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Da un altro secolo

Era già deputato quando Chruščëv rendeva noti i crimini di Stalin; lo era da ben prima che nascessi io -che certo ragazzino non sono- e molti di coloro che mi leggono. È cresciuto ed è diventato potente in un altro secolo e in un altro mondo, che ha contribuito a plasmare, in particolare per gli amichevoli e financo servili rapporti del nostro Paese con l’Unione Sovietica e con gli Stati Uniti d’America. Non c’erano personal computer, non c’era la Rete, non c’era la società dello spettacolo, non c’era il mondo complesso e difficile nel quale siamo immersi.
Ma quest’uomo decide oggi quasi da solo i destini dell’Italia, imponendo al partito da cui proviene l’alleanza con Berlusconi e la sua cricca. Minacciando chissà quali sfracelli se il Partito Democratico non gli obbedisce e soprattutto se pensa a un’alternativa di governo con il Movimento 5 Stelle, vera ragione d’orrore per costui. E lo sciagurato partito risponde. Obbedisce rinnegando tutte e ciascuna delle promesse elettorali. Approva dunque l’insensato e incostituzionale spreco dei cacciabombardieri F-35 (strumenti di offesa e di guerra); vota contro la sfiducia ad Alfano, responsabile di un crimine umanitario e causa della vergogna internazionale dell’Italia; dirige ed è parte fondamentale di uno dei governi più squallidi, risibili e impotenti della storia repubblicana. Un Partito senza onore.
E tutto questo anche perché lo vuole un vecchio quasi novantenne. È in tali frangenti che si comprende meglio la superiore saggezza della natura, la quale ha imposto a ogni vivente un ciclo di vita ben preciso, che si conclude con la morte del singolo. Se personaggi come costui (o come Alessandro VI/Rodrigo Borgia, Vlad III l’impalatore, Hitler, Stalin, Francisco Franco, Reagan, Margaret Thatcher, Calderoli e tanti altri) fossero immortali, il nostro sarebbe davvero il peggiore dei mondi possibili. Non lo è, per fortuna.

 

14 commenti

  • agbiuso

    Giugno 23, 2014

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    “Dopo la mossa di Grillo sulle riforme, Renzi è frettolosamente salito al Colle per consultarsi con il Capo dello Stato. A Re Giorgio, che pareva essersi defilato dopo aver imposto la soluzione definitiva alla sua politica delle “larghe intese” (il patto Berlusconi-Renzi), resta sempre l’ultima parola, la decisione del sovrano. Così accadrà sulle riforme, e così è accaduto nei giorni scorsi nella vicenda che ha riguardato il CSM, l’organo di garanzia della autonomia e indipendenza della magistratura ordinaria che egli presiede.

    Alla vigilia della decisione del CSM sull’esposto presentato contro il procuratore Bruti Liberati, uno dei leader di Magistratura Democratica, per irregolarità nell’assegnazione dei fascicoli (in indagini che vanno dal processo Ruby all’inchiesta Formigoni, dal caso Gamberale-Sea all’inchiesta Expo), Re Giorgio interviene con una lettera riservata al vice presidente del CSM Vietti, imponendo la linea da adottare.
    La lettera è riservata, in quanto, al di là di una raccomandazione generale a tutelare la credibilità dell’ufficio giudiziario, il suo contenuto è stato dichiarato non ostensibile, non divulgabile. Fatto sta che il CSM archivia, poche ore dopo, l’esposto contro Bruti Liberati – e Vietti conferma: la decisione presa “mi sembra rispettosa delle indicazioni del presidente della Repubblica”. Non è un caso che Napolitano sia intervenuto direttamente su questa vicenda. Forse aveva un debito di riconoscenza nei confronti del magistrato che usò la “mano morbida” con i vertici del Pd durante il caso Unipol, come ha ricordato Clementina Forleo – ex Gip di Milano, poi “allontanata” proprio in occasione delle indagini Unipol.

