvissuto a Tangentopoli che negli anni è riuscito a recuperare un posto di primo piano nel Pd torinese. Accanto a lui c’è Giusy La Ganga, che dopo aver saldato i conti con la giustizia è oggi consigliere di maggioranza a Torino, ma anche Giancarlo Quagliotti, condannato nel 1997 per il caso di tangenti Fiat al Pci e oggi vice segretario regionale Pd. Presenze che risultano problematiche solo per una parte minoritaria del partito. “Noi vorremmo cacciare tutti” dice Daniele Viotti, candidato Pd alle Europee, referente regionale della mozione civatiana, “ma la questione morale nel Pd continua a non è affrontata. Al netto delle questioni giudiziarie, c’è un problema di pratiche politiche. E su questo in Piemonte registriamo alcune situazioni gravissime”.

    Oggi il segretario provinciale del Pd di Torino Fabrizio Morri, che contava il compagno G tra i suoi tesserati nel circolo 4 di San Donato-Campidoglio, ha preso le distanze da Greganti. “Faceva tutto per sé e non per il partito”, ha dichiarato all’Huffington Post. Ma si tratta di una presa di distanza che non riesce a nascondere la stima che molti iscritti al partito continuano a tributare a Greganti , considerandolo “un duro”, uno che nonostante la pena la carcere per finanziamento illecito non ha mai collaborato con la giustizia.

    La stessa stima di cui gode l’altro reduce di Tangentopoli Giancarlo Quagliotti, che da qualche settimana è stato nominato vice segretario del Pd piemontese. Legatissimo al sindaco Fassino, Quagliotti è stato anche il coordinatore politico per la campagna elettorale del sindaco nel 2011 ed è presidente della Musinet Engineering Spa, una controllata del gruppo Sitaf, la società che gestisce l’autostrada A32, il traforo del Frejus e si sta occupando del suo raddoppio. Sul passato di Quagliotti pesa una condanna definitiva per finanziamento illecito ai partiti. Come ricorda Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano dell’11 maggio, Quagliotti fu indagato e condannato definitivamente nel 1997, insieme a Primo Greganti, per una tangente pagata dalla Fiat al Pci, per l’appalto del depuratore del consorzio Po-Sangone.

    Il denaro era transitato su due conti aperti da Quagliotti e Greganti in Svizzera, “Idea” e “Sorgente”, che poi si recarono personalmente oltreconfine per procedere all’incasso. La loro posizione fu confermata anche in Cassazione: “I fatti sono incontestabilmente provati” scrissero i giudici, che riscontrarono anche la “piena coscienza dei due imputati di concorrere in un finanziamento illecito”, indirizzato all’ora Pci.

    Un duro anche Quagliotti. Interrogato da Tiziana Parenti, allora pm a Milano, nel 1992, il dirigente postcomunista dice senza mezzi termini di aver volutamente taciuto fino ad allora dei suoi rapporti con Greganti: “Non ho ritenuto che tale circostanza fosse utile nell’ambito dell’indagine”. Di più. Nello stesso verbale, parlando dei conti correnti esteri gestiti per conto del partito, alla pm chiarisce: “Ho avuto un conto in Svizzera che ho chiuso di recente e di cui al momento non intendo parlare”.

    Eppure Quagliotti è ancora lì. E lo è in compagnia di Salvatore Gallo, a sua volta presidente di Sitalfa, altra controllata Sitaf, insieme al quale viene considerato la “corrente autostradale del Pd”. Salvatore Gallo detto “Sasà”, già potente uomo di Craxi a Torino, ha dovuto lasciare il suo partito nel 1992 perché condannato in primo grado a un anno e 4 mesi per una faccenda di mazzette e sanità. Oggi è noto all’interno del Pd come “il signore delle tessere”. Pare che sia in grado di mobilitarne centinaia in un sol colpo. Per questo è stato anche accusato di costringere i dipendenti ad andare a votare dietro la minaccia del licenziamento. Ma ha sempre rispedito al mittente queste accuse.

    Nonostante l’interruzione della sua carriera nell’allora Psi, in piena Tangentopoli, Gallo non ha mai abbandonato veramente la politica. Anzi. Non solo si è ritagliato un ruolo da protagonista nella vicenda della moltiplicazione delle tessere Pd piemontesi (più che raddoppiate nell’ultimo anno), ma ha continuato a vivere la scena pubblica anche attraverso i figli Stefano, assessore allo Sport di Palazzo Civico e Raffaele, candidato con il Pd per le prossime regionali piemontesi,

    “Il Pd è diventato il partito delle tessere” denuncia a ilfattoquotidiano.it Daniele Viotti. “Chi ha un potere economico perché è imprenditore o ha gruppi imprenditoriali alle spalle, ti compra pacchetti di 500-700 tessere in un circolo vuol dire che diventa padrone del circolo e del partito”. Con buona pace del ricambio o della “questione morale”. Per Viotti la nomina di Quagliotti alla vicesegreteria regionale è stata “l’ennesima brutta sorpresa”. “Se l’Italia vuole avere un ruolo e credibilità in Europa” dice “non deve solo mettere a posto i conti. Perché ci sono altre due questioni urgenti per cui siamo osservati speciali: i diritti e la legalità”.

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/12/pd-torino-non-solo-greganti-i-reduci-di-mani-pulite-in-posizioni-chiave/982932/
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    Fonte: Notav.Info, 14 maggio 2014

  • agbiuso

    Maggio 9, 2014

    Neanderthal

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    Berlusconi è ormai un nome evocativo, crepuscolare. Ci riporta al nostro passato, come quelle vecchie canzoni che riascoltate ci proiettano ad altre età, i cosiddetti “good oldies song”. Chi non si ricorda “Neanderthal man” e chi non la associerebbe subito al vecchio pregiudicato?

    I’m a neanderthal man/
    You’re a neanderthal girl/
    Let’s make neanderthal love/
    In this neanderthal world…

    Il suo partito sta scomparendo, lo votano ormai i nostalgici e qualcuno dei suoi coetanei. Quando va in televisione fa crollare lo share che, per un prodotto televisivo quale lui è, è il punto di non ritorno. La sua politica dei due forni, così battezzata da Brunetta, in cui un giorno salva il governo Renzie (per un alto senso di responsabilità…) e lo stesso giorno lo critica (per salvare la faccia), politica che gli farebbe perdere voti è in realtà sempre la stessa, perché sempre di un forno solo si tratta: delle sue aziende e dei suoi interessi economici. Finché rimane in naftalina e appoggia il governo Renzie/Napolitano salva il malloppo, in caso contrario del doman non v’è certezza come ai tempi in cui gli subentrò Rigor Montis e il suo impero economico stava franando in pochi giorni.

    Nel gioco della Torre tra Forza Italia e tutti coloro che ne fanno parte e i suoi interessi economici Berlusconi non ha dubbi, non si fa remore a sacrificare il suo vecchio partito: non ha un programma, non fa opposizione ma neppure governa. Non c’è una sola ragione per votarlo. A questo punto meglio appoggiare il suo sosia telecomandato, Renzie, se questo serve a salvargli il culo. E’ un ermafrodita politico. Ha già messo le mani avanti per il dopo elezioni (per il bene del Paese…) se l’economia dovesse tracollare è disposto alle larghe intese, anche larghissime. Cosa non si fa per l’argenteria di famiglia. Un consiglio non richiesto ai forzisti, abbandonate la nave, il comandante ha già preso il largo con l’unica scialuppa di salvataggio.
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    Fonte: Neanderthal man

  • agbiuso

    Aprile 28, 2014

    Berlusconi: “Renzi non è un vero avversario, potrebbe stare in Forza Italia”.
    Non ne ho mai dubitato. È la conferma di quanto scrivevo qui due mesi fa: il renzismo è la prosecuzione del berlusconismo con altri mezzi.

  • agbiuso

    Aprile 25, 2014

    Una delle ragioni per cui sono dei traditori:

  • agbiuso

    Aprile 23, 2014

    Ce lo chiede LicioCe lo chiede Licio

  • agbiuso

    Aprile 22, 2014

    Renzi e i segreti di Stato. La bugia cinica anche sui morti.

