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Les Fleurs

Les Fleurs

I fiori del male
(Les Fleurs du mal)
(1857-1868)
di Charles Baudelaire
Garzanti, 1978
Pagine XXIII-349

«Mais mon coeur, que j’amais ne visite l’extase» (L’irreparabile), eppure è tutta un’estasi questo canto notturno, ironico e fremente, che sembra precipitarsi verso il Nulla. Satana lodato e benedetto, padre delle tenebre e protettore dei disperati, è una maschera rovesciata del Dio che mai è stato; l’amore si trasforma in spettro; l’oppio e il vino diventano gli strumenti del nirvana. E il Tempo, il Tempo che precipita, annienta e purifica, è odiato dal poeta come l’immagine di un «dieu sinistre, effrayant, impassible» (L’orologio). «Amour…gloire…bonheur!» sono delle chimere e nonostante la magnificenza di alcuni paesaggi -«La gloire du soleil sur la mer violette, / La gloire des cités dans le soleil couchant»- la vera «chose capital» è «le spectacle ennuyeux de l’immortal péché». Il Baudelaire che loda San Pietro per aver rinnegato Gesù ha nel fondo il sentimento più desolato e irreparabile del peccato che involve l’umano sin dal suo apparire. E dunque disgusto, putrefazione, violenza, assassinio, illusioni, voluttà, maledizioni, demenza, oppio, «Tel est du glob entier l’éternél bullettin» (Il viaggio).
C’è tuttavia in questo libro l’affermazione decisa di un sì, l’affermazione della potenza dell’arte come unico «Inconnu» nel quale si possa «trouver du nouveau!» (Il viaggio). Così se «Lorsque, par un décret des puissances suprême, / Le Poëte apparaît en ce monde ennuyé» (Benedizione) l’universo intero sembra rifiutare questa creatura strana e insensata, tuttavia nel procedere dei tempi la poesia appare compagna e amica della vita, la bellezza splende come «unique reine» della mente e di quei pochi uomini che sanno ancora ascoltare la Terra sacra e maledetta (Inno alla bellezza).

4 commenti

  • agbiuso

    Novembre 17, 2012

    Grazie di cuore, cari amici, per questa condivisione del canto baudeleriano.
    L’affermazione di Dario Carere sul fatto che “forse si tratta anche dell’ultima opera poetica occidentale così concreta da non doversi raffreddare nella filosofia” è un’osservazione di grande valore ermeneutico, che condivido pienamente.

  • diego b

    Novembre 16, 2012

    secondo me la grandezza di un grande poeta è la sospensione stupefacente fra l’evidenza del contenuto, della sensazione espressa, e l’impossibilità però di spiegarla, tradurla, trascriverla in altre parole

    certa poesia mi ricorda il miglior jazz

  • Dario Carere

    Novembre 16, 2012

    Benché la mia giovane età non mi permetta di dire che cosa sia il mio stile, posso dire che proprio da Baudelaire sia partito il mio tentativo di averne uno, la mia franca rinuncia alla semplicità.
    Ciò che più propriamente si potrebbe dire moderno in lui, forse, è l’ossimoro. E in effetti è difficile concepire la poesia stessa se non attraverso gli ossimori e le contraddizioni, così cari a questo simbolista troppo sdegnoso per fare l’esistenzialista, questo esteta troppo ubriaco per fare il dandy.
    Forse si tratta anche dell’ultima opera poetica occidentale così concreta da non doversi raffreddare nella filosofia. Merita venerazione, e forse anche invidia.

  • Pietro Ingallina

    Novembre 16, 2012

    “Orgoglioso e vinto, compenetrato dal sentimento della sua unicità in faccia al mondo, Baudelaire s’identifica con Satana nel segreto del suo cuore. E mai forse l’orgoglio umano si è spinto più in là come in quel grido sempre soffocato, sempre trattenuto e che risuona lungo tutta l’opera baudelairiena: ‘Io sono Satana!’ ”
    (J. P. Sartre)

    Sono particolarmente legato a questo libro; quando lo scoprii avevo solo quindici anni. Mi fece innamorare della poesia. Mi dà tutt’oggi il senso del poeta, di ciò ch’egli compie…
    Charles è stato l’iniziatore della poesia moderna, la pietra su cui fondare tutta la lirica avvenire.
    Thomas Stearns Eliot stesso affermò Baudelaire essere la modernità, insieme a Dante, il suo principale modello poetico ne “The Waste Land” (1922).

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