    Il CSM, dunque, che pure all’inizio pareva essersi orientato diversamente, dopo l’intervento di Re Giorgio archivia il caso. Vicenda chiusa. E tutto sarà presto dimenticato, grazie all’ennesima forzatura dei poteri attributi al Capo dello Stato dalla Costituzione. Certo, la presidenza del CSM è di diritto affidata al Capo dello Stato. Ma, come aveva ricordato Ruini in sede di Assemblea Costituente, «nella concezione complessiva, che ha ispirato il Comitato e l’Assemblea nell’accettare la struttura da essa proposta dell’ordinamento statale, abbiamo considerato il Capo dello Stato come fuori d’ogni potere (non gli abbiamo perciò data la sanzione delle leggi); ma appunto perché egli è al vertice di tutto, interviene nel dare espressione agli atti più eminenti dei vari poteri: promulga le leggi, emana i provvedimenti del Governo di maggior rilievo; non poteva essere estraneo a quello che è comunemente designato per terzo potere. Ci è sembrato che dargli la presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura risponda alle linee generali della Costituzione, mentre dà dignità e risalto al Consiglio Superiore della Magistratura. Quanto al timore che in questa funzione il Presidente della Repubblica esca dalla sua imparzialità, e possa compromettersi personalmente, non dobbiamo dimenticare, come ho detto tante volte, che la funzione del Presidente della Repubblica è una funzione di arbitro, di moderatore, di equilibratore».

    Ebbene: Napolitano si è comportato come moderatore, arbitro, equilibratore? Re Giorgio è “fuori d’ogni potere” (o piuttosto da ogni limite al suo potere)? E come mai, all’epoca del “picconatore”, il CSM era pronto alla guerra aperta contro Cossiga, mentre oggi si piega, senza ciglio battere, alle pressioni segrete del Capo dello Stato? Ancora nel 2009, l’allora presidente emerito Cossiga scriveva a Napolitano osservando come il CSM fosse divenuto una “struttura servente” dell’Associazione Nazionale Magistrati. Re Giorgio, fatto proprio il consiglio, l’ha trasformato in una struttura servente della Presidenza della Repubblica.

    Questa triste vicenda dimostra almeno quanta importanza abbia la prossima elezione dei membri del CSM, che scadrà il 31 luglio. Tra qualche giorno, quindi, il Parlamento sarà chiamato a scegliere gli 8 componenti laici del Consiglio Superiore. Sarà in questa occasione che il M5S dovrà tentare di spezzare gli accordi tra Pd e Forza Italia per la spartizione delle cariche”.

    Paolo Becchi

    Fonte: Napolitano senza freni

  • agbiuso

    Aprile 19, 2014

    Inusuale il “messaggio” inviato da Boldrini e Grasso a Napolitano.
    Le Istituzioni tutte insieme appassionatamente, tutte intese a difendere reciprocamente se stesse.
    Hanno proprio paura.

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    Televideo
    Messaggio Grasso-Boldrini a Napolitano
    19/04/2014 13:20

    13.20 “Non solo il Parlamento,ma il Paese intero sa di poter contare su di lei, e per questo continua a avere nella sua presidenza il più solido e condiviso punto di riferimento”. Lo scrivono i Presidenti di Camera e Senato in un messaggio al Presidente della Repubblica a un anno dalla rielezione. “Napolitano è una risorsa preziosa”,per tutti, sulla quale anche le Camere hanno potuto far leve per avviare l’elaborazione delle riforme che al nostro sistema sono necessarie, affermano Boldrini e Grasso.
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    p.s.
    Non “il Paese intero”. Io sono un cittadino della Repubblica e -insieme a molti altri- auspico che il Presidente Giorgio Napolitano lasci al più presto la carica che occupa.