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    Dopo gli 80 euro, il job act per una vita da precario e altre promesse da imbonitore, Renzi dilaga perfino nel cuore nero dell’Italia: quello delle stragi senza colpevoli. “Abbiamo deciso – rivela a Repubblica – di desecretare gli atti delle principale vicende che hanno colpito il nostro Paese e trasferirli all’Archivio di Stato. Per essere chiari: tutti i documenti delle stragi di Piazza Fontana, dell’Italicum o della bomba di Bologna. Lo faremo nelle prossime settimane”. Repubblica subito titola – slap slap – “Via il segreto dalle stragi”e tutti ci cascano.

    Ma “il golpista” del PD non sa di cosa sta parlando e meno che mai lo sa Repubblica: infatti il segreto di stato non è opponibile – per legge! – nelle inchieste sulle stragi. Non esistono carte riguardanti le stragi che siano state negate ai magistrati.
    Quelle di cui parla Renzi sono tutte arrivate nelle mani dei Pm nell’ultimo ventennio e, pur svelando qualcosa di importante, non hanno certo portato alla verità. I colpevoli non sono stati trovati, anzi nell’ultimo processo per la strage di Brescia – che ha attinto a piene mani e liberamente agli archivi dei servizi e della Presidenza del Consiglio – gli indagati sono stati assolti. Mentre Piazza Fontana è ormai un caso chiuso e nulla al momento fa pensare ad una riapertura. E buona parte sono state acquisite dalle commissioni parlamentari di inchiesta ma poi messe in scatola e basterebbe rendere pubbliche quelle senza annunci falsi e roboanti. Le carte di cui parla Renzi sono quindi desecretate e in molti casi già consultabili.
    Insomma siamo alla solita cinica televendita per dire “qualcosa di sinistra”.

    Ovviamente il segreto di Stato esiste, ed è stato opposto – recentemente – nel processo per il rapimento di Abu Omar, uno degli ultimi esempi di servilismo e di svendita dell’interesse nazionale. Sono proprio carte di questo tenore a rimanere “intangibili”: i documenti Nato, quelli che parlano di accordi sulle basi militari, della presenza di testate atomiche in Italia, di interessi stranieri nel Paese o anche le carte che riguardano il Quirinale. E molte altre carte chissà dove sono finite: magari in qualche archivio parallelo, come quello scoperto da Aldo Giannuli sulla Circonvallazione Appia a Roma nel 1997, mentre al Viminale regnava Giorgio Napolitano. Lo Stato Italiano non ha infatti una mappa dei suoi archivi: altro che carte fantasma, noi abbiamo interi archivi fantasma, che nessuno sa dove siano e cosa contengano.

    Complimenti quindi al premier e a Repubblica, che promettono di pubblicare solo ciò che è già pubblico da anni. D’altronde, il cinismo non ha limiti quando si tratta di qualche voto in più. Ronald Reagan pur di farsi eleggere promise di rivelare la verità sugli UFO, e Berlusconi garantì la cura del cancro. I venerabili maestri del giovane Renzie.

    Nicola Biondo
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    Fonte: Renzie e Repubblica senza pudore

  • agbiuso

    Aprile 22, 2014

    Da Roars, 22.4.2014

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    “Sono soddisfatta, per una volta da tanto tempo non ci sono stati i tagli lineari, ma sono state date risposte strutturali … quello che nei rumors aveva destato apprensione, che venisse tagliato il fondo di finanziamento, il Foe, fondo per la ricerca, non è avvenuto“: queste le dichiarazioni di Stefania Giannini all’uscita del Consiglio dei Ministri.
    Durante il quale il Ministro del MIUR doveva essere assopita o distratta, dal momento che nel testo del decreto compaiono 30 milioni di tagli per il 2014 ed altri 45 milioni sottratti in via permanente al Fondo di finanziamento ordinario dell’università, nonché altri tagli al FOE di entità non ancora nota.
    Con ammirevole prontezza di riflessi, a due giorni dal Consiglio dei ministri, Stefania Giannini si rende conto dei tagli approvati “a sua insaputa“ e scende in trincea tuonando “mi batterò contro i tagli agli atenei“. L’Italia è ultima in Europa per percentuale di laureati ed ultima nelle statistiche OCSE della spesa pubblica per istruzione, mentre è seconda solo all’Ungheria per i tagli nel periodo 2008-10.
    Il primo atto importante del Governo Renzi è in perfetta continuità con le politiche dei suoi predecessori e prosegue il ridimensionamento dello stremato settore dell’istruzione e della ricerca.
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    Continua qui: Giannini: «soddisfatta, non ci sono stati i tagli» e intanto Renzi le sfila 75 milioni

  • agbiuso

    Aprile 21, 2014

    Dove è finita l’urgentissima, indispensabile, essenziale, da tutti voluta -in primis da Napolitano- e tanto strombazzata -da Renzi- nuova legge elettorale? Una legge pensata soltanto per escludere milioni di cittadini italiani. Ora che quei cittadini esclusi non sono più gli elettori del Movimento 5 Stelle ma quelli di altri partiti, la legge è sparita. Questi Presidenti sono soltanto dei miserabili antidemocratici.

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    Lo scorso gennaio (sembra un’epoca fa) i partiti e l’informazione di regime spiegavano agli italiani che senza una nuova legge elettorale il Paese sarebbe andato allo sfascio. Andava fatta subito, anzi prima, non importa con chi, anche con un pregiudicato espulso dal Parlamento come Berlusconi.
    Il M5S per le solite anime belle (ma dove vivono? ci sono o ci fanno?) doveva andare a vedere le carte. Sono passati quasi quattro mesi e la legge elettorale è morta e sepolta. Il Prregiudicatellum di Renzusconi non ha visto la luce e forse non la vedrà mai. Era stato pensato per escludere il M5S dalla possibilità di andare al Governo. Una legge disegnata per far vincere Forza Italia o il Pdexmenoelle, che alla fine sono la stessa identica faccia dell’ipocrisia del Potere.
    Una legge peggiore del Porcellum, più incostituzionale del Porcellum, il tutto nel silenzio di Napolitano che dovrebbe, il condizionale è più che d’obbligo nel suo caso, tutelare la Costituzione.
    Qualcosa è però andato storto. Renzie e il pregiudicato si sono accorti che, anche con questa legge elettorale, avrebbe potuto vincere il M5S perchè ormai supera Forza Italia di parecchie lunghezze e che i due compari avrebbero potuto fare la fine dei pifferai che partirono per suonare e furono suonati. La voce dal sen fuggita è dell’ex ministro della Difesa “Non è vero che è una legge contro i piccoli partiti, questa è una legge impostata contro un grande partito. E’ una legge nata per far fuori Grillo” che ha aggiunto “Se il secondo partito sarà quello di Grillo, l’Italicum salta. Lo dico da tempi non sospetti: quando hai una realtà tripolare e fai una legge dove alla fine si rimane in due, significa che uno lo si vuol far fuori. Ma mentre tutti pensavano che quella legge potesse servire per far fuori Grillo, adesso farebbe fuori Berlusconi e i conti non tornano“.
    Nel frattempo il M5S ha discusso on line con più di 100.000 iscritti e l’aiuto del professor Giannulli la sua legge elettorale che presenterà nel mese di maggio in Parlamento. Tutto il resto è noia.
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    Fonte:L’Italicum e’ incostituzionale – avvocato Besostri

  • agbiuso

    Aprile 19, 2014

    Televideo

    Sel: taglio di F35? Una bufala di Renzi
    19/04/2014 22:40

    22.40 Nei giorni scorsi “era stata diffusa la leggenda metropolitana della riduzione di 6 miliardi del programma sugli f35 per finanziare il taglio Irpef. Si era parlato addirittura di un dimezzamento del numero degli aerei. Quello che in realtà prevede Renzi,e che ha presentato in modo sbrigativo,è una piccola revisione con il taglio di un aereo e di mezza ala di un secondo aereo”.
    Così Marcon di Sinistra ecologia e libertà. “Una presa in giro -aggiunge- che il primo ministro potrebbe retwettare con l’hashtag #bufalerenzif35.

  • agbiuso

    Aprile 13, 2014

    “Sinistra che non cambia è Destra” sostiene il Caro Leader. E quindi “Destra che cambia è Sinistra”. La politica ridotta a vuote scemenze.

  • agbiuso

    Aprile 11, 2014

    Sul maschilismo di Matteo Renzi

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    Donna o uomo per il pd non fa differenza. L’unico requisito per essere messe come capolista alle europee dal votante unico delle primarie pd è far parte della Corte del Caro leader Renzie.
    I pennivendoli delle redazioni dei giornalini italiani sbavano e raccontano “La svolta di Renzi, solo donne capolista alle Europee” Corriere della Sera, “Elezioni Europee, la svolta del Pd. Solo donne in testa alle liste” La Repubblica, “Europee, Renzi: «Solo donne capolista»”, l’Unità.
    Essere donna, di per sé, non é un valore. Essere una donna incensurata, al di fuori delle logiche di partito, non paracadutata in Parlamento per volere di un segretario di partito a 20.000 euro al mese e senza aver vissuto di politica da sempre: questo è un valore.
    Quattro delle cinque capilista nominate direttamente dall’ebetino sono attualmente deputate. Un anno fa sono state elette per fare cinque anni alla Camera. Due di loro, la contaballe Picierno e la Mosca, sono al secondo mandato. Se elette cosa faranno? Si dimetteranno e andranno a scaldare le poltrone di Bruxelles e Strasburgo? No. Rinunceranno e faranno passare i trombati impresentabili che da soli non riuscirebbero a prendere i voti neppure per amministrare un condominio.

    Sono donne usate a fini di marketing secondo la migliore tradizione berlusconiana: quattro veline e Renzie a fare il Gabibbo. Una presa per il culo, ma tinta di rosa. Chi occupa una carica elettiva non dovrebbe concorrere per un’altra fino alla scadenza del mandato, come fanno gli eletti del MoVimento 5 Stelle. 50 dei 73 candidati in lista per il pd vivono da sempre di politica, di cariche, di soldi pubblici e non hanno mai fatto un lavoro vero. Perdere contro questa armata brancaleone è impossibile.
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    Fonte: Quattro veline e un gabibbo #4velinepossonbastare

  • agbiuso

    Aprile 10, 2014

    Sul voto di scambio favorevole ai candidati-mafiosi, Calderoli propone la “ghigliottina” e Partito Democratico, Forza Italia, Nuovo Centro Destra approvano esultanti. Banditi.
    Il capo di tali banditi è Renzusconi. Un ibrido del quale una parte imbonisce i giovani, l’altra i vecchi. Nel mezzo un’Italia mostruosa.

  • agbiuso

    Aprile 9, 2014

    Renzi pensa di insultare Salvatore Settis -che lo critica- definendolo “professore di archeologia“. Miserabile analfabeta.

  • agbiuso

    Aprile 6, 2014

    Renzi, il Coreano.

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    Hanno destato scandalo le europarlamentarie del M5S. Oltre 33.000 persone che decidono liberamente e insieme tutti i candidati delle liste per le elezioni europee hanno fatto storcere il naso a giornalisti paladini del partito unico e a un manipolo di schiaccia bottoni messi in parlamento da segretari di partito e lobbisti.

    Nessuno parla invece delle primarie del pd per le europee. Le regole sono semplici. Il votante è uno solo: il caro (nel senso che è costato due euro a ogni elettore pd) leader Renzie.

    I potenziali candidati devono essere foglie di fico (si parla di Tardelli, l’ex calciatore), ex ministri finiti nel dimenticatoio (come la Kyenge o De Castro), pasdaran di partito (Bresso, Cofferati, Emiliano, Cozzolino).
    L’ebetino sa che le primarie sarebbero state un flop, nessuno avrebbe partecipato alle ennesime buffonarie, nessuno avrebbe pagato altri due euro per sostenere ancora Berlusconi. Ha quindi optato per il votante unico: lui stesso, ma si è smascherato da solo.
    Gli elettori del pd contano zero. Renzie è nudo. Ripeto. Renzie è nudo.
    Vinciamonoi!
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    Fonte: Primarie del pd, chi le ha viste?

  • agbiuso

    Aprile 6, 2014

    Naturalmente Renzi e Delrio non hanno affatto abolito le Province, le quali sono previste dall’articolo 114 della Costituzione e quindi sarebbe necessaria per eliminarle una riforma di tale articolo.
    Renzi e Delrio hanno giocato con i numeri e con i nomi. Un gioco nel quale il risparmio per le casse pubbliche sarà questo: zero.
    Ma l’importante è che i giornalisti, vale a dire i servi pagati per scrivere, cantino peana per il governo. Miserabili servi.

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    Il 27 marzo 2014 è una giornata memorabile per la stampa allineata al Governo Renzi, pronta a cantarne le gesta ad imperitura memoria: è, infatti, il giorno dei commenti alla “storica” approvazione del ddl Delrio di riforma delle province.
    Solo che c’è un problema: manca l’oggetto del peana. Lo stesso Gian Antonio Stella, nel suo articolo sul Corriere “Una scorciatoia obbligata per non tornare indietro” non può prodursi in un canto epico e mitico, per restare gioioso ma prudente.
    Infatti, cosa ha prodotto il ddl Delrio? L’abolizione delle province? No. Le province restano dove sono, tranne nei 10 territori in cui sorgeranno le città metropolitane che altro non saranno se non province con altro nome e due-tre funzioni in più, ma governate dal sindaco del capoluogo.

    Il ddl Delrio non abolisce le province per nulla, perché a questo scopo occorre una riforma della Costituzione che le prevede espressamente come parte necessaria della Repubblica all’articolo 114.

    Allora, su cosa potevano puntare i giornali nel comporre i loro inni alla gioia per l’eroica impresa del Senato, che “di sua spontanea volontà” e senza alcuna spinta del Governo col ricatto della caduta e dello scioglimento ha molto volentieri votato il ddl Delrio? Ovvio, sui risparmi.
    Ma, anche i giornalisti più entusiasti e giulivi non hanno potuto fare a meno di leggere il contenuto della legge, per esprimere un’opinione in merito. Leggendo i commi dell’articolo uno dopo l’altro, la speranza di reperire una “norma finanziaria” che quantificasse in modo certo i tagli alla spesa svaniva. Fino ad arrivare mestamente alla conclusione del testo, senza aver potuto constatare la presenza della quantificazione di un solo cent di taglio.

    Allora, i giornalisti si sono rivolti alla relazione di accompagnamento al ddl. Ma, anche lì, delusione: nemmeno l’ombra di una cifra seria sui risparmi.
    Eppure, non si poteva non organizzare un estasiato coro solenne di gioia senza parlare dei “risparmi”.

    Allora, i giornalisti hanno cercato. Ma ci sono rimasti male, molto male. Infatti, il Governo “stima” un miliardo ufficiosamente, ma tale cifra non è prevista assolutamente da nessuna parte. Affiora indirettamente nelle slides di Cottarelli. Tuttavia, lo stesso commissario non si fida: e scrive che nel 2016 si potrebbe giungere (senza spiegare come) ad un risparmio di 500 milioni (per prudenza), ma connettendolo all’abolizione delle province e non alla riforma Delrio.
    Dunque, quanto ci fa risparmiare Renzi ed il Governo, grazie alla “non più rinviabile” riforma delle province?