  • agbiuso

    Novembre 8, 2013

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    C’è qualcosa di simbolico, di catartico, di segno di fine dei tempi nell’attacco al M5S da parte dei dinosauri del Potere.
    La discesa in campo del trio d’attacco dei novantenni, Napolitano, Sartori, Scalfari, “NaSaSca”, una riedizione mummificata del celebre “GreNoLi” del Milan degli anni ’50, ha in sé qualcosa di struggente, di echi di mondi lontani che non vogliono cedere il passo, di chi si crede immortale nelle sue eterne convinzioni. Sartori 1924, Scalfari 1924, Napolitano 1925, quasi 270 anni in tre, hanno sferrato un attacco frontale, geriatrico al M5S, definito anticostituzionale, che porterà il Paese alla rovina, che se ne frega dei problemi dell’Italia.
    Loro che in questo Paese hanno vissuto una lunghissima vita, che ne hanno tratto indubbi benefici, che hanno avuto ruoli di potere e di influenza sembrano riverginati, come se lo sfascio italiano non gli appartenesse, come se fossero italiani per caso, di passaggio, immuni da qualsiasi coinvolgimento e colpa. Mi sento come Gorbaciov che vuole la perestrojka attaccato simultaneamente da Andropov, Cernienko e Breznev mentre mi rinfacciano il fallimento dell’Unione Sovietica. Surreale, catafalchi che hanno contribuito a costruire e ad alimentare per più di settanta anni la situazione attuale vengono usati come truppe d’assalto dal Sistema. In guerra, alla disperata, contro le forze avversarie che avanzavano, si arruolavano i tredicenni, le ultime leve. In Italia per evitare il cambiamento si schierano invece i novantenni d’assalto.
    Forse è la prima volta che accade nella Storia, un caso unico di necrofila politica, di Pantere Bianche alla riscossa. Trovo inquietante dover fronteggiare un plotone di dinosauri, di quasi centenari, che si battono per il loro futuro (?) mentre all’orizzonte una linea di fuoco annuncia il meteorite che li travolgerà.
    I poteri forti del Corriere e della Repubblica e i partiti si nascondono dietro a degli anziani signori. Non hanno vergogna di sfruttare così dei poveri vecchi? Mai tentare di vendere un meteorite a un dinosauro. Perderesti il tuo tempo e irriteresti il dinosauro.
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    Dinosauri alla riscossa, 8 novembre 2013

  • agbiuso

    Ottobre 23, 2013

    “Il presidente della Repubblica è molto nervoso, eppure non ne avrebbe davvero di che. Dopo sette anni e mezzo trascorsi a impartire ordini e moniti a tutti, dal Parlamento ai governi, dai premier ai ministri, dai partiti di maggioranza a quelli di opposizione, dai magistrati al Csm, dalle tv ai giornali, dai sindacati agli elettori, dagli storici ai giuristi, dai movimenti di piazza persino a qualche produttore e regista di film, ha trasformato l’Italia in una monarchia assoluta dove non muove foglia che Lui non voglia“.

    Così comincia un lucido articolo di Marco Travaglio, dal titolo Napolitano vs il Fatto, le larghe fraintese

  • agbiuso

    Agosto 8, 2013

    I toni di questo invito di Grillo a Napolitano a me sembrano piuttosto moderati ma ciò che conta è la sostanza.

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    Napolitano, un passo indietro