    I giornalisti, allora, hanno guardato la relazione della Corte dei conti, Sezione Autonomie, del 6 novembre 2013, esposta alla Commissione affari costituzionali della Camera. Peggio che andar di notte. La magistratura contabile spiega che dal ddl Delrio non è possibile trarre alcuna seria indicazione di veri risparmi, se non per 105 milioni, pari alla spesa sostenuta per indennità di presidenti ed assessori e gettoni di presenza per consiglieri. Un po’ pochino. Ma, la Corte dei conti (ovviamente perfida, perché incredibilmente piena di magistrati, assunti per loro insistenza mediante concorso invece che per nomina politica, e colpevoli di avere stipendi inaccettabilmente alti) rincara la dose: siccome parte di quella spesa sono i rimborsi per gli amministratori, in effetti il risparmio totale sarebbe di 89 milioni. Non solo: la Corte dei conti ricorda che la riforma, con tutti i suoi passaggi di funzioni e competenze da un ente all’altro, secondo lo schema a “scheggia impazzita” del caos disegnato da Delrio, vi saranno costi ingenti (non quotati da nessuno) molto probabilmente superiori a qualsiasi risparmio.

    Gelo tra i giornalisti corifei, che non sanno più come sciogliere l’endecasillabo o l’esametro trocaico per “laudare” il Principe.
    Guardano, ancora, la relazione tecnica del Servizio bilancio del Senato. Un’altra doccia fredda: una stroncatura totale del ddl ed una stima di risparmi sempre inferiore ai 100 milioni.
    A questo punto, i giornalisti hanno dovuto prendere una decisione. Utilizzare una cifra “evocativa”, appunto i 100 milioni, tondi, chiari, indicati da Cottarelli, sia pure in totale spregio alle stime ufficiali della Corte dei conti e del Siope, che riporta, per il 2013, una spesa complessiva ancora più bassa: 78 milioni.
    Ma, anche la cifra inventata ed irrealistica dei 100 milioni è davvero troppo poco. Occorre darvi sostanza, per far davvero credere che i 10 miliardi promessi per il panem et circenses degli 80 euro in più in busta paga entro maggio (è solo un caso che a maggio vi siano le elezioni europee, ovviamente) siano davvero reperibili con tagli alla spesa pubblica.

    Dunque, se una cifra è irrealistica a 100 milioni, che male c’è ad alzarla un po’? Dunque, da qui l’idea dei cantori delle magnificenze del Governo “ultima ed unica alternativa per l’Italia”. Vi aggiungiamo un risparmio di altri 200 milioni, derivante dalle mancate elezioni. Peccato che questo risparmio è solo una tantum, cioè non definitivo, non destinato a produrre uno stabile abbassamento della spesa. E sorvoliamo sul fatto che la spesa sarebbe stata molto inferiore, perché assorbita dalla concomitanza con le elezioni europee, ma soprattutto sulla circostanza che le elezioni, dunque la democrazia, sempre più siano viste come “costo”: quanto più furbi erano, allora, nel 1400 i popoli che avevano re e principi assurti al trono per discendenza dinastica? Bisognerebbe prendere esempio da quei fulgidi modelli di Stato, evidentemente.
    Ma, anche quei 200 milioni in più, inventati e comunque non stabili, non bastano. Occorreva una cifra ancor più evocativa, 500 milioni. Dunque, l’altra idea: aggiungere ai 100 milioni irreali e ai 200 inventati altri 200 milioni di risparmio derivanti dall’idea di accorpare anche gli uffici periferici dello Stato.
    E non fa niente se il ddl Delrio questi accorpamenti di uffici periferici non li prevede per nulla e, soprattutto, se si tratta di 200 milioni che nulla hanno a che vedere con la riforma delle province, perché lo Stato è un ente autonomo e può decidere quando e come vuole di riorganizzare territorialmente i propri uffici, senza che vi sia alcun vincolo o legame con le province. Nei fatti, poi, che la riorganizzazione dello Stato sia totalmente su un altro piano rispetto alle province lo dimostra il fatto che si pensi a ridurre le sedi periferiche nonostante le province restino ferme e salde lì dove sono.
    Però, i giornalisti corifei, nonostante abbiano letteralmente inventato cifre assurde e mischiato pere con mele per giungere a convincere i lettori che il ddl Delrio riesce a far risparmiare 500 milioni, sono soddisfatti. Il loro lavoro, non l’informazione corretta e la ricerca della verità, ma l’indottrinamento del popolo lo hanno compiuto. Un duro lavoro. Ma qualcuno deve pur farlo.
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    Fonte: Quanto si risparmia col ddl Delrio? Nulla, di Luigi Oliveri

  • agbiuso

    Aprile 4, 2014

    Renzi, il futurista.

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    “L’Italia deve tornare a correre”, ha detto il premier Matteo Renzi incontrando a Londra il collega britannico Cameron. “Ripresa non sufficiente, bisogna correre”, aveva ammonito qualche giorno prima. E ancora: “Correre con le riforme”, “correre, ce lo chiede il Paese”, “non possiamo fermarci”, “di corsa verso la ripresa”.

    Insomma, da quando è entrato (correndo) a Palazzo Chigi, Renzi va veloce, si affretta, scatta e schizza da un briefing a una visita di Stato e, dopo una rapida carezza agli scolari, abolisce il Senato, cancella le Province, raddrizza il Pil, frenetico, fulmineo, repentino tra un’occhiata alle lancette, una spiccia cazziata ai giornalisti verbosi e un sollecito alla placida Boschi che si attarda nell’esposizione delle riforme ‘ostituzionali, suvvia.

    Renzi turbofuturista contemporaneo attua il manifesto marinettiano “contro l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno” (Enrico Letta?) e quindi ne esalta “il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno” (quando ce vò ce vò). In lui l’agire sostanzia il gesto e il gesto sostanzia il fare affinché nessun dorma e tutti sappiano quando si voterà per le Europee: chè, se il fare non si farà, la colpa ricadrà sui fanigottoni parolai della vecchia politica. Viene anche in mente Forrest Gump con Tom Hanks che un giorno comincia a correre su e giù per l’America e in tanti gli vanno dietro e le tv gli chiedono perché lo faccia. Per la pace nel mondo? I senzatetto? I diritti delle donne? L’ambiente? E Forrest: “Non volevano credere che qualcuno potesse essere così scemo da correre senza motivo”. Ma era un film.
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    Fonte: Forrest Renzi, di Antonio Padellaro
    il Fatto Quotidiano, 2 Aprile 2014

  • agbiuso

    Aprile 1, 2014

    Consiglio la lettura di una lucida analisi da Aldo Giannuli dedicata ai “due diversi tentativi di liquidare la democrazia repubblicana voluta dalla Costituzione […] e che riguarda due diverse concezioni della democrazia, entrambe autoritarie e liberticide, ma fra loro opposte: la variante iper-populista e plebiscitaria e quella elitaria e monarchica”: Lo scontro sul Senato: cosa c’è dietro?

  • agbiuso

    Marzo 31, 2014

    La coerenza non è mai stato il forte dei politici italiani ma costui esagera.

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    Renzie ha detto che “troppa gente vive di politica”. Una frase buttata lì per perorare il taglio incostituzionale del Senato. Questo contaballe a progetto assunto per fare campagna elettorale per le europee dal trio BerNapDebe, ha la faccia come il culo.
    Il primo a vivere di politica è proprio lui, Renzie, Presidente della Provincia di Firenze dal giugno 2004 al giugno 2009 (ma non era quello che le Province le voleva abolire?), sindaco di Firenze dal 2009 ad oggi (il primo sindaco televisivo d’Italia, ha passato più tempo in tv che in consiglio comunale).
    Da sempre intruppato nella Democrazia Cristiana di Andreotti e di De Mita e votato al carrierismo politico. Di cosa ha vissuto fino ad oggi Renzie se non di soldi pubblici?
    Prima degli altri, tagli se stesso e abbia più pudore.
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    Fonte: Renzie vive di politica #renzievivedi

  • agbiuso

    Marzo 30, 2014

    Il Movimento 5 Stelle ha sottoscritto il documento stilato da Libertà e Giustizia contro la “svolta autoritaria” di Renzi e Berlusconi.

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    “Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, per creare un sistema autoritario che dà al presidente del Consiglio poteri padronali.
    Con la prospettiva di un monocameralismo e la semplificazione accentratrice dell’ordine amministrativo, l’Italia di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi cambia faccia mentre la stampa, i partiti e i cittadini stanno attoniti (o accondiscendenti) a guardare. La responsabilità del Pd è enorme poiché sta consentendo l’attuazione del piano che era di Berlusconi, un piano persistentemente osteggiato in passato a parole e ora in sordina accolto.
    Il fatto che non sia Berlusconi ma il leader del Pd a prendere in mano il testimone della svolta autoritaria è ancora più grave perché neutralizza l’opinione di opposizione. Bisogna fermare subito questo progetto, e farlo con la stessa determinazione con la quale si riuscì a fermarlo quando Berlusconi lo ispirava.
    Non è l’appartenenza a un partito che vale a rendere giusto ciò che è sbagliato.
    Una democrazia plebiscitaria non è scritta nella nostra Costituzione e non è cosa che nessun cittadino che ha rispetto per la sua libertà politica e civile può desiderare. Quale che sia il leader che la propone”.

    Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Alessandro Pace, Roberta De Monticelli, Salvatore Settis, Rosetta Loy, Corrado Stajano, Giovanna Borgese, Alberto Vannucci, Elisabetta Rubini, Gaetano Azzariti, Costanza Firrao, Alessandro Bruni, Simona Peverelli, Sergio Materia, Nando dalla Chiesa, Adriano Prosperi, Fabio Evangelisti Barbara Spinelli, Paul Ginsborg, Maurizio Landini, Marco Revelli
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    Fonte: La svolta autoritaria

  • agbiuso

    Marzo 18, 2014

    Un’interessante analogia tra Seedorf e Renzi. Comun d(en)ominatore Berlusconi.

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    Paragonare Renzie a Seedorf è troppo duro per Seedorf, il confronto è tra una schiappa ed un campione. Ma qualcosa li lega, entrambi hanno tirato in ballo il vecchio alibi della “Colpa dell’altro”.
    Per Renzie la colpa dei conti dissestati dello Stato è di Letta, per Seedorf la catastrofe milanista è di Allegri. Nessuno li ha obbligati a accettare l’incarico, nessuno ha vietato loro di spiegare in anticipo le colpe dei predecessori. E’ un comportamento da bambini viziati.
    Circola da sempre una storia che riguarda i nuovi amministratori delegati. Chi lascia prepara tre buste per chi subentra da aprire solo in caso di difficoltà. La prima busta riporta “Dai la colpa a chi ti ha preceduto!”. La seconda “Dai la colpa ai tuoi collaboratori”. La terza “Prepara tre buste per il tuo successore”. Renzie ha già aperto, a tempo di record, la prima busta sparando su Letta e Saccomanni. La seconda è questione di mesi o forse settimane, sicuramente dopo le elezioni europee, prima deve fare solo promesse su promesse per far apparire l’Italia come il Paese del Bengodi. Nella seconda sono già scritti due nomi: Del Rio e Padoan, entrambi suoi possibili successori se perdesse le elezioni e che dovranno abituarsi a camminare rasenti ai muri. Renzie non perdona. In mancanza di altri colpevoli oltre a sé stesso, Renzie si metterà a scrivere tre nuove buste.
    Dare la colpa agli altri è uno sport nazionale, per questo chi non si assume le sue responsabilità viene tollerato. E’ spesso un nostro clone e, se siamo indulgenti verso noi stessi, a maggior ragione dobbiamo esserlo verso gli altri. In entrambi in casi, Governo e Milan, il padrone è però lo stesso: Berlusconi, che non viene mai accusato di nulla. La situazione economica del Paese e dell’ex grande squadra non lo riguardano. Ma è lui ad aver scelto Renzie e Seedorf, è lui ad aver governato per dieci anni nell’ultimo ventennio. Se falliscono i suoi nominati la colpa sarà solo loro. Sono degli impiegati e si possono licenziare. Un altro a cui dare la colpa lo si trova sempre.
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    Fonte: La colpa degli altri

  • Debora Borgese

    Marzo 15, 2014

    Nella comunicazione politica, quello di R. rientra nel linguaggio rivoluzionario di tipo (finto) legittimante o programmatico, di bassa lega; inferiore anche al peggior Giorgio Mastrota piazzato nelle interruzioni dei programmi di Maria De Filippi.
    Per fortuna la maggior parte degli italiani, e specialmente i bambini, hanno imparato a riconoscere il seme della menzogna nelle parole dei nostri “politicanti”.

  • agbiuso

    Marzo 14, 2014

    Confesso che, non avendo il televisore, non avevo mai visto Matteo Renzi parlare. Il video con un’antologia delle sue bugie l’ho quindi trovato impressionante.

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    Se c’è una costante nella Storia d’Italia è rappresentata dai Venditori di Pentole, dagli imbonitori un tanto al chilo, da chi la spara più grossa per un pugno di voti. La cosa straordinaria è che gli italiani ci cascano sempre. L’esperienza non li vaccina.
    Ci vorrebbe una terapia di popolo, una seduta psicoanalitica più che della sapienza degli storici per capire il comportamento dei cittadini di questo Paese. L’attuale venditore di pentolame, in arte Renzie, è imbarazzante a tal punto che i bambini ridono quando guardano il telegiornale, non chiedono più ai genitori di cambiare canale e di vedere i cartoni animati. Renzie è meglio di Gianni e Pinotto, di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, di Stanlio e Ollio. In futuro lo trasmetteranno anche su Boing insieme a Peppa Pig e ai Puffi nella parte del puffo bugiardo. Il titolo di Repubblica, il giornale di De Benedetti, titola oggi “Renzi: le pensioni non si toccano”. E’ una non notizia che infonde però sicurezza. Le non azioni sono la nuova politica di Governo. Non farò questo, non farò quello. L’elenco delle cose che non saranno fatte sarà discussa nel Consiglio dei ministri insieme a quelle che si dovrebbero fare, ma comunque non saranno fatte. E’ un marketing malato che provoca nausea.
    “Chi l’ha messo lì quello?” “Quando finisce di prenderci per il culo?” sono le domande più ricorrenti tra la gente. Renzie ha detto che se non ci saranno i soldi per erogare 80 euro al mese in più da giugno sarà giusto considerarlo un buffone. Se lo dice da solo… Per risanare le finanze pubbliche a colpi di tweet e di vendite su ebay ha promesso un’asta per 150 auto blu. Che dire? E’ impossibile persino commentare. Renzie può sbaragliare tutti i contapalle, ne ha i numeri. Dal Berlusconi con la promessa della eliminazione dell’ICI e della social card a Achille Lauro che per diventare sindaco di Napoli regalò ai potenziali elettori una scarpa con la promessa di dare anche la seconda se fosse stato eletto. Gli 80 euro di Renzie, senza copertura finanziaria, senza il supporto di un decreto legge, sono peggio delle scarpe di Lauro. Lui almeno una scarpa prima delle elezioni l’ha data. Gli 80 euro saranno in busta paga, se ci saranno, solo dopo le elezioni europee. Da un voto due scarpe, a un voto 80 euro (forse…).
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    Fonte: Le scarpe di Achille Lauro e le balle di #RenzieContapalle

  • agbiuso

    Marzo 12, 2014

    La più grottesca legge (elettorale) truffa e incostituzionale alla fine mi interessa poco.
    In ogni caso, vincerebbe Renzusconi.
    A meno che il Partito Democratico non butti fuori il suo segretario chiacchierone.

  • agbiuso

    Marzo 10, 2014

    Renzi, il centomestrista della mattonella
    di Furio Colombo

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    È possibile che duri ancora per un po’, il caso Renzi. È possibile che il risucchio del vuoto continui, come una tromba d’aria nella fase ascendente. Porterà altro consenso stordito e privo di argomenti, solo una litania di “è bravo, è giovane, ha tanta energia, lasciatelo lavorare”. Insomma un effetto Berlusconi junior che è accasato a sinistra, ma decisamente estraneo. Qui però non conta giudicare Renzi dalla distanza verso la sinistra. La sinistra non c’è e dunque non ci offre riferimenti per giudicare. Conta giudicare Renzi dalla distanza verso la realtà.