    Napolitano ci ha provato. Lui voleva, vuole, lo status quo, la stabilità politica. Ha creduto che un governo delle larghe intese potesse impedire il crollo del Paese. Invece ha ottenuto l’effetto contrario. E’ stato un doppio azzardo voler rimanere per un altro settennato e accettare un governo condizionato da Berlusconi imputato in più processi che, fosse solo per la statistica, poteva diventare un pregiudicato in breve tempo. Napolitano deve prendere atto che in entrambi i casi queste sue decisioni si sono rivelate un rischio maldestramente calcolato.
    Non voglio, né mi interessa, mettere in discussione la buona fede del presidente della Repubblica, ma le sue decisioni hanno consegnato il Paese all’immobilità per mesi mentre l’economia franava. I cento giorni di Letta hanno prodotto il nulla sotto vuoto spinto in un momento in cui occorrevano azioni immediate e forti per rilanciare l’economia, proteggere le famiglie disagiate e contrattare la nostra posizione in Europa. Prima dell’insediamento del Governo si discuteva della necessità di fare in fretta, il più in fretta possibile, sotto l’urgenza dei problemi. Poi, il silenzio, il rinvio, gli annunci e il tentativo di cambiare la Costituzione senza alcun motivo.
    Napolitano è un signore che fa politica dal dopoguerra, in Parlamento dal 1953, conosce deputati, senatori, ministri come un anziano maestro di scuola conoscerebbe ad uno ad uno i suoi ex allievi. E’ l’ultimo dei politici della Prima Repubblica ancora sulla scena, dopo la scomparsa di Andreotti, Cossiga e di tanti altri. E’, che lo voglia o meno, il vero punto di riferimento di un Governo di nani. Un’alternanza al Quirinale avrebbe prodotto un cambiamento, un’uscita da una situazione cristallizzata, così non è stato. Ma nessuno, e Napolitano lo sa meglio di altri, è insostituibile. Lui è oggi, che lo voglia o meno, il garante di una situazione politica destinata al fallimento che ha consentito e avallato. Gli chiedo un passo indietro, il passaggio del testimone a un altro presidente che deciderà se sciogliere le Camere o proporre scenari di governo diversi da quello attuale che è insostenibile come Napolitano stesso probabilmente ammetterebbe in privato. Ci sono sempre alternative, signor Presidente, e oggi è necessario voltare pagina.
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  • agbiuso

    Luglio 28, 2013

    Hai fatto benissimo caro Diego, a evidenziare e criticare questo punto, che anche a me è parso l’unico elemento di debolezza dell’articolo di Travaglio.
    Probabilmente, l’autore ha voluto sottolineare i “tempi” di questo intervento di Fassina e l’uso che di esso è possibile fare.
    La tragedia è che in un Paese così corrotto e pervaso di ingiustizia, i piccoli artigiani e imprenditori vengono tartassati -ma anche sul mio reddito grava una pressione altissima- e i grandi evasori, i veri criminali la fanno sempre franca.
    Hai fatto bene, inoltre, a ricordare la posizione del Movimento 5 Stelle sulla proposta “pulita e netta” del “reddito di cittadinanza”.

  • diegod56

    Luglio 28, 2013

    Non sono d’accordo sul giudizio sprezzante verso le dichiarazioni di Fassina. Per come io le ho interpretate, tendono a porre l’accento sull’evasione di soggetti sociali molto deboli (piccoli commercianti e ancor più piccoli artigiani) non con l’intento di giustificare l’evasione, ma sollecitando anche una lettura delle cause che tenga conto del contesto sociale. Per essere molto chiari, siccome io sono un artigiano, so che c’è chi evade il fisco, ma taluni soggetti sono persone che portano a casa cifre troppo modeste per vivere in modo dignitoso. Allora l’evasione di taluni è conseguenza di una parola semplice: miseria. Questo perchè mancando una rete di protezione sociale adeguata, taluni si debbono arrangiare. Chi ha un seppur magro ma sicuro stipendio e/o pensione il 27 di ogni mese, prima di giudicare, dovrebbe provare sulla sua pelle certe situazioni. Il M5S, a dire il vero, ha fra i suoi 20 punti un concetto sacrosanto: reddito di cittadinanza. Concetto pulito, netto, che taglia via assistenzialismi pelosi e anche ogni giustificazione all’evasione «povera». Caro Alberto, questa è la mia opinione, e mi onoro di questo spazio per esporla, naturalmente sapendo che un’opinione non è una verità assoluta.

  • agbiuso

    Luglio 28, 2013

    Evasione fiscale, Letta dura senza paura
    di Marco Travaglio

    Brrr che paura: Enrico Letta minaccia lotta dura senza paura, “con forza e determinazione”, contro l’evasione fiscale: “Gli italiani che hanno portato i soldi fuori dall’Italia devono sapere che non è più come 5 o 10 anni fa: conviene anche a loro riportare i soldi in Italia e pagare il dovuto”. E questo perché “il clima è cambiato” e “non ci sono più le coperture di qualche anno fa”. Quindi gli evasori verranno inseguiti e catturati ovunque siano, “nei paradisi fiscali o in Svizzera”.