    Aveva ragione Shakespeare. O si è o non si è, è davvero questo il problema. Proviamo a dire, con tutto il margine di errore possibile e i dubbi, sia a suo carico che a nostro carico, dato un tempo così breve: chi è Renzi? Renzi è un leader? Certamente sì. C’era un vuoto pauroso di leadership in una parte dello schieramento politico. Renzi è andato dritto a quel punto, come un missile aria-aria. Ha centrato in pieno il Pd e lo ha conquistato in un attimo. Lo ha trovato vuoto. Persone vagavano nell’area senza meta, a tutti i livelli. Certo, alcuni avevano una stanza, una segreteria, un portavoce. Sembravano felici di privilegi così a lungo procrastinati, ma l’angoscia era la stessa degli iscritti e simpatizzanti sparsi in tutto il Paese: che fare? Con chi? Perché? Come mai non basta neppure accasarsi con tutto il Pdl (quando era intero) per vivere tranquilli e governare come Dio comanda?

    Qui passa una linea di demarcazione che nessuno (tra coloro che al Pd avevano le stanze) sembra avere davvero notato. Il problema dei senza lavoro, passato o futuro, cominciava a dividere una parte (sempre più grande) degli italiani dagli altri, creando da un lato (i senza lavoro) rancore, solitudine e un “mai più” (mai più credere, mai più fidarsi) che ha creato una visione fatalmente offuscata e vendicativa contro i sindacati. E, dall’altra, gli scampati, almeno per il momento, che si sono adattati a uno strano mood di subordinazione che non esclude l’inganno (evasione, elusione, in nero), ma suggerisce accettazione di un governo (Monti), di un altro governo (Letta) e poi dell’irrompere del giovane Renzi, tanto più apprezzato quanto più deciso a occupare ruoli e spazi che nessuno vuole occupare. In mezzo, tra il Renzi niente (anche se impaziente, rumorosa promessa) e il Renzi tutto (“il presidente del Consiglio rappresenta tutto il Paese” dice la preside dell’Istituto Raiti di Siracusa che non ha presente la Costituzione), c’è un trampolino. È la carica, guadagnata con una lotta breve e accanita, di segretario del Pd, qualcosa per cui il “vecchio” Bersani ha quasi dato la vita. Appena avuta quella carica, che voleva dire rifare una parte del Paese, della sua cultura, della sua organizzazione, della sua politica, Renzi non vi ha dedicato un pensiero, ha buttato via tutto ed è corso a Palazzo Chigi. Inevitabile la seconda domanda. Renzi, che non vuole essere capo di partito, è un capo di governo? Noi sentiamo (a volte addirittura ammiriamo) gli spostamenti d’aria del suo continuo, velocissimo muoversi. Ma c’è altro? Vediamo.

    Un capo di governo è sotto o sopra un partito (Fanfani o Andreotti erano sopra, tanto per dire, Rumor era sotto), però bene ancorato a quel partito, per farsi riconoscere. Renzi conta talmente su se stesso che non vuole altra identità che la sua. Verifichiamola. Programma: tutto, una riforma al mese, una riforma al giorno, dite voi, lui mantiene. Il problema non è il troppo ma l’altrove. I cittadini aspettano un cambiamento e lui fabbrica rapidissimamente oggetti in un’altra stanza, per committenti difficili che ancora non si sa ancora se compreranno. Ministri e sotto-ministri. Renzi ha scelto due strati. Di uno si doveva poter dire che sono nuovi (il più possibile giovani, tranne un ospite venuto dalla finanza internazionale, per mostrare il cambiamento). Degli altri (secondo strato) si deve esibire la spregiudicatezza del giovane e diverso primo ministro. Indagati? Io posso. Qui si colloca una strana imprudenza per uno che sembra attento a non perdere di vista il sentiero e a non lasciare scorie. Le scorie restano.

    Gli indagati al governo non saranno la banda dei Quattro, ma il loro peso negativo è destinato a durare,a crescere. Come fai a non saperlo? Come puoi pensare che una simpatica ministra junior senza autorità e senza autorevolezza, possa annunciare in aula, senza ragioni o motivazioni, la nuova regola, mai prima enunciata o discussa, secondo cui l’avviso di garanzia non richiede il gesto rispettoso di dimettersi? Quella di Renzi è una linea a zig zag di cui non capiamo niente se non seguiamo lui. Lui fa il salto mortale e cade in piedi, e lì per lì sembra infrangibile. Poi va a Bruxelles e lo guardano poco. Forse si domandano: di questo leader, di questo segretario, di questo capo di governo così fortemente identificato quasi solo con se stesso, possiamo dire che ha un progetto, un piano? È interessante che gli europei (in particolare Olli Rehn) abbiano scelto proprio lui, il “migliore”, il più veloce, efficiente, carismatico, popolare in Italia, per un giudizio così negativo: “È un Paese squilibrato”.

    Certo lo è, se pensate allo strano destino (o percorso) della legge elettorale che se non c’è fa crollare tutto (fiducia, legislatura, speranza) e se c’è fa crollare tutto perché giuridicamente viola una regola base del diritto: nessuno è tenuto a una prestazione impossibile. Infatti la legge, se ci sarà, non riguarderà il Senato, che resta intatto, con una sua legge elettorale diversa. Le due leggi sconnesse impediscono di votare. Intanto Renzi continua a girare in fretta, credo perché non può fermarsi a lavorare a una sola cosa in solo luogo. In tanti ripetono ancora che è giovane, è veloce, e ha così tanta energia. Ma, come per Berlusconi, da lontano non si nota. E non si vedono cambiamenti. E nessuno comunica piani, dopo tanta attesa e tanta festa e tanti annunci. Forse per questo hanno detto, un po’ bruscamente, che siamo “un Paese squilibrato”.
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    Fonte: il Fatto Quotidiano,
    9.3.2014

  • agbiuso

    Marzo 5, 2014

    Bambini mobilitati in una scuola a gridare Matteo! Matteo! Matteo!
    Gravissimo.

  • Pasquale D'Ascola

    Marzo 2, 2014

    Tardo per gli anni e tremulo
    è il regnator d’oriente
    siede un imbelle giovine
    sul trono d’occidente
    tutto sarà disperso
    quand’io m’unisca a te
    avrai tu l’universo
    resti l’Italia a me

    Giuseppe Verdi. Temistocle Solera. Attila, prologo n°4

  • agbiuso

    Febbraio 27, 2014

    L’analisi biopolitica che Franco Bifo Berardi fa di renzusconi mi sembra assai interessante:

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    Ma venti anni dopo l’energico conquistatore si ripresenta invecchiato, rugoso e declinante, inseguito da condanne penali e processi in corso. Che deve fare, per difendere i suoi interessi e quelli del ceto finanziario gangsteristico che rappresenta? I tentativi di concludere la vicenda secondo la sceneggiatura immaginata da Nanni Moretti nel finale del suo Caimano non sono riusciti molto bene. Quando Forza Italia ha chiamato le folle a difendere il vecchio leader sono arrivate poche migliaia di vecchiardi inviperiti e qualche centinaia di giovani lettori di Ezra Pound a fare il saluto romano. Non funziona.

    Ora il vero delfino del vecchio gangster sbuca fuori dalle fila del partito democratico. E’ un giovane democristiano decisionista e moderno, ammiratore di Tony Blair. Proprio quello che Berlusconi non aveva trovato nel 1993. Renzi è la vittoria di Berlusconi, il trionfo finale del suo progetto, il compimento della sua opera e la conquista dell’eterna energia. Incarna gli stessi valori, ma lo fa con le mani in tasca, strizzando l’occhiolino ai trentenni massacrati da venti anni di baldanza berlusconiana e aggrediti dai diktat del ceto finanzista europeo.
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    L’articolo completo si trova qui:
    Lo scossone di Renzi e il collasso dell’Italia

  • Debora Borgese

    Febbraio 25, 2014

    I pizzini inviati dal Premier (? – il grande interrogativo su questo appellativo che accanto al nome di Matteo Renzi risulta assolutamente anticostituzionale, come d’altronde ha fatto notare ieri sera il sen. Claudio Crimi pochi istanti prima che si procedesse alle votazioni di Palazzo Madama)al vice Presidente della Camera Luigi Di Maio e pubblicati nel blog di Beppe Grillo evidenziano quanta instabilità psicologica e caratteriale risiedono in quell’individuo: anche un grafologo della domenica potrebbe dimostrarlo.
    Eppure oggi abbiamo assistito alla tumulazione del nostro Paese e all’ennesima dimostrazione di quanto sporchi siano i banchi di chi ci governa.
    I timori dell’avvenire divorano l’anima degli italiani che riescono a vedere “oltre”, consapevoli d’essere ancora una volta costretti a rimanere con le mani legate per totale assenza di coerenza, costituzionalità e democrazia partecipativa.