    Non è meraviglioso? Il clima è talmente cambiato che B., dopo aver perso le elezioni, è di nuovo al governo. Pare incredibile, ma ha lo stesso nome e lo stesso cognome di quello che nel 2001, nel 2003 e nel 2009 varò tre scudi fiscali per consentire a chi aveva portato i soldi fuori di rimpatriarli clandestinamente, anonimamente, impunemente e pressoché gratuitamente (il terzo scudo passò anche grazie alle assenze di 59 deputati Pd).

    Anche il presidente della Repubblica è cambiato, anche se per un’altra curiosa combinazione si chiama esattamente come quello che promulgò il terzo scudo e, quando un cittadino lo fermò per la strada e gli domandò il perché di quella firma vergognosa, lo redarguì severamente.

    C’è poi un’ultima, prodigiosa coincidenza: un certo S. B. fra quattro giorni comparirà al processo Mediaset in Cassazione dopo la condanna in primo e secondo grado a 4 anni per frode fiscale. I giudici d’appello hanno sottolineato il suo indefesso impegno antievasione: “Con una strategia originata in anni in cui Silvio Berlusconi era incontestabilmente il gestore diretto di tutte le attività, il gruppo Fininvest, e più precisamente il suo fondatore e dominus, con l’aiuto dell’avvocato Mills ha costituito una galassia di società estere, alcune delle quali occulte, che occulte dovevano restare, tanto da corrompere la Guardia di Finanza che rischiava di scoprirle. Anche perché parte di tali fondi era utilizzata per scopi illeciti: dal finanziamento occulto di uomini politici alla corruzione di inquirenti, dalla corresponsione di somme a testi reticenti alla elusione della normativa italiana (specie della legge Mammì che dettava limiti al possesso di reti tv)”.

    In quel sistema, “interponendo fra le major statunitensi e il gruppo Fininvest-Mediaset una serie di società estere che operavano adeguati ricarichi nella compravendita dei diritti” tv, furono “creati costi fittizi destinati a diminuire gli utili del gruppo e quindi le imposte da versare all’erario”. E dire che quei diritti “Mediaset avrebbe potuto averli al costo a cui le majors li vendevano”: invece B. mise in mezzo una miriade di intermediari “vicini, anche personalmente, al proprietario della società, Berlusconi”.

    Risultato: i diritti tv “pervenivano a Mediaset con un differenziale di prezzo altissimo e del tutto ingiustificato, in una operatività proseguita per anni, sempre a opera degli stessi uomini che sempre avevano mantenuto la fiducia del proprietario”. Niente attenuanti generiche per B., colpevole di “un sistema di società e conti esteri portato avanti per molti anni, proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti, e condotto in posizione di assoluto vertice”. La condanna riguarda 7,3 milioni di euro, ma solo perché il grosso delle accuse s’è prescritto grazie a leggi fatte dallo stesso imputato (falso in bilancio e Cirielli): il totale delle “maggiorazioni di costo” è di “368 milioni di dollari”.

    Quando il Letta nipote ha ammonito “gli italiani che han portato i soldi fuori dall’Italia”, a B. devono essere fischiate le orecchie. Qualcuno ha addirittura temuto un duro attacco del premier al principale di suo zio. Ma è stato un attimo: poi Fassina ha spiegato che “esiste un’evasione di sopravvivenza”, dettata da “ragioni profonde e strutturali che spingono molti soggetti a comportamenti di cui farebbero volentieri a meno”.

    Ecco, risolto il problema: B. evadeva per sopravvivere. E Fassina spara cazzate per lo stesso motivo. Che s’ha da fa’, pe’ campa’.

    Il Fatto Quotidiano, 26 luglio 2013

  • agbiuso

    Luglio 21, 2013

    Un’eccellente sintesi della vergogna italica.
    Dell’Italia costoro -Alfano, Letta, Napolitano- sono i veri, irredimibili nemici.