    Con profondo ribrezzo,
    Debora Borgese.

  • agbiuso

    Febbraio 25, 2014

    “Più che un Senato sembrava una stalla, un albergo a ore con gente che andava, gente che veniva, dall’aspetto improbabile, dalla cravatta da 5 euro. La fiducia a Renzie è stato un grande spettacolo, una magnifica sceneggiata post moderna, post politica, post tutto. Oltre non c’è più nulla.
    Hanno ragione coloro che temono per il loro futuro e dicono che questo governo è l’ultima spiaggia, l’ultima fragile barriera prima del trapasso dei partiti. C’era un’atmosfera strana in quell’emiciclo, da trasloco, da fine dei tempi. Renzie sedeva annoiato come un giovin signore. Mentre oratori assassinavano il vocabolario italiano con i loro discorsi e lo chiamavano “Ella” o “Signor Presidente”, lui giocava con lo smartphone, inviava messaggi, leggeva Facebook, stracciava pezzi di carta con l’aria di chi considera l’interlocutore un insetto fastidioso.
    Nessuno che gli abbia chiesto di ascoltare, di alzare gli occhi bovini verso di lui mentre gli parlava. Di portare rispetto se non a lui, almeno all’aula. Una moderna recita di Eliogabalo o Caligola, mancava solo un letto romano sui cui Renzie potesse sdraiarsi mollemente e ricevere grappoli d’uva dalle giovani ministre. Renzie di tanto in tanto si esibiva nella parodia di Fantozzi con la bocca piena quando mangia di nascosto. Si copriva la bocca con entrambe le mani e la gente da casa pensava che stesse vomitando, un costume romano che dimostrava l’apprezzamento per il cibo. Invece parlava con Del Rio nascondendo le labbra ignorando chiunque.
    Senatori riuniti in capannello per guardare un tablet. Qualcuno addormentato come un sasso. Spazi vuoti come a un comizio di Giovanardi. C’era uno che faceva gargarismi e un altro che aveva evidenti problemi con la dentiera. Una tristezza. Questo è il Senato della Repubblica. Senato? Repubblica? Cosa significano queste parole? L’aula “sorda e grigia” descritta da Mussolini al confronto era il carnevale di Viareggio. E’ il nuovo miracolo italiano. Uno come Renzie presidente del Consiglio è infatti un miracolo delle lobby”.

    Fonte: Il premier votato da nessuno

  • agbiuso

    Febbraio 24, 2014

    Barbara Spinelli ha ragione (tranne che nel giudizio su Emma Bonino), come tutti coloro che sanno o hanno compreso che cosa rappresenta Matteo Renzi. Della persona di costui mi interessa poco perché la politica è per me struttura, programmi, progetti e non individui più o meno loquaci. Credo anzi che il concentrarsi sulla “simpatia” o sull’ “antipatia” dei decisori politici sia uno dei portati più nefasti del berlusconismo, un atteggiamento mentale che è entrato nella mente e nel cuore di milioni di italiani.
    Ti ricordi, caro Pasquale, l’espressione coniata vent’anni fa dal fallocefalo: “scendere in campo”? Bene, quando sentii Achille Occhetto utilizzarla pure lui durante la campagna elettorale fui certo –matematicamente certo- che Berlusconi avrebbe vinto. Perché quando un soggetto politico impone il suo linguaggio anche agli avversari, vuol dire che ha raggiunto il nucleo del consenso, che per l’appunto è la lingua.
    Naturalmente lo strumento di tale vittoria fu il possesso di tre reti televisive da parte di un solo imprenditore, caso unico in Europa (e forse nel mondo). Che il PD abbia volutamente mantenuto e protetto in vent’anni questa aberrazione antidemocratica è per me il segno più certo che si tratta di un partito venduto.

    Vorrei affiancare alle analisi di Spinelli un testo un po’ meno distaccato e un po’ più analitico. L’autore è Sergio Di Cori Modigliani e si intitola A pesci in faccia.

  • Pasquale D'Ascola

    Febbraio 24, 2014

    Renzi – il potere e il tradimento.

    Ho letto e apprezzato il commento del signor Milanese Ambrogio specie per quell’espressione così manzoniana, bagalon del luster, bella come prestinaio e altrettanto definitiva. Ho messo invece qui in testa il link al bell’intervento di Barbara Spinelli che credo sia da leggere. Non credo affatto alle sorti umane e progressive da affidare al signor Tsipras. Ma in milanese piutost che nient l’è mej piutost.
    Il signor Ambrogio scuserà se ignoro l’ortografia del dialetto, così bello quando è bello.
    p.

  • agbiuso

    Febbraio 24, 2014

    Cara Borgese, la ringrazio per questo suo intervento.
    Rino Formica è uno che di intrallazzi affaristici e di politica nascosta si intende molto.
    Credo proprio che abbia ragione e credo anche che qualunque cittadino italiano un po’ informato -sulla P2, sull’atlantismo, sui poteri della BCE e del FMI- abbia ben chiaro che il governo Renzi è soltanto lo strumento più recente di controllo sociale e di negazione della democrazia in Italia. Che sia anche lo strumento più pericoloso, per varie ragioni, è quello che diverrà sempre più chiaro, mano a mano che l’ambizioso burattino che lo dirige prenderà delle decisioni che ci toccano tutti.

  • Debora Borgese

    Febbraio 24, 2014

    Renzi e Berlusconi, una maggioranza occulta che esclude la Democrazia Partecipativa e predispone il ritorno della P2.
    Lo dichiara l’ex Ministro Rino Formica sul quotidiano on line Il Primato Nazionale.

    Appare dunque evidente che Licio Gelli ha continuato a perpetrare la sua influenza.

    Cordialmente,
    Debora Borgese

  • agbiuso

    Febbraio 23, 2014

    Giovanni Ambrogio Colombo, consigliere comunale cattolico a Milano, invia di tanto in tanto delle mail nelle quali analizza la realtà politica milanese e nazionale.
    Oggi ho ricevuto questa.

    ===========
    Quando ho votato Matteo Renzi alle primarie dell’8 dicembre scorso, sapevo di scegliere il cinghialetto, ovvero uno spavaldo decisionista dotato della spiccata vocazione commerciale di un bagalon del luster.

    L’ho delegato a ripulire il container del Pd da una serie di micronotabili tossici, non a prendere la direttissima per Palazzo Chigi. Ho infatti creduto al refrain che lui stesso ci ha ripetuto per due anni fino allo sfinimento: “basta giochini” e “mai premier senza vittoria alle elezioni”.

    Invece il cinghialetto, alla prova dei fatti, ha fatto esattamente il contrario: ha trasformato con efficacia retroattiva le primarie di partito in primarie di governo, ha parlato con chi komanda (Merkel, massoneria), ha incassato i complimenti di Silvio, ha licenziato Letta durante una riunione di partito, ha promesso ai “nominati” di stare in Parlamento fino al 2018 e così, con i suoi 39 anni, è diventato il più giovane Presidente del Consiglio della storia italiana, anzi d’Europa, anzi della Via Lattea.

    Ha costruito scientificamente un governo rosè privo di personalità, in modo che nessuno, proprio nessuno, possa oscurarlo.

    E’ stato pure ingrato. Poteva promuovere a Ministro degli Esteri l’attuale vice Lapo Pistelli, suo educatore per dieci anni e autore con lui di “Ma le Giubbe Rosse non uccisero Aldo Moro – La politica spiegata a mio fratello” (Giunti, 1999).