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    Il caso Ablyazov e lo Stato burlesque

    Un ministro degli Interni “inconsapevole” che fa la figura del fesso col botto mentre al Viminale, nella stanza accanto, i suoi funzionari prendono ordini dai kazaki, addirittura esilarante quando in Parlamento si lancia in una strampalata autodifesa intessuta di “apro le virgolette nelle virgolette” da teatro dell’assurdo.

    Un ministro degli Esteri tenuta rigorosamente all’oscuro di tutto (perfino delle notizie Ansa), insolentita dall’ambasciatore kazako che convoca invano (“sono in ferie”). Ma che improvvisamente ritrova la parola onde farci sapere che Alma Shalabayeva, consegnata dalle autorità italiane con la figlia di sei anni direttamente nelle grinfie del peggior nemico “sta bene e ringrazia l’Italia” (nessuna riconoscenza, invece, da parte del cognato per il cazzotto preso in faccia durante la perquisizione di Casal Palocco).

    Un presidente del Consiglio aggrappato tremebondo alla giacchetta di Napolitano, costretto a esibirsi nello sperticato elogio del fesso col botto per salvare la poltrona.

    Un presidente della Repubblica tonitruante e che si crede un monarca assoluto, perfino innominabile secondo il presidente del Senato nelle vesti di gran ciambellano di corte.

    Un Partito democratico (“Pd, partito defunto”, twittano i militanti in rivolta) i cui maggiorenti definiscono il ministro di polizia o un inetto o un bugiardo e subito dopo gli votano la fiducia.

    Un vertice della Procura di Roma con due parti in commedia: prima vieta il rimpatrio delle due donne, poi lo concede pressato sulla base di un fax, quindi lamenta, accidenti, la beffa subita. Il tutto coronato da un’allegra brigata di prefetti, sottoprefetti e dignitari senza dignità, “a disposizione” degli arroganti emissari di Astana, usati e buttati via come stracci e che in sovrappiù devono masticare la versione ufficiale e menzognera che segna la fine delle loro carriere.

    Antonio Padellaro
    Il Fatto Quotidiano, 21 luglio 2013

  • agbiuso

    Luglio 20, 2013

    “Due al prezzo di uno” mi indurrebbe a strimpellare il clacson per le strade, come accade ai mondiali di calcio trionfati. Speriamo di averla questa gioia, Pasquale.
    Il partito unico, certo. La creatività italiana ha prodotto lo stalinismo liberale e il riformismo gerontocratico. Siamo esperti in ossimori e nel leccar culi.
    Ho letto il racconto tuo tranviario e mi permetto di riportarne qui la chiusa, per dare un saggio di come la scrittura pensata e furente possa divenire analisi antropologica:

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    L’italiano rispetta, cioè ossequia chi non lo rispetta, tollera chi invita a tollerare ma nega, con la parola tolleranza, diritto di cittadinanza al pensiero o con più semplicità allo stile, che è presupposto di ogni creazione. Tollerare è essere condiscendenti dal basso del poggiapiedi. Sessantottino a-termine, cioè talebano democristiano, l’italiano continuerà a tollerare senza indignarsi l’offesa delle città prive di piani edilizi e villette edificate di notte da nanetti diplomati in geometria all’università della ‘ndrangheta, tollererà condomini scrostati, diocesi che tuonano e prefiche, vallette del cioè-nel-senso e miss itaglie, bugìe e sindoni, tollererà governi di padri e amanti pur che sia, partiti democratici e azzeccagarbugli. Tutto tranne tutto il resto che resta. Ah questo proprio no. Ai valichi che furono di frontiera dovrebbero bene elevare al cielo cancelli elettrosaldati, che rechino l’avvertito motto, Lassè ogni speranza you còming dénter.

  • Pasquale D'Ascola

    Luglio 20, 2013

    Volendo, Alberto, essere più chiari ancora, non credi che, sereni ed epicurei, si possa annunciare adessso ufficialmente l’inizio dell’era del partito unico. Quanto al vecchino hai letto che cosa ho scritto in proposito in linea 27 ieri. Aspetto di vedere calare una falce, su chi sai, da vent’anni, spero che cali in due al prezzo di uno.
    Pda

  • agbiuso

    Luglio 20, 2013

    Grazie, Augusto 🙂

  • Augusto Cavadi

    Luglio 20, 2013

    D’accordo, Albert!

  • agbiuso

    Luglio 20, 2013

    In questo breve testo ho voluto, tra le altre cose, anche obbedire all’Incorruttibile e Saggio Presidente del Senato in Carica e non ho quindi enunciato -da indegno cittadino qualsiasi- l’Alto e Glorioso Appellativo dell’Innominabile, del Divino.

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    Angelino Alfano è salvo, il governo Letta pure, la democrazia italiana un po’ meno. Venerdì 19 luglio, durante il dibattito sulla sfiducia (mancata) al ministro per il caso kazako, Palazzo Madama compie un ulteriore passo verso il basso. Non l’ultimo, visto che, come è ormai perfettamente intuibile, i nostri sedicenti rappresentanti quando toccheranno il fondo si metteranno alacremente a scavare.

    Tra le cosiddette alte cariche dello Stato va pericolosamente di moda la giurisprudenza costituzionale creativa. Tanto che il presidente del Senato, Piero Grasso, sceglie il palcoscenico della discussione in diretta tv per enunciare, di fatto, due nuovi, rivoluzionari, principi: la censura preventiva sui discorsi dei parlamentari e il divieto di nominare pubblicamente Giorgio Napolitano.

    Tutto accade quando Grasso stoppa il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Nicola Morra che, ricostruendo il caso kazako, sta per citare una frase dell’Eterno Presidente: “Ieri è intervenuto nel dibattito politico chi sta sul Colle…”. Apriti cielo: “Non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato. Lasciamolo fuori da quest’aula”, interviene fulmineo e autoritario Grasso. Morra prova a chiarire: “dicevo il presidente della Repubblica”. Lui lo riprende di nuovo: “L’ho invitata a lasciarlo fuori, lei non può nominarlo (sic)”.

    A vederla con ironia, ci sarebbe da stare tranquilli. In fondo questa è la migliore dimostrazione di come sbagli chi pensa che la democrazia italiana, guidata da Re Giorgio, si stia trasformando in monarchia. Ad ascoltare Grasso l’obbiettivo – tragicomico – pare diventare un altro: la teocrazia, nel senso letterale del termine. La transmutazione, forse anche a causa dell’età, del vetusto Presidente in sovrano di natura divina (un Faraone) con l’obbligatorio corollario di comandamenti.

    Da sempre irresponsabile per i reati commessi nelle sue funzioni e da qualche tempo non intercettabile, Napolitano esce ora dall’aula della discussione su Alfano come non nominabile e, in fondo, pure infallibile.

    Davanti all’articolo 95 della Costituzione che testualmente recita: “I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del consiglio del ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”, i senatori, con poche eccezioni, non si limitano infatti a seguire i suoi diktat sul governo Letta. Applaudono pure ogni sua (per molti sconcertante) interpretazione della Carta .

    “Anche, ma non solo per dei ministri, è assai delicato e azzardato evocare responsabilità oggettive o consustanziali alla carica che si ricopre” aveva detto Napolitano appena 24 ore prima. E adesso il capogruppo del Pdl, Renato Schifani, lo elogia. Poi, quasi da moderno aruspice, lo interpreta: “Non esiste il principio di responsabilità oggettiva nelle istituzioni. Chi sbaglia paga, ma se il ministro non è stato informato dalla catena di comando non vedo in forza a quale principio politico, istituzionale, etico o sociale, debba pagare”.

    Dopo l’intervento del Colle l’articolo 95 non sembra più in vigore. La Casta del “a mia insaputa” vince. E tra gli applausi che celebrano il redivivo Alfano la mente va a un altro Presidente. A Luigi Einaudi, un Presidente vero. Uno che tanti anni fa avvertiva: “Non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l’unanimità dei consensi”.

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    Peter Gomez, Caso Alfano: il Presidente vero e quello innominabile
    il Fatto Quotidiano, 20 luglio 2013

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