    Invece nessuna concessione alla riconoscenza e alla competenza, meglio nominare la sconosciuta Mogherini.

    Nel citato libro Matteo si faceva chiamare Jonas (dal titolo di un film di Alain Tanner, Jonas, che avrà 20 anni nel 2000). Ho letto sul Corsera che adesso, sul cellulare del suo braccio destro, neo sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio, è registrato come “Mosè”.

    Si scherza sempre coi telefonini, vero? In questa scalata c’è di tutto e di più ma neanche lontanamente l’ombra di un liberatore. Chiamasi liberatore un uomo che fa quello che dice e dice quello che fa.

    In sintesi: il cinghialetto si aggiunge alla lunga serie di politici che ci hanno preso per le mele. Anche se punta a durare per un ventennio, sul modello di altri arci-italiani che lo hanno preceduto, per me è già finito. Game over.

    “La natura delle cose sta nel loro nascimento”, diceva Giambattista Vico. Viste le caratteristiche di questo nascimento, auspico una rapida rottamazione.

    Oracolo di me stesso, mezzo profeta (ricordate le mie parole sull’avvento di Francesco?).

    Purtroppo ci aspetta un’altra fase di alto sbandamento e ma alla fine, quando sarà consumato anche l’ultimo viso bugiardo, arriverà, sì che arriverà, lui, il pellicano (v. email del dicembre scorso).

    Non sarà toscano. Sarà troppo vivo per piacere e così ambizioso da non esserlo. Non farà una riforma al mese. Non camminerà sul fuoco, non comanderà alle montagne, non darà del tu al vento.

    Parlerà con il più semplice e radicale dei gesti: metterà il suo cuore dilatato nelle nostre mani unite – una grande ortensia blu che darà la sua luce giorno e notte, in ogni stagione.

    Saluti trepidanti come i giorni in arrivo

    Giovanni Ambrogio
    (Milano – Italia)

  • agbiuso

    Febbraio 22, 2014

    Magnifico, caro Pasquale.
    Condivido ciò che dici su Togliatti, un altro gravissimo atto del quale fu l’inserimento del Concordato nella Costituzione.
    C’è un libro che consiglio a tutti i buonisti, a coloro che “si scubburiano” (in brontese vuol dire, “arrossiscono e vengono turbati”) di fronte alle parole e alle azioni rivolte contro il potere. Il libro si intitola Le origini sociali della dittatura e della democrazia. Proprietari e contadini nella formazione del mondo moderno (Einaudi, 1981), è stato scritto da un tranquillo professore di Harvard, Barrington Moore jr, e vi si dice tra l’altro questo:
    La conclusione a cui sono mio malgrado dovuto giungere in seguito all’esame dei fatti è che i costi della moderazione sono stati almeno altrettanto atroci di quelli della rivoluzione, forse anzi molto di più” (p. 570).
    Moore analizza la storia inglese, francese, statunitense, cinese, giapponese, indiana (è un libro di una erudizione sterminata). Non parla dell’Italia e tuttavia il nostro disgraziato Paese rientra perfettamente nel quadro delineato da questo storico: un Paese che ha subìto la reazione senza aver mai fatto rivoluzioni, un Paese che ancora attende un minimo di severità giacobina. E che anche per questo è un Paese nel quale domina la violenza dei governi e dei ceti dominanti.
    Ma un minimo di severità l’Italia non lo avrà mai, qui nessuna testa sarà mai ghigliottinata. Mussolini venne appeso soltanto dopo essere diventato il fantasma di se stesso, Craxi venne preso a monetine quando ormai era caduto. Per il resto ha ragione Auden: “When he laughed, respectable senators burst with laughter”. E questo ometto di Renzi ha la risata facile.
    Ometto che è stato posto a capo di un governo di estrema destra liberista (per quello che ancora valgono tali categorie topologiche) come di destra è il Partito sul quale ride.

  • Pasquale D'Ascola

    Febbraio 22, 2014

    Sì, applaudono sempre perchè è nel loro dna. Se c’è una cosa che il pd ha ben mascherato finora ed ereditato dal vecchio pci è la sua im-mar-ce-sci-bi-le vocazione fascista. Le istanze della base si sono sempre scontrate con la furbizia e le blandizie dei vertici. Del resto fu Togliatti a non volere l’epurazione nel dopoguerra, cioè la disinfezione antifascista del paese. Sarebbe costata del sangue, bè sì. Meno di quello sparso dal regime. Per non ripetere, come da anni, la stessa clinica a un paziente testardo che continua a cambiare medico senza risolversi alla cura, chiudo con pochi versi di Auden:

    Epitaph on a Tyrant

    Perfection, of a kind, was what he was after,
    And the poetry he invented was easy to understand;
    He knew human folly like the back of his hand,
    And was greatly interested in armies and fleets;
    When he laughed, respectable senators burst with laughter,
    And when he cried the little children died in the streets.

  • agbiuso

    Febbraio 22, 2014

    Applausi continui,
    di Adriano Todaro

    Il dormiveglia è una fase fondamentale. In quel momento sei sospeso in un limbo, tornano in mente i ricordi, riaffiorano momenti che hai riposto nella mente, si mescolano fantasia e realtà. A letto, sotto le coperte, sentivo il battere incessante della pioggia. Da giorni cadeva ininterrottamente, senza soluzione di continuità. In testa una domanda, ripetuta in continuazione: perché? perché? perché? Perché cosa? Perché il Nipotino Pallido era stato licenziato dal segretario del suo stesso partito? Perché ora sono tutti dalla parte del Democristiano con i Nei?
    […]
    Insomma il Soccorso Rosa Pallido va alla grande. Poteva mancare il Principe Inciucista per eccellenza? No che non poteva. E così l’ex saggio Violante si fa intervistare dal Giornale di famiglia: “Solo la sinistra al cachemire è contraria al dialogo con Berlusconi”. Naturalmente tifa Renzi sulla legge elettorale poi parla ancora dell’Omino Vergognoso: “E’ semplice aggredire l’altro invece che provare a capirlo, c’è una rendita politica nella divisione, i pigri aggrediscono invece di sforzarsi di capire”. E quelli del Pd? Applaudivano per il bene del Paese.

    Chiaro? No? Per essere più chiari ci pensa uno degli editori dell’Unità, Maurizio Mian: “Non mi piacciono tanto le manifestazioni dei vip, però io alle feste di Arcore sì ci sarei andato. Io sono solo un uomo di centrosinistra radicale, ma ho comunque sempre ammirato Berlusconi, che è un avversario politico molto bravo; non è un nemico, anzi credo sia una persona alla quale si può anche dire bravo, e credo che tutti quanti dovremmo dirglielo. Un po’ come disse Letta quando si presentò a votarlo: Grande!”. E quelli del Pd? Applaudivano per il bene del Paese.

    Ma quelli del Pd applaudono sempre?

    [L’articolo completo su Girodivite.it ]

  • agbiuso

    Febbraio 22, 2014

    Un (brutto) governo democristiano,
    di Norma Rangeri

    Un governo a tra­zione cen­tri­sta, dove la gio­vane età è inver­sa­mente pro­por­zio­nale all’esperienza e il fiore all’occhiello di una forte pre­senza fem­mi­nile si esprime nei mini­steri senza por­ta­fo­glio, o in quelli pesanti con una pre­va­lenza di orien­ta­mento con­fin­du­striale (Squinzi docet). Chi ancora cre­deva che la sini­stra avrebbe gua­da­gnato qual­che chance con il gio­vane sin­daco, ora dovrà riporre altrove le pro­prie spe­ranze di cam­bia­mento. Magari comin­ciando a cam­biare partito.
    […]
    L’unica lente per leg­gere la verità del governo è nella seconda mag­gio­ranza, quella vera, tra Renzi e Ber­lu­sconi, capace di tenere insieme que­sto rim­pa­stone fin­ché non saranno mature le ele­zioni anticipate.

    [L’articolo completo sul Manifesto del 22.2.2014]

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